Avvocato Casimiro Nigro a Parma

Casimiro Nigro

Avvocato civilista a Parma

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Divorzio e Affidamento dei figli minori

Scritto da: Casimiro Nigro - Pubblicato su IUSTLAB

Pubblicazione legale:

 Il divorzio è l’istituto giuridico che permette lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio quando tra i coniugi è venuta meno la comunione spirituale e materiale di vita ed essa non può essere in nessun caso ricostituita. Si parla di scioglimento qualora sia stato contratto matrimonio con rito civile, di cessazione degli effetti civili qualora sia stato celebrato matrimonio concordatario. Anche il procedimento di divorzio può seguire due percorsi alternativi, a secondo che vi sia o meno consenso tra i coniugi: 1)      divorzio congiunto, quando c’è accordo dei coniugi su tutte le condizioni, in questo caso il ricorso è presentato congiuntamente da entrambi i coniugi; 2)      divorzio giudiziale, quando non c’è accordo sulle condizioni, in questo caso il ricorso può essere presentato anche da un solo coniuge. Il divorzio si differenzia dalla separazione legale in quanto con quest’ultima i coniugi non pongono fine definitivamente al rapporto matrimoniale, ma ne sospendono gli effetti nell’attesa di una riconciliazione o di un provvedimento di divorzio. Presupposti necessari per richiedere il divorzio sono dunque: 1)      il venir meno dell’affectio coniugalis, cioè della comunione morale e spirituale; 2)      la mancanza di coabitazione tra marito e moglie. Le cause che permettono ai coniugi di divorziare sono tassativamente elencate nell’art. 3 della legge 1970/898 e sono: 1)      quando, dopo la celebrazione del matrimonio, l’altro coniuge è stato condannato, con sentenza passata in giudicato, anche per fatti commessi in precedenza: all’ergastolo ovvero ad una pena superiore ad anni quindici, anche con più sentenze, per uno o più delitti non colposi, esclusi i reati politici e quelli commessi per motivi di particolare valore morale e sociale; a qualsiasi pena detentiva per il delitto di cui o ad una pena detentiva superiore ai quindici anni per uno o più delitti non colposi o a qualsiasi pena detentiva per incesto, violenza carnale, ovvero per induzione, costrizione, sfruttamento o favoreggiamento della prostituzione; 2)       l’altro coniuge è stato assolto per vizio totale di mente da uno dei delitti previsti nel punto 1 o quando il giudice competente a pronunciare lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio accerta l’inidoneità del convenuto a mantenere o ricostituire la convivenza familiare; 3)       è stata pronunciata con sentenza passata in giudicato la separazione giudiziale fra i coniugi, ovvero è stata omologata la separazione consensuale ovvero è intervenuta separazione di fatto quando la separazione di fatto stessa è iniziata almeno due anni prima del 18 dicembre 1970. In tutti i predetti casi, per la proposizione della domanda di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, le separazioni devono essersi protratte ininterrottamente da almeno tre anni a far tempo dalla avvenuta comparizione dei coniugi innanzi al presidente del tribunale nella procedura di separazione personale anche quando il giudizio contenzioso si sia trasformato in consensuale. L’eventuale interruzione della separazione deve essere eccepita dalla parte convenuta; 4)       il procedimento penale promosso per i delitti previsti dalle lettere b) e c) del n. 1) del presente articolo si è concluso con sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato, quando il giudice competente a pronunciare lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio ritiene che nei fatti commessi sussistano gli elementi costitutivi e le condizioni di punibilità dei delitti stessi; 5)       il procedimento penale per incesto si è concluso con sentenza di proscioglimento o di assoluzione che dichiari non punibile il fatto per mancanza di pubblico scandalo; 6)      l’altro coniuge, cittadino straniero, ha ottenuto all’estero l’annullamento o lo scioglimento del matrimonio o ha contratto all’estero nuovo matrimonio; 7)       il matrimonio non è stato consumato; 8)       è passata in giudicato sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso a norma della legge 14 aprile 1982, n. 164. Con il divorzio, marito e moglie mutano il loro precedente status di coniuge e possono contrarre nuove nozze. La donna perde il cognome del marito. A seguito di divorzio, vengono meno i suddetti diritti e gli obblighi discendenti dal matrimonio (artt. 51, 143, 149 c.c.), viene meno la comunione legale dei beni ai sensi dell’art. 191 c.c. (se già non è accaduto in sede di separazione), cessa la destinazione del fondo patrimoniale (art. 171 c.c.) e viene meno la partecipazione dell’ex coniuge all’impresa familiare (art. 230 bis c.c.). La sentenza di divorzio potrà anche stabilire provvedimenti su: 1)       questioni patrimoniali e assegnazione dell’abitazione familiare 2)       versamento assegno divorzile 3)       affidamento della prole

– Affidamento e mantenimento dei figli Il codice civile sancisce il principio della bigenitorialità, al quale i giudici che pronunciano la separazione ed il divorzio devono attenersi: anche in caso di separazione personale dei genitori il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale. Nell’adottare i provvedimenti relativi alla prole, inoltre, il giudice deve tenere presente il principio del preminente interesse morale e materiale dei figli. Il giudice che pronuncia la separazione personale deve valutare prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori: si tratta dell’affidamento condiviso. In questo caso la potestà genitoriale è esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all’istruzione, all’educazione e alla salute sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice. Limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il giudice può stabilire che i genitori esercitino la potestà separatamente. Il giudice – solo dopo aver escluso la possibilità di un affidamento condiviso – può stabilire a quale dei genitori i figli sono affidati: può cioè prevedere un regime di affidamento esclusivo ad uno solo dei genitori. L’art. 155-bis del codice civile prevede che il giudice può disporre l’affidamento dei figli ad uno solo dei genitori qualora ritenga con provvedimento motivato che l’affidamento all’altro sia contrario all’interesse del minore. In questo caso la potestà è esercitata dal genitore affidatario. Si deve ritenere che – come previsto dalla disciplina previgente alla novella del 2006 – le decisioni di maggiore interesse per i figli debbano comunque essere adottate da entrambi i coniugi e che il genitore non affidatario debba vigilare sulla istruzione ed educazione dei figli. Con la possibilità di ricorrere al giudice quando ritenga che il genitore affidatario abbia assunto decisioni pregiudizievoli all’ interesse della prole. Il giudice determina dunque i tempi e le modalità della presenza dei figli presso ciascun genitore, fissando altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli. Prende atto, se non contrari all’interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori. La legge prevede che, salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando: 1) le attuali esigenze del figlio; 2) il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori; 3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore; 4) le risorse economiche di entrambi i genitori; 5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore. L’assegno è automaticamente adeguato agli indici ISTAT in difetto di altro parametro indicato dalle parti o dal giudice. La legge stabilisce che il giudice può prevedere il pagamento di un assegno periodico ai figli maggiorenni ma non indipendenti economicamente, tale assegno deve essere versato direttamente al figlio. Ciò accade salvo diversa disposizione del giudice, il quale può dunque prevedere che l’assegno per il mantenimento del figlio maggiorenne debba essere versato al genitore con il quale il figlio convive.


Avv. Casimiro Nigro - Avvocato civilista a Parma

Sono Casimiro Nigro, avvocato del Foro di Parma, mi occupo di diritto civile e di diritto famiglia, sia stragiudiziale che contenzioso per persone fisiche e per imprese. Da sempre oltre a un'accurata preparazione giuridica, uno dei miei principali interessi è quello di stabilire un rapporto personale e diretto con i miei clienti, cercando ogni volta di trovare la miglior soluzione del caso. La mia concretezza ed il mio impegno hanno reso molti clienti pienamente soddisfatti del mio operato, tanto che sono al loro fianco da alcuni decenni.




Casimiro Nigro

Esperienza


Diritto di famiglia

Mi sono occupato di molte controversie di separazione personale dei coniugi e di divorzio. Ho imparato ad instaurare un rapporto fiduciario con il mio assistito, particolarmente importante in una fase delicata come questa, in modo da meglio esprimere le sue necessità di fronte al giudice e alla controparte. Ho avuto modo di seguire tanti casi con il coinvolgimento di figli minori.


Eredità e successioni

Mi occupo di molte questioni successorie; a titolo di esemplificativo: redazione e presentazione della dichiarazione di successione a fini fiscali, azioni di riduzione e impugnazione di testamenti, divisione di patrimoni in comunione tra eredi, accettazioni con il beneficio di inventario e rinunce all'eredità.


Separazione

Negli anni ho assistito tanti casi di separazione, specialmente alla presenza di figli minori, interesse prioritario in questo tipo di casi. La risoluzione delle questioni umane prima che giuridiche è fondamentale. Al fine di comprendere a fondo le dinamiche familiari non solo da un punto di vista legale ma anche pratico ho l'opportunità di collaborare con psicologi esperti del settore. Fornisco sia assistenza per separazioni congiunte che giudiziale, qualora non si riuscisse ad ottenere un accordo condiviso.


Altre categorie:

Divorzio, Diritto civile, Sfratto, Matrimonio, Affidamento, Adozione, Tutela dei minori, Diritto assicurativo, Recupero crediti, Pignoramento, Diritto del lavoro, Sicurezza ed infortuni sul lavoro, Diritto immobiliare, Diritto condominiale, Locazioni, Incidenti stradali, Multe e contravvenzioni, Diritto aeronautico, Malasanità e responsabilità medica, Mediazione, Negoziazione assistita, Domiciliazioni, Risarcimento danni.


Referenze

Pubblicazione legale

Famiglia di Fatto e Tutele

Pubblicato su IUSTLAB

Famiglia La Famiglia di Fatto Affianco alla famiglia legittima fondata sul matrimonio ed espressamente riconosciuta dalla nostra Costituzione, si pone la famiglia di fatto: quell’unione tra soggetti di sesso diverso non fondata sul vincolo matrimoniale e che si basa sull’affetto e sul reciproco rispetto dei doveri familiari. Questa forma di convivenza ha rilevanza giuridica qualora sussistano alcuni presupposti: stabilità e serietà di intenti. Precisamente la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha specificato che, al fine di distinguere tra semplice rapporto occasionale e famiglia di fatto, si deve tenere soprattutto conto del carattere di stabilità del rapporto, carattere che conferisce certezza al rapporto stesso e lo rende rilevante sotto il profilo giuridico. – Tutela L’unione familiare non fondata sul matrimonio riceve parziale e limitata tutela, in primo luogo quale formazione sociale in cui gli individui esprimono la loro personalità, secondo l’art. 2 Cost., e, poi, in conseguenza dell’influenza delle legislazioni straniere che sono rivolte ad ammetterne pieno riconoscimento. Per quanto concerne la famiglia di fatto tra persone di sesso diverso piena rilevanza giuridica viene concessa solo alle situazioni concernenti i figli generati dai conviventi, i quali secondo quanto stabilisce l’art. 30 della Costituzione, non devono trovarsi in posizione deteriore rispetto ai figli legittimi. Per quanto riguarda, invece, il rapporto tra conviventi, non si ritiene sia possibile applicare le norme previste per la famiglia legittima e ciò lo si può evincere dal dettato dell’art. 29 Cost. atteso che questa norma attribuisce alla famiglia legittimamente costituita una particolare tutela, in considerazione della peculiarità e dell’importanza sociale svolta dalla famiglia quale luogo di formazione e sviluppo della persona. La stessa tutela non viene riconosciuta alla famiglia di fatto in quanto manca in essa la formale assunzione, da parte dei conviventi, di un impegno socialmente rilevante. Da tutto ciò consegue la difficoltà di disciplinare una situazione di fatto, anche se non sono del tutto assenti aperture nei suoi confronti, riconducendola nell’ambito delle formazioni sociali previste dall’art. 2 Cost. Tale soluzione permette di estendere alla famiglia di fatto quelle norme, proprie della famiglia legittima, che prescindono dall’esistenza di un vincolo formale. Anche i rapporti patrimoniali tra i conviventi, così come quelli personali, non ricalcano puntualmente le norme previste per le unioni legittime. Infatti, ai conviventi non sono riconosciuti alcuni diritti fondamentali: a) se uno dei due conviventi necessita di un intervento medico urgente e rischioso, l’altro non può autorizzarlo, visto che non figura come parente; b) il convivente che collabora all’impresa dell’altro non ha nessun diritto se non è regolarizzato mediante contratto; c) se cessa la convivenza, il proprietario o l’intestatario del contratto d’affitto ha diritto a restare nell’abitazione, salvo un diverso accordo tra le parti; d) il convivente non può chiedere permessi di lavoro se l’altro si ammala; e) se la convivenza termina, il convivente in stato di bisogno non ha diritto a nessun sostegno economico da parte dell’altro; f) nel caso di morte di uno dei due conviventi e l’appartamento era di sua proprietà, quest’ultimo spetta agli eredi legittimi del defunto. Il convivente potrà continuare ad abitarlo solo se l’altro ne aveva disposto con testamento in suo favore; se invece la casa era in locazione, il convivente ha diritto di subentrarvi nel contratto; g) se uno dei partner è extracomunitario non può chiedere il rilascio/rinnovo del permesso o carta di soggiorno per convivenza con il partner italiano. Tuttavia, la legislazione ordinaria e speciale attribuisce alla situazione della famiglia di fatto specifici effetti giuridici relativamente ad alcuni ambiti circoscritti. l D.L. n. 1726 del 27.10.1918: è riconosciuta la corresponsione della pensione di guerra, in presenza di specifici requisiti, per la vedova, la promessa sposa, la convivente more uxorio; l art. 6 L. n. 356 del 13.03.1958: è riconosciuta assistenza, per i figli naturali non riconosciuti dal padre caduto in guerra, quando questo e la madre abbiano convissuto “more uxorio”, nel periodo del concepimento; l art. 2 D.p.r. n. 136 del 31.01.1958: considera famiglia anagrafica non solo quella fondata sul matrimonio e legata da rapporti di parentela, affinità, affiliazione ed adozione ma, ogni altro nucleo che si fonda su legami affettivi, caratterizzato dalla convivenza e dalla comunione di tutto o parte del reddito dei componenti per soddisfare le esigenze comuni, quindi anche la famiglia di fatto; l art. 1 L. n. 405/1975 (istitutiva dei consultori familiari): ricomprende tra gli aventi diritto alle prestazioni assistenziali anche le “coppie”; l art. 30 L. n. 354/1975 (Riforma dell’ordinamento penitenziario): attribuisce un permesso al condannato, in caso di imminente pericolo di vita di un familiare, indicando anche il convivente; l art. 5 L. n. 194/1978 (interruzione di gravidanza): permette la partecipazione al procedimento di chi è indicato “padre del concepito”, quindi anche in presenza di convivenza more uxorio; l art. 44 L. n. 184/1983: permette in alcuni casi, l’adozione a chi non è coniugato, concessione attribuita quindi, anche alla famiglia di fatto; l art. 17 L. n. 179/1992: permette la sostituzione, al socio assegnatario defunto del convivente, purché documenti lo stato di convivenza da almeno due anni dal decesso. Adozioni L’art.6 della Legge n. 184/83 stabilisce che l’adozione è consentita a coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni, o per un numero inferiore di anni se i coniugi abbiano convissuto in modo stabile e continuativo prima del matrimonio per un periodo di tre anni, e ciò sia accertato dal Tribunale per i minorenni. Tra i coniugi non deve sussistere e non deve avere avuto luogo negli ultimi tre anni separazione personale neppure di fatto. L’età degli adottanti deve superare di almeno diciotto e di non più di quarantacinque anni l’età dell’adottando, con la possibilità di deroga in caso di danno grave per il minore. Non è preclusa l’adozione quando il limite massimo di età degli adottanti sia superato da uno solo di essi in misura non superiore a dieci anni. – Dove si presenta la domanda I coniugi, con i requisiti previsti dalla legge, possono presentare domanda al Tribunale per i minorenni, specificando se sussiste la disponibilità ad adottare più fratelli ovvero minori che si trovino nelle condizioni indicate dall’art. 3, comma 1, della Legge 5 febbraio 1992, n.104, concernente l’assistenza, l’integrazione sociale ed i diritti delle persone handicappate. Possono essere presentate più domande anche successive a più Tribunali per i minorenni, purché in ogni caso se ne dia comunicazione a tutti i tribunali precedentemente aditi. – Come si presenta La domanda di disponibilità all’adozione, in carta semplice, corredata dei documenti che consentono di confermare il possesso dei requisiti richiesti, ha validità tre anni e, allo scadere del termine, può essere rinnovata, ripresentando la documentazione per comprovare la permanenza dei requisiti richiesti. Si suggerisce con l’avvertenza di richiedere ai Tribunali per i minorenni la presentazione dei seguenti documenti a corredo della domanda: l Certificato di nascita dei richiedenti; l Stato di famiglia; l Dichiarazione di assenso all’adozione da parte dei genitori dei richiedenti, resa nella forma della dichiarazione sostitutiva di atto notorio, oppure, in caso di decesso certificato di morte dei genitori dei richiedenti; l Certificato rilasciato dal medico curante; l Certificati economici: mod.101 o mod. 740 oppure busta paga; l Certificato del Casellario giudiziale dei richiedenti; l Atto notorio oppure dichiarazione sostitutiva con l’attestazione che tra i coniugi adottanti non sussiste separazione personale neppure di fatto. – Accertamenti sulla capacità della coppia Il Tribunale per i minorenni dispone l’esecuzione di indagini volte ad accertare la capacità di educare il minore, la situazione personale ed economica, la salute, l’ambiente familiare dei richiedenti, i motivi della domanda. Tali indagini possono essere effettuate ricorrendo ai servizi socio-assistenziali degli enti locali, alle competenti professionalità delle aziende sanitarie locali ed ospedaliere. L’ordinamento dà ampia libertà organizzatoria ai singoli tribunali, pertanto potranno essere svolti colloqui con il giudice minorile togato od onorario o con equìpe di specialisti o essere richieste diverse formalità nella presentazione delle domande. Tali indagini dovranno essere avviate e concluse entro 120 giorni, prorogabili per non più di una volta. In ogni momento devono essere fornite, su richiesta, informazioni sullo stato del procedimento. – Affidamento preadottivo Il Tribunale per i minorenni, sulla base delle indagini effettuate, sceglie tra le coppie che hanno presentato domanda, quella più idonea per il minore. Il provvedimento di affidamento preadottivo è disposto con ordinanza, sentiti il pubblico ministero, gli ascendenti dei richiedenti ove esistano, il minore che abbia compiuto gli anni dodici ed in alcuni casi anche il minore di età inferiore. Nel corso dell’affidamento sarà svolta dal tribunale un’attività non solo di controllo ma anche di sostegno. L’affidamento preadottivo può essere revocato in presenza di gravi difficoltà. – Dichiarazione di adozione Decorso un anno dall’affidamento, con possibilità di proroga di un anno, il tribunale, se ricorrono tutte le condizioni, pronuncia l’adozione. Con l’adozione cessano i rapporti dell’adottato con la famiglia di origine. L’adottato acquista lo stato di figlio legittimo degli adottanti ed il loro cognome.

Recensione positiva

Professionale e preciso!

6/2021 - Giovanni Montanari

Professionale e puntuale, ha risolto il mio problema!

Recensione positiva

Competente, disponibile

6/2020 - Giorgio Cofone

Mi sono affidato all'avv. nigro per una separazione molto complicata ed è stato molto disponibile per la difficile situazione. Alla fine è riuscito a risolvere la mia separazione indolore . Molto competente e professionale.

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