Esperienza di oltre dieci anni in materia penalistica, con trattazione delle più svariate fattispecie di reato. Comprovata esperienza e partecipazione a numerosi processi sia a difesa dell'imputato che della parte offesa, nei vari Tribunali d'Italia, in particolare avanti al Tribunale di Rimini ed al Tribunale di Forlì.
Informazioni generali
Laureata con 110 e lode nell'anno 2010 presso la Facoltà di Giurisprudenza Alma Mater Studiorum di Bologna, laurea magistrale. Ho maturato una specializzazione prevalentemente in ambito penalistico in campo processuale e sostanziale, con competenze in assistenza clienti, trattative, contenziosi, ricerca in ambiti diversi del diritto, e partecipazione alle udienze. Difesa clienti sia in sede giudiziale che i sede stragiudiziale, sia della parte indagata/imputata che della parte lesa. Esperienza pluridecennale in ambito procedurale.
Esperienza
Redazione istanze misure alternative e liberazione anticipata
Esperienza comprovata, derivata dai numerosi procedimenti penali instaurati per reati del "codice rosso" a cui ho partecipato come sia in qualità di difensore dell'indagato, sia come difensore della vittima anche tramite accesso a gratuito patrocinio.
Altre categorie
Stalking e molestie, Truffe, Sostanze stupefacenti, Diritto civile, Diritto di famiglia, Tutela dei minori, Omicidio.
Credenziali
Responsabile legale - Studio Gori Ravagli e Associati
Dal 1/2025 al 1/2025Tutela della vittima di reati da codice rosso (come stalking e violenza sessuale) dalla redazione della denuncia-querela alla costituzione di parte civile. Difesa della parte che si trova imputata in reati di violenza familiare, stalking, maltrattamenti, condotte di abuso
Scuola formazione Camere penali
Camere penali Romagna - 9/2017Corso di formazione biennale in materia penalistica con esame finale, abilitante all'accesso all'Albo dei difensori d'ufficio
Limiti di pena per applicazione sanzioni sosotitutive
Pubblicato su IUSTLABLIMITI DI PENA PER APPLICAZIONE SANZIONI SOSTITUTIVE La corte di Cass. sez. I ud 12 ottobre 23 n. 2356 ha sancito che i limiti di pena per l'applicazione delle sanzioni sostitutive di pene detentive brevi introdotte dalla riforma Cartabia sono riferiti alla pena inflitta con la sentenza di condanna e non all'eventuale residuo di pena in concreto da scontare in caso di presofferto cautelare. La pronuncia scaturiva dal seguente fatto: la Corte di appello di Messina ha rigettato l'istanza con cui S.F. aveva chiesto sostituirsi la pena di anni 3 e mesi 9 di reclusione inflitta con la sentenza in data 5 ottobre 2020, irrevocabile il 7 marzo 2023 con il lavoro di pubblica utilità. Ricorre per cassazione - a mezzo del difensore di fiducia avv. S.S. - S.F. articolando due motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen. Con il primo deduce violazione di legge, sostanziale e processuale, nonché vizio di motivazione in relazione agli artt. 56 e 59 della legge n. 689 del 1981 e 20 bis cod. pen. Lamenta che il Giudice dell'esecuzione, senza svolgere l'attività istruttoria prevista dall'art. 56, comma 2, cit., abbia considerato ostativo ai fini della concessione della detenzione domiciliare sostitutiva l'unico precedente a pena sospesa, non solo commesso in epoca risalente, l'anno 2007, ma di indole diversa rispetto a quello oggetto dell'ultima condanna, trascurando, per di più, che il condannato, durante i lunghi periodi di custodia cautelare patiti in entrambi i procedimenti, si è sempre attenuto alle prescrizioni impostegli e che attualmente si trova in una situazione, personale e finanziaria, completamente diversa da quella dell'epoca in cui ha violato la legge penale. 2.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge, sostanziale e processuale, nonché vizio di motivazione in relazione agli artt. 3,27 Cost., 53, comma 1, l. n. 689 e 59, comma 1, della legge n. 689 del 1981 e 20 bis e 535 bis cod. pen. Lamenta che l'ordinanza impugnata, aderendo all'interpretazione meramente letterale dell'art. 53 cit., abbia considerato rilevante, ai fini dell'accesso alle pene sostitutive, la pena inflitta dal Giudice della cognizione e non quella in concreto da espiare. Al contrario, la Corte di appello, operando come giudice dell'esecuzione, avrebbe dovuto prendere in considerazione il residuo segmento di pena ancora da espiare, come determinato nell'ordine di esecuzione del pubblico ministero procedente, e non quella inflitta in sentenza, anticipando, così come è previsto per il Giudice della cognizione dall'art. 20 bis cod. pen., le valutazioni del magistrato di sorveglianza chiamato ad applicare le misure alternative alla detenzione. Il ricorso veniva rigettato Stante il suo carattere processuale e potenzialmente assorbente, va, innanzitutto, preso in esame il secondo motivo.Ritiene il Collegio che la tesi del ricorrente secondo cui ai fini dell'accesso alle pene sostitutive e dei limiti fissati dall'art. 20-bis cod. proc. pen., il giudice procedente deve prendere in considerazione la pena residua da scontare in concreto è infondata. Il d.lgs. n 150 del 2022 ha modificato il regime sanzionatorio ed in particolare il comparto delle pene sostitutive. Il nuovo testo dell'art. 20-bis cod. pen. (introdotto dall'art. 1, comma 1, lett. a, del d.lgs. n. 150) prevede quali pene sostitutive delle pene detentive brevi: la semilibertà sostitutiva e la detenzione domiciliare sostitutiva, che possono essere applicate dal giudice in caso di condanna alla reclusione o all'arresto non superiori a quattro anni (art. 20-bis, comma secondo, cod. pen.). il lavoro di pubblica utilità sostitutivo, che può essere applicato dal giudice in caso di condanna alla reclusione o all'arresto non superiori a tre anni (art. 20-bis, comma terzo, cod. pen.); - la pena pecuniaria sostitutiva, che può essere applicata dal giudice in caso di condanna alla reclusione o all'arresto non superiori a un anno (art. 20-bis, comma quarto, cod. pen.). Sono pene in rapporto di accessorietà rispetto a quelle principali; basta pensare che la mancata esecuzione delle sanzioni restrittive della libertà personale o la violazione delle loro prescrizioni comporta, in ultima istanza, il recupero in toto o in parte della pena detentiva originaria Sempre nell'ottica della tendenziale equiparazione al regime delle pene principali, l'ambito applicativo delle pene sostitutive delle pene detentive brevi-esteso a quattro anni di pena detentiva applicabile - coincide con quello della sospensione dell'ordine di esecuzione ai sensi dell'art. 656, comma 5, cod. proc. pen., con la chiara finalità di anticipare ad una fase precedente a quella di competenza della magistratura di sorveglianza l'accesso alle misure diversa da quelle carcerarie. L'art. 95 del d.lgs. n. 150, muovendo dalla natura pacificamente sostanziale delle modifiche normative riguardanti il sistema sanzionatorio e della conseguente applicabilità retroattiva delle disposizioni più favorevoli al reo, reca la disciplina transitoria in materia di pene sostitutive introdotta a fronte di un intervento di riforma giudicato «di portata ampia e sistematica». In quest'ottica, la disposizione in esame prevede che le norme previste dal Capo III della legge n. 689 del 1981 (come modificate dall'art. 71 del d.lgs. n. 150), se più favorevoli all'agente, si applicano anche ai procedimenti penali pendenti in primo grado o in grado di appello alla data di entrata in vigore del decreto (postergata fissata dalla legislazione successiva nel 30 dicembre 2022) e che il condannato a pena detentiva non superiore a quattro anni, all'esito di un procedimento pendente innanzi la Corte di cassazione all'entrata in vigore del decreto, può presentare istanza di applicazione di una delle pene sostitutive di cui al Capo III della legge n. 689 del 1981 al giudice dell'esecuzione ai sensi dell'art. 666 cod. proc. pen. entro trenta giorni dalla irrevocabilità della sentenza. Nel giudizio di esecuzione si applicano, in quanto compatibili, le norme del Capo III della legge n. 689 del 1981 e del codice di procedura penale relative alle pene sostitutive. In caso di annullamento con rinvio provvede il giudice del rinvio. Si consente, inoltre, l'immediata applicazione della nuova pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, senza attendere l'adozione del decreto attuativo di cui all'art. 56-bis della legge n. 689 del 1981. 1.2. Nel nuovo regime le pene sostitutive: - possono essere applicate soltanto dal giudice della cognizione nel caso di condanna a pena che non superi i limiti previsti dall'art. 20-bis cod. proc. pen.; - non possono essere condizionalmente sospese; - una volta divenuto definitivo il titolo che le applica, la loro esecuzione non può essere sospesa in conformità al meccanismo previsto dall'art.656, comma 5 cod. proc. pen. per le pene detentive, anche se costituenti residuo di maggiore pena, non superiori a quattro anni, al fine di consentire al condannato di presentare entro trenta giorni può essere presentata istanza, corredata dalle indicazioni e dalla documentazione necessarie, volta ad ottenere la concessione di una delle misure alternative alla detenzione dì cui agli articoli 47,47 ter e 50, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, e di cui all'articolo 94 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, ovvero la sospensione dell'esecuzione della pena di cui all'articolo 90 dello stesso testo unico. In questo senso depone il chiaro testo dell'art. 67 della legge n. 689 del 1981 che esclude espressamente l'applicabilità delle misure alternative alla detenzione in favore del condannato cui sia applicata una pena sostituiva, salvo il caso dell'art. 47, comma 3-ter, Ord. pen. 1.3. Nel sistema delineato dalla novella i limiti fissati dall'art. 20-bis cod. proc. pen. per l'accesso alle diverse pene sostitutive non possono che essere riferiti in via esclusiva alla pena che il giudice infligge con la sentenza di condanna. Nessuna rilevanza assume, a questo specifico fine, l'eventuale presofferto a titolo di custodia cautelare. Non solo difetta una disposizione esplicita analoga a quella contenuta nell'art. 656, comma 5, cod. proc. pen. ("residuo di maggiore pena") e nelle disposizioni dell'ordinamento penitenziario che disciplinano le misure alternative alla detenzione, ma, soprattutto, sul piano sistematico e pratico, non possono essere attribuiti al giudice della cognizione chiamato ad applicare le pene sostitutive compiti e poteri in tema di determinazione della pena effettiva da scontare che presuppongo necessariamente l'esistenza di un titolo definitivo ed il formale inizio della fase esecutiva. Ciò non significa che la pena sostitutiva applicata in sede cognitiva dovrà essere scontata in aggiunta al presofferto a titolo di custodia cautelare. Infatti, nella fase esecutiva, il periodo di custodia cautelare eventualmente presofferto dovrà essere scomputato dalla pena sostitutiva a contenuto detentivo entro i limiti fissati dell'art. 657 cod. proc. pen. 1.4. Non vi è ragione per non applicare gli esposti principi anche all'ipotesi eccezionale in cui l'applicazione delle pene sostitutive è attribuita al giudice dell'esecuzione investito dalle istanze di sostituzione avanzate dai condannati ai sensi della disciplina transitoria prevista dall'art. 95 d.lgs. n. 150 del 2022. Tenuto della ratio sottostante alla disciplina transitoria che, come spiega la relazione illustrativa, è quella di consentire l'applicabilità delle nuove pene .sostitutive anche ai procedimenti non ancora definiti ma pendenti innanzi alla Corte di cassazione nel rispetto del principio di retroattività della lex mitior ed evitare il rischio di una dichiarazione di illegittimità costituzionale, è conseguenziale ritenere che il giudice adito, per quanto formalmente operi nella fase esecutiva, deve porsi retrospettivamente nella stessa posizione del giudice della cognizione, preliminarmente verificando se nel relativo processo il condannato, tenuto conto della pena inflittagli ed a prescindere dalla pena residua da scontare, avrebbe potuto accedere alla pena sostituiva nell'osservanza dei limiti fissati dall'art. 20 bis cod. pen., all'epoca non vigente, ma i cui effetti favorevoli retroagiscono. Solo se la verifica ha esito positivo e se sussistono gli altri presupposti potrà accogliere l'istanza ed applicare la pena sostituiva richiesta. La Cassazione pertanto formulava il seguente principio "ai fini dell'applicazione delle sanzioni sostitutive di pene detentive brevi ai sensi dell'art. 20-bis cod. pen., come introdotto dal d.lgs., 10 ottobre 2022, n. 150, i limiti di pena sono riferiti alla pena inflitta con la sentenza di condanna anche se l'istanza di sostituzione sia rivolta al giudice dell'esecuzione secondo la disposizione transitoria di cui all'art. 95 dello stesso decreto legislativo".
Oltraggio a pubblico ufficiale
Pubblicato su IUSTLABOltraggio a pubblico ufficiale Per la configurazione del reato di oltraggio a pubblico ufficiale, l’oltraggio deve realizzarsi alla presenza di almeno due persone. Tra queste non possono rientrare quelli che nello svolgimento delle loro funzioni assistano all’offesa, in quanto il requisito della pluralità risulta integrato solo in caso di persone estranee alla pubblica amministrazione, ossia civili. Oppure da persone che pur essendo dei pubblici ufficiali non sono presenti in loco per il motivo d’ufficio. Ciò è stato chiarito dalla sentenza di Cassazione sez. VI. 18834/23. La detta sentenza ha infatti seguito l’orientamento di legittimità che in tema di oltraggio a pubblico ufficiale, ha sancito che l’offesa all’onore e prestigio debba verificarsi alla presenza di almeno due persone, che non rientrare tra quei soggetti che sebbene attinti dall’offesa i maniera diretta assistano alla scena nell’esercizio delle loro funzioni. Risulta integrato il requisito della pluralità di persone solo se le persone sono estranee alla pubblica amministrazione o comunque persone che sebbene pubblici ufficiali siano presenti in quello spazio e tempo non per lo stesso motivo per cui la condotta di oltraggio sia posta in essere dall’agente (Cass. 6604/22).
Testimonianza vicino di casa fonte di prova
Pubblicato su IUSTLABTestimonianze sole fonti di prova per dimostrare i lavori in casa del vicino Con sentenza 7717 del 22 febbraio 2024 la Suprema Corte di Cassazione ha statuito che in materia di condominio, al fine di provare la commissione del reato di cui all’art. 659 cp (disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone) non occorre necessariamente munirsi di una consulenza tecnica fonometrica. La prova da fornire al giudice può fondarsi anche solo sulle dichiarazioni dei vicini, coloro che sono in grado di riferire sulle modalità e gli effetti delle emissioni sonore, percepite come superiori al limite della tollerabilità. Il ricorso veniva presentato da un condomino proprietario dell’appartamento in cui si stavano svolgendo i lavori, con cui sosteneva non provati i danni ai vicini, richiamando le regole sulle molestie e asserendo la non sufficienza per la prova delle sole testimonianze. La Cassazione in tale sede ha ribadito che, l’idoneità dei rumori a provocare delle molestie con rilevanza di reato non necessariamente deve essere accertata con perizia o consulenza tecnica. Il giudicante può fondare la sua decisione su elementi di prova di natura diversa, come le dichiarazioni di coloro in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti, dalle quali risulti oggettivamente superata la soglia della normale tollerabilità, come già si era espressa la Suprema Corte con sentenza 11031/15.
Sul concetto di privata dimora
Pubblicato su IUSTLABSul concetto di privata dimora Con riferimento all’art. 615 bis cp la Corte di Cassazione sez. V, ha affermato con sentenza 3446 del 29 gennaio 2024: “non integra il reato di interferenze illecite nella vita privata la condotta di colui che installi nell’auto di un soggetto un telefono cellulare, con suoneria disattivata e attivata la funzione di risposta automatica, in modo da consentire la ripresa sonora di quanto accada nella predetta auto, poiché oggetto della tutela di cui all’art. 615 bis è la riservatezza della persona in rapporto ai luoghi indicati nell’art. 614 cp, richiamato dall’art. 615 bis, tra i quali non rientra l’autovettura che si trovi nella pubblica via. La Corte ha rigettato il ricorso presentato da parte offesa per infondatezza, in quanto l’abitacolo di una vettura, poiché spazio destinato al trasporto e non all’abitazione, salvo non sia strutturato come tale come i camper o destinato a casa diversamente dalla normale funzione (es persone indigenti),non può essere considerato luogo di privata dimora. La vicenda si avviava su una pronuncia del Tribunale di Taranto che all’esito di abbreviato condannava a 6 mesi di reclusione un uomo per il reato p e p ex art. 615 bis cp; secondo l’accusa, l’imputato, avrebbe installato nella macchina della ex moglie un gps con microfono, procurandosi indebitamente notizie sulla vita privata della donna, acquisendo le conversazioni avvenute dentro l’auto. La Corte d’Appello di Lecce invece assolveva l’imputato, perché il fatto non sussiste.
Geolocalizzazione assenso Giudice
Pubblicato su IUSTLABNo geolocalizzazione delle persone senza assenza del giudice La Cassazione con sentenza del 18.4.23 ha sancito il vizio di inutilizzabilità patologica dell’acquisizione di dati di geolocalizzazione di utenze telematiche e telefoniche senza decreto motivati dell’Autorità Giudiziaria. Diversi soggetti venivano condannati per bancarotta fraudolenta, truffa i danni dello Stato e abuso d’ufficio in appello e ricorrevano in Cassazione. In un motivo di ricorso di uno degli imputati si sollevava l’inutilizzabilità dei tabulati relativi all’utenza della figlia del ricorrente acquisiti dalla PG in assenza della richiesta del PM il quale non aveva emesso decreto. Ex art. 438 comma 6 bis cpp la richiesta di giudizio abbreviato proposta nell’udienza preliminare determina la sanatoria delle nullità se non assolute, e la non rilevabilità delle inutilizzabilità salvo quelle derivanti dal divieto probatorio. Eccetto i limiti dell’art 132 codice privacy i dati di traffico telefonico son conservati 24 mesi dal fornitore dalla data di comunicazione per finalità di repressione reati e accertamento, così come i dati telematici per 12 mesi dalla comunicazione. I dati relativi alle chiamate senza risposta sono conservati per 30 giorni dai fornitori. Entro i detti termini di conservazione se sussistono sufficienti indizi di determinati reati, i dati sono acquisiti previa autorizzazione rilasciata dal giudice con decreto motivato su richiesta del pm o istanza del difensore dell’indagato, po o altre parti private. Il comma 3 bis prevede che per ragioni di urgenza se c’è fondato motivo di ritenere che il ritardo possa pregiudicare le indagini il pm dispone l’acquisizione con decreto motivato comunicato non oltre le 48 ore al giudice competente per il rilascio dell’autorizzazione. Nelle 48 successive il Giudice decide sulla convalida con decreto motivato. Il comma 3 quater impone che i dati acquisiti in violazione dei commi 3 e 3 bis non posson essere utilizzati. La Suprema Corte con sentenza 15836/23 accoglieva il motivo di ricorso, e sanciva che: la prova lesiva di diritti fondamentali è vietata e, se acquisita, inutilizzabile. I tabulati sono senza dubbio dati sensibili perché incidono sulla personalità e sulla sfera privata del titolare. La corte di Giustizia Europea ha stabilito due criteri imprescindibili per gli stati al fine di accedere ai dati personali: la presenza di forme gravi di reato e l’autorizzazione motivata dell’autorità giudiziaria. Pertanto non vi è dubbio che occorra un decreto motivato. Alla luce di ciò la Cassazione individuava vizi nella sentenza impugnata, ribadendo che qualunque prova acquisita in violazione di diritto fondamentale non può essere utilizzata in quanto patologicamente viziata a nulla rilevando la sanatoria disciplinata dall’accesso al rito abbreviato.
Messaggi instagram e molestie
Pubblicato su IUSTLABNON INTEGRANO LA MOLESTIA I MESSAGGI TRAMITE INSTAGRAM E FACEBOOK La Corte di Cassazione con sentenza 40033 del 3 ottobre 23 sezione I, si è pronunciata circa il reato di cui all’art. 660 cp. In appello l’imputato era stato condannato alla pena di mesi due di arresto per il reato di molestia per aver inviato una richiesta di amicizia sul profilo facebook dei figli dati in adozione e ai genitori adottivi di questi ultimi, e per aver poi scritto su facebook ed instagram la nonna paterna adottiva dei minori, ed aver postato sempre sui social foto dei figli con i loro genitori adottivi con la scritta “figli miei”. L’imputato ricorreva in Cassazione, la quale con la sopra indicata pronunci rilevava che: - L’esistenza si sistema di alert o preview dipende, dal soggetto che riceve il messaggio non dall’inviante che può decidere liberamente se accettare che la notifica telematica gli invii o meno la notifica della ricezione di un messaggio. - La possibilità de ricevente di rifiutare l’interazione immediata con il mittente e mettere il filtro per non essere raggiunto da quella persona; - Dunque nel caso di specie, trattandosi di molestie perpetrate tramite messaggi facebook ed instagram, le cui notifiche di ricezione messaggio possono essere liberamente attivate dal soggetto ricevente, non sarebbe realizzato il reato di cui all’art. 660 cp in quanto non commesso “con il mezzo telefonico” nel significato standard della giurisprudenza di Cassazione.
Patteggiamento in udienza preliminare
Pubblicato su IUSTLABLe Sezioni Unite sul patteggiamento perfezionato prima dell’udienza preliminare A seguito della Camera di Consiglio del 30 novembre 2023 le Sezione Unite della Cassazione, a seguito di conclusioni conformi del Pubblico Ministero hanno risposto in maniera affermativa ai seguenti quesiti rimessigli dalla Suprema Corte sezione IV con ordinanza n. 31432 del 15 giugno 2023. La Suprema Corte aveva rimesso il ricorso alle Sezioni Unite perché rispondessero circa il contrasto di legittimità sulla questione se in tema di patteggiamento la parte civile sia legittimata a costituirsi in udienza preliminare nel caso in cui l’accordo sia intervenuto prima della stessa, le quali avevano risposto affermativamente, chiarendo anche che il giudice che delibera la sentenza ex art. 4444 cpp debba liquidare le spese di costituzione a suo favore.
Curriculum Avv. Daniela Batani
Pubblicato su IUSTLABAmmissibilità appello
Pubblicato su IUSTLABAmmissibilità dell’appello La Cassazione civile con ordinanza 2681/22 ha chiarito che per l’ammissibilità dell’appello non è necessaria una versione alternativa ma necessitano motivi specifici capaci di contrastare la decisione del Giudice di primo grado dal punto di vista logico e giuridico. La Cassazione rigettando il ricorso proposto in via incidentale perché non si confronta adeguatamente con la decisione di primo grado, e accogliendo quello sollevato in via principale, precisa come la sentenza impugnata affermasse in maniera erronea che nel formulare l’appello si debba proporre un progetto alternativo alla decisione, in quanto nel giudizio di appello, che non è un giudizio nuovo, la cognizione della corte rimane legata alle deduzioni dedotte dall’appellante con specifici motivi. La specificità implica che alle argomentazioni esposte in sentenza appellatta vengano contrapposte quelle di chi appella, non essendo le statuizioni di una sentenza separabili dalle argomentazioni che la sorreggono. L’appello dunque deve comporsi di parte volitiva e di quella argomentativa a pena d’inammissibilità dell’appello.
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Lo studio
Daniela Batani
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