Le procedure esecutive
immobiliare aventi ad oggetto le abitazioni principali dei debitori potranno
nuovamente riprendere, in quanto per la Consulta non sussiste più l’esigenza
sottesa alla temporanea sospensione, divenuta nel corso del tempo irragionevole
e sproporzionata.
È quanto sancito dalla Corte
Costituzionale, che ha dichiarato l’illegittimità della seconda proroga della
sospensione di ogni attività esecutiva avente ad oggetto l’abitazione
principale del debitore; la pronuncia, seppur limitata nell’effetto pratico, è
un chiaro segnale al legislatore di astenersi da ulteriori interventi
unicamente favor debitoris, senza contemplare le esigenze dei creditori.
Con la sentenza n. 128/2021,
depositata il 22 giugno 2021, seguita alla rimessione del Tribunale di
Barcellona Pozzo di Gotto, la Corte ha ravvisato quindi l’incostituzionalità
dell’art. 13, comma 14, del D.L. n. 183/2020, conv. in L. 26 febbraio 2021, n.
21, per violazione degli artt. 3, primo comma, e 24, primo e secondo comma,
Cost.
La normativa censurata è al
culmine di una serie di misure emergenziali assunte dal legislatore durante
l’emergenza pandemica, introdotte in principio dall’art. 83 del D.L. 18/2020,
come convertito, che ha previsto un rinvio generalizzato delle udienze dal 9
marzo sino all’11 maggio 2020, salvo tipizzate eccezioni.
All’interno del quadro normativo
emergenziale, è stato introdotto l’art. 54ter del D.L. 18/2020[1],
caratterizzato dalla volontà di attuare una sospensione generalizzata delle
procedure esecutive immobiliari (aventi ad oggetto l’abitazione principale del
debitore), e non solo dei termini processuali.
La misura, in vigore sino al 30 ottobre 2020 e prorogata sino al 31
dicembre 2020, ha visto l’ulteriore e generalizzata proroga al 30 giugno 2021,
sancita dalla norma costituzionalmente censurata.
I Giudici costituzionali hanno ravvisato nella seconda proroga della
sospensione il mancato adattamento del legislatore al mutato contesto
pandemico, in quanto lo stesso avrebbe dovuto meglio specificare i presupposti
soggettivi e oggettivi della misura sospensiva, a differenza di quanto accaduto
con altre discipline dettate per regolare l’attività del processo civile in
genere. Ciò ha provocato la paralisi delle azioni esecutive aventi ad oggetto
l’abitazione principale.
In particolare, la Corte ha ritenuto irragionevoli le disposizioni
citate, osservando la sproporzione per il mancato bilanciamento tra la tutela
del creditore e quella del debitore, giustificabile solo inizialmente per una
maggior efficacia delle misure di protezione; il sacrificio richiesto ai creditori
avrebbe dovuto essere, successivamente, dimensionato alle reali esigenze
protettive dei debitori, avuto riguardo del corso e dell’evoluzione della
pandemia.
La Consulta, infine, ha rilevato che il diritto del debitore a
conservare la disponibilità dell’immobile è comunque tutelato dalla proroga
della sospensione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, applicabile
anche al decreto di trasferimento del bene espropriato, rendendo ancor più
evidente la sproporzione tra la tutela del debitore e le esigenze dei
creditori.
La compressione del diritto di agire che discende dall’indiscriminata e
generalizzata proroga ex art. 13, comma 14 del D.L. 183/2020 come
convertito conduce, quindi, all’assenza di un bilanciamento tra gli interessi
in gioco, in aperto contrasto col diritto di uguaglianza sancito dall’art. 3,
primo comma, Cost. ed il diritto di difesa previsto dall’art. 24, primo e
secondo comma, Cost., come sancito dalla Corte Costituzionale con la sentenza
n. 128/2021.
[1]
art. 54ter del D.L.
18/2020: “Al fine di contenere gli effetti negativi dell’emergenza
epidemiologica da COVID-19, in tutto il territorio nazionale è sospesa, per la
durata di sei mesi a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di
conversione del presente decreto, ogni procedura esecutiva per il pignoramento
immobiliare di cui all’art. 555 del C.P.C. che abbia ad oggetto l’abitazione
principale del debitore”
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