Il Tribunale Ordinario di Roma in composizione monocratica ha mandato assolto dal reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente l’imputato trovato in possesso di complessivi 138,19 grammi di marijuana recanti un principio attivo assai contenuto dal quale sarebbero state ricavabili soltanto 24 singole dosi medie. Si evidenziano i passaggi salienti: “Normalmente la marijuana commercializzata nelle piazze di spaccio, quella illegale per intendersi, ha un THC che può variare dal 15 al 20% a seconda della purezza del prodotto. Nei procedimenti penali, le analisi di laboratorio sulle sostanze sequestrate verificano il principio attivo di sostanza drogante e la quantità di esso e dividono tale quantità per 25 mg che è la quantità media di sostanza drogante necessaria per comporre una dose. In tale ottica per avere uno spinello composto con cannabis light con efficacia drogante occorrerebbe confezionarne uno del peso di almento gr. 5,00 anziché di gr. 1, che è il peso convenzionale di una sigaretta artigianale, per arrivare ad assumere una dose drogante da mg. 25 di THC così come indicata nel D.P.R. 309/90.
Sono iscritta all'Albo degli Avvocati di Roma dal 1999 ed esercito la professione forense su tutto il territorio nazionale con specifica esperienza nella difesa dell’imputato e della persona offesa dal reato, nel processo penale ordinario, minorile e militare.
Curo personalmente gli aspetti investigativi collegati al processo penale, con la massima dedizione nello svolgimento delle indagini difensive collegate ai giudizi in materia di reati contro la persona, cybercriminalità, delitti a sfondo sessuale e transfrontalieri.
Metto a disposizione delle vittime dei reati contro il patrimonio la mia esperienza nella celebrazione di processi che troppo spesso, senza una parte civile attiva, si concluderebbero senza nessuna forma di risarcimento.
Nella veste di difensore d’ufficio, sono stata chiamata dalla Corte di Assise di Roma ad assumere la difesa dei brigatisti irriducibili nell’ambito del processo per l’omicidio del Prof. Massimo D’Antona, dopo che gli imputati, riproponendo la strategia del c.d. “processo di rottura” a quasi trent’anni di di distanza dal primo giudizio celebrato in Italia ai capi storici delle Brigate Rosse avevano revocato i difensori di fiducia e rifiutato ogni forma di assistenza legale.
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Debora Zagami
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