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Scritto da: Domenico Di Paolo - Pubblicato su IUSTLAB




Pubblicazione legale:

Il discrimine tra omicidio doloso mosso da dolo eventuale e omicidio preterintenzionale non è sempre facilmente individuabile. Il confine è sfumato.  Caso di un imputato condannato per omicidio volontario, e non omicidio preterintenzionale, avendo colpito colpito con una tecnica appresa da pugile (sequenza di pugni al volto).

La sentenza effettua ricognizione degli  " indicatori del dolo eventuale, cristallizzati dalla pronuncia delle Sezioni Unite del 18 settembre 2014, n.38343, Thyssenkrupp, che contribuiscono ad orientare la scelta del giudice nel compito di verificare la sussistenza dell'elemento volitivo in capo al soggetto agente. Sul punto, l'iter argomentativo della pronuncia impugnata è scevro da vizi logici e giuridici. Fa leva: a) sulla pregressa esperienza dell'agente, avendo, invero, l'imputato praticato la boxe dai 13 ai 17 anni e, quindi, agito, nel caso in esame, nella consapevolezza che, scagliandosi con la massima intensità contro il volto di C., questi sarebbe stato neutralizzato e conseguentemente sarebbe stramazzato al suolo, cadendo - non trovandosi in un ring - su una superficie rigida e con spigoli; b) sulla zona vitale attinta, avendo G.F. colpito la vittima al volto, che rappresenta senza alcun dubbio una zona vitale, come precisato anche dal consulente del Pubblico ministero, che ha chiarito che tutta la parte anatomica che va dal setto nasale a salire, quindi verso la tempia, va ritenuta punto vitale, essendovi comunque la possibilità che vengano causate emorragie interne; c) sulla modalità con cui i colpi sono stati inferti, avendo il prevenuto posto in essere una sequenza di colpi - ben quattro pugni di cui conosceva la micidialità - e, quindi, usato una tecnica replicabile solo da chi conosce le tecniche fondamentali di combattimento, tanto da assumere una posizione di guardia e mantenere una certa distanza dalla vittima in modo da sferrare pugni alla massima potenza, come emergente dalla dinamica fattuale interamente ripresa dalle telecamere e analizzata dal teste M.Z. (esperto di tecniche di combattimento in servizio presso la Polizia di Stato); d) sulla condotta post delictum di G.F., che, una volta sferrati i colpi micidiali e pur avendo avuto modo di percepire che il rivale era caduto inerme al suolo, si allontanava con freddezza, senza mostrare alcun tipo di preoccupazione." (Cassazione Penale 11985/2025)



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Domenico Di Paolo

Avvocato esperto in diritto penale




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