Sono Elisa Fea, Avvocato e Mediatore del Foro di Cuneo. Mi occupo con dedizione e passione di diritto civile. La mia attività si rivolge a chi sta attraversando un momento di crisi, sia essa personale, famigliare o patrimoniale, ed i mie punti saldi sono: atteggiamento positivo, capacità di ascolto, empatia ed etica. Attraverso il confronto ed il rapporto di fiducia con il Cliente, focalizzo l’attenzione sui suoi bisogni concreti e, individuata insieme la strategia migliore per raggiungere l’obiettivo prefissato, lo affianco passo dopo passo nel percorso intrapreso, fornendo riscontri puntuali e precisi.
Mi occupo di diritto di famiglia, tutela delle persone “fragili” (in particolare, amministrazioni di sostegno), contratti, recupero del credito e risarcimento del danno (anche da sinistro stradale). Sono convinta dell’importanza di cercare soluzioni conciliative che consentano di avvicinare posizioni distanti, così da evitare i tempi ed i costi del giudizio, che affronto con serietà e determinazione quando rappresenta l’unica via percorribile. Il mio Studio è aperto, su richiesta, anche al sabato.
Il diritto di famiglia è la mia vocazione da anni ed oggi che sono mamma mi sento maggiormente in grado di comprendere a fondo le dinamiche familiari. L'assistenza in questa materia riguarda rapporti tra coniugi, conviventi, genitori e figli, parenti ed affini (anche in materia ereditaria), sempre affiancando allo studio ed all'applicazione del diritto l'ascolto e l'individuazione delle problematiche da risolvere, soprattutto nelle situazioni più delicate. Anche nei rapporti familiari è importante cercare una soluzione condivisa, che tuteli gli interessi in gioco ed eviti dolorosi conflitti.
Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno. In caso di incidenti stradali, fornisco assistenza nella definizione del risarcimento del danno (di natura patrimoniale, non patrimoniale o esistenziale) da parte della Compagnia assicurativa obbligata.
Incapacità giuridica, Eredità e successioni, Affidamento, Recupero crediti, Contratti, Mediazione, Negoziazione assistita, Domiciliazioni, Separazione, Divorzio, Locazioni, Sfratto, Matrimonio, Risarcimento danni, Gratuito patrocinio.
Dopo un’esperienza pluriennale in ambito giudiziale e stragiudiziale come collaboratrice presso uno Studio Legale cuneese, nel 2022 ho inaugurato il mio Studio Legale, con sede a Trinità (CN), a pochi chilometri da Fossano (CN), Mondovì (CN) e Cuneo. Lo Studio si trova nel centro del paese, in zona tranquilla, riservata e facilmente raggiungibile dai Comuni di Cuneo e Provincia. I parcheggi sono agilmente accessibili e ricevo il Cliente in un ambiente accogliente, idoneo a farlo sentire a proprio agio. Dispongo, inoltre, di un'ampia sala d'attesa a misura di bambino. Esercito la mia attività con la massima attenzione all’ascolto del Cliente, alla comprensione e cura degli interessi in gioco. Ritengo che non esistano strade impercorribili: anche le situazioni più complesse e delicate possono essere risolte con umiltà, trasparenza, impegno e atteggiamento positivo.
“Soddisfatto al 100% della professionalità, cortesia, precisione, perseveranza e tenacia per raggiungere l’obiettivo che ci eravamo prefissati per ottenere le mie ragioni a prezzo contenuto. La consiglio vivamente.”
La Cliente si era rivolta al mio Studio per risolvere un grave problema: il marito, padre delle figlie minori nate dal matrimonio, aveva improvvisamente abbandonato l'abitazione familiare, senza più dare notizie di sé, rendendosi irreperibile anche telefonicamente ed omettendo qualsiasi contributo economico. La moglie, oltre a dover affrontare la crisi matrimoniale, si trovava così a non poter assumere, in mancanza del consenso del padre, tutte le necessarie decisioni inerenti le figlie minori circa salute, educazione, residenza e documenti per l'espatrio, con grave pregiudizio per le bambine. Risultava, dunque, necessario ottenere dal Tribunale, oltre alla separazione giudiziale dei coniugi, anche l'affidamento super esclusivo delle figlie minori alla madre, affinché ella potesse avere autonomia decisionale in merito ai bisogni delle figlie. Nel ricorso introduttivo, quindi, sono stati indicati i motivi fondanti tale richiesta (in particolare, disinteresse ed irreperibilità del padre) ed il Giudice si è pronunciato favorevolmente per la madre, consentendole, con l'affidamento super esclusivo, di "adottare in autonomia anche le decisioni di maggiore interessper le figlie in materia di salute, istruzione, residenza e richiesta di documenti anche validi per l’espatrio".
Rispetto alle strade aperte al pubblico transito, la disciplina della responsabilità per la cosa in custodia di cui all’art. 2051 del Codice civile è applicabile in riferimento alle situazioni di pericolo connesse alla struttura o alle pertinenze della strada. Pertanto, il danneggiato che invochi siffatta responsabilità contro il proprietario o il gestore della strada in merito a un danno causato da bene demaniale o patrimoniale soggetto ad uso generale e diretto della collettività, dovrà esclusivamente provare – come avviene di regola per le ipotesi di responsabilità per i danni cagionati da una cosa in custodia – l’evento dannoso e l’esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l’evento suddetto. Trattandosi di un’ipotesi si responsabilità oggettiva, il Comune, per liberarsi dalla presunzione di responsabilità, dovrà provare il caso fortuito e, quindi, dimostrarel'assenza di colpa, per aver posto in essere ogni misura idonea a prevenire ed evitare l’evento e la condotta mantenuta. Tuttavia, come evidenziato dalla giurisprudenza, il conducente di un veicolo danneggiato a causa della presenza di un dosso non segnalato, potrà fondatamente richiedere al Comune il risarcimento del danno patito solo qualora abbia rispettato le norme del Codice della Strada e, in particolare, non abbia ecceduto i limiti velocità prescritti.
Nel nostro ordinamento vige la regola dell’affidamento condiviso del figlio minore ai genitori separati, divorziati o ex conviventi more uxorio. Infatti , il Codice civile (art. 337 quater), disponendo che “ Il giudice può disporre l’affidamento dei figli ad uno solo dei genitori qualora ritenga con provvedimento motivato che l’affidamento all’altro sia contrario all’interesse del minore”, confina l’affidamento esclusivo ad ipotesi residuale. Cosa comporta l'affidamento esclusivo? Il genitore cui sono affidati i figli in via esclusiva, salva diversa disposizione del giudice, ha l'esercizio esclusivo della responsabilità genitoriale su di essi e deve attenersi alle condizioni determinate dal giudice; in ogni caso, salvo che non sia diversamente stabilito, le decisioni di maggiore interesse per i figli sono adottate da entrambi i genitori ed il genitore cui i figli non sono affidati ha il diritto ed il dovere di vigilare sulla loro istruzione ed educazione, potendo ricorrere al giudice quando ritenga che siano state assunte decisioni pregiudizievoli al loro interes se . La Corte di Cassazione ha più volte evidenziato che l’affidamento condiviso costituisce il regime ordinario, non impedito dall’esistenza di una conflittualità tra i genitori, tranne qualora sia pregiudizievole per l’interesse dei figli, alterando e ponendo in serio pericolo il loro equilibrio e sviluppo psico-fisico; in tal caso, la pronuncia di affidamento esclusivo deve essere sorretta da una puntuale motivazione con riferimento non solo al pregiudizio potenzialmente arrecato ai figli da un affidamento condiviso bensì anche all’inidoneità educativa o alla manifesta carenza dell’altro genitore (Cass. civ., Sez. I, 1 marzo 2017, n. 27). La mera conflittualità tra i coniugi, nei limiti in cui si mantenga nell’ambito di un tollerabile disagio per la prole, non può impedir e il ricorso all’affidamento condiviso (Cass. civ., Sez. I, 29 marzo 2012, n. 5108). Il giudice, infine, può disporre l'affidamento esclusivo cosiddetto "rafforza to" o "super esclusivo" nei casi di assoluta inadeguatezza genitoriale ed impossibilità di una gestione condivisa dei figli minori. In tal caso, le competenze genitoriali vengono concentrate in capo al genitore affidatario anche in ordine alle scelte più importanti riguardanti il figlio, quali quelle su salute, educazione, istruzione e residenza abituale, secondo quanto consentito dall'art. 337 quater , comma 3, del Codice civile. Tuttavia, tale provvedimento non incide sulla titolarità della responsabilità genitoriale ed il genitore non affidatario mantiene il diritto ed il dovere di vigilare sull'istruzione ed educazione del figlio, potendo ricorrere al giudice quando ritenga che siano state assunte decisioni per lo stesso pregiudizievoli.
Il Patrocinio a spese dello Stato (comunemente detto "Patrocinio Gratuito") è un istituto previsto e disciplinato dal D.P.R. 115/2002 (T.U. spese di giustizia) che consente ai non abbienti di beneficiare dell'assistenza di un avvocato, senza doversi far carico del suo compenso che, appunto, viene corrisposto dallo Stato. Il Patrocino Gratuito è assicurato nel processo civile, penale, amministrativo e tributario purché il cittadino dimostri di possedere i presupposti previsti dalla legge. In particolare, per quanto riguarda i procedimenti civili, il reddito annuo dell'interessato, cumulato con quello dei familiari conviventi, dev'essere non superiore ad € 12.838,01 . Detto importo si compone della somma dei redditi annuali imponibili IRPEF, risultanti dall’ultima dichiarazione, di tutti i componenti del nucleo familiare del richiedente. Esiste, però, un'eccezione i n caso di controversia radicata avverso familiare convivente in quanto il reddito di quest'ultimo non è da considerare. La Corte di Cassazione ha precisato che per “ultima dichiarazione” debba intendersi quella relativamente alla quale sia sorto l’obbligo di presentazione, anche se ancora materialmente non presentata (Cass. n. 21313/2022). L'istanza di ammissione al Patrocinio Gratuito va presentata al Consiglio dell'Ordine degli Avvocati competente (con o senza nomina di un difensore). In tale domanda, l'interessato si impegna: - a comunicare perentoriamente entro il termine di 30 giorni dalla scadenza del termine di un anno, a far tempo dalla data di presentazione dell’istanza o della comunicazione precedente e fino a che il procedimento non sia definito, le eventuali variazioni dei limiti di reddito, verificatesi nell’anno precedente, rilevanti ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato; - a produrre, su richiesta del Consiglio dell’Ordine ed a pena di inammissibilità, la documentazione comprovante la veridicità di quanto indicato nell'istanza presentata nonché ad integrarla nel termine perentorio di giorni dieci dalla richiesta. Con la medesima istanza, il cittadino dichiara, tra l'altro: - di essere consapevole delle sanzioni penali in caso di dichiarazioni false (reclusione da uno a cinque anni e multa da € 309,87 a € 1.549,37, con pena aumentata se dal fatto consegue l’ottenimento o il mantenimento dell’ammissione al Patrocinio ); - di essere consapevole che, nel caso in cui il Magistrato accerti il mutamento delle condizioni reddituali durante il procedimento, dispone la revoca del beneficio.
L'assistito aveva impugnato davanti alla Prefettura competente un verbale di violazione del Codice della Strada per eccesso di velocità. Il ricorso, tuttavia, era stato rigettato. Al provvedimento di rigetto notificato non erano seguite altre comunicazioni da parte della Polizia Stradale, se non il verbale di contestazione della violazione dell’art. 126-bis, comma 2, del Codice della Strada poiché sarebbe stato intimato di comunicare, entro 60 giorni dalla notifica, i dati personali e della patente di guida del conducente ma, decorsi inutilmente i termini imposti senza alcuna comunicazione relativa alle informazioni richieste, il trasgressore non avrebbe ottemperato all'intimazione ricevuta. L’organo accertatore, tuttavia, aveva agito in violazione delle disposizioni di legge in materia: la violazione prevista dall'art. 126-bis, comma 2, C.d.S. - consistente nella mancata comunicazione, nei 60 giorni dalla data di notifica del verbale di contestazione, dei dati personali e della patente di guida del conducente al momento della commessa violazione presupposta - si configura soltanto quando siano definiti i procedimenti giurisdizionali o amministrativi proposti avverso il verbale relativo alla precedente infrazione di riferimento. Nel caso che ci occupa, definito sfavorevolmente il procedimento instaurato dal trasgressore, l’amministrazione aveva omesso di notificargli il suddetto nuovo invito a comunicare i dati del conducente al momento della violazione comminata. Pertanto, il secondo verbale veniva impuganto davanti alla Prefettura competente con ricorso totalmente accolto.
La legge prevede tre tipi di successione a causa di morte: testamentaria (in presenza di testamento), legittima (in assenza di testamento) e necessaria (in presenza di soggetti legittimari, titolari della cosiddetta "quota di riserva" o "quota legittima"). In assenza di testamento, l'art. 540 del Codice civile riserva, a favore del coniuge, la metà del patrimonio dell'altro coniuge, salve le disposizioni per il caso di concorso con i figli. Infatti, se chi muore lascia, oltre al coniuge, un solo figlio, a quest'ultimo è riservato un terzo del patrimonio ed un altro terzo spetta al coniuge; quando i figli sono più di uno, ad essi è complessivamente riservata la metà del patrimonio e al coniuge spetta un quarto del patrimonio del defunto. La divisione tra tutti i figli, è effettuata in parti uguali. Al coniuge, anche quando concorra con altri chiamati all'eredità (ad esempio, i figli), sono riservati i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, se di proprietà del defunto o comuni. La Corte di Cassazione (sentenza 7128/2023) ha di recente evidenziato che il diritto di abitazione, riservato al coniuge superstite, ha ad oggetto la sola casa adibita a residenza familiare e cioè l'immobile in cui i coniugi abitavano insieme stabilmente prima della morte del de cuius , quale luogo principale di esercizio della vita matrimoniale; ne consegue che tale diritto non può comprendere due (o più) residenze alternative ovvero due (o più) immobili di cui i coniugi avessero la disponibilità e che usassero in via temporanea, postulando la nozione di casa adibita a residenza familiare comunque l'individuazione di un solo alloggio costituente, se non l'unico, quanto meno il prevalente centro di aggregazione degli affetti, degli interessi e delle consuetudini della famiglia.
La funzione della tutela è quella di proteggere le persone dichiarate interdette. Possono essere interdette le persone maggiori di età e minori emancipate che si trovino in condizioni di abituale infermità di mente che li renda totalmente incapaci di provvedere ai propri interessi e tale misura sia necessaria per assicurare loro adeguata protezione. Il tutore viene nominato dal Giudice Tutelare e viene scelto, preferibilmente, nello stesso ambito familiare dell’interdetto. Tuttavia, può nominarsi tutore una persona estranea in assenza di parenti o in caso di conflitto tra gli stessi. Una volta nominato, il tutore deve rispettare obblighi precisi: avere cura dell’interdetto, rappresentarlo negli atti civili, amministrare i suoi beni, formarne l’inventario, tenere la contabilità, presentare al Giudice Tutelare il rendiconto periodico della gestione dei beni dell'interdetto. In base all'art. 384 del Codice civile (dettato in materia di tutore nominato al soggetto minore ed applicabile anche al tutore dell'interdetto), i l Giudice Tutelare può rimuovere dall'ufficio il tutore che si sia reso colpevole di negligenza o abbia abusato dei suoi poteri o si sia dimostrato inetto nell'adempimento di essi, o sia divenuto immeritevole dell'ufficio per atti anche estranei alla tutela, ovvero sia divenuto insolvente. Il Giudice non può rimuovere il tutore se non dopo averlo sentito o citato; può tuttavia sospenderlo dall'esercizio della tutela nei casi che non ammettono dilazione. Qualora si verifichino i presupposti enunciati, peraltro, la rimozione del tutore dall'ufficio non è obbligatoria ma rimessa al prudente apprezzamento del Giudice Tutelare, che dovrà valutare in concreto la corrispondenza della rimozione all'interesse dell'interdetto. In ogni caso, il tutore non potrà essere rimosso senza prima aver sottoposto le proprie ragioni al Giudice Tutelare che, nelle more dell'instaurazione del contraddittorio con il tutore, può sospenderlo dalla carica, ove ricorrano ragioni di stretta urgenza (in relazione al pericolo di pregiudizio per gli interessi dell'interdetto).
Nei giudizi in materia di famiglia, il giudice, a pena di nullità degli atti processuali, è tenuto a nominare un curatore speciale al minore nei seguenti casi: quando il pubblico ministero abbia chiesto la decadenza dalla responsabilità genitoriale di uno o di entrambi i genitori o in cui uno di essi abbia domandato la decadenza dell'altro; in caso di adozione di provvedimenti di allontanamento del minore dalla famiglia d'origine o di affidamento endofamiliare; quando dai fatti emersi nel procedimento emerga una situazione di pregiudizio per il minore tale da precluderne l'adeguata rappresentanza da parte dei genitori; qualora ne faccia richiesta il minore che abbia compiuto quattordici anni. Inoltre, il giudice ha non il dovere ma la facoltà di nominare un curatore speciale al minore quando i genitori appaiano per gravi ragioni temporaneamente inadeguati a rappresentare gli interessi del minore. La nomina del curatore speciale può essere richiesta anche dal Pubblico Ministero, dai parenti prossimi del minore e da qualunque parte in causa che vi abbia interesse. Il curatore speciale provvede ad ascoltare il minore, fornendogli tutte le informazioni che lo riguardano, e può essere revocato dal giudice su istanza dei genitori, del tutore o del Pubblico Ministero per gravi inadempienze o perché siano venuti i meno i presupposti per la sua nomina.
Quando l'eredità è acquistata da più persone, sui beni ereditari si forma, tra i coeredi, una comunione (detta, appunto, "ereditaria"). Alla comunione ereditaria si applicano le norme dettate dal Codice civile per la comunione ordinaria, con alcune eccezioni. Infatti, nella comunione ereditaria, i coeredi non possono liberamente alienare la propria quota ma gli stessi, per evitare per quanto possibile la disgregazione del patrimonio ereditario, hanno diritto di essere preferiti agli estranei, qualora un coerede intendesse alienare la sua quota o una parte di essa. In tal caso, il coerede alienante deve notificare la proposta di alienazione agli altri, che nel termine di due mesi devono decidere se intendono acquistare al prezzo indicato nella proposta, secondo le regole del cosiddetto "retratto successorio". Nel caso in cui il coerede proceda alla vendita senza prima notificare la proposta agli altri coeredi, questi possono riscattare la quota al corrispettivo pagato, sostiuendosi all'acquirente. La comunione ereditaria viene meno con la divisione, che può essere sempre domandata da ciascun coerede (come previsto per la comunione ordinaria). Esistono tre tipi di divisione: 1) la divisione contrattuale o amichevole, fatta di comune accordo tra coeredi, con forma scritta e trascrizione se riguarda beni immobili; 2) la divisione giudiziale, che può essere chiesta al giudice da ciascun coerede nel caso in cui non sia possibile raggiungere un accordo bonario per procedere alla divisione; 3) la divisione testamentaria, secondo le regole dettate dal testatore e che deve comprendere tutti i legittimari o gli eredi istituiti, a pena di nullità. I beni donati in vita dal de cuius devono essere compresi o conferiti nella massa attiva del patrimonio per essere divisi tra i coeredi in proporzione delle rispettive quote (collazione). Tuttavia, questo procedimento non si applica quando il donante o testatore abbia disposto diversamente con la cosiddetta "dispensa dalla collazione".
La recente riforma della giustizia ("riforma Cartabia") ha introdotto, in materia di famiglia e di provvedimenti economici, un'importante norma a tutela del coniuge separato o divorziato e della prole. Infatti, l'art. 473- bis .37 del Codice di procedura civile prevede che il coniuge separato o divorziato, cui spetta la corresponsione periodica del contributo in favore suo o della prole, dopo aver costituito in mora il coniuge separato o divorziato debitore, inadempiente per un periodo di almeno trenta giorni, possa notificare il provvedimento o l'accordo di negoziazione assistita in cui è stabilita la misura dell'assegno ai terzi tenuti a corrispondere periodicamente somme di denaro al soggetto obbligato, con la richiesta di versargli direttamente le somme dovute, dandone comunicazione al debitore inadempiente. Il terzo, datore di lavoro, è tenuto al pagamento dell'assegno dal mese successivo a quello in cui è stata effettuata la notificazione. Ove non adempia, il creditore ha azione esecutiva diretta nei suoi confronti per il pagamento delle somme dovute. L'introduzione della norma in discorso consente, quindi, al coniuge avente diritto al contributo economico (assegno di mantenimento /divorzile e/o assegno di mantenimento per la prole) di avvalersi di una procedura stragiudiziale per ottenere il pagamento di quanto dovuto direttamente dai terzi tenuti a corrispondere periodicamente somme di denaro al soggetto obbligato, senza necessariamente dover intraprendere la via giudiziale.
Il D.Lgs. n. 28 del 2010, all'art. 5, prevede, quale condizione di procedibilità per le controversie in materia di contratti di locazione, l'esperimento di un procedimento di mediazione e che, qualora il mancato esperimento della mediazione venga eccepito dal convenuto o rilevato dal Giudice entro la prima udienza, quest'ultimo assegni alle parti il termine di quindici giorni per l'avvio del procedimento in discorso. Il Tribunale di Roma, Sezione VI, con la sentenza n. 11506/2019, si è occupato di individuare la parte su cui grava l'onere di attivare la mediazione obbligatoria nel procedimento per convalida di sfratto per morosità in caso di opposizione. Il Tribunale, in primo luogo, ha dato atto di posizioni contrastanti in giurisprudenza: alcune decisioni accollano al locatore-intimante sia l'onere della mediazione sia le conseguenze del suo mancato esperimento, con dichiarazione di improcedibilità e condanna alle spese in caso di mancato avveramento della condizione; altre, invece, ritenuta improcedibile la domanda, considerano consolidati gli effetti dell'eventuale ordinanza non impugnabile di rilascio emessa in favore del locatore-intimante, a cui devono essere riconosciute le spese; infine, posizioni intermedie, pur a fronte del consolidarsi degli effetti del provvedimento interinale, considerano sussistenti idonee ragioni per provvedere a totale compensazione delle spese. Tanto premesso, il Tribunale ha ritenuto che, in un procedimento di sfratto per morosità, ove il Giudice abbia disposto il mutamento del rito conseguente all'opposizione presentata dal conduttore e invitato le parti ad attivare la procedura di mediazione obbligatoria ai sensi dell'art. 5, D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28, spetta al locatore-intimante l'onere di introdurre la mediazione, a pena di improcedibilità delle domande avanzate in sede di intimazione di sfratto.
La IV Sezione penale della Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 22038 del 2024, ha analizzato il comportamento che deve tenere il conducente di un veicolo per evitare di provocare un incidente stradale. La Corte, in primo luogo, ha ricordato le numerose pronunce secondo cui il conducente di un veicolo che noti sul proprio percorso la presenza di pedoni che tardino a spostarsi, ha l'obbligo di rallentare la velocità e, se necessario, anche fermarsi; ciò allo scopo di prevenire inavvertenze e indecisioni pericolose dei pedoni stessi che si presentino ragionevolmente prevedibili e probabili. La circostanza che i pedoni attraversino la strada improvvisamente o si attardino nell'attraversare costituisce, infatti, un rischio tipico e quindi prevedibile della circolazione stradale. Sempre in tema di pedoni, la Corte ha più volte affermato che, in materia di reati colposi (omicidio o lesioni) verificatisi nell'ambito della circolazione stradale, per escludere la responsabilità del conducente per l'investimento del pedone, la condotta di quest'ultimo deve rappresentare una causa eccezionale ed atipica, imprevista ed imprevedibile dell'evento, che sia stata da sola sufficiente a produrlo (Cassazione, Sezione IV, Sent. n. 10635/2013 e sent. 33207/2013). Pertanto, la Corte ha ribadito che il conducente deve essere in grado di padroneggiare il veicolo in ogni situazione, tenendo conto di eventuali imprudenze altrui, purché ragionevolmente prevedibili. Questa regola cautelare va rispettata sia mantenendo una velocità adeguata alle condizioni di tempo e luogo, sia prestando attenzione all'ambiente circostante, così da evitare incidenti. La presenza di ostacoli sulla strada, come pedoni che non si scansano tempestivamente, rientra nell'ordinaria prevedibilità delle condotte che il conducente deve considerare. In caso di violazione di detti principi, è necessario valutare il nesso di causalità tra la condotta del conducente e l'evento dannoso.
L'istituto dell'amministrazione di sostegno è stato introdotto nel nostro ordinamento dalla legge n. 6 del 2004, con "la finalità di tutelare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell'espletamento delle funzioni della vita quotidiana, mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente ” (articolo 1). La persona che, per effetto di un'infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trova nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, può essere assistita da un amministratore di sostegno, nominato dal giudice tutelare del luogo in cui questa ha la residenza o il domicilio. Il ricorso per l'istituzione dell'amministrazione di sostegno può essere proposto dallo stesso soggetto beneficiario oppure dal coniuge, dalla persona stabilmente convivente, dai parenti entro il quarto grado, dagli affini entro il secondo grado, dal tutore o curatore o dal pubblico ministero. Il giudice tutelare provvede entro sessanta giorni dalla data di presentazione della richiesta alla nomina dell'amministratore di sostegno con decreto motivato immediatamente esecutivo, che deve contenere l’indicazione precisa degli atti che l’amministratore ha il potere di compiere in nome e per conto del beneficiario. Tuttavia, in ogni tempo e anche d'ufficio, il giudice tutelare ha la possibilità di modificare o integrare le decisioni assunte con il decreto di nomina dell'amministratore di sostegno. La Corte di Cassazione (sentenza 32542/2022) ha sottolineato che l'amministrazione di sostegno, pur non richiedendo uno stato di vera e propria incapacità di intendere o di volere, presuppone comunque che la persona, per effetto di un'infermità o di una menomazione fisica o psichica, si trovi nell'impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi; è escluso, invece, il ricorso all'istituto nei confronti di chi si trovi nella piena capacità di autodeterminarsi, pur in condizioni di menomazione fisica, in funzione di asserite esigenze di gestione patrimoniale. Pertanto, salvo che non sia provocata da una grava patologia psichica, tale da rendere l'interessato inconsapevole del bisogno di assistenza, la sua opposizione alla nomina costituisce espressione di autodeterminazione, che deve essere opportunamente considerata. L'amministrazione di sostegno è qualificata "sostitutiva o mista" laddove il beneficiario, pur non essendo incapace di compiere atti giuridici, non è in grado di determinarsi autonomamente in difetto di un intervento dell'amministratore; viene, invece, definita amministrazione puramente "di assistenza" quando il beneficiato è pienamente capace di disporre del suo patrimonio, anche per testamento e con disposizione in favore dell'amministratore di sostegno, a prescindere dalla circostanza che tra i due soggetti, amministratore e beneficiato, sussistano vincoli di parentela o di coniugio ovvero una stabile condizione di convivenza (Cass. civ. n. 6079/2020).
I contratti di locazione ad uso abitativo, disciplinati dalla legge 9 dicembre 1998, n. 431, non possono avere durata inferiore a 4 anni; decorso questo periodo, il contratto è rinnovato per un periodo di ulteriori 4 anni (cosiddetto "tacito rinnovo"). Tuttavia, alla prima scadenza, il locatore può avvalersi della facoltà di diniego del rinnovo del contratto, dandone comunicazione al conduttore con preavviso di almeno sei mesi, per i seguenti motivi: a) quando il locatore intenda destinare l'immobile ad uso abitativo, commerciale, artigianale o professionale proprio, del coniuge, dei genitori, dei figli o dei parenti entro il secondo grado; b) quando il locatore, persona giuridica, società o ente pubblico o comunque con finalità pubbliche, sociali, mutualistiche, cooperative, assistenziali, culturali o di culto intenda destinare l'immobile all'esercizio delle attività dirette a perseguire le predette finalità ed offra al conduttore altro immobile idoneo e di cui il locatore abbia la piena disponibilità; c) quando il conduttore abbia la piena disponibilità di un alloggio libero ed idoneo nello stesso comune; d) quando l'immobile sia compreso in un edificio gravemente danneggiato che debba essere ricostruito o del quale debba essere assicurata la stabilità e la permanenza del conduttore sia di ostacolo al compimento di indispensabili lavori; e) quando l'immobile si trovi in uno stabile del quale è prevista l'integrale ristrutturazione, ovvero si intenda operare la demolizione o la radicale trasformazione per realizzare nuove costruzioni, ovvero, trattandosi di immobile sito all'ultimo piano, il proprietario intenda eseguire sopraelevazioni a norma di legge e per eseguirle sia indispensabile per ragioni tecniche lo sgombero dell'immobile stesso; f) quando, senza che si sia verificata alcuna legittima successione nel contratto, il conduttore non occupi continuativamente l'immobile senza giustificato motivo; g) quando il locatore intenda vendere l'immobile a terzi e non abbia la proprietà di altri immobili ad uso abitativo oltre a quello eventualmente adibito a propria abitazione. In tal caso al conduttore è riconosciuto il diritto di prelazione. Lo stesso articolo chiarisce che, qualora il locatore abbia riacquistato la disponibilità dell'alloggio a seguito di illegittimo esercizio della facoltà di disdetta (ad esempio, non adibisca l'immobile ad uso abitativo per sé), il locatore stesso è tenuto a corrispondere un risarcimento al conduttore da determinare in misura non inferiore a trentasei mensilità dell'ultimo canone di locazione percepito. Alla seconda scadenza del contratto, ciascuna delle parti potrà attivare la procedura per il rinnovo a nuove condizioni o per la rinuncia al rinnovo del contratto, comunicando la propria intenzione con lettera raccomandata da inviare all'altra parte almeno 6 mesi prima della scadenza. Pertanto, in base alla normativa vigente, il locatore non può recedere dal contratto di locazione prima della scadenza dello stesso (salvo che per i motivi tassativamente previsti dalla legge) in quanto il contratto di locazione ad uso abitativo ha una durata minima fissata dalla legge.
Dopo il conseguimento della laurea in Giurisprudenza presso la Facoltà di Torino, con votazione di 110 e lode, ho intrapreso il praticantato e frequentato il corso di preparazione all'esame di abilitazione alla professione di Avvocato presso la "Scuola Litubium" di Torino. Il corso ha rappresentato un valido ausilio ai fini del superamento dell'esame, oltre che una possibilità di confronto con Professionisti qualificati ed aspiranti Avvocati ed un'occasione di crescita personale e professionale.
Il corso di formazione mi ha consentito di sviluppare capacità di ascolto e di ricerca di soluzioni condivise nonché di iscrivermi nell’elenco dei Mediatori presso l’Organismo di Mediazione del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Cuneo, ente iscritto nel Registro degli Organismi di Mediazione al n. 347.
Nell'anno 2020 ho presentato al Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Cuneo richiesta di iscrizione nell'elenco degli Avvocati disponibili al patrocinio a spese dello Stato (cosiddetto "gratuito patrocinio") in materia civile. Il Consiglio dell'Ordine, valutata la mia esperienza in quest'ambito, ha disposto la mia iscrizione nell'elenco. Pertanto, sono disponibile ad assistere, tramite gratuito patrocinio, gli interessati che presentino i requisiti di legge (reddito annuo, cumulato con quello dei familiari conviventi, non superiore ad € 12.838,01).
Il 28/01/2023 sono stata ospite del programma radiofonico Story Time. Nel mio intervento, abbiamo affrontato i rimedi all'indempimento contrattuale ed analizzato gli elementi che devono essere provati per ottenere il risarcimento del danno: l'esistenza del contratto; l'adempimento della propria obbligazione; il danno subìto; la riconducibilità del danno all'inadempimento dell’altra parte. Spetta al debitore provare di avere adempiuto correttamente la propria obbligazione oppure che l’inadempimento deriva da causa a lui non imputabile. Nella responsabilità extracontrattuale, invece, l’onere della prova è interamente a carico del danneggiato, che deve sempre provare: il dolo o la colpa dell’altra parte; il fatto dannoso; il nesso di causalità tra il fatto commesso ed il danno subito. Attenzione alla prescrizione, cioè il termine decorso il quale il diritto non può più essere fatto valere. Nella responsabilità da inadempimento contrattale, il termine ordinario per richiedere il risarcimento del danno è di 10 anni. Il Codice civile, però, prevede anche prescrizioni “brevi” (ad esempio per i contratti di trasporto) e prescrizioni “presuntive” (ad esempio per il pagamento dei professionisti). Nella responsabilità da fatto illecito, il termine di prescrizione è più breve: 5 anni. Tuttavia, per il risarcimento del danno prodotto dalla circolazione dei veicoli il diritto si prescrive in 2 anni e, se il fatto è considerato dalla legge come reato e per il reato è stabilita una prescrizione più lunga, questa si applica anche all’azione civile.
Elisa Fea
Via Carlo Marro 14
Trinità (CN)
Il portale giuridico al servizio del cittadino ed in linea con il codice deontologico forense.
© Copyright IUSTLAB - Tutti i diritti riservati
Privacy e cookie policy