Pubblicazione legale:
1. La qualificazione del licenziamento per scarso rendimento
Nel rapporto
di lavoro subordinato, sul dipendente grava un’obbligazione di mezzi e non di risultato.
Da ciò consegue “che il mancato
raggiungimento del risultato prefissato non costituisce di per
sé inadempimento, giacché si tratta di lavoro subordinato e non
dell’obbligazione di compiere un’opera o un servizio (lavoro autonomo)” (Cass. Civ., Sez. Lav., 19.04.2024, n. 10640).
Del resto,
l’inadeguatezza della prestazione resa dal dipendente potrebbe anche
semplicemente “essere imputabile alla stessa organizzazione dell’impresa o,
comunque a fattori non dipendenti dal lavoratore” (Cass. Civ., Sez. Lav., 23.03.2017,
n. 7522).
Le scarse performance del dipendente possono
legittimare il recesso del datore di lavoro solo quando esse siano
riconducibili a un comportamento negligente e non collaborativo del
lavoratore, tale da integrare un grave inadempimento, ex art. artt. 1453
e segg. c.c., degli obblighi di diligenza e professionalità su di lui incombenti ex 2104, comma 1, c.c.: “II licenziamento per
cosiddetto “scarso rendimento”, invero, costituisce un’ipotesi di recesso del
datore per notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore,
che, a sua volta, si pone come specie della risoluzione per inadempimento, prevista
dagli artt. 1453 e segg. cod. civ.” (Cass. Civ., Sez. Lav., 09.07.2025, n.
14310)
In questa prospettiva, la fattispecie di elaborazione
giurisprudenziale del licenziamento per scarso rendimento si configura
come un licenziamento disciplinare, e più
precisamente come licenziamento per giustificato motivo soggettivo.
2. Presupposti di legittimità del licenziamento per scarso
rendimento
Il datore di lavoro che intenda far valere in giudizio la legittimità del
licenziamento per scarso rendimento intimato al dipendente deve essere consapevole che egli “non può limitarsi a provare il solo
mancato raggiungimento del risultato atteso e l’oggettiva sua esigibilità”
(Trib. Roma, Sez. Lav., 04.01.2023, n. 18).
Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale,
infatti, ai fini della legittimità del licenziamento per scarso rendimento, il
datore di lavoro deve essere in grado di dimostrare che in un congruo
periodo di tempo ricorrano congiuntamente i seguenti elementi (Cass.
Civ., Sez. Lav., 06.04.2023, n. 9453):
Così, per esempio, è stato dichiarato illegittimo il
licenziamento di un lavoratore con mansioni di venditore di automobili che, pur
senza raggiungere i risultati auspicati dall’azienda, aveva adempiuto ai suoi
compiti, redigendo numerosi preventivi ed effettuando vari tentativi di vendita
(Cass. Civ., Sez. Lav., 10.11.2017, n. 26677).
Diversamente, è stato ritenuto legittimo il licenziamento
per scarso rendimento:
3. La
recente sentenza della Corte D’Appello di Brescia
Con
sentenza n. 186 del 30.08.2025, la Corte d’Appello di Brescia ha confermato la
legittimità del licenziamento di alcuni lavoratori con mansioni di macellai la
cui produttività era risultata tra il 20% e il 40% inferiore rispetto a quella
dei colleghi, per un periodo compreso tra cinque e sette mesi.
È
interessante notare come, con la sentenza in commento, la Corte d’Appello di
Brescia abbia ritenuto irrilevante la circostanza rappresentata dal fatto che la
datrice di lavoro non avesse mai predeterminato e comunicato ai dipendenti dei
livelli minimi di produttività:
“Ed
infatti, nel caso di specie la contestazione mossa ai lavoratori non
concerne il mancato raggiungimento di un predeterminato standard produttivo, ma
la violazione dei generali doveri di diligenza, buona fede e correttezza, con
irrimediabile compromissione dell’elemento fiduciario […]. Il rimprovero
mosso ai ricorrenti, quindi, non è relativo al mancato raggiungimento di uno
standard produttivo prestabilito, imposto dal datore di lavoro ai
lavoratori come dovuto. La contestazione disciplinare riguarda, invece,
l’esecuzione della prestazione lavorativa con un ritmo così più lento e tanto
sproporzionato rispetto al normale da risultare ingiustificato ed
ingiustificabile. In altri termini, nel caso di specie l’inaccettabile
negligenza dei soggetti licenziati non è desunta dal mancato raggiungimento di
determinati standard, ma dal confronto con il ritmo lavorativo normalmente
sostenuto in media dai lavoratori impiegati nelle medesime mansioni (e dagli
stessi soggetti licenziati nel periodo anteriore). […] Tale condotta, lo si
ribadisce, non ha nulla a che fare con il mancato raggiungimento di specifici
obiettivi produttivi richiesti dalla datrice di lavoro e quindi non può certo
giustificarsi con la mancata previa comunicazione ai lavoratori degli obiettivi
stessi”.
Finora
la giurisprudenza si era pronunciata su casi in cui la sproporzione tra le
prestazioni dei dipendenti veniva valutata in base ad obiettivi di produttività predeterminati
e comunicati dal datore di lavoro.
La
sentenza della Corte d’Appello di Brescia introduce un cambio di prospettiva:
non è più necessario che tali obiettivi siano stati previamente fissati e comunicati
dal datore di lavoro se la contestazione disciplinare riguarda l’esecuzione
della prestazione con un ritmo ingiustificatamente lento rispetto alla media,
tale da compromettere l’elemento fiduciario.
Questo orientamento rappresenta, pertanto,
una significativa evoluzione nell’interpretazione del licenziamento per scarso rendimento,
rafforzando la possibilità per il datore di lavoro di fondare la contestazione
disciplinare sulla
qualità e intensità della prestazione, anche in assenza di
obiettivi aziendali formalizzati.
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