Flavia Mascolo

Avvocato esperto in materia bancaria e concorrenza




Informazioni generali

Sono l'Avv.to Flavia Mascolo esercito la professione da 28 anni presso il distretto della Corte di Appello di Napoli , posseggo uno studio legale in proprio e mi occupo di diritto bancario , crisi di imprese, diritto del lavoro . Faccio parte della commissione bancaria presso il Tribunale di Napoli e ho scritto alcuni libri in materia bancaria in particolare sugli swaps e sulle fideiussioni omnibus e la tutela del consumatore . Conosco la lingua inglese e spagnola .

Esperienza


Diritto bancario e finanziario

Fideiussioni bancarie , vizi dei contratti , prodotti finanziari e risvolti sui contratti bancari ,


Altre categorie:

Usura, Investimenti, Diritto civile, Eredità e successioni, Separazione, Divorzio, Pignoramento, Diritto del lavoro, Domiciliazioni.


Referenze

Pubblicazione legale

Fideiussioni bancarie

Pubblicato su IUSTLAB

La problematica relativa alla legittimita' delle fideiussione omnibus sottoscritte dagli istituti di credito è frutto di un complesso percorso giurisprudenziale che tenteremo di riassumere brevemente al fine di un agevole comprensione della problematica. LA DELIBERA N. 55 DEL 02.5.2005 Nel 2003, l’Associazione Bancaria Italiana ebbe a proporre agli associati un testo di tredici articoli in merito alla fideiussione omnibus. Sulla scorta del parere del 20.4.2005 dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCOM), nel maggio 2005 la Banca d’Italia definì il procedimento istruttorio volto ad accertare se le previsioni del testo A.B.I. fossero o meno lesive della concorrenza. Con il provvedimento n. 55 del 02.5.2005 sulle “Condizioni generali di contratto per la Fideiussione” la Banca d’Italia ha pronunciato 'il contrasto con l'articolo 2, della L. n. 287 del 1990 ('Legge Antitrust')degli articoli 2, 6 e 8 dello schema contrattuale di fideiussione omnibus predisposto dall'ABI. In particolare: - l'articolo 2 che prevedeva la cosiddetta 'clausola di reviviscenza' e imponeva al fideiussore di “ rimborsare alla banca le somme che dalla banca stessa fossero state incassate in pagamento di obbligazioni garantite e che dovessero essere restituite a seguito di annullamento, inefficacia o revoca dei pagamenti stessi, o per qualsiasi altro motivo ”; - l'articolo 6 per il quale “ i diritti derivanti alla banca dalla fideiussione restano integri fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore, senza che essa sia tenuta ad escutere il debitore o il fideiussore medesimi o qualsiasi altro coobbligato o garante entro i tempi previsti, a seconda dei casi, dall' art. 1957 cod. civ. , che si intende derogato ” - l'articolo 8 per il quale “ qualora le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide, la fideiussione garantisce comunque l'obbligo del debitore di restituire le somme allo stesso erogate ”. Tuttavia, le valutazioni della Banca d’Italia nel Provvedimento n. 55 presentano alcune criticità. Una prima criticità può essere individuata al punto 54 laddove la Banca di Italia afferma: “ In astratto, un’attività associativa che produca l’uniformità degli schemi contrattuali adottati dalle imprese associate può incentivare la concorrenza. Essa favorisce la domanda in quanto, aumentando la comparabilità dei prodotti, ne riduce i costi di selezione; anche l’offerta ne trae beneficio, poiché viene meno la necessità di una diffusa e continua negoziazione di clausole e viene data alle banche di dimensioni ridotte l’opportunità di operare nell’ambito di un quadro negoziale non dissimile da quello fornito dalle maggiori banche, in grado di elaborare autonomamente i propri schemi contrattuali ”. A tal riguardo si è osservato [1] che la proposta ABI condannata, non ha ad oggetto un accordo volto ad incidere direttamente sulle condizioni di erogazione del credito e quindi sui destinatari di queste, ossia i beneficiari del finanziamento, ma bensì i soggetti (persone fisiche o giuridiche)che si pongono come garanti delle obbligazioni assunte dai beneficiari del finanziamento stesso. E’ dunque del tutto palese la differenza rispetto ad altre ipotesi vagliate dalla giurisprudenza, di “cartello” teso a violare le norme antitrust, come, ad esempio l’intesa sulle tariffe RCAuto che assumono una incisività oggettiva sul consumatore, ben diverse da quella oggetto della analisi della Banca di Italia che ha ad oggetto alcune condizioni di un contratto di garanzia che si pone a latere ed in maniera subordinata al finanziamento, il che fa dubitare che esse abbiano quella ricaduta sul mercato del credito tale da integrare la violazione dell’art. 2, comma 2, lettera a), della Legge Antitrust. Che ricordiamo prevede che “ sono vietate le intese tra imprese che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all'interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante, anche attraverso attività consistenti nel fissare direttamente o indirettamente i prezzi d'acquisto o di vendita ovvero altre condizioni contrattuali ”. Ulteriori criticità del provvedimento della Banca d’Italia possono essere individuate nella osservazione che i criteri interpretativi adoperati dall’organo di vigilanza appaiono di natura privatistica e non già, come avrebbe dovuto essere, di natura pubblicistica. Si è infatti osservato [2] che l’esame della banca di Italia nella parte del provvedimento dedicata alle singole clausole oggetto di critica appare basata sull’analisi dello sbilanciamento contrattuale si è dunque in presenza di una valutazione di tipo civilistico e non di una valutazione, come sarebbe dovuto avvenire di tipo pubblicistico con la contestazione della contrarietàdelle clausole con la normativa di ordine pubblico economico. Al punto 83, Banca d’Italia così ragiona: “ Con riferimento alla deroga all’art. 1957 cod. civ. configurata dall’art. 6 dello schema ABI, occorre rilevare che essa ha la funzione di esonerare la banca dal proporre e proseguire diligentemente le proprie istanze, nei confronti del debitore e del fideiussore, entro i termini previsti da detta norma. Tale clausola, pertanto, appare suscettibile di arrecare un significativo vantaggio non tanto al debitore in difficoltà – come ritiene l’ABI – quanto piuttosto alla banca creditrice, che in questo modo disporrebbe di un termine molto lungo (coincidente con quello della prescrizione dei suoi diritti verso il garantito) per far valere la garanzia fideiussoria. Ne potrebbe risultare disincentivata la diligenza della banca nel proporre le proprie istanze e conseguentemente sbilanciata la posizione della banca stessa a svantaggio del garante ”. Al successivo punto 84 la Banca d’Italia si sofferma sulla clausola di reviviscenza affermando che: “ La clausola che dispone la “reviviscenza” della garanzia dopo l’estinzione del debito principale (art. 2 dello schema) impegna il fideiussore a tenere indenne la banca da vicende successive all’avvenuto adempimento, anche quando egli abbia confidato nell’estinzione della garanzia a seguito del pagamento del debitore e abbia conseguentemente trascurato di tutelare le proprie ragioni di regresso nei confronti di quest’ultimo (cfr. art. 1953 cod. civ.). Da ciò derivano conseguenze particolarmente pregiudizievoli per il garante quando l’obbligo di restituzione della banca sia determinato dalla declaratoria di inefficacia o dalla revoca dei pagamenti eseguiti dal debitore a seguito di fallimento dello stesso ”. Al successivo punto 85 Si precisa inoltre che “la clausola in questione può comportare la deroga all’art. 1945 cod. civ. in tutti i casi in cui il debitore agisca nei confronti della banca per la restituzione di quanto ritenga di averpagato in eccedenza rispetto al dovuto. In tal caso il fideiussore sarebbe comunque impegnato a rimborsare alla banca le somme che la stessa fosse tenuta a restituire all’originario debitore, senza poter far valere le eccezioni di pertinenza del debitore”. Con riguardo alla c.d. clausola di sopravvivenza, poi, leggiamo al punto 86 che “ L’art. 8 dello schema estende la garanzia anche agli obblighi di restituzione del debitore, derivanti dall’invalidità del rapporto principale. Tali obblighi sono ulteriori e diversi rispetto a quelli di garanzia dell’adempimento delle obbligazioni assunte dal debitore in forza dei rapporti creditizi cui accede la fideiussione. Pertanto, una siffatta previsione non appare connaturata all’essenza del rapporto di garanzia e potrebbe, per converso, indurre la banca, in sede di concessione del credito, a dedicare una minore attenzione alla validità o all’efficacia del rapporto instaurato con il debitore principale; essa, infatti, potrebbe comunque contare sulla permanenza dell’obbligazione di garanzia in capo al fideiussore omnibus al fine di ottenere il rimborso delle somme a qualsivoglia titolo erogate ”. Partendo da tali assunti si è acutamente osservato [3] che il tenore adottato è, dunque, nel segno di una stigmatizzazione di un favor per la banca poiché, ad avviso di Banca d’Italia, le clausole in parola determinerebbero vantaggi sproporzionati rispetto alla funzione dell’istituto. Tuttavia non può non evidenziarsi che dal punto di vista giuridico tali clausole comunque assolvono ad un interesse giuridico come confermato dalla giurisprudenza che si è formata su di esse. In particolare per quanto attiene la clausola relativa alla rinuncia del fideiussore ai termini di cui all’art. 1957 cod. civ. Si osserva che la Suprema Corte investita in passato della questione aveva avuto modo di precisare con la sentenza n.8839 del 13 aprile 2007, che “ In relazione al contratto di fideiussione, la decadenza del creditore dal diritto di pretendere dal fideiussore l'adempimento dell'obbligazione principale per mancata tempestiva proposizione delle azioni contro il debitore principale nel termine semestrale previsto dall'art. 1957, comma 1, c.c. può essere convenzionalmente esclusa per effetto di rinuncia preventiva da parte del fideiussore e non opera, in particolare, ove le parti abbiano previsto che la fideiussione si estingua solo all'estinguersi del debito garantito ”, La Suprema Corte aveva inoltre già precedentemente precisato (sentenze n.394/2006, n. 14089/2005; n. 776/2004), che si trattava di pattuizione affidata alla disponibilità delle parti, che non urta contro alcun principio di ordine pubblico, comportando soltanto l'assunzione, da parte del fideiussore, del maggior rischio inerente al mutamento delle condizioni patrimoniali del debitore. In ordine alla clausola di sopravvivenza, la cassazione con la sentenza n.4738 aveva giàavutomodo dirilevarechep oichél'accessorietà della fideiussionevaintesa in sensomeramentefunzionale , non costituiscemotivo di nullità del negozio la rinunciaadeccepire la eventualeinvaliditàdell'obbligazionegarantita ; questaclausolarendeoperativa la fideiussioneanche con riferimentoall'obbligo di restituzione che conseguealaccertatainvalidità ”, né tale clausola può dirsi vessatoria come tuttora riferibile al rapporto principale, posto che questo non si è definitivamente estinto con un pagamento valido ed irrevocabile (Sez. 1, n. 25361/2008). La giurisprudenza da tempo ha ritenuto che non è nullo il contratto di fideiussione "omnibus" che contenga una clausola di reviviscenza dell'obbligazione fideiussoria in caso di invalidità o di revoca dei pagamenti effettuati dal debitore garantito (Sez. 1, Sentenza n. 5720/2004). La ricostruzione degli orientamenti giurisprudenziali previgenti consente di cogliere appieno i limiti della interpretazione della Banca di Italia che opera una interpretazione di tipo civilistico il cui punto centrale non è l’adozione di quelle clausole (peraltro legittimata, come detto dalla giurisprudenza anche della Suprema Corte), quanto la circostanza della loro applicazione uniforme. Quasi che l’uniformità trasformi una questione di diritto privato in problema di antitrust L’ORDINANZA N. 29810 DEL 2017 Chiariti alcuni dubbi preliminari sul provvedimento n 55 della Banca di Italia passiamo ad analizzare su quali siano i contenuti e la portata dell’ordinanza n. 29810 del 2017, al fine di evidenziare alcuni dei suoi limiti . In tale ordinanza la Suprema Corte si è espressa essenzialmente sulla valenza retroattiva del Provvedimento della Banca d’Italia rispetto alla lettera fideiussoria, il tenore della su detta pronuncia, nel rimettere la controversa alla corte di Appello di Venezia, pare indicare alla corte territoriale il solo, seguente, “ principio di diritto ”: quello secondo cui “ in tema di accertamento dell’esistenza di intese anticoncorrenziali vietate dalla L. n. 287 del 1990, art. 2, la stipulazione “a valle” di contratti o negozi che costituiscano l’applicazione di quelle intese illecite concluse “a monte” comprendono anche i contratti stipulati anteriormente all’accertamento dell’intesa da parte dell’Autorità indipendente preposta alla regolazione o al controllo di quel mercato (…) a condizione che quell’intesa sia stata posta in essere materialmente prima del negozio denunciato come nullo, considerato anche che rientrano sotto quella disciplina anticoncorrenziale tutte le vicende successive del rapporto che costituiscano la realizzazione di profili di distorsione della concorrenza ”. In buona sostanza, la Corte nell’esaminare i primi due motivi di ricorso, relativi al primo gruppo di censure proposto dal ricorrente e attinenti al rigetto della dichiarazione di nullità del contratto di fideiussione, pare aver qui indirizzato la sua analisi esclusivamente sul profilo “temporale”, la Corte limita chiaramente il suo esame solo al “ fatto che, il contratto stipulato tra il fideiussore e la Banca non potrebbe essere dichiarato nullo in forza di un dictum (dell’Autorità di garanzia) sopravvenuto al patto . Conclude dunque la Corte: “ la sentenza, pertanto, va cassata in parte qua e la causa rinviata - anche per le spese di questa fase - alla Corte territoriale a quo, per un nuovo esame della materia litigiosa, condotto alla luce del principio di diritto appena enunciato , in esso rimanendo assorbite le ulteriori denunce risarcitorie (pure non esaminate nella fase di merito) di cui ai restanti mezzi di cassazione, non essendo dubbio che la diversa decisione della domanda di nullità, indipendentemente dalla correttezza della denuncia sull’autonomia delle istanze risarcitorie, comporteranno ricadute anche su queste altre richieste. In conclusione, pertanto, l’ordinanza ha posto il principio, in base al quale non può escludersi la nullità di una condotta anticoncorrenziale per il solo fatto della sua anteriorità all’indagine dell’Autorità Antitrust ed alle sue risultanze. Alla luce di quanto precede, va circoscritto l’ambito di applicazione della pronuncia giacché in essa non vi è un esame nel merito delle fideiussioni bancarie non soffermandosi esplicitamente sulle conseguenze delle intese asseritamente illecite né sulle soluzioni sanzionatorie, di stampo civilistico, da comminare ai contratti “a valle” eventualmente travolti. NULLITA DEL CONTRATTO Chiarito tale aspetto va detto che non è infrequente che l’ordinanza 29810 venga richiamata per sostenere la nullità totale del contratto di garanzia perfezionato a favore della Banca. A tal riguardo va evidenziato che in giurisprudenza non è mancato chi sostiene che non si possa parlare di nullità in tal senso si è espresso Tribunale sez. III , - Treviso, con la sentenza n. 1632 del 30 luglio 2018, in larga parte pienamente condivisibile. In essa il Giudice affronta la tesi della nullità derivata evidenziando come l’ordinanza n. 29810 segue il solco tracciato da Cass. Civ. SS.UU., 4 febbraio 2005, n. 2207 in cui è stata riconosciuta, per la prima volta, la legittimazione del consumatore (quale ultimo anello della filiera” produttiva) ad avvalersi delle forme di tutela previste dall' art. 33 della L. 287/1990 onde ottenere il risarcimento del danno subito a causa di una intesa restrittiva della concorrenza. In tale arresto venne affermato che il contratto "a valle" costituisce lo sbocco dell'intesa, essenziale a realizzarne gli effetti, posto che la seconda si estrinseca e viene attuata tramite il primo e che di fronte a un'intesa restrittiva della libertà di concorrenza, il consumatore vede leso il proprio diritto a una scelta effettiva tra prodotti in concorrenza. Ritiene il giudice di Treviso che tale soluzione presta tuttavia il fianco ad una serie di censure. In primo luogo, la nullità del contratto “individuale” viene predicata sia in termini di nullità derivata , sia in termini di nullità per vizio proprio e, segnatamente, per illiceità della causa ex art. 1418 co. 1 c.c. , sull'assunto che il contratto recante clausole di cui è stata riconosciuta l'attitudine a ledere la concorrenzialità del mercato si porrebbe in contrasto con norme imperative e, in particolare, con l' art. 2 della L. 287/1990 . Quanto alla prima prospettazione, perché il meccanismo dell'invalidità derivata possa trasmettersi dall'infrazione anticoncorrenziale ai sottostanti contratti a valle è in ogni caso necessario accertare preliminarmente l'esistenza di un nesso di indissolubile dipendenza con l'intesa a monte, legame questo che non sembra invece riscontrarsi con riguardo alla normale dinamica della contrattazione individuale in cui, al contrario, le intese mostrano di non costituire un tutt'uno con i contratti a valle, di non essere a questi collegati né per legge né per volontà delle parti e di non rappresentarne in alcun modo un presupposto di esistenza, validità od efficacia. La caducazione automatica del rapporto dipendente per l'invalidità o la risoluzione del rapporto giuridico al quale il primo accede è infatti di norma ammessa nei subcontratti, in cui l'inesistenza o il venir meno del rapporto obbligatorio principale fa inevitabilmente venir meno la causa del secondo, per l'evidente impossibilità di questo ultimo di realizzare la ragion pratica in vista della quale era stato stipulato. Inoltre, affinché possa configurarsi un collegamento negoziale in senso tecnico, che impone la considerazione unitaria della fattispecie, è invece necessario che ricorra sia un requisito oggettivo, costituito dal nesso teleologico tra i negozi, volti alla regolamentazione degli interessi reciproci delle parti nell'ambito di una finalità pratica consistente in un assetto economico globale ed unitario, sia un requisito soggettivo, costituito dal comune intento pratico delle parti di volere non solo l'effetto tipico dei singoli negozi in concreto posti in essere, ma anche il coordinamento tra di essi per la realizzazione di un fine ulteriore, che ne trascende gli effetti tipici e che assume una propria autonomia anche dal punto di vista causale. Proprio questo secondo requisito postula, alternativamente, o l'identità soggettiva tra le parti dell'uno e dell'altro accordo, oppure la consapevole e fattiva adesione del contraente del contratto dipendente all'accordo (rispetto al quale egli è terzo) che lo pregiudicherebbe. In tutti i casi cennati, si presuppone sul piano oggettivo una ragione pratica ulteriore e distinta da quella dei singoli contratti in sé considerati e, sul piano soggettivo, l'oggettivizzazione, da parte dei contraenti coinvolti, del comune intento pratico e della volontà di coordinamento teleologico dei contratti. Ove tali elementi non siano oggettivamente apprezzabili, un contratto che sia stato validamente perfezionato, presenti i requisiti strutturali di validità previsti dalla legge e non persegua in sé una causa illecita o immeritevole per l'ordinamento giuridico non può subire effetti invalidanti in dipendenza dell'accertamento della nullità o della caducazione di un rapporto giuridico diverso ed intercorso tra terzi, il quale, essendo res inter alios acta, nequenocetnequeprodest. Partendo da tali presupposti il giudice di Treviso ritiene arduo individuare un nesso di dipendenza delle fideiussioni con la deliberazione dell'ABI “incriminata, né un vero e proprio collegamento negoziale, nel suo significato più tecnico. Il Tribunale poi esclude anche l'illiceità endogena del contratto a valle per illiceità della causa. E tanto meno ritiene possibile configurare una ipotesi di nullità del contratto a valle ai sensi dell' art. 1418, co 1 c.c. .in quanto, perché possa affermarsi la nullità negoziale per violazione di norme poste a presidio di interessi generali, è necessario che dette norme disciplinino direttamente elementi intrinseci alla fattispecie negoziale, conformandone la struttura o il contenuto, ovvero impongano determinate condizioni di liceità della stipulazione. In definitiva, come sostenuto da autorevole dottrina, perché possa aversi nullità, non basta la semplice violazione della norma imperativa dell'art. 2, ma occorre che per effetto di tale violazione si determini una situazione di oggettiva incompatibilità tra il precetto posto dalla disposizione antimonopolistica e la regola negoziale contenuta nei contratti a valle dell'intesa. Nel solco del tribunale di Treviso si è posto anche il Tribunale di Napoli che con la sentenza n. 2338/2019: · richiama le motivazioni della sentenza n. 1623/2018 del Tribunale di Treviso per affermare che la sanzione di nullità prevista dall’art. 33 della legge 287/1990 riguarda solo le intese tra imprese e non anche i contratti stipulati con testi soggetti a valle di tali intese; · conferma che “ l’unica forma di tutela esperibile a fronte di intese anticoncorrenziali … è pertanto quella risarcitoria …” (tutela che ad avviso del giudice non sarebbe attuabile dal singolo utente “ alla luce dell’introduzione dell’azione collettiva prevista dall’art. 140 bis D.Lgs. 206/2005, la quale, non a caso, è espressamente limitata ‘all’accertamento della responsabilità e per la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni’ a ristoro ‘del pregiudizio derivante agli stessi consumatori ed utenti di pratiche commerciali scorrette o da comportamento anticoncorrenziali ” · riconosce che, per affermare la nullità della singola garanza, sarebbe necessario dimostrare il nesso di dipendenza funzionale o il “ collegamento negoziale oggettivamente apprezzabile ” tra fideiussione e deliberazione dell’ABI (cita sul punto T.le Treviso: “ la circostanza che l’impresa collusa uniformi al programma anticoncorrenziale le manifestazioni della propria autonomia privata non appare sufficiente a privare il successivo contratto a valle di una autonoma ragione pratica ”); A Ciò va aggiunto che neppure può essere invocata la nullità del contratto di fideiussione ai sensi dell’art 1419 c.c.,per il quale la nullità di singole clausole importa la nullità dell'intero contratto solo laddove risulti che i contraenti non avrebbero concluso il contratto senza quella parte del suo contenuto che è colpita dalla nullità, è dunquenecessaria una valutazione postuma che tenga conto dell’originaria ragione giustificativa del contratto, circostanza che tanto per quel che riguarda la banca quanto per quel che riguarda il cliente non è configurabile. Alla luce di tale criterio di valutazione il Tribunale Rovigo, con sentenza del 09 Settembre 2018, haevidenziato che per quanto attiene la banca essa avrebbe comunque concluso il contratto, qualsiasi garanzia essendo migliore della mancanza di garanzia, sia per quanto attiene il fideiussore, il quale presumibilmente avrebbe comunque prestato la fideiussione anche senza le clausole contestate trattantodosidi cause per lui peggiorative. Nullità assoluta che può essere esclusa anche sotto un ulteriore profilo individuato dagli Avv. Ernesto Sparano e Avv. Gianluca Scoleri in loro lavoro sulla fideiussione bancaria omnibus stesa su schema Abi, essi hanno evidenziato che il precedente giurisprudenziale richiamato nell’ordinanza 29810/2017 e cioè la s entenza n. 11904 del 2014, aveva ad oggetto i l giudizio promosso dall'assicurato ed avente ad oggetto il risarcimento del danno da questi patito per l'elevato premio corrisposto in conseguenza di un'illecita intesa restrittiva della concorrenza, posta in essere da imprese assicuratrici. La domanda era dunque volta ad ottenere la declaratoria della nullità della richiesta del premio assicurativo, per cui l’accoglimento della domanda travolgeva lo stesso contratto assicurativo. Nel vicenda della fideiussione come si è avuto modo dire si è presenza di una ipotesi ben diversa che ha ad oggetto alcune clausole secondarie di un contratto di garanzia che non costituiscono condizione indispensabile e determinante ai fini della stipula della garanzia e che ove anche ritenute affette da nullità non possono influenzare la causa vera ed effettiva della garanzia, ossia l’impegno a pagare nel caso di mancatopagamento delle obbligazioni assunte dal debitore principale con il contratto di finanziamento. LA LEGITTIMAZIONE AD AGIRE Resta da analizzare un ultimo profilo attinente la legittimazione ad agire, le t utele previste dalla legge Antitrust sono azionabili soltanto da quei soggetti che si possono qualificare “consumatori”. Si deve, quindi, verificare se i fideiussori possano essere qualificati “consumatori” al fine di accertare la loro legittimazione ad agire. Sul punto si evidenzia che l’applicabilità della tutela del consumatore è esclusa quando il contratto di fideiussione sia concluso da una persona fisica che non agisce nell’ambito di un’attività professionale, ma a garanzia di un debito contratto da un soggetto che agisce nell’ambito della sua attività professionale; infatti, in presenza di un contratto di fideiussione è all’obbligazione garantita che deve riferirsi il requisito soggettivo ai fini dell’applicabilità della specifica normativa in materia di tutela del consumatore, attesa l’accessorietà dell’obbligazione del fideiussore all’obbligazione garantita.

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