Avvocato Francesco Dimundo a Bitonto

Francesco Dimundo

Avvocato civilista

Informazioni generali

Rigore morale, autorevolezza e una approfondita conoscenza della materia contraddistingue l'avvocato Francesco Dimundo, il quale fa della sua inesauribile curiosità e competenza il vero motore dei propri successi professionali. Dalla spontaneità dell’approccio scientifico derivano generosità intellettuale e intransigenza nel perseguire i risultati del proprio impegno. Una buona dose di saggia prudenza e di buon senso completano il sua metodo di lavoro. Ogni questione proposta dal cliente viene sempre scandagliata e approfonditamente analizzata prima di avviare un eventuale contenzioso giudiziario

Esperienza


Diritto civile

Ho sviluppato importanti competenze in materia di condominio, diritti dei consumatori e risarcimenti, eredità e donazioni, contratti, locazioni, proprietà e diritti reali, recupero crediti, separazioni e divorzi, infortunistica stradale e liberazione terreni da livelli Fondo Edifici di Culto, risarcimenti e rimborsi inerenti a voli contro le compagnie aeree, ecc.


Eredità e successioni

Sono specializzato nella materia successoria per aver trattato un gran numero di questioni relative ad impugnative di testamenti lesivi di quote di riserva, testamenti poi accertati come falsificati ecc. Tutte le questioni trattate in questo campo si sono concluse con il successo delle pretese dei miei clienti.


Recupero crediti

Ho maturato una consistente esperienza nel campo del recupero crediti grazie alla quale mi è possibile scegliere il rimedio adatto e più efficace e veloce per il cliente, evitando al massimo perdite di tempo e denaro.


Altre categorie

Pignoramento, Contratti, Diritto condominiale, Locazioni, Sfratto, Risarcimento danni, Incidenti stradali, Diritto di famiglia, Separazione, Diritto immobiliare, Diritto agrario, Diritto del turismo, Diritto assicurativo, Divorzio, Diritto del lavoro, Sicurezza ed infortuni sul lavoro, Tutela del consumatore, Malasanità e responsabilità medica.



Credenziali

Pubblicazione legale

Termine essenziale nel rapporto con il professionista

Pubblicato su IUSTLAB

Stiamo ristrutturando casa e abbiamo affidato l’incarico della direzione dei lavori ad un architetto. Nel contratto abbiamo precisato espressamente che i lavori dovranno concludersi “entro e non oltre” una certa data; data in cui dovremo abbandonare la soluzione abitativa transitoria adottata durante l’esecuzione dei lavori. Immaginiamo di aver ottenuto di abitare la casa di un nostro parente quale grazioso atto di generosità, ma solo fino ad una certa data (che è poi quella che abbiamo indicato nel contratto con il professionista). Ci troviamo di fronte ad un termine essenziale, istituto giuridico disciplinato dall’art. 1457 del codice civile. Detta norma stabilisce che “se il termine fissato per la prestazione di una delle parti deve considerarsi essenziale nell'interesse dell'altra, questa, salvo patto o uso contrario, se vuole esigerne l'esecuzione nonostante la scadenza del termine, deve darne notizia all'altra parte entro tre giorni. In mancanza, il contratto s'intende risoluto di diritto anche se non è stata espressamente pattuita la risoluzione .” Nel nostro caso tale termine è da considerare senza dubbio essenziale in quanto risulta inequivocabilmente – anche attraverso l’espressione “entro e non oltre” - la volontà delle parti di ritenere perduta l'utilità economica del contratto con l'inutile decorso del termine medesimo (Cassazione civile sez. II 26 marzo 2018 n. 7450). E’ opportuno però precisare che al fine di non incappare in equivoci e difficoltà probatorie, è bene che risulti testualmente che il termine essenziale sia stabilito in favore di una parte e, quindi, a carico dell’altra. In effetti se lasciamo la casa di quel nostro parente e la nostra non è ancora pronta per essere occupata a causa del ritardo del professionista incaricato, saremo inevitabilmente costretti a prendere in locazione altro immobile oppure rivolgerci ad una struttura alberghiera, con un enorme aggravio di spesa e l’accollo di disagi e patemi. Ecco che il contratto deve considerarsi risolto di diritto per l’inosservanza del termine essenziale per l’adempimento, con la conseguenza che i reciproci obblighi delle parti si estinguono e possiamo rivolgerci ad altro professionista senza temere che il rapporto con il suo predecessore inadempiente sia ancora in essere. Attenti però: se dopo la scadenza del termine prendiamo a sollecitare il prestatore d’opera affinchè dia corso all’adempimento del contratto, allora avremo rinunciato ad avvalerci del termine essenziale e il contratto non potrà intendersi risolto “ipso iure”. In proposito la giurisprudenza di legittimità e di merito afferma che la previsione di un termine essenziale per l'adempimento di un contratto, essendo posto nell'interesse di uno o di entrambi i contraenti, non preclude alla parte interessata la rinuncia ad avvalersene. Rinuncia che può essere manifesta o può risultare da atti univoci - i cosiddetti “facta concludentia” - dai quali possa desumersi che il creditore abbia ritenuto più conforme ai propri interessi procedere all'esecuzione del contratto piuttosto che avvalersi della risoluzione di diritto, come quando abbia sollecitato o comunque accettato l'adempimento tardivo (Cassazione civile sez. II 05 luglio 2013 n. 16880; Cassazione civile sez. II 06 luglio 1990 n. 7150). La parte che abbia rinunciato al termine essenziale originariamente posto in proprio favore, non può così invocare la risoluzione di diritto conseguente al mancato tempestivo adempimento della controparte. Tale inadempimento potrebbe però sempre rilevare ad altri fini, come l'esercizio dell'azione generale di risoluzione e/o dell'azione risarcitoria. AVVERTENZA PER IL LETTORE: Questo scritto non approfondisce tutti gli aspetti controversi della questione trattata. Quando hai un problema non accontentarti mai della lettura di saggi o articoli sul web anche perché il diritto è in continua evoluzione e il medesimo fatto potrebbe avere una qualificazione giuridica diversa a distanza di anni. Rivolgiti sempre ad un professionista : lui sa come prevenire i rischi ed evitare i numerosi pericoli che si annidano ovunque e conosce la strada migliore per tutelare adeguatamente i tuoi diritti.

Pubblicazione legale

Tamponamento a catena. Chi paga?

Pubblicato su IUSTLAB

Viviamo in un’epoca in cui nessuno rinuncia all’automobile: solo nel 2018 sono state immatricolate ben 1.970.497 automobili (Fonte:aci ) senza contare i veicoli di trasporto merci e bus; e il trend è in costante crescita. E’ logico aspettarsi che sia altrettanto alto il numero di incidenti stradali. E, infatti, è proprio così. Si pensi che nel 2016 si sono verificati in Italia 175.791 incidenti stradali (Fonte: istat ) Tra i comportamenti errati più frequenti l’ISTAT segnala la guida distratta, il mancato rispetto della precedenza e la velocità troppo elevata (nel complesso il 41,5% dei casi). Le violazioni al Codice della Strada più sanzionate risultano, infatti, l’eccesso di velocità, il mancato utilizzo di dispositivi di sicurezza e l’uso di telefono cellulare alla guida. In siffatto scenario uno degli accadimenti più frequenti – e per fortuna non dei più gravi – nelle nostre realtà urbane, è senza dubbio il cosiddetto “tamponamento a catena”. A tal proposito è lecito chiedersi se la responsabilità del tamponamento a catena sia dell’ultimo veicolo sopraggiunto – per intenderci quello che ha provocato il primo tamponamento – oppure no. Per dare una risposta a tale quesito è necessario stabilire se i veicoli coinvolti nel tamponamento siano fermi o in movimento. In giurisprudenza è consolidato il principio secondo cui, nell'ipotesi di tamponamento a catena tra veicoli in movimento trova applicazione l'art. 2054, comma 2 del codice civile, con conseguente presunzione "iuris tantum" di colpa in eguale misura di entrambi i conducenti di ciascuna coppia di veicoli (tamponante e tamponato), fondata sull' inosservanza della distanza di sicurezza rispetto al veicolo antistante, qualora non sia fornita la prova liberatoria di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno. Quando i veicoli sono in movimento, quindi, ciascun conducente è responsabile dei danni subiti dal veicolo che lo precede ed è pertanto tenuto a sopportare in proprio le spese eventualmente occorse per la riparazione dei danni alla parte anteriore del suo veicolo, mentre ha diritto ad essere risarcito, dal "suo" tamponante, del danno subito alla parte posteriore. Nel caso, invece, di scontri successivi fra veicoli facenti parte di una colonna in sosta , unico responsabile degli effetti delle collisioni è il conducente che le abbia determinate , tamponando da tergo l'ultimo dei veicoli della colonna stessa (Cassazione civile sez. III 19 febbraio 2013 n. 4021). Graverà su quest’ultimo, pertanto, l’obbligo di risarcire i danni subiti da tutti gli automobilisti che lo hanno preceduto. Ad ogni modo è sempre bene considerare il dettato dell’art art. 141 del codice della strada il quale afferma che " è obbligo del conducente regolare la velocità del veicolo in modo che avuto riguardo alle caratteristiche, allo stato ed al carico del veicolo stesso, alle caratteristiche e alle condizioni della strada e del traffico e ad ogni altra circostanza di qualsiasi natura, sia evitato ogni pericolo per la sicurezza delle persone e delle cose ed ogni altra causa di disordine per la circolazione". AVVERTENZA PER IL LETTORE Questo scritto non approfondisce tutti gli aspetti controversi della questione trattata. Quando hai un problema non accontentarti mai della lettura di saggi o articoli sul web anche perché il diritto è in continua evoluzione e il medesimo fatto potrebbe avere una qualificazione giuridica diversa a distanza di anni. Rivolgiti sempre ad un professionista : lui sa come prevenire i rischi ed evitare i numerosi pericoli che si annidano ovunque e conosce la strada migliore per tutelare adeguatamente i tuoi diritti.

Pubblicazione legale

Come comportarsi in caso di sinistro stradale senza urto tra veicoli?

Pubblicato su IUSTLAB

Quante volte alla guida della nostra auto o della nostra moto, ci è capitato di temere che qualcuno aprisse repentinamente e avventatamente la portiera di un veicolo parcheggiato? E magari abbiamo anche ipotizzato di possedere quella prontezza di riflessi necessaria a deviare la marcia per evitare l’impatto. Ma cosa succede se per scansare un ostacolo causiamo un incidente? L’art. 2054 del codice civile prescrive che “nel caso di scontro tra veicoli si presume, fino a prova contraria, che ciascuno dei conducenti abbia concorso ugualmente a produrre il danno subito dai singoli veicoli”. E nel caso in cui non vi sia uno scontro? La Suprema Corte ha più volte chiarito che “ la presunzione di pari corresponsabilità nella causazione di un sinistro stradale, prevista dall'art. 2054 comma 2 c.c., è applicabile, di regola, soltanto quando tra i veicoli coinvolti vi sia stato un urto. Tuttavia, anche quando manchi una collisione diretta tra veicoli è consentito applicare estensivamente la suddetta norma al fine di graduare il concorso di colpa tra i vari corresponsabili, sempre che sia accertato in concreto il nesso di causalità tra la guida del veicolo non coinvolto e lo scontro.” (Cassazione civile sez. III 09 marzo 2012 n. 3704; Cassazione civile sez. III 23 luglio 2002 n. 10751). E’ necessario, pertanto, accertare in via preventiva il nesso di causalità tra il comportamento del conducente del veicolo responsabile della manovra improvvisa e il sinistro. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18337 del 31/07/2013, si è espressa sul caso di un motociclista che, rovinato al suolo per evitare l’impatto con un veicolo che aveva commesso una incauta manovra, aveva chiesto al proprietario dell’auto il risarcimento dei danni subiti. La Corte ha rigettato il ricorso del motociclista poiché questi non aveva dimostrato che la condotta dell’automobilista era stata effettivamente avventata e illegittima ed era stata di per sé idonea a causare la caduta; era anzi emerso che quest’ultima si era verificata per colpa del ricorrente stesso. In altra nota sentenza riguardante un caso del tutto analogo, il Tribunale di Piacenza sottolinea che “ alla stregua dei principi generali codificati dall'art. 2697 c.c., spetta interamente all'attore dar prova di quanto dedotto, e cioè che l'occupazione del bordo stradale oltre il limite asfaltato è stata una manovra di emergenza resa necessaria per evitare lo scontro con lo scuola scuolabus, asseritamente circolante in violazione delle norme di circolazione in quanto in eccesso di velocità e sul lato sinistro della strada” (Tribunale di Piacenza del 27/10/2010). In conclusione, quando si è in presenza di un sinistro in cui non vi è stato alcun impatto tra i veicoli, è d’obbligo chiedersi: è stato davvero il veicolo non entrato in collisione con noi a provocare il sinistro di cui siamo stati vittime? Siamo in grado di dimostrarlo? Oppure avremmo potuto evitare il sinistro con le dovute cautele e precauzioni? AVVERTENZA PER IL LETTORE: Questo scritto non approfondisce tutti gli aspetti controversi della questione trattata. Quando hai un problema non accontentarti mai della lettura di saggi o articoli sul web anche perché il diritto è in continua evoluzione e il medesimo fatto potrebbe avere una qualificazione giuridica diversa a distanza di anni. Rivolgiti sempre ad un professionista : lui sa come prevenire i rischi ed evitare i numerosi pericoli che si annidano ovunque e conosce la strada migliore per tutelare adeguatamente i tuoi diritti.

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