Pubblicazione legale:
La
risoluzione giudiziale del preliminare di vendita di beni immobili con caparra
per inadempimento del promittente venditore ed il risarcimento dei danni.
A
cura di Avv. Francesco Ficarra del foro di Messina
1) L’azione di risoluzione per
inadempimento – 2) L’azione di risoluzione per inadempimento nel preliminare di
vendita immobiliare con caparra – 3) L’inadempimento del promittente venditore
ed i danni risarcibili al promittente acquirente.
1)
L’AZIONE DI RISOLUZIONE PER INADEMPIMENTO.
L’azione
di risoluzione per inadempimento è disciplinata nel codice civile dall’art. 1453 ai sensi del quale: “Nei contratti con prestazioni corrispettive,
quando uno dei contraenti non adempie le sue obbligazioni, l'altro può a sua
scelta chiedere l'adempimento o la risoluzione del contratto, salvo, in ogni
casoù, il risarcimento del danno. La risoluzione può essere domandata anche
quando il giudizio è stato promosso per ottenere l'adempimento; ma non può più
chiedersi l'adempimento quando è stata domandata la risoluzione. Dalla data
della domanda di risoluzione l'inadempiente non può più adempiere la propria
obbligazione.”
La
risoluzione giudiziale del contratto è un rimedio concesso al creditore per
reagire all’inadempimento del debitore nell’ambito dei contratti a prestazioni
corrispettive o sinallagmatici; il termine significa scioglimento perché quando
uno dei contraenti non adempie le obbligazioni scaturenti dal contratto,
l’altro può chiedere la risoluzione - in alternativa all’adempimento della
prestazione che invece implica il mantenimento del contratto - qualora voglia
liberarsi dal vincolo contrattuale, ritenendo che il debitore sia incapace o
non abbia volontà di dare esecuzione al contratto o per timore di poter perdere
la prestazione già eseguita.
Ebbene,
lo scioglimento del contratto conseguente alla risoluzione ha l’effetto
retroattivo di ripristinare la situazione preesistente alla stipula fatti salvi
i diritti acquisiti dai terzi (art. 1458
c.c.), così determinando per il contraente adempiente innanzitutto il
diritto ad ottenere la restituzione della prestazione effettuata, salvo il
diritto al risarcimento del maggior danno subito da costui ricorrente nell’ipotesi
in cui l’inadempimento sia esclusivamente responsabile contrattuale imputabile
al debitore ovvero che non sia stato determinato da cause non imputabili a
questi (es. caso fortuito, avvenimenti straordinari ed imprevedibili,
impossibilità sopravvenuta, ecc…).
In
virtù della sopra citata norma codicistica è previsto che la domanda di
risoluzione preclude a colui che l’ha avanzata la possibilità di richiedere
l’adempimento della obbligazione così come l’inadempiente, una volta chiesta la
risoluzione, non può più rimediare con una tardiva esecuzione salvo che il
creditore non la accetti.
La
risoluzione del contratto può essere chiesta solo in se l’inadempimento è grave,
non potendosi sciogliere il contratto in allorquando ricorra un inadempimento
di scarsa importanza (art. 1455 c.c.).
La
valutazione della gravità dell’inadempimento va operata tenendo conto l’interesse
della parte che ha adempiuto aveva o avrebbe potuto avere alla regolare
esecuzione del contratto, che deve ritenersi leso se solo se l’inadempimento
sia stato di rilevante entità (ex multis
Cassazione civile, sez. III, ordinanza 20/02/2018
n° 4022).
2)
L’AZIONE DI RISOLUZIONE PER INADEMPIMENTO NEL PRELIMINARE DI VENDITA
IMMOBILIARE CON CAPARRA.
Il
contratto preliminare di vendita immobiliare, chiamato anche “compromesso”, è
un accordo tra venditore e compratore che si impegnano reciprocamente a
stipulare un successivo e definitivo contratto di compravendita. Il
trasferimento del diritto di proprietà sull’immobile si avrà solo con la
stipula di quest’ultimo contratto.
Nel
contratto preliminare è concordato un termine entro il quale il promittente-venditore
ed il promittente-acquirente addiverranno alla stipula del contratto di vendita
definitivo da perfezionarsi con rogito notarile.
Il
contratto preliminare di vendita immobiliare ha quale effetto principale quello
di obbligare le parti ad addivenire alla compravendita immobiliare a cui è
strumentale costituendo una programmazione futura di interessi per il
raggiungimento di tale scopo; gli elementi essenziali che ne costituiscono il
contenuto minimo previsti dalla legge sono: il consenso delle parti, la forma
scritta, l’esatta indicazione dell’immobile oggetto della vendita, il prezzo.
Spesso
e volentieri il contratto preliminare di vendita immobiliare prevede a carico promissario-acquirente
il versamento di una somma di denaro per confermare la serietà dell’impegno
assunto a titolo di caparra “confirmatoria” ex art. 1385 c.c. che al suo secondo comma per le anzi dette ragioni
prevede che: “Se la parte che ha dato la
caparra è inadempiente, l'altra può recedere dal contratto, ritenendo la
caparra; se inadempiente è invece la parte che l'ha ricevuta, l'altra può
recedere dal contratto ed esigere il doppio della caparra.”, somma di
denaro che alla fisiologica conclusione del contratto definitivo viene
trattenuta dal promittente venditore quale acconto sul maggior prezzo pattuito.
Ove le parti concordino invece che la caparra in questione sia versata quale
prezzo corrispettivo da corrispondere da parte di chi intenda esercitare il
diritto di recesso questa sarà denominata caparra “penitenziale” (art. 1386 c.c.).
E’
evidente che nel contratto preliminare di vendita immobiliare l’obbligazione
principale, sia per il promissario-venditore che per il promissario-acquirente,
è quella di addivenire alla vendita definitiva e che nell’ambito di tale figura
contrattuale l’ipotesi di inadempimento a tale obbligo è da ritenersi
importante e grave essendo che impedisce
la realizzabilità dell'intento perseguito dalle parti con il contratto in
questione.
Da
quanto appena osservato discende che allorquando una delle parti del
preliminare di vendita immobiliare si sottrae dalla stipula della vendita
definitiva la parte adempiente potrà agire in giudizio per la risoluzione per
inadempimento del contratto.
3)
L’INADEMPIMENTO DEL PROMITTENTE-VENDITORE ED I DANNI RISARCIBILI AL
PROMITTENTE-ACQUIRENTE.
Quando
a sottrarsi al predetto obbligo è il promittente-venditore, il promittente-acquirente
che abbia versato a costui la caparra in adempimento alla relativa pattuizione
contemplata nel preliminare potrà esercitare l’azione di risoluzione
richiedendo in primis la restituzione
della caparra versata ma non del doppio della stessa, essendo che per quanto
previsto dal 2° comma dell’art.1385
tale ipotesi incorre solo quando la parte adempiente eserciti l’azione di
recesso e non l’azione di risoluzione per inadempimento.
Per effetto della risoluzione del preliminare il
promittente-venditore che si sottrae alla stipula del definitivo è invece in
ogni caso tenuto alla restituzione della caparra versata dal promittente-acquirente
(Cass. ord. n. 11012/2018) - ciò ricollegandosi agli effetti
restitutori propri della risoluzione negoziale come conseguenza del venir meno
della causa della sua corresponsione (Cass.
n. 10953/2012; Cass. n. 11356/2006; Cass. 8310/03; Cass. 13828/00, 8630/98; Cass.
10217/94) - senza alcuna necessità di specifica prova del danno, essendo il
danno stesso, consistente nella perdita della somma capitale versata alla
controparte maggiorata degli interessi, in re ipsa.
Come già anticipato con la proposizione dell’azione
risoluzione del contratto la parte adempiente oltre che la restituzione della
prestazione eseguita ha anche la possibilità di richiedere il risarcimento del
maggior danno cagionatogli dall’inadempimento della parte inadempiente.
Ebbene, nel preliminare di vendita di bene immobile
il danno cagionato al promittente-acquirente dal promittente-venditore che
inadempie all’obbligo della stipula della vendita definitiva è identificabile
nel lucro cessante derivante al promittente venditore in conseguenza del
mancato acquisto dell’immobile oggetto della vendita del preliminare,
individuato - come da recente orientamento giurisprudenziale in tal senso della
Suprema Corte di Cassazione con
ordinanza n. 32536/2022 (cfr. anche
Cass. n. 18498/2021) - nella differenza tra il valore di mercato
dell’immobile nel momento in cui l’inadempimento è divenuto definitivo e il
prezzo concordato in sede di preliminare, da rivalutarsi, se non corrisposto,
tenendo conto degli effetti della svalutazione monetaria che interverrà nelle
more del giudizio (Cass. ordinanza n.
28375/2017), il cui importo è accertabile mediante prova documentale
costituita dal preliminare stesso e consulenza tecnica d’ufficio che accerti il
valore di mercato dell’immobile nel momento in cui l’inadempimento è insorto.
Pacifico è, infatti, secondo quanto espresso dalla
prevalente giurisprudenza di legittimità, il principio secondo cui il
risarcimento deve porre il creditore nella situazione in cui si sarebbe trovato
se l'inadempimento non si fosse verificato.
Messina/Patti,
01/03/2023
Avv. Francesco Ficarra
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