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Avvocato Francesco Ficarra a Patti

Francesco Ficarra

Avvocato

Informazioni generali

Laureato presso l'Università di Messina anno accademico 2004-2005, pratica Forense e formazione professionale per la durata di 5 anni a Messina presso l'Emerito Prof. Avv. Vincenzo Scalisi, ordinario di cattedra presso l'Università di Messina nelle materie di istituzioni di diritto privato e diritto civile. Avvocato iscritto all’Ordine degli Avvocati di Messina, opero al livello nazionale prevalentemente nell'area civile e tributaria ed in particolare in materia di eredità e successioni, lavoro e previdenza, esecuzioni esattoriali e civili, infortuni stradali, diritti reali e possesso, matrimonio e famiglia, recupero crediti.

Esperienza


Diritto del lavoro

Esperienza pluriennale di collaborazione con patronato e sindacato contenzioso in materia di lavoro sia privato che pubblico in difesa sia del lavoratore che del datore di lavoro.


Previdenza

Esperienza con patronato pluriennale nel contenzioso previdenziale nei confronti di i.n.p.s. (indennita' accompagnamento, invalidita' civile, pensioni, ecc...)


Diritto tributario

Esperienza in contenzioso tributario sia tribunale che commisione tributaria avverso, avvisi di pagamento cartelle esattoriali, intimazioni pagamento, diniego totale e parziale rateizzazioni.


Altre categorie

Diritto dei trasporti terrestri, Eredità e successioni, Tutela del consumatore, Contratti, Separazione, Divorzio, Diritto sindacale, Sicurezza ed infortuni sul lavoro, Licenziamento, Diritto civile, Diritto di famiglia, Usura, Antiriciclaggio, Diritto assicurativo, Recupero crediti, Locazioni, Sfratto, Incidenti stradali, Risarcimento danni, Malasanità e responsabilità medica, Diritto e sicurezza alimentare, Diritto del turismo, Arbitrato, Mediazione, Negoziazione assistita, Cassazione, Gratuito patrocinio, Domiciliazioni.



Credenziali

Pubblicazione legale

La risoluzione giudiziale del preliminare di vendita di beni immobili con caparra per inadempimento del promittente venditore ed il risarcimento dei danni.

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La risoluzione giudiziale del preliminare di vendita di beni immobili con caparra per inadempimento del promittente venditore ed il risarcimento dei danni. A cura di Avv. Francesco Ficarra del foro di Messina 1) L’azione di risoluzione per inadempimento – 2) L’azione di risoluzione per inadempimento nel preliminare di vendita immobiliare con caparra – 3) L’inadempimento del promittente venditore ed i danni risarcibili al promittente acquirente. 1) L’AZIONE DI RISOLUZIONE PER INADEMPIMENTO. L’azione di risoluzione per inadempimento è disciplinata nel codice civile dall’ art. 1453 ai sensi del quale: “ Nei contratti con prestazioni corrispettive, quando uno dei contraenti non adempie le sue obbligazioni, l'altro può a sua scelta chiedere l'adempimento o la risoluzione del contratto, salvo, in ogni casoù, il risarcimento del danno. La risoluzione può essere domandata anche quando il giudizio è stato promosso per ottenere l'adempimento; ma non può più chiedersi l'adempimento quando è stata domandata la risoluzione. Dalla data della domanda di risoluzione l'inadempiente non può più adempiere la propria obbligazione.” La risoluzione giudiziale del contratto è un rimedio concesso al creditore per reagire all’inadempimento del debitore nell’ambito dei contratti a prestazioni corrispettive o sinallagmatici; il termine significa scioglimento perché quando uno dei contraenti non adempie le obbligazioni scaturenti dal contratto, l’altro può chiedere la risoluzione - in alternativa all’adempimento della prestazione che invece implica il mantenimento del contratto - qualora voglia liberarsi dal vincolo contrattuale, ritenendo che il debitore sia incapace o non abbia volontà di dare esecuzione al contratto o per timore di poter perdere la prestazione già eseguita. Ebbene, lo scioglimento del contratto conseguente alla risoluzione ha l’effetto retroattivo di ripristinare la situazione preesistente alla stipula fatti salvi i diritti acquisiti dai terzi ( art. 1458 c.c.) , così determinando per il contraente adempiente innanzitutto il diritto ad ottenere la restituzione della prestazione effettuata, salvo il diritto al risarcimento del maggior danno subito da costui ricorrente nell’ipotesi in cui l’inadempimento sia esclusivamente responsabile contrattuale imputabile al debitore ovvero che non sia stato determinato da cause non imputabili a questi (es. caso fortuito, avvenimenti straordinari ed imprevedibili, impossibilità sopravvenuta, ecc…). In virtù della sopra citata norma codicistica è previsto che la domanda di risoluzione preclude a colui che l’ha avanzata la possibilità di richiedere l’adempimento della obbligazione così come l’inadempiente, una volta chiesta la risoluzione, non può più rimediare con una tardiva esecuzione salvo che il creditore non la accetti. La risoluzione del contratto può essere chiesta solo in se l’inadempimento è grave, non potendosi sciogliere il contratto in allorquando ricorra un inadempimento di scarsa importanza ( art. 1455 c.c .). La valutazione della gravità dell’inadempimento va operata tenendo conto l’interesse della parte che ha adempiuto aveva o avrebbe potuto avere alla regolare esecuzione del contratto, che deve ritenersi leso se solo se l’inadempimento sia stato di rilevante entità ( ex multis Cassazione civile, sez. III, ordinanza 20/02/2018 n° 4022 ). 2) L’AZIONE DI RISOLUZIONE PER INADEMPIMENTO NEL PRELIMINARE DI VENDITA IMMOBILIARE CON CAPARRA. Il contratto preliminare di vendita immobiliare, chiamato anche “compromesso”, è un accordo tra venditore e compratore che si impegnano reciprocamente a stipulare un successivo e definitivo contratto di compravendita. Il trasferimento del diritto di proprietà sull’immobile si avrà solo con la stipula di quest’ultimo contratto. Nel contratto preliminare è concordato un termine entro il quale il promittente-venditore ed il promittente-acquirente addiverranno alla stipula del contratto di vendita definitivo da perfezionarsi con rogito notarile. Il contratto preliminare di vendita immobiliare ha quale effetto principale quello di obbligare le parti ad addivenire alla compravendita immobiliare a cui è strumentale costituendo una programmazione futura di interessi per il raggiungimento di tale scopo; gli elementi essenziali che ne costituiscono il contenuto minimo previsti dalla legge sono: il consenso delle parti, la forma scritta, l’esatta indicazione dell’immobile oggetto della vendita, il prezzo. Spesso e volentieri il contratto preliminare di vendita immobiliare prevede a carico promissario-acquirente il versamento di una somma di denaro per confermare la serietà dell’impegno assunto a titolo di caparra “confirmatoria” ex art. 1385 c.c. che al suo secondo comma per le anzi dette ragioni prevede che: “ Se la parte che ha dato la caparra è inadempiente, l'altra può recedere dal contratto, ritenendo la caparra; se inadempiente è invece la parte che l'ha ricevuta, l'altra può recedere dal contratto ed esigere il doppio della caparra .”, somma di denaro che alla fisiologica conclusione del contratto definitivo viene trattenuta dal promittente venditore quale acconto sul maggior prezzo pattuito. Ove le parti concordino invece che la caparra in questione sia versata quale prezzo corrispettivo da corrispondere da parte di chi intenda esercitare il diritto di recesso questa sarà denominata caparra “penitenziale” ( art. 1386 c.c. ). E’ evidente che nel contratto preliminare di vendita immobiliare l’obbligazione principale, sia per il promissario-venditore che per il promissario-acquirente, è quella di addivenire alla vendita definitiva e che nell’ambito di tale figura contrattuale l’ipotesi di inadempimento a tale obbligo è da ritenersi importante e grave essendo che impedisce la realizzabilità dell'intento perseguito dalle parti con il contratto in questione. Da quanto appena osservato discende che allorquando una delle parti del preliminare di vendita immobiliare si sottrae dalla stipula della vendita definitiva la parte adempiente potrà agire in giudizio per la risoluzione per inadempimento del contratto. 3) L’INADEMPIMENTO DEL PROMITTENTE-VENDITORE ED I DANNI RISARCIBILI AL PROMITTENTE-ACQUIRENTE. Quando a sottrarsi al predetto obbligo è il promittente-venditore, il promittente-acquirente che abbia versato a costui la caparra in adempimento alla relativa pattuizione contemplata nel preliminare potrà esercitare l’azione di risoluzione richiedendo in primis la restituzione della caparra versata ma non del doppio della stessa, essendo che per quanto previsto dal 2° comma dell’art.1385 tale ipotesi incorre solo quando la parte adempiente eserciti l’azione di recesso e non l’azione di risoluzione per inadempimento. Per effetto della risoluzione del preliminare il promittente-venditore che si sottrae alla stipula del definitivo è invece in ogni caso tenuto alla restituzione della caparra versata dal promittente-acquirente (Cass. ord. n. 11012/2018) - ciò ricollegandosi agli effetti restitutori propri della risoluzione negoziale come conseguenza del venir meno della causa della sua corresponsione (Cass. n. 10953/2012; Cass. n. 11356/2006; Cass. 8310/03; Cass. 13828/00, 8630/98; Cass. 10217/94) - senza alcuna necessità di specifica prova del danno, essendo il danno stesso, consistente nella perdita della somma capitale versata alla controparte maggiorata degli interessi, in re ipsa . Come già anticipato con la proposizione dell’azione risoluzione del contratto la parte adempiente oltre che la restituzione della prestazione eseguita ha anche la possibilità di richiedere il risarcimento del maggior danno cagionatogli dall’inadempimento della parte inadempiente. Ebbene, nel preliminare di vendita di bene immobile il danno cagionato al promittente-acquirente dal promittente-venditore che inadempie all’obbligo della stipula della vendita definitiva è identificabile nel lucro cessante derivante al promittente venditore in conseguenza del mancato acquisto dell’immobile oggetto della vendita del preliminare, individuato - come da recente orientamento giurisprudenziale in tal senso della Suprema Corte di Cassazione con ordinanza n. 32536/2022 ( cfr. anche Cass. n. 18498/2021 ) - nella differenza tra il valore di mercato dell’immobile nel momento in cui l’inadempimento è divenuto definitivo e il prezzo concordato in sede di preliminare, da rivalutarsi, se non corrisposto, tenendo conto degli effetti della svalutazione monetaria che interverrà nelle more del giudizio ( Cass. ordinanza n. 28375/2017 ), il cui importo è accertabile mediante prova documentale costituita dal preliminare stesso e consulenza tecnica d’ufficio che accerti il valore di mercato dell’immobile nel momento in cui l’inadempimento è insorto. Pacifico è, infatti, secondo quanto espresso dalla prevalente giurisprudenza di legittimità, il principio secondo cui il risarcimento deve porre il creditore nella situazione in cui si sarebbe trovato se l'inadempimento non si fosse verificato. Messina/Patti, 01/03/2023 Avv. Francesco Ficarra

Pubblicazione legale

L’estensione del pignoramento del creditore intervenuto nella giurisprudenza.

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L’estensione del pignoramento del creditore intervenuto nella giurisprudenza. A cura di Avv. Francesco Ficarra del foro di Messina 1) L’estensione del pignoramento-disciplina normativa. – 2) Giurisprudenza. 1) L’ESTENSIONE DEL PIGNORAMENTO- DISCIPLINA NORMATIVA. L’istituto della estensione del pignoramento soccorre allorquando il bene pignorato destinato a vendita o assegnazione risulta non sufficiente ai fini della soddisfazione dei maggiori crediti oggetto di un processo di esecuzione civile. Tale ipotesi spesso e volentieri si verifica a seguito dell’intervento dei creditori nel corso di una procedura esecutiva già in corso. Orbene, attraverso l’estensione del pignoramento il creditore intervenuto, senza dover intraprendere nuova ed autonoma procedura esecutiva, può appunto estendere gli effetti del pignoramento sulla base del quale è incoato il processo di esecuzione a beni ulteriori rispetto al bene già pignorato. L’estensione del pignoramento è disciplinata dall’art 499 comma 4° c.p.c. sensi del quale: “ Ai creditori chirografari, intervenuti tempestivamente, il creditore pignorante ha facoltà di indicare, con atto notificato o all'udienza in cui è disposta la vendita o l'assegnazione, l'esistenza di altri beni del debitore utilmente pignorabili, e di invitarli ad estendere il pignoramento se sono forniti di titolo esecutivo o, altrimenti, ad anticipare le spese necessarie per l'estensione. Se i creditori intervenuti, senza giusto motivo, non estendono il pignoramento ai beni indicati ai sensi del primo periodo entro il termine di trenta giorni, il creditore pignorante ha diritto di essere loro preferito in sede di distribuzione. ” L’istituto della estensione del pignoramento può trovare applicazione sia nell’ambito della esecuzione mobiliare che nella esecuzione immobiliare e la giurisprudenza ne ha individuato i limiti e le forme. 2) GIURISPRUDENZA. Interessante sentenza della Suprema Corte di Cassazione è in tema la n. 25026 dell’8 ottobre 2019 emessa dalla Sezione 3 nella quale sono indicati i presupposti necessari al creditore per richiedere al G.E. la necessaria (in questo senso, Tribunale Torre Annunziata sentenza n. 1629 del 20-07-2021 ) autorizzazione all’estensione del pignoramento nell’ambito di una procedura esecutiva mobiliare incoata a seguito di pignoramento presso terzi. Difatti, con la suddetta pronuncia la Cassazione, nel premettere che a seguito delle riforme introdotte ex D.L. 35/2005, conv. in L. n. 263/2005 l’estensione del pignoramento trova applicazione “…in qualunque forma espropriativa…” e non limitatamente alla esecuzione mobiliare come in antecedenza alla mentovata riforma, ha però osservato che tale istituto è operativo solo entro l’udienza che dispone la vendita o l’assegnazione del bene pignorato. Detto limite è stato peraltro riconosciuto anche in ambito di espropriazioni immobiliari dal Tribunale di Patti con ordinanza del 19-11-2020 resa dal G.E. La Porta , provvedimento in virtù del quale è stata dichiarata inammissibile l’estensione di un pignoramento immobiliare ad altro bene del debitore in quanto avvenuta oltre la vendita del compendio pignorato. Con il superiore arresto la Cassazione ha voluto perseguire l’obiettivo di consentire la definitiva cristallizzazione dell’oggetto della procedura prima che intervenga le vendita o l’assegnazione del bene e ciò anche a tutela del debitore. La surrichiamata pronuncia nel ribadire che, per come previsto dall’art 499 c.p.c. la facoltà di richiedere al G.E. l’autorizzazione all’estensione del pignoramento è riconosciuta solo per i creditori intervenuti tempestivamente per come previsto, ha inoltre il pregio di evidenziare che nell’ambito della espropriazione di crediti presso terzi l’intervento di un creditore può ritenersi tempestivo solo se effettuato entro l’udienza di prima comparizione delle parti entro la quale il terzo rende la dichiarazione ex art 547 c.p.c., siccome indicata nella citazione o differita dal G.E. (in questo senso, Cass. 20595 del 2010 ). Altra interessante pronuncia di legittimità è costituita dalla Sentenza, Corte di Cassazione n. 1170, del 17.01.2022 in virtù della quale la Suprema Corte ha osservato sempre in materia di espropriazione di crediti presso terzi che il solo atto di intervento non è sufficiente al fine di ampliare l’oggetto del giudizio delimitato dal pignoramento, ritenendosi necessaria per tale ultimo fine l’estensione del pignoramento. In buona sostanza, con la surrichiamata sentenza, la Cassazione ha ritenuto che l’oggetto della procedura espropriazione di un credito presso terzi e, per converso, l’obbligo del terzo oggetto del relativo ed eventuale giudizio di accertamento è delimitato dal pignoramento, che, a norma dell’art 546 c.p.c., può eseguirsi solo sull’importo precettato aumentato della metà (così anche Cass. Sez. 3 -, Sentenza n. 15595 del 11/06/2019; Cass. Sez. 6, Ordinanza n. 9054 del 18/05/2020 ). Da quanto sopra discende che il creditore intervenuto al fine di ampliare l’oggetto della procedura delineato ai sensi dell’art 546 c.p.c. deve chiedere al G.E. di essere autorizzato alla estensione del pignoramento, notificando sia al debitore esecutato che al terzo l’atto di intervento ovvero un nuovo atto di intimazione formale. E’ però da segnalare che la sentenza in questione rappresenta un revirement della Cassazione in tema, atteso che in passato la stessa Suprema Corte affermava che “ nell'espropriazione presso terzi di somme di danaro l'oggetto del pignoramento è costituito dall'intera somma di cui il terzo è debitore, e non dalla quota del credito per la quale l'esecutante agisce in forza del titolo esecutivo notificato, costituendo essa solo il limite della pretesa fatta valere in executivis ” ( Cass. 20.03.2014, n. 6518 ), soluzione, quest’ultima, più elastica rispetto alla prima e spesso adottata nella giurisprudenza di merito specie allorquando la dichiarazione resa dal terzo pignorato ha ad oggetto una somma superiore rispetto a quella pignorata entro i limiti di cui all’art. 546 c.p.c, così consentendo al creditore la soddisfazione delle proprie pretese sul maggior importo dichiarato dal terzo con il superamento del c.d. “limite del pignoramento ex art 546 c.p.c.” ( ex multis Ordinanza del Tribunale di Prato del 28.04.2022 ) Messina/Patti, 14/04/2023 Avv. 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