Avvocato Fulvio Pellegrino a Napoli

Fulvio Pellegrino

Avvocato Penalista

Informazioni generali

Fulvio Pellegrino, nato a Pompei l’8 gennaio 1968, laureato in Giurisprudenza presso l’Università di Napoli Federico II nel 1995, è avvocato cassazionista con oltre venticinque anni di esperienza nel diritto penale. È specializzato in responsabilità medica, reati ambientali, delitti contro la famiglia e omicidio stradale. Ha maturato una solida competenza in procedimenti complessi e di rilevanza nazionale. Esercita la professione con studi a Napoli, Milano e Torre Annunziata, garantendo assistenza su tutto il territorio.

Esperienza


Diritto penale

Sono specializzato nel fornire assistenza legale nell’ambito penale, in particolare nella materia ambientale, nella responsabilità medica e nei reati contro la famiglia. Durante la mia carriera professionale ho seguito centinaia di clienti e decine di aziende che sono rimasti soddisfatti del mio operato. Alcuni dei principali clienti: Azienda Ospedaliera Istituto Ortopedico Gaetano Pini (Milano), Residenza Sanitaria Assistenziale “Quadrifogli, Gruppo Immobiliare-Alberghiero “Giglio”, Comune di Pompei, Capitalease S.p.A. con ruolo di Legal Advisor, responsabile antiriciclaggio, gruppo edile EdilCava. Gruppo Ferretti -Aprea.


Stalking e molestie

Sul WEB, dagli articoli di giornale è possibile conoscere alcuni dei casi seguiti di rilievo nazionale. La difesa ha riguardato a volte la persona offesa ed altre volte l'imputato. L'esperienza nel settore a fatto si da essere nominato difensore da soggetti residenti a Milano con processi presso il Tribunale di Milano benchè la sede principale dello studio è a Napoli.


Violenza

Alcuni dei casi di cui mi sono occupato hanno avuto una rilevanza nazionale e altri sono derivati da trasmissioni televisive come Le Iene e Chi L'ha Visto. In particolare quello scaturito dal video messo in onda dalla trasmissione Chi L'Ha Visto a breve si concluderà. Sul WEB, dagli articoli di giornale è possibile conoscere alcuni dei casi seguiti di rilievo nazionale.


Altre categorie

Malasanità e responsabilità medica, Diritto ambientale, Diritti umani, Truffe, Diritto penitenziario, Usura, Diritto assicurativo, Cassazione.



Credenziali

Pubblicazione legale

Molestie reato: atti persecutori.

Pubblicato su IUSTLAB

La nozione di molestia nel reato di atti persecutori – Corte di Cassazione, Sez. II Penale – 04 Giugno 2024 N. 22484 Molestie reato: cosa intendiamo per “atti persecutori”? Qual è il collegamento tra molestie e atti persecutori? Quali sono gli strumenti atti a dimostrare l’avvenuta molestia? Una recentissima sentenza della Corte di Cassazione (n. 22484 del 04 giugno 2024) fa chiarezza sul tema. “In tema di atti persecutori, rientra nella nozione di molestia qualsiasi condotta che concretizzi una indebita ingerenza od interferenza, immediata o mediata, nella vita privata e di relazione della vittima, attraverso la creazione di un clima intimidatorio ed ostile, idoneo a comprometterne la serenità e la libertà psichica”. Con il provvedimento di cui sopra, depositato solo qualche giorno fa, la Corte di Cassazione, stabilisce che la registrazione fonografica di un colloquio non sia riconducibile alla nozione di intercettazione, bensì possa essere utilizzata a fini di prova. La registrazione di un colloquio svoltosi tra presenti o mediante strumenti di trasmissione operata da un soggetto partecipante o ammesso ad assistervi, sebbene operata clandestinamente, costituisce una forma di memorizzazione fonica di un fatto storico. Si tratta di prova documentale rappresentativa di un fatto storicamente avvenuto. L’autore può quindi disporne legittimamente, anche a fini di prova in caso di procedimento a carico dell’altro soggetto partecipante alla conversazione. La registrazione diventa così una forma di autotutela e garanzia per la propria difesa, previa valutazione della sua affidabilità. L’articolo 660 del Codice Penale italiano tratta del reato di molestie o disturbo alle persone. L’articolo, quindi, punisce chiunque molesti o disturbi altre persone in luoghi pubblici o aperti al pubblico, oppure tramite il telefono, per motivi di petulanza o per altri motivi biasimevoli. Tale articolo riguarda, quindi, molestie verbali, molestie telefoniche ed il reato di molestie sessuali. La punizione prevista è l’arresto fino a sei mesi o un’ammenda fino a 516 euro. Tuttavia, questo reato è perseguibile solo a querela della persona offesa, il che significa che l’azione penale viene avviata solo se la vittima presenta una denuncia. Questo reato può includere vari tipi di comportamenti, come: – Telefonate indesiderate ripetute. – Disturbi arrecati in luoghi pubblici con comportamenti molesti. – Azioni fastidiose o offensive compiute per petulanza o altri motivi non giustificabili. È importante distinguere questo reato da altri simili, come lo stalking (art. 612-bis cp) o l’ingiuria (art. 594 cp, abrogato nel 2016), che possono comportare conseguenze legali differenti e richiedono elementi costitutivi diversi.

Pubblicazione legale

Il reato di maltrattamenti ex art. 572 c.p. tra "liti familiari" e "sistematica sopraffazione" Cassazione penale, Sez. VI, sentenza 15 settembre 2023, n. 37978

Pubblicato su IUSTLAB

L’articolo ex 572 del Codice Penale italiano ha come tema centrale il maltrattamento di persone in ambito famigliare. “Chiunque, in famiglia o comunque tra persone che convivono, maltratta una persona, procurandone delle lesioni personali o ponendola in condizioni di soggezione o di dipendenza, è punito con la reclusione da tre a sette anni”. La pena è inoltre aumentata se la condotta ha cagionato un danno tangibile e verificabile alla salute della persona offesa. La pena è altresì aumentata fino alla metà se il fatto è commesso in presenza o in danno di minore di anni 14, di donna in stato di gravidanza o di persona con disabilità, come definito ai sensi dell’articolo 3 della legge 5 n.104 del 5 febbraio 1992. Se dal fatto commesso deriva la morte della persona offesa, il colpevole è punito con la reclusione da sei a dodici anni. E’ importante sottolineare come la giurisprudenza abbia chiarito che per maltrattamenti in famiglia non si intendono solo percosse, lesioni, ingiurie, minacce, privazioni e umiliazioni imposte alla vittima, ma anche atti di disprezzo e di offesa alla sua dignità che si traducono in sofferenze psicologiche e morali. La Sentenza 15 settembre 2023 n 39878 La sentenza del 15 settembre 2023 n 39878 evidenzia come i comportamenti reiterati di offese fisiche, sessuali, psicologiche o economiche, debbano considerarsi volti a ledere la dignità della persona offesa, ad annientarne pensieri ed azioni indipendenti, a limitarne la sfera di libertà ed autodeterminazione e a ferirne l’identità di genere con violenze psicologiche ed umiliazioni. Alla base troviamo un chiaro atteggiamento di possesso e controllo, per limitare la libertà dell’altra parte. Per tale motivo il Giudice è chiamato a valutare l’intero contesto della coppia o della famiglia interessata e il clima di umiliazione che subisce la vittima e che va a lederne la dignità. Spiegazione della sentenza La condotta maltrattante si distingue per una serie di comportamenti ripetuti, che possono assumere anche la forma di minacce, operanti su diversi livelli all'interno di una relazione affettiva. La complessità di questa condotta emerge attraverso la sua manifestazione su diverse dimensioni, quali il livello fisico, sessuale, psicologico o economico. L'elemento unificante di tali comportamenti è la loro mira a ledere profondamente la dignità della persona offesa, ad annullare qualsiasi forma di autonomia, a limitare la sfera di libertà ed autodeterminazione e a infliggere ferite all'identità di genere mediante violenze psicologiche ed umiliazioni. La discriminazione insita nei reati di violenza contro le donne si evidenzia attraverso un disegno deliberato di possesso, dominazione e controllo della libertà femminile. Tale intento discriminatorio si traduce in un ciclo di abusi che va oltre l'atto singolo, proiettandosi nel tentativo sistematico di sottomettere la vittima. Il compito del giudice, pertanto, non si esaurisce nella valutazione dei singoli episodi che potrebbero apparire soggettivamente più gravi, ma richiede una comprensione approfondita del contesto diseguale che caratterizza la coppia coinvolta. Questa valutazione deve estendersi a considerare attentamente la violenza psicologica perpetrata dall'autore, nonché l'atmosfera di umiliazione inflitta alla vittima con l'intento di minare la sua dignità. Un'analisi completa della situazione richiede al giudice di esplorare la molteplicità di fattori che contribuiscono al quadro diseguale di coppia, mettendo in luce la natura sistematica della violenza e il suo impatto a lungo termine sulla vittima. È fondamentale riconoscere l'interconnessione tra i diversi tipi di abuso e l'obiettivo comune di stabilire un controllo coercitivo. In conclusione, la condotta maltrattante va oltre la mera somma degli episodi singoli, richiedendo una valutazione globale del contesto relazionale. Il giudice deve dimostrare una sensibilità particolare nel cogliere la profondità della volontà di controllo e dominazione che guida tali comportamenti, evidenziando una comprensione approfondita del contesto diseguale e del devastante impatto delle violenze psicologiche e delle umiliazioni sulla dignità e sulla libertà della vittima. Commento alla sentenza Il testo offre un'analisi dettagliata e penetrante della condotta maltrattante all'interno delle relazioni affettive, andando al di là della superficie degli episodi violenti. L'attenzione alla coercizione e al controllo, insieme alle dinamiche di potere sottostanti, disegna un quadro completo della devastante portata di questo tipo di abuso, gettando luce sulle subdole strategie manipolatorie e sulle minacce che caratterizzano spesso tale condotta. La considerazione delle influenze culturali e sociali aggiunge un elemento critico, evidenziando come stereotipi di genere e norme culturali distorte possano contribuire a creare un terreno fertile per la persistenza della violenza. La menzione della dipendenza economica e sociale come ostacolo per la vittima offre uno sguardo realistico sulle sfide concrete che possono complicare il percorso di liberazione da una relazione abusiva. Inoltre, l'attenzione alle conseguenze a lungo termine pone giustamente l'accento sulla necessità di una risposta legale e sociale completa, non limitata alla semplice punizione degli atti violenti, ma incentrata anche sul sostegno alla vittima nel difficile processo di guarigione e nel recupero dell'autonomia. Questo commento riconosce appieno la complessità della condotta maltrattante e sottolinea l'urgenza di approcci integrati per affrontare in modo efficace questo problema intricato e insidioso nelle relazioni umane.

Sentenza giudiziaria

Alla sbarra per calunnia di un collega: assolta la poliziotta

Sentenza

(F.Cam.) Assolta perché il fatto non costituisce reato. Una sentenza non scontata quella pronunciata ieri dal giudice omissis al termine del processo che vedeva alla sbarra la poliziotta omissis in servizio a Padova, accusata di calunnia nei confronti di un collega della Questura di omissis per aver scritto su di lui un'annotazione di servizio nella quale riferiva di voci su sue presunte cessioni di droga ad alcune giovani ragazze per ottenere in cambio prestazioni sessuali. Dalle indagini tutto era poi risultato falso e così la poliziotta si è trovata a sua volta indagata. Il pm aveva chiesto una condanna a 1 anno e 2 mesi. L'avvocato Fulvio Pellegrino di Torre Annunziata, difensore della poliziotta, già al centro di un altro processo per molestie tramite sms inviati a una ragazza con la quale aveva avuto una relazione, che aveva destato non poco clamore anche se di fatto tutto si era risolto con un'ammenda e l'assoluzione dalle ulteriori accuse, non ha nascosto come le indagini del poliziotto rodigino oggetto dell'annotazione, condotte per l'altra vicenda, potessero costituire un movente per la calunnia. Ma ha evidenziato come la sua assistita avrebbe potuto utilizzare altre forme e, soprattutto, non citare nell'annotazione la fonte che gli aveva riferito del comportamento del collega. Invece, ha citato il confidente che poi, sentendosi tirato in ballo in una vicenda più grossa di lui, avrebbe ritrattato.

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