Pubblicazione legale:
La diffusione del Coronavirus COVID-19
rischia di contagiare l’economia nazionale e produrre effetti ancor più dannosi
e letali di quelli prodotti dal suddetto virus in ambito strettamente
sanitario. Infatti, la diffusone del contagio e l’adozione delle misure
restrittive alla libera circolazione delle persone e delle merci, giustificata dalla
legittima tutela del diritto alla salute (sul punto vedasi: DPCM del 08/03/2020
– 09/03/2020 – 11/03/2020 – 22/03/2020), sta già comportando un aumento
del rischio da c.d. inadempimento contrattuale da parte di quelle imprese
italiane e da parte di quei consumatori che hanno assunto, in buona fede, delle
obbligazioni commerciali rispetto alle quali l’epidemia sembrerebbe avere
effetti sospensivi o addirittura estintivi rispetto all’adempimento delle
prestazioni, con ripercussioni drammatiche sui livelli occupazionali e sul
tenore di vita futuro dei cittadini.
In materia di obbligazioni, i parametri
normativi di riferimento sono rappresentati dall’art. 1175, 1218 e 1256 del
codice civile i quali, sinteticamente, prevedono: 1) che le parti di
un’obbligazione (ad es. le parti di un contratto) devono comportarsi secondo
correttezza e buona fede (art. 1175 cc); 2) che il debitore che non esegue
esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non
prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità
della prestazione derivante da causa a lui non imputabile (art. 1218 c.c.); 3)
che l’obbligazione si estingue senza conseguenze risarcitorie quando, per una
causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile oppure, se
l’impossibilità è solo temporanea, il debitore non è responsabile del ritardo
nell’adempimento finché perdura la causa non imputabile (art. 1256 c.c.).
Premesso
quanto sopra, il debitore di un’obbligazione non può addurre a propria scusante
qualsiasi tipo di difficoltà per esimersi dall’adempimento della propria
prestazione in quanto, in virtù del principio della buona fede e correttezza, lo
stesso è tenuto ad adoperarsi per superare le difficoltà del caso atteso che,
per superare la presunzione di responsabilità da inadempimento posta a suo
carico, deve provare che la mancata esecuzione della propria prestazione sia
dipesa da “causa a lui non imputabile”, ossia “da fattori a lui estranei
che non siano riconducibili ad un difetto di diligenza che il debitore è tenuto
ad osservare per porsi nelle condizioni di poter adempiere e, d’altro canto,
siano tali che alle relative conseguenze il debitore non possa con eguale diligenza
porre riparo” (Cass. Civ., Sez. II, 08/11/2002 n. 15712).
Nel
caso di contratti a prestazioni corrispettive (come ad es. la compravendita di
beni, servizi turistici, servizi di ristorazione, spettacoli ed eventi
sportivi, ecc.) entrambe le parti contrattuali assumono contemporaneamente la
posizione di creditore e debitore (ad esempio: - in un contratto di vendita di
bomboniere per eventi il negoziante assume l’obbligo di consegnare le
bomboniere al cliente ed il diritto di esigere il prezzo di tali beni mentre il
cliente-consumatore assume l’obbligo di pagare il prezzo al negoziante ed il
diritto di ricevere le bomboniere, ecc.) ragion per cui, qualora una parte si
rifiuti di adempiere la propria prestazione, sorgono delle difficoltà sul piano
pratico per comprendere se tale comportamento configuri un’ipotesi d’inadempimento
colpevole (con il consequenziale obbligo di risarcire la controparte che offre
di eseguire la propria controprestazione oppure l’abbia già eseguita) ovvero configuri
un’ipotesi d’inadempimento derivante da causa non imputabile (che comporta la
risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta della prestazione ex
art. 1463 c.c., con la consequenziale
liberazione dall’obbligo di adempiere le obbligazioni reciproche senza
conseguenze risarcitorie).
“Gli
ordini ed i divieti dell’autorità legislativa ed amministrativa” di eseguire l’obbligazione
dovuta (es. ordinanza di chiusura di scuola privata in virtù del DPCM
04-03-2020) sicuramente liberano il debitore dall’obbligo temporaneo o
definitivo di adempiere la propria prestazione, in quanto rappresentano ipotesi d’inadempimento derivante da causa
non imputabile, con la conseguenza che entrambe le parti del contratto sono
liberate dall’adempimento della propria prestazione (pertanto: la scuola
privata non sarà tenuta ad offrire i propri servizi all’alunno nel periodo in
cui sia ordinata la chiusura ed i genitori dell’alunno non saranno tenuti al
pagamento della retta nel periodo in cui non verrà svolto il servizio). In
riferimento “agli
ordini ed i divieti dell’autorità legislativa ed amministrativa”, derivanti dal
contagio da COVID-19, è opportuno segnalare che il D.L. n. 9 del 02/03/2020 ha
disciplinato, mediante l’art. 28, la materia dei contratti di trasporto aereo,
ferroviario e marittimo, nella acque interne e terrestri, stipulati: a) dai soggetti nei confronti dei quali è stata disposta la
quarantena ovvero la permanenza domiciliare fiduciaria con
sorveglianza attiva da parte dell’autorità sanitaria competente, con riguardo
ai contratti di trasporto da eseguirsi in questo periodo; b) dai soggetti residenti, domiciliati o destinatari di un
provvedimento di divieto di allontanamento nelle aree interessate dal contagio,
ossia nelle zone rosse, con riguardo ai contratti di trasporto da
eseguirsi durante questo periodo di divieto; c) dai soggetti risultati positivi al virus COVID-19 per
i quali è disposta la quarantena con sorveglianza attiva ovvero la permanenza
domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva, con riguardo ai contratti di
trasporto da eseguirsi in questo periodo di permanenza, quarantena o ricovero; d) dai soggetti che hanno programmato soggiorni o viaggi con
partenza o arrivo nelle aree interessate dal contagio, ossia nelle zone rosse, con riguardo ai contratti di trasporto da
eseguirsi in questo periodo; e) dai soggetti che hanno
programmato la partecipazione a concorsi pubblici o procedure di
selezione pubblica, a manifestazioni o iniziative di
qualsiasi natura, a eventi e a ogni forma di riunione in luogo pubblico
o privato, anche di carattere culturale, ludico, sportivo e religioso, anche se
svolti in luoghi chiusi aperti al pubblico,
annullati, sospesi o rinviati dalle autorità competenti, con riguardo
ai contratti di trasporto da eseguirsi nel
periodo di efficacia dei predetti provvedimenti; f) dai soggetti intestatari di titolo di viaggio, acquistati
in Italia, avente come destinazione Stati esteri, dove sia impedito o vietato
lo sbarco, l’approdo o l’arrivo in ragione della situazione
emergenziale epidemiologica da COVID-19. Ebbene, solo ed
esclusivamente nelle ipotesi sopraindicate (a cui devono aggiungersi i viaggi
programmati dal 10/03/2020 al 03/04/2020, in cui è stato introdotto il divieto
di circolazione per tutti i cittadini italiani per effetto del DPCM 09-03-2020)
è prevista la possibilità di richiedere il rimborso del biglietto entro trenta
giorni (sulla decorrenza del termine vedasi: art. 28 D.L. 9/2020), allegando il titolo di viaggio, con
diritto di ottenere la restituzione del prezzo corrisposto oppure un voucher da
utilizzare entro un anno dall’emissione (diritto applicabile anche alle ipotesi
di acquisto di pacchetti turistici). Inoltre, a mente dell’art. 88 del decreto
legge n. 18 del 17/03/2000, a
seguito dell'adozione delle misure interdittive alla circolazione di cui
all'articolo 2, comma l, lettere b) e d) del decreto del Presidente del
Consiglio 8 marzo 2020 e a decorrere dalla data di adozione del medesimo
decreto, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 1463 del codice civile,
ricorre la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta in relazione ai
contratti di acquisto di titoli di accesso per spettacoli di qualsiasi natura,
ivi inclusi quelli cinematografici e teatrali, e di biglietti di ingresso ai
musei e agli altri luoghi della cultura. Per l’effetto, i soggetti acquirenti avranno
l’obbligo di presentare, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore
del suddetto decreto legge, apposita istanza di rimborso al venditore,
allegando il relativo titolo di acquisto ed il venditore, entro trenta giorni
dalla presentazione della suddetta istanza, dovrà provvedere all'emissione di
un voucher di pari importo al titolo di acquisto, da utilizzare entro un anno
dall'emissione. A
parere dello scrivente “gli ordini ed i
divieti dell’autorità legislativa ed amministrativa” non rappresentano esimente per
l’imprenditore quando la misura restrittiva si riferisce ad un componente della
filiera (cd supply chain). Così, ad esempio, l’indisponibilità della
componentistica di ferramenta di manifattura cinese, se da un lato esonera
l’impresa cinese dall’obbligo di consegna del materiale ad un mobilificio
italiano, stante l’impossibilità di garantire la produzione perché lo
stabilimento trovasi in aree coinvolte dalla quarantena per il coronavirus, non
può impedire la consegna di mobili, in quanto il mobilificio italiano (al quale
non sia stata ordinata la chiusura dell’attività da parte dell’Autorità) potrebbe
procurarsi la medesima componentistica utilizzando l’ordinaria diligenza, ossia
rivolgendosi a fornitori di nazionalità diversa.
Sempre
a parere dello scrivente, la disdetta di un evento determinata dal mero stato di paura e preoccupazione non esime il
consumatore dall’obbligo di eseguire la prestazione derivante dal contratto
precedentemente stipulato. Così, ad esempio, in caso di annullamento della data
fissata per il battesimo o per la comunione il consumatore ha comunque
l’obbligo di pagare al rivenditore il corrispettivo relativo all’acquisto delle
bomboniere precedentemente ordinate (quando questi ne offra la consegna), non
potendo invocare l’esimente della causa non imputabile.
La
sospensione unilaterale del rapporto di lavoro su iniziativa del datore è
giustificata ed esonera lo stesso dall’obbligo di pagamento della retribuzione,
ai sensi degli artt. 1218 e 1256 c.c., solo quando derivi da un fatto sopravvenuto non
prevedibile e non evitabile e non sia riferibile a carenze di programmazione o
di organizzazione aziendali ovvero a contingenti di difficoltà di mercato (Cass. Civ., Sez. Lav., 16/06/2003, n.9635; Cass.
Civ., Sez. Lav., 22/10/1999 n. 11916). Così, ad esempio, in caso di emergenza da
contagio di Coronavirus ed in assenza di ordine di chiusura dello stabilimento
disposta dall’Autorità, il datore può continuare ad assicurare i livelli di
produzione standard attraverso l’utilizzo dell’ordinaria diligenza, consistente
nella riduzione della presenza sul posto di lavoro a quelle unità strettamente
necessarie e consistente nell’incentivo temporaneo a forme di lavoro agile come
il cd smart working (peraltro disposto per ogni tipo di rapporto subordinato
dall’art. 2 lett. r DPCM 08/03/2020), al fine di evitare affollamenti sul posto
di lavoro e maggiori possibilità di contagio.
In
riferimento alle obbligazioni pecuniarie e, soprattutto, in riferimento
all’obbligo di pagamento del canone di locazione dell’inquilino per i contratti
ad uso commerciale, si rappresenta che le conseguenze economiche negative del
coronavirus, derivanti da una contrazione del fatturato aziendale determinata
da una limitazione della libertà di circolazione dei consumatori, non esimono
il conduttore dall’obbligo di eseguire la propria obbligazione di pagamento del
canone, in quanto non rappresentano una causa non imputabile. Al contrario, l’ordine di sospensione delle
attività commerciali, disposto con DPCM del 11/03/2020 e del 22/03/2020, a
parere dello scrivente, potrebbe legittimare il conduttore di un locale,
nel contempo esercente di una delle attività interessate dal suddetto
provvedimento, a sospendere per una causa a lui non imputabile il pagamento del
canone di locazione, limitatamente all’arco temporale interessato dalla
sospensione dell’attività (dal 12-23/03/2020 al 03/04/2020). In tal caso, la
sospensione del pagamento del canone non è giustificata da difficoltà economiche
ma solo dall’impossibilità di godere del bene immobile, limitatamente ad un
arco temporale, secondo le modalità determinate nel contratto di locazione, in
quanto la giurisprudenza di legittimità (Cass. Civ., Sez. III, 10/07/2018 n.
18047; Cass. Civ., Sez. III, 20/12/2007 n. 26958) ha statuito che il concetto
d’impossibilità sopravveuta della prestazione si ha non solo nel caso in cui
sia divenuta impossibile l’esecuzione della prestazione del debitore, ma anche
nel caso in cui sia divenuta impossibile l’utilizzazione della prestazione
della controparte. In ogni caso, in virtù del rispetto del principio della
buona fede ed al fine di non far ricadere le conseguenze dell’inadempimento sul
locatore, è preferibile (qualora possibile) che il conduttore paghi il canone
di locazione per il mese di marzo pur in caso di chiusura temporanea
dell’attività commerciale, per poi fruire del credito d’imposta del 60% del
canone di locazione, riconosciuto per negozi e botteghe dal decreto legge n.
18/2020. Sempre in riferimento alle obbligazioni, si
rappresenta che il contagio da coronavirus presenta delle problematiche sul
piano operativo non solo nell’ipotesi in cui una delle parti non adempia la
propria prestazione ma anche nell’ipotesi in cui una delle pari offra di
eseguire la propria prestazione a delle condizioni eccessivamente onerose,
rispetto a quelle inizialmente pattuite e praticate. Tale situazione non può
mai verificarsi nei contratti ad affetti istantanei (come il contratto di
compravendita) ma solo nei contratti ad esecuzioni continuata o periodica
ovvero ad esecuzione differita (come ad esempio il contratto di fornitura
continuativa di materiali), in cui è prevista la possibilità per la parte di
richiedere la risoluzione del contratto
per eccessiva onerosità, ai sensi dell’art. 1467 c.c., se la prestazione
dell’altra parte è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di eventi
straordinari ed imprevedibili. Ai fini della risoluzione, la norma richiede che
la prestazione sia diventata eccessivamente onerosa per effetto di eventi
straordinari (ossia eccezionali) ed imprevedibili (ossia che i contraenti non
avessero messo in conto in base alle loro conoscenze ed esperienze) e richiede
ancora che l’onerosità vada oltre quell’alea che superi la normale
tollerabilità.
In
conclusione, gli effetti giuridici del COVID-19 sui contratti stipulati da
imprese e consumatori nazionali dovranno essere valutati caso per caso tenendo
conto di una pluralità di fattori tra cui, a titolo esemplificativo: -
l’applicabilità o meno della legge italiana alla singola fattispecie; - i fatti
che hanno determinato il ritardo dell’adempimento oppure l’inadempimento; -
l’assenza di rimedi alternativi; - le clausole contrattuali.
Proprio
al fine di evitare contestazioni, è opportuno che i contratti vengano redatti
in modo puntuale e preciso, attraverso una specifica regolamentazione delle
situazioni che possono verificarsi in caso d’inadempimento oppure in caso di
ritardo nell’adempimento di una delle parti.