Avvocato Giacomo Piepoli a Molfetta

Giacomo Piepoli

Civilista


Informazioni generali

Sono Giacomo Piepoli, esperto di diritto dell' spettacolo e diritto d’autore (marchi, brevetti e proprietà intellettuali), essendo nel mondo della musica e dei teatri da oltre quindici anni, con diploma in conservatorio e perfezionamento. Affronto anche l'ambito del diritto civile puro e del diritto lavoro, infatti ho anche conseguito un master di II livello sul Mobbing. Sono uno che tutti vorrebbero in squadra e mai come avversario, se non altro per l'impegno che metto in ciò che faccio.

Esperienza


Arte e beni culturali

Lavoro nell'ambito dello spettacolo (teatri, fondazioni e associazioni culturali) da oltre quindici anni, la qual cosa mi ha permesso di approfondire l'ambito degli aspetti giuridici di questo settore a 360 gradi: dalla contrattualistica all'impugnativa di bandi, fino ai rapporti di lavoro e di sicurezza.


Diritto civile

Ho offerto consulenza spesso in merito a questioni di difesa (e attacco) nell’ambito di contrattualistica e brevetti; per società solide o nuove startup; consulenza preliminare; deposito e difesa in contenzioso.


Mobbing

Master di II livello sul Mobbing conseguito presso l'Università degli studi di Bari


Altre categorie:

Contratti, Diritto del lavoro, Diritto di famiglia, Proprietà intellettuale, Brevetti, Marchi, Risarcimento danni, Eredità e successioni, Separazione, Divorzio, Matrimonio, Affidamento, Adozione, Tutela dei minori, Incapacità giuridica, Diritto commerciale e societario, Antitrust e concorrenza sleale, Franchising, Recupero crediti, Pignoramento, Sicurezza ed infortuni sul lavoro, Licenziamento, Previdenza, Diritto sindacale, Locazioni, Sfratto, Incidenti stradali, Multe e contravvenzioni, Tutela del consumatore, Industria dell'intrattenimento, Negoziazione assistita, Malasanità e responsabilità medica, Diritto ambientale, Diritto e sicurezza alimentare, Tutela degli animali, Diritto agrario, Diritto del turismo.


Referenze

Pubblicazione legale

LA CIRCOLARE INPS n. 140/2017: CUMULO GRATUTIO DEI CONTRIBUTI PREVIDENZIALI

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Commento e suggerimenti alla circolare n. 140 del 2 ottobre emanata dall’INPS dopo il nulla osta del Ministero del Lavoro

Pubblicazione legale

LA RIFORMA DEL “TERZO SETTORE” È LEGGE, COSA CAMBIA PER LE ASSOCIAZIONI

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Commento e suggerimenti sul D.Lgs. 3 luglio 2017, n. 117, che attua la delega per la riforma del terzo settore contenuta nella legge 6 giugno 2016, n. 106.

Pubblicazione legale

L’aspettativa non retribuita personale scolastico: un po’ di chiarezza

Pubblicato su IUSTLAB

L’aspettativa dal posto di lavoro scolastico è disciplinata dall’art. 18 del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro relativo al personale del Comparto Scuola. Sostanzialmente consiste in un periodo di “lungo permesso” non retribuito concesso al lavoratore in alcuni specifici casi, così come disciplinati (per motivi di famiglia o personali) dagli artt. 69 e 70 del T.U. approvato con D.P.R. n. 3 del 10 gennaio 1957 e dalle leggi speciali che a tale istituto si richiamano. In questo lungo periodo di “permesso” è come se il dipendente fosse esonerato dall’obbligo di lavorare alle dipendenze della scuola di appartenenza, conservando il proprio posto, senza percepire emolumenti né contributi. La ratio della norma è quella di promuovere, fortificare, incoraggiare e sostenere l’attività lavorativa nel miglior modo possibile, in modo da porre il docente nelle condizioni di poter espletare il proprio lavoro nella più adeguata forma possibile. L'aspettativa viene erogata dal dirigente scolastico, tanto al personale docente (anche a quello di religione cattolica) quanto al personale ATA. Orbene, la norma non parla di “concessione” da parte del dirigente, ma chiaramente recita “l’aspettativa è erogata” , non lasciando alcuna discrezionalità al dirigente in merito alla domanda di aspettativa presentata dal lavoratore: l’aspettativa viene erogata di diritto al rispetto di requisiti oggettivi. Pertanto, il dirigente si dovrà limitare ad un controllo formale della domanda , a prescindere dalle esigenze della propria amministrazione. Se lo stesso la nega in maniera immotivata o con motivazione infondata o non risponde entro un mese, il lavoratore potrà ottenere giustizia in sede sindacale o innanzi al Giudice del Lavoro. I limiti in merito alla concessione dell’aspettativa per motivi di lavoro sono di natura oggettiva: la domanda può trovare accoglimento del dirigente se presentata da personale scolastico docente o ATA con contratto a tempo indeterminato o anche da quello assunto con contratto a tempo determinato (docenti precari) per l’intero anno scolastico (31 agosto) o fino al termine delle attività didattiche (30 giugno), mentre non può essere concessa al personale assunto a supplenza “breve”. Per ottenere l’aspettativa il lavoratore deve quindi rivolgersi al proprio dirigente scolastico con domanda scritta in carta libera, indicando la data di decorrenza dalla quale intende fruire per la stessa. La norma in esame prevede che il dipendente possa essere collocato in aspettativa per motivi di per motivi di famiglia, di lavoro, personali e di studio, ricerca o dottorato di ricerca (per gli incarichi e le borse di studio la disciplina è particolarmente trattata e, comunque, ancora in vigore l'art. 453 del D.P.R. n. 297 del 1994, importante anche al riguardo la Circolare Ministeriale n. 15/2011). Ne discende che l ’aspettativa per motivi di lavoro dovrà essere erogata al dipendente che richieda di realizzare una diversa esperienza lavorativa o finanche per superare un periodo di prova (terzo comma dello stesso articolo). In questo caso, nell’istanza sottoposta al dirigente il dipendente dovrà precisare ed attestare l’esperienza lavorativa per la quale chiede di essere collocato in aspettativa: sarà sufficiente un’autocertificazione nel caso la richieda per spostarsi presso altro ente pubblico; dovrà fornire la proposta di contratto (o altra idonea certificazione) in caso di spostamento su settore privato. Conviene chiarire che la precedente normativa, fino al 2003, prevedeva la concessione di aspettativa solo nell’ambito di altro comparto della P.A., oggi non vi è più questo limite. Tuttavia l’aspettativa richiesta per “altra amministrazione” o “altro ente pubblico” dovrà essere richiesta per comparto che non sia quello scolastico; per quanto riguarda invece “altro lavoro” presso soggetti privati non vi è nessun particolare vincolo: in questo caso, per esempio, l’aspettativa può essere utilizzata anche per insegnare nelle scuole non statali. In tutti i casi l’aspettativa, a norma dell’art. 18 del CCNL, è gratuita e può sempre essere interrotta da parte del lavoratore, qualora vengano meno i presupposti per cui è stata chiesta (in tal caso va richiesta al Dirigente scolastico la sospensione dell’aspettativa). Inoltre, il tempo trascorso in aspettativa per motivi di famiglia non è computato ai fini della progressione in carriera, dell'attribuzione degli aumenti periodici di stipendio e del trattamento di quiescenza e previdenza e, per di più, l'impiegato che cessa da tale posizione prende nel ruolo il posto di anzianità che gli spetta, dedotto il tempo passato in aspettativa. Il problema principale e più dibattuto in merito all’aspettativa è connesso alla durata dell’aspettativa per lavoro . La norma di riferimento, il novellato articolo 18, parla genericamente di “anno scolastico”. Pertanto, un consolidato orientamento ritiene che l’aspettativa possa essere fruita per un intero anno scolastico, ovvero dal 1° settembre (o dalla data della richiesta) al 31 agosto, non per un periodo inferiore ad esso (ponendo il caso di aspettativa per supplenza breve). Letteralmente l’art. 18 comma 3 del CCNL comparto scuola riferisce che il dipendente sia collocato in aspettativa, a domanda, per un anno scolastico. Ne discende con certezza solo che l’aspettativa non può superare 12 mesi continuativi . Tuttavia c’è chi ritiene che l’aspettativa ex art. 18 possa avere anche durata inferiore all’anno scolastico intero, purché non si travalichi l’anno scolastico: il periodo di aspettativa non potrà quindi essere prorogato, risultando l’anno scolastico il periodo massimo di durata. Non esiste, al giorno d’oggi, un limite di richieste che il docente possa fare, con oggettivi motivi a supporto, per ottenere più volte l’aspettativa non retribuita durante la carriera; i limiti imposti in passato oggi non sono in vigore e la genericità della norma di riferimento lascia spazio sia ad una interpretazione estensiva , con il divieto solo di non avere due periodi di aspettativa continuativi (si considerano continuativi quando tra essi non intercorre un periodo di servizio attivo nella scuola di appartenenza superiore a 6 mesi), sia una interpretazione restrittiva che intende fruibile l’aspettativa solo una volta nell’arco della carriera lavorativa di un docente. Diversa è la natura degli articoli 36 e 59 del CCNL comparto scuola, invece. Essi prevedono che il personale docente e ATA possa accettare, nell’ambito del comparto scuola, contratti a tempo determinato di durata non inferiore a un anno, mantenendo senza assegni, complessivamente per tre anni, la titolarità della sede. Infatti, l’art. 18 (comma 3 terzo) offre al dipendente la possibilità di stipulare un contratto di lavoro con un soggetto privato o con un’altra amministrazione pubblica o con ente pubblico diverso dalle Istituzioni Scolastiche (non è possibile “andare in concorrenza” o creare “conflitti di interessi”, in buona sostanza). Come si evince da detti chiari precetti normativi, la possibilità di accettare una supplenza nello stesso comparto è espressamente prevista come unico riferimento dall’ art. 36 (personale docente) o art. 59 (personale ata), mentre non è possibile emettere decreti di aspettativa per supplenza sullo stesso comparto in riferimento all’art. 18. La norma prevede, infatti, il mantenimento per 3 anni, anche non consecutivi, della sede di titolarità. Ciò significa che il docente di ruolo potrà accettare incarichi anche per più di 3 anni ma in tal caso perderà la sede di titolarità, pur rimanendo titolare nella provincia in questione. Pertanto, il personale di ruolo che abbia accettato un rapporto di lavoro a tempo determinato, complessivamente per tre anni, anche non consecutivi, perde la titolarità della sede a partire dal 1° settembre dell’anno coincidente con la quarta accettazione di incarico a tempo determinato. A supporto di tale tesi è intervenuta l’ARAN, precisando con nota n. 386 del 26 febbraio 2004 che non rileva il fatto che il posto sia semplicemente disponibile (30 giugno) o sia vacante e disponibile (31 agosto). Lo scopo, infatti, è quello di tutelare la continuità dell’anno scolastico sotto il profilo organizzativo e didattico, pertanto ai sensi dell’art. 36 del CCNL il comparto scuola permette ai docenti già in ruolo di: “ Accettare rapporti di lavoro a tempo determinato in un diverso ordine o grado d’istruzione, o per altra classe di concorso, purché di durata non inferiore ad un anno mantenendo senza assegni, complessivamente per tre anni la titolarità della sede”. È importante evidenziare, inoltre, che l’accettazione di un incarico a tempo determinato ai sensi dell’art. 36 CCNL comporta per i docenti l’applicazione del regime contrattuale previsto dal contratto per i docenti a tempo determinato. Ne consegue che il docente avrà diritto allo stesso stipendio previsto per i docenti con contratto a tempo determinato con la conseguenza che sarà riconosciuto lo stipendio corrispondente alla prima fascia stipendiale. Infatti, per la durata della supplenza, il docente non usufruirà della retribuzione prevista per i docenti di ruolo (che tiene conto, della fascia stipendiale di appartenenza). Anche il personale ATA può accettare, nell'ambito del comparto scuola, contratti a tempo determinato di durata non inferiore ad un anno, mantenendo senza assegni, complessivamente per tre anni, la titolarità della sede (art. 59 stesso CCNL). Ed anche in questo caso l'accettazione dell'incarico comporta l'applicazione della relativa disciplina prevista per il personale assunto a tempo determinato, fatti salvi i diritti sindacali.

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Giacomo Piepoli
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