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Avvocato Giorgio Mannucci a Tivoli

Giorgio Mannucci

Avvocato Civilista

Informazioni generali

L’Avvocato Mannucci, iscritto all’Ordine degli Avvocati di Tivoli, svolge attività di consulenza e di assistenza giudiziale e stragiudiziale in favore di società, imprese, enti pubblici e privati, persone fisiche e giuridiche. L’attività di consulenza viene svolta attraverso un costante aggiornamento professionale con particolare attenzione alle esigenze della clientela.

Esperienza


Diritto commerciale e societario

Esperto nel contenzioso esecutivo (opposizioni a pignoramenti, aste immobiliari, ecc...) e in quello tributario (impugnazione cartelle esattoriali, multe, ecc...). Esperto nel comparto di consulenza societaria (redazione di atti e contratti, risoluzione delle controversie commerciali e di lavoro, sviluppo dell’attività strategica, assistenza nella partecipazione alle gare di appalto).


Altre categorie

Diritto di famiglia, Separazione, Eredità e successioni, Unioni civili, Divorzio, Matrimonio, Diritto civile, Fusioni e acquisizioni, Fallimento e proc. concorsuali, Diritto bancario e finanziario, Diritto assicurativo, Recupero crediti, Pignoramento, Contratti, Diritto tributario, Diritto del lavoro, Mobbing, Sicurezza ed infortuni sul lavoro, Licenziamento, Previdenza, Ricorso al TAR, Diritto condominiale, Locazioni, Sfratto, Diritto dei trasporti terrestri, Incidenti stradali, Multe e contravvenzioni, Tutela del consumatore, Malasanità e responsabilità medica, Diritto del turismo, Privacy e GDPR, Mediazione, Negoziazione assistita, Domiciliazioni.



Credenziali

Pubblicazione legale

Autovelox: multa annullabile se l’ente non fornisce la prova in giudizio della taratura periodica.

Pubblicato su IUSTLAB

Con una recente pronuncia del 26 settembre 2018 (ordinanza n. 22889), la Corte di Cassazione ha ribadito il principio dell’annullabilità del verbale di contestazione elevato per superamento dei limiti di velocità laddove l’ente non provi l’effettiva e periodica taratura dell’autovelox. In base alla richiamata ordinanza, l’ente dovrà dimostrare non solo la corretta installazione dello strumento di rilevamento della velocità ma dovrà allegare anche la prova delle verifiche periodiche dello strumento. Ad opinione degli Ermellini, soltanto l’effettiva taratura dello strumento consente di verificare la precisione e l’attendibilità dell’autovelox utilizzato. I giudici di legittimità hanno richiamato la sentenza della Corte Costituzionale n. 113/2015, nella quale la Corte aveva rilevato come l’assenza di verifiche periodiche di funzionamento e di taratura è suscettibile di pregiudicare l’affidabilità metrologica a prescindere dalle modalità di impiego delle apparecchiature destinate a rilevare la velocità. La Corte Costituzionale ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell’art. 45 comma 6 del codice della strada in riferimento all’art. 3 Cost. laddove non era previsto che tutte le apparecchiature impiegate nell’accertamento delle violazioni dei limiti di velocità siano sottoposte a verifiche periodiche di funzionalità e taratura. La stessa Corte ha stabilito che “I fenomeni di obsolescenza e deterioramento possono pregiudicare non solo l’affidabilità delle apparecchiature, ma anche la fede pubblica che si ripone in un settore di significativa rilevanza sociale, quale quello della sicurezza stradale.” Del resto, l’art. 142 comma 6 del codice della strada prevede espressamente che: “per la determinazione dell’osservanza dei limiti di velocità sono considerate fonti di prova le risultanze di apparecchiature debitamente omologate, (…) nonché le registrazioni del cronotachigrafo e di documenti relativi ai percorsi autostradali, come precisato nel regolamento”. Conseguentemente, la presunzione sull’affidabilità dell’apparecchiatura deve ritenersi superata ogniqualvolta l’ente non abbia effettuato le verifiche e le tarature periodiche sullo strumento. Avv. Giorgio Mannucci

Pubblicazione legale

E’ consentito avviare un’attività di B&B all’interno di un condominio?

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Il proprietario di un appartamento posto all’interno di un condominio può avviare un’attività di B&B? Se sì è necessaria l’approvazione degli altri condomini? Ed ancora, quali sono le limitazioni e i divieti posti dalla legge alle suddette attività? La risposta a tali interrogativi non può prescindere dall’esame delle recenti sentenze emesse dalla giurisprudenza di legittimità e di merito, che fissano in maniera chiara i limiti posti allo svolgimento dell’attività di B&B che negli ultimi anni ha letteralmente soppiantato la classica attività alberghiera. La giurisprudenza di legittimità è costante nel ritenere che le limitazioni all’uso degli appartamenti contenute nel regolamento di condominio devono essere espresse chiaramente o almeno devono risultare da una volontà desumibile inequivocabilmente, non potendo invece ricavarsi in via interpretativa alcuna limitazione aggiuntiva a quella espressamente prevista ( Cassaz., sentenze n. 24707/2014 e 19212/2016). Sulla scorta di tali sentenze, il Tribunale di Roma, con sentenza n. 18557/2016, ha stabilito come l’attività di affittacamere, laddove non sia stata espressamente vietata, non comporta un utilizzo diverso degli immobili da quello proprio delle civile abitazioni e pertanto lo svolgimento della suddetta attività non può di per sé ritenersi automaticamente lesivo per gli altri condomini. Ne consegue che per lo svolgimento dell’attività di affitta camere non è necessario un cambio di destinazione d’uso dell’immobile. Tuttavia, nella sentenza n. 19212/2016 della Suprema Corte di Cassazione è stato chiarito che l’unico vero e proprio limite all’esercizio di tali attività deve essere rappresentato da un divieto espresso in modo chiaro ed esplicito all’esercizio di tali attività contenuto nel regolamento di condominio. Ciò significa che tali clausole operano solo il regolamento è stato approvato all’unanimità dai condomini presenti nell’edificio o accettato con la sottoscrizione del rogito notarile con cui il costruttore ha fatto approvato approvare non solo il contratto, ma anche il regolamento. In senso conforme la Suprema Corte di Cassazione, con sentenza n. 22711 del 28 settembre 2017 , ha statuito che “il regolamento di condominio, allorché sia stato approvato da tutti i condomini, può vietare uno specifico utilizzo degli appartamenti oppure lo svolgimento di una specifica attività. Occorre però che in tale regolamento si faccia esplicito riferimento all’attività che si vuole vietare. In caso contrario l’attività è sempre consentita ” ed ancora “ affitto dell’appartamento come casa vacanze o per periodi saltuari non può essere vietato dal condominio in maniera generica”. Alla luce di tali pronunce, il Tribunale di Roma, con sentenza n. 6769 del 13 marzo 2018 , è tornato a pronunciarsi sull’argomento ritenendo che se il regolamento prevede espressamente e chiaramente il divieto di adibire i singoli appartamenti ad “esercizio di locanda o di affittacamere”, è vietato al singolo condomino la possibilità di svolgere l’attività di affittacamere e ciò a prescindere dalla molestia o dall’eventuale disturbo arrecato agli altri condomini. In buona sostanza, se il regolamento di condominio prevede espressamente una simile limitazione, è vietato per il singolo condomino svolgere l’attività di affittacamere e diventa del tutto irrilevante qualsiasi valutazione circa l’esistenza o meno di un disturbo al resto della compagine condominiale.

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Lo studio

Giorgio Mannucci
Via Di Villa Braschi N. 79/a
Tivoli (RM)