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Agenzia Entrate Riscossione e avvocati libero foro: ordinanza n. 2298 del 31 gennaio 2020

Scritto da: Giovanni Longo - Pubblicato su IUSTLAB

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Agenzia Entrate Riscossione e avvocati libero foro: ordinanza n. 2298 del 31 gennaio 2020. La Cassazione conferma l’orientamento che ADER non può avvalersi degli avvocati del libero foro.

L’Agenzia Delle Entrate Riscossione aveva trionfalmente comunicato la possibilità di avvalersi di avvocati del libero foro alla luce della sentenza delle Sezioni unite della Cassazione n. 30008 del 19 novembre 2019.

Ma subito dopo la Cassazione ha emesso l’ordinanza n. 2298 del 31 gennaio 2020, cercando di fare chiarezza.

Ad una attenta lettura, la richiamata sentenza ha affermato i seguenti principi: «impregiudicata la generale facoltà di avvalersi anche di propri dipendenti delegati davanti al tribunale ed al giudice di pace, per la rappresentanza e la difesa in giudizio l’Agenzia delle Entrate – Riscossione si avvale:

– dell’Avvocatura dello Stato nei casi previsti come ad essa riservati dalla convenzione con questa intervenuta (fatte salve le ipotesi di conflitto e, ai sensi dell’art. 43, comma 4, r.d. 30 ottobre 1933, n. 1933, di apposita motivata delibera da adottare in casi speciali e da sottoporre all’organo di vigilanza), oppure ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici, ovvero, in alternativa e senza bisogno di formalità, né della delibera prevista dal richiamato art. 43, comma 4, r.d. cit.,

– di avvocati del libero foro – nel rispetto degli articoli 4 e 17 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 e dei criteri di cui agli atti di carattere generale adottati ai sensi del comma 5 del medesimo art. 1 d.l. 193 del 2016 – in tutti gli altri casi ed in quelli in cui, pure riservati convenzionalmente all’Avvocatura erariale, questa non sia disponibile ad assumere il patrocinio»;

«quando la scelta tra il patrocinio dell’Avvocatura erariale e quello di un avvocato del libero foro discende dalla riconduzione della fattispecie alle ipotesi previste dalla Convenzione tra l’Agenzia e l’Avvocatura o di indisponibilità di questa ad assumere il patrocinio, la costituzione dell’Agenzia a mezzo dell’una o dell’altro postula necessariamente ed implicitamente la sussistenza del relativo presupposto di legge, senza bisogno di allegazione e di prova al riguardo, nemmeno nel giudizio di legittimità».

Precisato che il Protocollo d’intesa tra Avvocatura dello Stato e Agenzia delle Entrate-Riscossione, n. 36437 del 5 luglio 2017, prevede, in tema di «Contenzioso afferente l’attività di Riscossione», al punto 3.4.1, che l’Avvocatura assume il patrocinio dell’Ente nelle «liti innanzi alla Corte di Cassazione Civile e Tributaria», e che nella specie non vengono in rilievo «questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici», né è stato dedotto e provato che l’Avvocatura erariale non sia stata disponibile ad assumere il patrocinio, è imprescindibile la dichiarazione di inammissibilità del ricorso dell’ADER.

La Suprema Corte, è tornata sull’argomento con la sentenza n. 2298 del 31 gennaio 2020, “riaprendoo” la questione relativa alla costituzione del Riscossore con Avvocato del Libero Foro.

Alla luce dell’ultima pronuncia, quindi, e dopo la Cassazione Sezioni Unite n. 30008 del 19 novembre 2019, è ancora illegittima la costituzione dell’Ex-Equitalia se la convenzione tra Avvocatura e Agenzia delle Entrate-Riscossione prevede la difesa con l’Avvocatura e non vi sono un chiaro impedimento dell’Avvocatura.

In buona sostanza la Cass. n. 2298/2020 ha precisato: “Orbene, precisato che il Protocollo d’intesa tra Avvocatura dello Stato e Agenzia delle Entrate-Riscossione, n. 36437 del 5 luglio 2017, prevede, in tema di <<Contenzioso afferente l’attività di Riscossione>>, al punto 3.4.1, che l’Avvocatura assume il patrocinio dell’Ente nelle <<liti innanzi alla Corte di Cassazione Civile e Tributaria>>, e che nella specie non vengono in rilievo <<questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici>>, né è stato dedotto e provato che l’Avvocatura erariale non sia stata disponibile ad assumere il patrocinio, è imprescindibile la dichiarazione di inammissibilità del ricorso dell’ADER”.

Cass.-n.-2298-del-31-gennaio-2020


Avv. Giovanni Longo - Avvocato civilista tributarista

Giovanni Longo è un avvocato, arbitro e mediatore professionista D.M. 28/10. Accoglie i propri assistiti presso il suo Studio di Pisa, dove si avvale della collaborazione multidisciplinare di altri professionisti in diritto per svolgere consulenze ed assistenza legale. Lo Studio Legale dell’avv. Giovanni Longo si distingue per il suo dinamismo, la sua forza e la sua vitalità che permettono di instaurare una relazione con i clienti solida e sempre improntata alla fiducia ed al rispetto reciproco (come da omonimo sito internet studiolegalegiovannilongo).




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Esperienza


Brevetti

L'avv. Giovanni Longo si è occupato di numerose cause legate a marchi, brevetti e royalties presso il Tribunale di Firenze, sez. specializzata Imprese.


Marchi

L'avv. Giovanni Longo si è occupato di numerose cause legate a marchi, brevetti e royalties presso il Tribunale di Firenze, sez. specializzata Imprese.


Incapacità giuridica

L'avv. Giovanni Longo ha assunto decine di incarichi come a.d.s. e tutore, ampio conoscitore della materia. Disponibile ad assistere sia il beneficario sia i famigliari nella redazione del ricorso, che eventualmenrte a sostenere l'a.d.s. negli adempimenti successivi.


Altre categorie:

Investimenti, Diritto tributario, Incidenti stradali, Tutela del consumatore, Diritto del turismo, Tutela degli anziani, Arbitrato, Diritto civile, Diritto di famiglia, Eredità e successioni, Unioni civili, Separazione, Divorzio, Usura, Diritto assicurativo, Recupero crediti, Pignoramento, Contratti, Diritto condominiale, Malasanità e responsabilità medica, Diritto dello sport, Mediazione, Diritto bancario e finanziario, Multe e contravvenzioni, Cassazione, Matrimonio, Locazioni, Sfratto, Negoziazione assistita, Gratuito patrocinio, Domiciliazioni, Diritto del lavoro, Mobbing, Sicurezza ed infortuni sul lavoro, Licenziamento, Previdenza, Diritto sindacale, Diritto immobiliare, Diritto ambientale, Risarcimento danni.


Referenze

Pubblicazione legale

Brevetto e royalties: all’inventore spetta il 50% dei proventi.

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Brevetto e royalties: all’inventore spetta il 50% dei proventi. E’ quanto stabilito dal Tribunale di Pisa, con la sentenza n. 93 del 2019 che ha posto fine ad una lunga diatriba sorta fra il C.N.R. ed il suo dipendente/inventore. A seguito di una invenzione oggetto di brevetto, ed alla vendita della licenza ad un terzo, il datore di lavoro ha inteso riconoscere all’inventore la minor somma del 20%, anziché quella del 50% a titolo di equo premio di quanto ricavato dalla vendita del brevetto stesso. Solo successivamente all’invenzione, il C.N.R. in data 30.11.2013 ha pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale – Serie Generale – n. 281 il provvedimento del C.N.R. del 14.11.13, n. 122 “ Regolamento per la generazione, gestione e valorizzazione della Proprietà Intellettuale sui risultati della ricerca del C.N.R. ”, il quale entrando in vigore “ il giorno successivo alla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale ” (art. 29, comma 3) ha previsto all’art. 27 un compenso all’inventore pari al 50% del ricavato della vendita del brevetto, ma parimenti non ha inteso corrispondere neppure per gli anni successivi all’entrata in vigore del Regolamento il 50%. L’inventore ha pertanto richiesto la condanna del datore a pagare la differenza fra quanto versato (20%) e quanto a lui spettante (50%). L’inventore ha sostenuto che l’emanazione di tale Regolamento è servito per ridurre il percentile dal 70% previsto dalla norma al 50%; a far data dall’entrata in vigore del C.P.I. (anno 2001) infatti, ai sensi e per gli effetti dell’art. 65 C.P.I., all’inventore spetterebbe un premio pari al 70% (la norma parla di 30% per Università e Pubbliche Amministrazioni in mancanza di adeguamento entro il limite del 50%) a meno che l’Ente non provveda a ridurre detto percentile, entro il limite del 50% con proprio provvedimento ; orbene il provvedimento adottato dal C.N.R. è del 01.12.2013 con la conseguenza che sino a detto momento il percentile previsto per Legge sarebbe stato pari al 70% e dopo tale data pari al 50%. Il Tribunale ha emesso la sentenza n. 93/2019, dando ragione all’inventore, statuendo: “ Nel merito, si osserva che a mente dell’art. 65 del Codice della Proprietà Industriale (D. lgs. 30/2005), “ …quando il rapporto di lavoro intercorre con un’università o con una pubblica amministrazione, avente tra i suoi scopi istituzionali finalità di ricerca, il ricercatore è titolare esclusivo dei diritti derivanti dall’invenzione brevettabile di cui è autore… ” (comma 1) e soprattutto che “ In ogni caso, l’inventore ha diritto a non meno del cinquanta per cento dei proventi o dei canoni di sfruttamento dell’invenzione…” (comma 3). Di ciò è perfettamente consapevole il CNR che infatti con il provvedimento del 14.11.2013, n. 122 si è adeguato al riconoscimento della più favorevole percentuale del 50%, benché la difesa dell’opponente ritenga comunque di poter delimitare nel tempo il riconoscimento della maggiore percentuale del 50%, rispetto a quella del 20% sono ad allora riconosciuta, con l’argomento che “ il regolamento utilizzando la invero non perspicua espressione “procedure in corso” – di cui all’art. 29 delle disposizioni finali di cui al regolamento . non ha certamente inteso assoggettare alla “nuova Regola” il trattamento del premio per periodi di utilizzazione già decorsi, semplicemente ha inteso evitare la altrimenti possibile (e legittima ove non vi fosse stata la previsione dell’art. 29) conclusione che l’aumento del premio al 50% trovasse applicazione solo per le invenzioni successive alla entrata in vigore del Regolamento stesso (a fine 2013) valorizzate e gestite secondo le nuove previsioni, e non anche alle invenzioni precedenti, già valorizzate secondo il regime precedente in corso di sfruttamento ”. Detto argomento non è condivisibile, a fronte della norma di legge (ovviamente sopra-ordinata rispetto al provvedimento del CNR, non autorizzato a derogare, sul punto, alla legge) secondo cui “In ogni caso, l’inventore ha diritto a non meno del cinquanta per cento dei proventi o dei canoni di sfruttamento dell’invenzione…”. Norma che risale ad epoca precedente l’utilizzazione economica del brevetto e dunque applicabile nella fattispecie. Ne deriva che, atteso l’assorbimento delle minori somma che il CNR ritiene non dovute (in ragione della asserita diversa periodicità di maturazione del diritto) in quella di gran lunga maggiori che al ricorrente spetterebbero a mente della citata norma di legge, l’argomento difensivo del CNR è infondato anche sotto tale aspetto ”. Trib. Pisa sent. 93 2019

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Recesso: casi un cui è possibile esercitarlo.

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Recesso: casi un cui è possibile esercitarlo. Potrà essere esercitato soltanto per i CONTRATTI A DISTANZA E/O NEGOZIATI FUORI DAI LOCALI COMMERCIALI (Codice del Consumo Tit. III Capo. I, sez. II) Nel contratto a distanza i due soggetti non sono fisicamente presenti, ma il contratto può avvenire tramite internet, telefono, eccetera. Per tale motivo è prevista una tutela maggiore per il consumatore (diritto di recesso o c.d. “ripensamento”). La norma esclude da tale tipologia alcuni contratti, fra i quali: servizi finanziari, soggetti ad una regolamentazione specifica contratti conclusi tramite distributori automatici (immediata visibilità del bene) contratti con operatori telecomunicazioni, impiegando telefoni pubblici contratti relativi a costruzione o vendita o altri diritti reali beni immobili con esclusione delle locazioni contratti conclusi in occasione di vendite all’asta. Il diritto di recesso è applicabile soltanto per i contratti conclusi a distanza e solo dopo che è stata fornita dal venditore la documentazione, non si applica quindi se il cittadino acquista un bene, per esempio, in un negozio. Se il venditore non esegue la prestazione entro 30 gg dovrà informare il consumatore che potrà o recedere e riavere i soldi indietro o pattuire una diversa fornitura. Le norme sul diritto di recesso non si applicano per: contratti di generi alimentari, bevande contratti relativi ad alloggio, trasporti, ristorazione, tempo libero per un periodo stabilito se il prezzo è soggetto a fluttuazione che il venditore non può controllare quando la fornitura è iniziata col consenso del consumatore beni su misura o personalizzati o che si possono deteriorare fornitura di giornali, periodici, riviste fornitura prodotti audiovisivi software sigillati ed aperti dal consumatore. NON E’ CONSENTITO IL DIRITTO DI RECESSO nei contratti last minute, e autonoleggio Easy Car Limited noleggio auto con servizio di prenotazione via internet. Il diritto di recesso o “ripensamento”, può essere esercitato senza specificare il motivo, e senza pagare nulla, purchè venga fatto per scritto ed esercitato entro 14 gg per i beni: dalla data del ricevimento per servizi: dalla data di conclusione del contratto Se venditore non ha ottemperato ai propri doveri informativi, i 14 gg. decorreranno da tale data. Gli effetti: Se il bene è già stato consegnato, il consumatore DEVE restituire il bene entro 10 gg. con spese a carico del consumatore; il venditore dovrà restituire le somme entro 14 gg. Sono nulle le clausole che limitano la restituzione dei denari in caso di recesso Se l’acquisto è sorretto da un finanziamento, esercitato il recesso decade anche questo (mutuo di scopo, contratto collegato)

Pubblicazione legale

Pignoramento presso terzi ex art. 72 bis D.P.R. 602/73.

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Pignoramento presso terzi ex art. 72 bis D.P.R. 602/73. Procedura esecutiva presso terzi da parte dell’Agenzia delle Entrate Riscossione: dubbi sulla legittimità del pignoramento di un credito vantato dal cittadino non già nei confronti di un terzo, bensì nei confronti della stessa creditrice procedente. Il cittadino ha ricevuto un “anomalo” atto di pignoramento dei crediti presso terzi (ex art. 72 bis D.P.R. 602/73) da parte dell’Agenzia delle Entrate Riscossione per un asserito debito da lui contratto e presente in una cartella. Con tale atto l’Agenzia delle Entrate Riscossione ordina al terzo pignorato (che è sé stessa), di pagare le somme di denaro relative a delle spese di giudizio derivanti da una sentenza di cui era creditore proprio l’asserito debitore. Il cittadino ha evidenziato l’identità fra creditore e terzo pignorato: per tale motivo ha invocato la nullità dello strumento giuridico adottato. L’atto di pignoramento qualificato “presso terzi”, non può tecnicamente e giuridicamente qualificarsi quale pignoramento “presso terzi” in quanto l’asserito creditore ed il terzo pignorato sono lo stesso soggetto, titolare di identica partita iva. Quindi manca un soggetto che possa qualificarsi come “terzo”. In pratica l’Agenzia delle Entrate utilizzando “arbitrariamente” lo strumento “casalingo e stragiudiziale” lei riconosciuto dall’art. 72 bis del D.P.R. 602/1973 si è inventata « un assurdo e illogico pignoramento presso sé stessa delle somme », intendendo auto-pignorarsi delle somme e di cui è creditore il cittadino, senza che nessun organo esterno e terzo possa controllare l’operato del creditore e del terzo che nel caso di specie…coincidono. Ciò manifesta un patente conflitto di interessi. Nel caso in cui l’Agenzia delle Entrate avesse voluto “compensare” le poste di debito/credito fra le parti, avrebbe dovuto al limite introdurre un ordinario giudizio di cognizione, al fine di far accertare le poste del dare/avere. La condotta tenuta potrebbe integrare il reato di abuso di potere, violazione di norme imperative. che dispongono la sospensione immediata della riscossione. Inoltre l’atto di pignoramento notificato ai sensi dell’art. 72 bis D.P.R. n. 602/73 avrebbe dovuto, a pena di nullità, contenere l’espressa indicazione che “ contro il presente atto sono ammesse le opposizioni di cui agli artt. 615, 617 e 619 c.p.c., fatte salve le limitazioni e le modalità previste dagli artt. 57 e 58 del D.P.R. 29.9.73, n. 602 e dall’art. 29 del D. Lgs. 26.2.99, n. 46 ”. Ebbene, nel caso di specie, tale fondamentale informazione non è stata riportata. Il cittadino ha allora proposto una opposizione agli atti ed all’esecuzione, ed il Giudice delle Esecuzioni ha sospeso preliminarmente evidenziando come la procura rilasciata al difensore, mancando degli elementi essenziali e stabiliti dalla legge, deve considerarsi invalida, oltre che dubitare fortemente circa la legittimità dell’intrapresa procedura esecutiva presso terzi, in cui è stato pignorato un credito vantato dal cittadino non già nei confronti di un terzo, bensì nei confronti della stessa creditrice procedente. ordinanza

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Pisa (PI)

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