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Brevetto e royalties: all’inventore spetta il 50% dei proventi.

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Pubblicazione legale:

 

Brevetto e royalties: all’inventore spetta il 50% dei proventi.

E’ quanto stabilito dal Tribunale di Pisa, con la sentenza n. 93 del 2019 che ha posto fine ad una lunga diatriba sorta fra il C.N.R. ed il suo dipendente/inventore.

A seguito di una invenzione oggetto di brevetto, ed alla vendita della licenza ad un terzo, il datore di lavoro ha inteso riconoscere all’inventore la minor somma del 20%, anziché quella del 50% a titolo di equo premio di quanto ricavato dalla vendita del brevetto stesso.

Solo successivamente all’invenzione, il C.N.R. in data 30.11.2013 ha pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale – Serie Generale – n. 281 il provvedimento del C.N.R. del 14.11.13, n. 122 “Regolamento per la generazione, gestione e valorizzazione della Proprietà Intellettuale sui risultati della ricerca del C.N.R.”, il quale entrando in vigore “il giorno successivo alla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale” (art. 29, comma 3) ha previsto all’art. 27 un compenso all’inventore pari al 50% del ricavato della vendita del brevetto, ma parimenti non ha inteso corrispondere neppure per gli anni successivi all’entrata in vigore del Regolamento il 50%.

L’inventore ha pertanto richiesto la condanna del datore a pagare la differenza fra quanto versato (20%) e quanto a lui spettante (50%).

L’inventore ha sostenuto che l’emanazione di tale Regolamento è servito per ridurre il percentile dal 70% previsto dalla norma al 50%; a far data dall’entrata in vigore del C.P.I. (anno 2001) infatti, ai sensi e per gli effetti dell’art. 65 C.P.I., all’inventore spetterebbe un premio pari al 70% (la norma parla di 30% per Università e Pubbliche Amministrazioni in mancanza di adeguamento entro il limite del 50%) a meno che l’Ente non provveda a ridurre detto percentile, entro il limite del 50% con proprio provvedimento; orbene il provvedimento adottato dal C.N.R. è del 01.12.2013 con la conseguenza che sino a detto momento il percentile previsto per Legge sarebbe stato pari al 70% e dopo tale data pari al 50%.

Il Tribunale ha emesso la sentenza n. 93/2019, dando ragione all’inventore, statuendo: “Nel merito, si osserva che a mente dell’art. 65 del Codice della Proprietà Industriale (D. lgs. 30/2005), “ …quando il rapporto di lavoro intercorre con un’università o con una pubblica amministrazione, avente tra i suoi scopi istituzionali finalità di ricerca, il ricercatore è titolare esclusivo dei diritti derivanti dall’invenzione brevettabile di cui è autore…” (comma 1) e soprattutto che “In ogni caso, l’inventore ha diritto a non meno del cinquanta per cento dei proventi o dei canoni di sfruttamento dell’invenzione…” (comma 3). Di ciò è perfettamente consapevole il CNR che infatti con il provvedimento del 14.11.2013, n. 122 si è adeguato al riconoscimento della più favorevole percentuale del 50%, benché la difesa dell’opponente ritenga comunque di poter delimitare nel tempo il riconoscimento della maggiore percentuale del 50%, rispetto a quella del 20% sono ad allora riconosciuta, con l’argomento che “il regolamento utilizzando la invero non perspicua espressione “procedure in corso” – di cui all’art. 29 delle disposizioni finali di cui al regolamento . non ha certamente inteso assoggettare alla “nuova Regola” il trattamento del premio per periodi di utilizzazione già decorsi, semplicemente ha inteso evitare la altrimenti possibile (e legittima ove non vi fosse stata la previsione dell’art. 29) conclusione che l’aumento del premio al 50% trovasse applicazione solo per le invenzioni successive alla entrata in vigore del Regolamento stesso (a fine 2013) valorizzate e gestite secondo le nuove previsioni, e non anche alle invenzioni precedenti, già valorizzate secondo il regime precedente in corso di sfruttamento”. Detto argomento non è condivisibile, a fronte della norma di legge (ovviamente sopra-ordinata rispetto al provvedimento del CNR, non autorizzato a derogare, sul punto, alla legge) secondo cui “In ogni caso, l’inventore ha diritto a non meno del cinquanta per cento dei proventi o dei canoni di sfruttamento dell’invenzione…”. Norma che risale ad epoca precedente l’utilizzazione economica del brevetto e dunque applicabile nella fattispecie. Ne deriva che, atteso l’assorbimento delle minori somma che il CNR ritiene non dovute (in ragione della asserita diversa periodicità di maturazione del diritto) in quella di gran lunga maggiori che al ricorrente spetterebbero a mente della citata norma di legge, l’argomento difensivo del CNR è infondato anche sotto tale aspetto”.

Trib. Pisa sent. 93 2019


Avv. Giovanni Longo - Avvocato civilista tributarista

Giovanni Longo è un avvocato, arbitro e mediatore professionista D.M. 28/10. Accoglie i propri assistiti presso il suo Studio di Pisa, dove si avvale della collaborazione multidisciplinare di altri professionisti in diritto per svolgere consulenze ed assistenza legale. Lo Studio Legale dell’avv. Giovanni Longo si distingue per il suo dinamismo, la sua forza e la sua vitalità che permettono di instaurare una relazione con i clienti solida e sempre improntata alla fiducia ed al rispetto reciproco (come da omonimo sito internet studiolegalegiovannilongo).




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Esperienza


Tutela del consumatore

L’avvocato Giovanni Longo è stato il fondatore nell’anno 2000 delle sede provinciale di Pisa della Confconsumatori, associazione libera ed indipendente da partiti, sindacati, categorie economiche e pubblica amministrazione a favore dei consumatori ed utenti; attualmente vi collabora come legale esterno, coltivando la sua passione e mettendo a disposizione le sue ampie conoscenze legate alla materia consumeristica.


Incapacità giuridica

L'avv. Giovanni Longo ha assunto decine di incarichi come a.d.s. e tutore, ampio conoscitore della materia. Disponibile ad assistere sia il beneficario sia i famigliari nella redazione del ricorso, che eventualmenrte a sostenere l'a.d.s. negli adempimenti successivi.


Investimenti

L'avv. Giovanni Longo, essendo legato al mondo consumeristico si è interessato assiduamente a problematiche legate al diritto bancario e dell'intermedizione finziaria, avendo seguito numerosi filoni e curato decine di cause legate ai crack Parmalati, Cirio Finpart, Argentina Vicenza, MPS, derivati, diamanti, Fondo Obelisco, Polizze Index, Buoni Fruttiferi Postali, eccetera.


Altre categorie:

Diritto tributario, Incidenti stradali, Diritto del turismo, Tutela degli anziani, Arbitrato, Diritto civile, Diritto di famiglia, Eredità e successioni, Unioni civili, Separazione, Divorzio, Brevetti, Marchi, Usura, Diritto assicurativo, Recupero crediti, Pignoramento, Contratti, Diritto condominiale, Malasanità e responsabilità medica, Diritto dello sport, Mediazione, Diritto bancario e finanziario, Multe e contravvenzioni, Cassazione, Matrimonio, Locazioni, Sfratto, Negoziazione assistita, Gratuito patrocinio, Domiciliazioni, Diritto del lavoro, Mobbing, Sicurezza ed infortuni sul lavoro, Licenziamento, Previdenza, Diritto sindacale, Diritto immobiliare, Diritto ambientale, Risarcimento danni.


Referenze

Pubblicazione legale

Recesso: casi un cui è possibile esercitarlo.

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Recesso: casi un cui è possibile esercitarlo. Potrà essere esercitato soltanto per i CONTRATTI A DISTANZA E/O NEGOZIATI FUORI DAI LOCALI COMMERCIALI (Codice del Consumo Tit. III Capo. I, sez. II) Nel contratto a distanza i due soggetti non sono fisicamente presenti, ma il contratto può avvenire tramite internet, telefono, eccetera. Per tale motivo è prevista una tutela maggiore per il consumatore (diritto di recesso o c.d. “ripensamento”). La norma esclude da tale tipologia alcuni contratti, fra i quali: servizi finanziari, soggetti ad una regolamentazione specifica contratti conclusi tramite distributori automatici (immediata visibilità del bene) contratti con operatori telecomunicazioni, impiegando telefoni pubblici contratti relativi a costruzione o vendita o altri diritti reali beni immobili con esclusione delle locazioni contratti conclusi in occasione di vendite all’asta. Il diritto di recesso è applicabile soltanto per i contratti conclusi a distanza e solo dopo che è stata fornita dal venditore la documentazione, non si applica quindi se il cittadino acquista un bene, per esempio, in un negozio. Se il venditore non esegue la prestazione entro 30 gg dovrà informare il consumatore che potrà o recedere e riavere i soldi indietro o pattuire una diversa fornitura. Le norme sul diritto di recesso non si applicano per: contratti di generi alimentari, bevande contratti relativi ad alloggio, trasporti, ristorazione, tempo libero per un periodo stabilito se il prezzo è soggetto a fluttuazione che il venditore non può controllare quando la fornitura è iniziata col consenso del consumatore beni su misura o personalizzati o che si possono deteriorare fornitura di giornali, periodici, riviste fornitura prodotti audiovisivi software sigillati ed aperti dal consumatore. NON E’ CONSENTITO IL DIRITTO DI RECESSO nei contratti last minute, e autonoleggio Easy Car Limited noleggio auto con servizio di prenotazione via internet. Il diritto di recesso o “ripensamento”, può essere esercitato senza specificare il motivo, e senza pagare nulla, purchè venga fatto per scritto ed esercitato entro 14 gg per i beni: dalla data del ricevimento per servizi: dalla data di conclusione del contratto Se venditore non ha ottemperato ai propri doveri informativi, i 14 gg. decorreranno da tale data. Gli effetti: Se il bene è già stato consegnato, il consumatore DEVE restituire il bene entro 10 gg. con spese a carico del consumatore; il venditore dovrà restituire le somme entro 14 gg. Sono nulle le clausole che limitano la restituzione dei denari in caso di recesso Se l’acquisto è sorretto da un finanziamento, esercitato il recesso decade anche questo (mutuo di scopo, contratto collegato)

Pubblicazione legale

Diritti del consumatore: garanzia legale e rimedi

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Diritti dei consumatore. Il diritto di garanzia legale regola (negli artt. 128 e ss. del Codice del Consumo) le pretese che l’acquirente può vantare nei confronti del venditore in seguito alla consegna di un prodotto difettoso o dalle caratteristiche non conformi a quanto previsto nel contratto. Si tratta di disposizioni di legge – irrinunciabili – che trovano applicazione unicamente ai cosiddetti contratti di consumo , stipulati tra consumatori e operatori professionali e aventi ad oggetto la compravendita di beni di consumo . A questa tipologia vengono equiparati anche i contratti di permuta e di somministrazione, nonché quelli di appalto, di opera e tutti gli altri contratti comunque attinenti alla fornitura di beni di consumo che vengono prodotti (cioè tutte le cose mobili ad eccezione di quelle oggetto di vendita forzata o venduti secondo altre modalità dalle autorità giudiziarie; acqua e gas, se non in contenitori che permettano di conoscerne il volume o la quantità; energia elettrica). Il venditore è quindi tenuto a consegnare all’acquirente solo i prodotti che corrispondono alle caratteristiche previste dal contratto di compravendita. In tal caso si parla di conformità contrattuale . Determinati requisiti dei prodotti sono indice della loro conformità contrattuale: idoneità all’uso normalmente previsto per beni dello stesso tipo; rispondenza del prodotto alle caratteristiche riportate nella descrizione del venditore, o a quelle del prodotto già consegnato in prova o sotto forma di campione al consumatore; effettiva presenza di qualità o prestazioni propri di prodotti dello stesso tipo e che il consumatore si attende verosimilmente sulla scorta della normale esperienza o sulla base delle espressioni riportate nella pubblicità o nell’etichettatura da parte del venditore o del produttore; idoneità ad un particolare uso desiderato dal consumatore e portato a conoscenza del venditore al momento della conclusione del contratto e che il venditore abbia accettato. Il diritto di garanzia non viene riconosciuto nel caso di vizi ben noti al consumatore nel momento dell’acquisto o comunque così evidenti da non poter essere occultati. L’art. 128 Codice del Consumo, prevede: Il presente capo disciplina taluni aspetti dei contratti di vendita e delle garanzie concernenti i beni di consumo. A tali fini ai contratti di vendita sono equiparati i contratti di permuta e di somministrazione nonche’ quelli di appalto, di opera e tutti gli altri contratti comunque finalizzati alla fornitura di beni di consumo da fabbricare o produrre. Ai fini del presente capo si intende per: a) beni di consumo : qualsiasi bene mobile, anche da assemblare, tranne: 1) i beni oggetto di vendita forzata o comunque venduti secondo altre modalita’ dalle autorita’ giudiziarie, anche mediante delega ai notai; 2) l’acqua e il gas, quando non confezionati per la vendita in un volume delimitato o in quantita’ determinata; 3) l’energia elettrica; b) venditore: qualsiasi persona fisica o giuridica pubblica o privata che, nell’esercizio della propria attivita’ imprenditoriale o professionale, utilizza i contratti di cui al comma 1; c) garanzia convenzionale ulteriore : qualsiasi impegno di un venditore o di un produttore, assunto nei confronti del consumatore senza costi supplementari, di rimborsare il prezzo pagato, sostituire, riparare, o intervenire altrimenti sul bene di consumo, qualora esso non corrisponda alle condizioni enunciate nella dichiarazione di garanzia o nella relativa pubblicita’; d) riparazione: nel caso di difetto di conformita’, il ripristino del bene di consumo per renderlo conforme al contratto di vendita. Le disposizioni del presente capo si applicano alla vendita di beni di consumo usati , tenuto conto del tempo del pregresso utilizzo, limitatamente ai difetti non derivanti dall’uso normale della cosa. Molto importante è la conoscenza del successivo art. 130, il quale disciplina i diritti del consumatore: Il venditore e’ responsabile nei confronti del consumatore per qualsiasi difetto di conformita’ esistente al momento della consegna del bene. In caso di difetto di conformita’, il consumatore ha diritto al ripristino, senza spese , della conformita’ del bene mediante riparazione o sostituzione , a norma dei commi 3, 4, 5 e 6, ovvero ad una riduzione adeguata del prezzo o alla risoluzione del contratto, conformemente ai commi 7, 8 e 9. Il consumatore puo’ chiedere, a sua scelta, al venditore di riparare il bene o di sostituirlo , senza spese in entrambi i casi, salvo che il rimedio richiesto sia oggettivamente impossibile o eccessivamente oneroso rispetto all’altro. Ai fini di cui al comma 3 e’ da considerare eccessivamente oneroso uno dei due rimedi se impone al venditore spese irragionevoli in confronto all’altro, tenendo conto: a) del valore che il bene avrebbe se non vi fosse difetto di conformita’; b) dell’entita’ del difetto di conformita’; c) dell’eventualita’ che il rimedio alternativo possa essere esperito senza notevoli inconvenienti per il consumatore. Le riparazioni o le sostituzioni devono essere effettuate entro un congruo ternine dalla richiesta e non devono arrecare notevoli inconvenienti al consumatore , tenendo conto della natura del bene e dello scopo per il quale il consumatore ha acquistato il bene. Le spese di cui ai commi 2 e 3 si riferiscono ai costi indispensabili per rendere conformi i beni, in particolare modo con riferimento alle spese effettuate per la spedizione, per la mano d’opera e per i materiali. Il consumatore puo’ richiedere, a sua scelta, una congrua riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto ove ricorra una delle seguenti situazioni: a) la riparazione e la sostituzione sono impossibili o eccessivamente onerose; b) il venditore non ha provveduto alla riparazione o alla sostituzione del bene entro il termine congruo di cui al comma 5; c) la sostituzione o la riparazione precedentemente effettuata ha arrecato notevoli inconvenienti al consumatore. Nel determinare l’importo della riduzione o la somma da restituire si tiene conto dell’uso del bene. Dopo la denuncia del difetto di conformita’, il venditore puo’ offrire al consumatore qualsiasi altro rimedio disponibile, con i seguenti effetti: a) qualora il consumatore abbia gia’ richiesto uno specifico rimedio, il venditore resta obbligato ad attuarlo, con le necessarie conseguenze in ordine alla decorrenza del termine congruo di cui al comma 5, salvo accettazione da parte del consumatore del rimedio alternativo proposto; b) qualora il consumatore non abbia gia’ richiesto uno specifico rimedio, il consumatore deve accettare la proposta o respingerla scegliendo un altro rimedio ai sensi del presente articolo. Un difetto di conformita’ di lieve entita’ per il quale non e’ stato possibile o e’ eccessivamente oneroso esperire i rimedi della riparazione o della sostituzione, non da’ diritto alla risoluzione del contratto.

Pubblicazione legale

Diamanti: possibili rimedi.

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Diamanti: breve excursus della vicenda. Per quanto riguarda la nota questione delle vendita dei diamanti è chiaro come i clienti hanno riposto fiducia nei dipendenti della banca, i quali hanno prospettato loro tale acquisto come una forma alternativa di investimento, in pietre preziose, non spiegando che si trattava di investimenti in prodotti finanziari illiquidi, strutturati e rischiosi. La pubblicità posta in essere dalla fallita Intermarket Diamond Businnes S.p.a. e il documento di informativa per l’acquisto dei diamanti consegnato recitavano però: “l’investimento in diamanti, per sua natura, non persegue finalita’ speculative nel breve termine, ma conservative nel lungo periodo, tendenti a tutelare il potere di acquisto della somma utilizzata.” …la Intermarket Diamond Businness garantisce al cliente, in ogni momento, l’assistenza per il ricollocamento dei diamanti acquistati… cio’ nella massima trasparenza, facendo riferimento alle quotazioni pubblicate trimestralmente dall’azienda su ‘Il Sole 24 ore’ utilizzate sia per l’acquisto che per la rivendita.” … il ricollocamento ha un costo per commissioni. le percentuali sono inversamente variabili alla durata dell’investimento; tanto piu’ basse quanto piu’ perdura il possesso. una scelta coerente con la natura conservativa dell’investimento e finalizzata a scoraggiare i disinvestimenti nel breve periodo ed evitare la tendenza ad operazioni speculative”. Sempre dal sito di Intermarket Diamond Businness si leggeva: “ Come a tutti noto, il mercato del diamante da investimento venduto pel tramite del canale bancario è stato oggetto di una importante campagna mediatica di discredito, che ha indotto grave turbativa del mercato e che ha spinto gli acquirenti a valutare il proprio acquisto come avvenuto a prezzo incongruo ed effettuato con modalità di scarsa trasparenza e di non adeguata informazione da parte degli operatori interessati. Questa percezione, da parte dell’acquirente, ha determinato un eccesso di offerta che, a fronte di una domanda bloccata dallo screditamento mediati co, ha impedito nell’ultimo anno ogni possibilità di disinvestimento da parte degli acquirenti. Circostanza, questa, che ha aggravato la percezione negativa: si è così creato, nell’opinione pubblica, un clima di allarme.”. Ed ancora: “Ma proprio a seguito di questa campagna, il mercato dei diamanti è stato travolto da un vero e proprio shock e sta vivendo, oggi, la stessa situazione che ha attraversato il mercato immobiliare all’indomani della cosiddetta “bolla immobiliare”: un giorno qualcuno grida che i prezzi degli immobili sono gonfiati, si diffonde il panico, si crea un’ondata di vendite. Nessuno, in una situazione simile, è disposto a comprare: ne conseguono discesa dei prezzi e difficoltà a vendere. Vale sia per gli immobili che per i diamanti. La difficoltà a vendere ha un’immediata conseguenza: chi vuole vendere oggi un diamante trova acquirenti solo tra gli speculatori. Da questa constatazione nasce il consiglio che IDB dà a tutti i possessori di diamanti: se non avete urgenze particolari, è meglio aspettare a vendere, aspettare soprattutto che il mercato abbia riassorbito lo shock subìto e che sia tornato alla normalità. Un altro consiglio: se si vuol capire quale sia il valore del proprio diamante (senza gli importanti servizi offerti da IDB), il prezzo non va chiesto allo speculatore disposto a comprarvelo oggi, nel mezzo della peggior crisi che il diamante abbia attraversato in Italia; è meglio andare da un operatore serio a chiedere a quanto si potrebbe comprare un diamante identico a quello posseduto” . E’ palese la violazione delle norme del TUIF da parte dei soggetti collocatori ed il buon diritto dei consumatori che sono rimasti invischiati in questo spiacevole acquisto a poter tentare di recuperare i denari spesi, anche alla luce delle pronunce dell’Autorità Garante. AGCOM PS10678_scorrsanz._omi AGCOM PS10677_scorrsanz_omi

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Lo studio

Giovanni Longo
Lungarno Bruno Buozzi 13
Pisa (PI)

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