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Fondo Obelisco e Fondo Europa Immobiliare.

Scritto da: Giovanni Longo - Pubblicato su IUSTLAB

Pubblicazione legale:

 

Fondo Obelisco e Fondo Europa Immobiliare: A.C.F. Arbitrato per le Controversie Finanziarie risarcisce il consumatore.

Il consumatore ha interessato l’ACF Arbitrato per le Controversi Finanziarie, rappresentando di essere stato indotto dal proprio Ufficio Postale a sottoscrivere delle quote del Fondo Europa Immobiliare 1, e del Fondo Obelisco.

Il consumatore rappresentava di essere inesperto in materia finanziaria, e di essere stato indotto ad investire tutti i suoi risparmi nei fondi suindicati qualificandoli come “sicuri, a breve termine e adatti anche a delle persone anziane”;

Secondo il consumatore, l’Intermediario non avrebbe adempiuto ai prescritti obblighi informativi sia nella fase di profilatura che in quella di comunicazione delle informazioni relative agli strumenti finanziari di che trattasi, né avrebbe correttamente valutato l’appropriatezza/adeguatezza delle operazioni concluse che, in violazione dell’art. 29, comma 1, del Regolamento Consob n. 11522/1998, allora vigente, risultavano essere inadeguate al profilo degli investitori, sia per età che per conoscenza ed esperienza; che la “dichiarazione resa dal cliente su un modulo predisposto dalla bancae da lui sottoscritto, in ordine alla propria consapevolezza […] di certo non può costituire dichiarazione confessoria in quanto è rivolta alla formulazione di un giudizio e non all’affermazione di scienza e verità di un fatto obiettivo” con l’effetto che l’Intermediario “ha approfittato della buona fede [dei coniugi, fuorviati] da una prospettiva di guadagno spacciata per sicura, ha investito la totalità del proprio patrimonio in investimenti finanziari in modo del tutto inconsapevole e disinformato”.

L’Intermediario ha svolto le proprie difese rilevando: di aver svolto nel caso di specie unicamente il ruolo di collocatore delle quote del fondo, rimanendo, dunque, estraneo all’attività di acquisto e gestione degli immobili di riferimento, oltre che di valorizzazione e liquidazione del patrimonio, di competenza della SGR; che la tipologia d’investimento espone ai rischi di possibili variazioni del valore della quota in relazione all’andamento dei mercati immobiliari e degli altri strumenti che compongono il Fondo, nonché all’evoluzione economico-finanziaria, politica-valutaria dei Paesi nei quali gli investimenti sono effettuati e che il diritto al rimborso delle quote viene riconosciuto ai partecipanti solo a scadenza della durata dei rispettivi Fondi o al momento della loro liquidazione; pertanto, per il Fondo Obelisco non sarebbe possibile ad oggi pronunciare determinazioni al riguardo, trattandosi di prodotto ancora quotato e per il quale, pertanto, sino a che lo stesso non sarà venuto a scadenza, non risulta possibile determinare se l’investitore abbia riportato o meno un danno economicamente valutabile.

Secondo L’Arbitrato ACF l’Intermediario non ha dimostrato di aver assolto agli obblighi in punto di valutazione di “adeguatezza delle operazioni”, così come d’altronde emerge dai moduli d’ordine allegati al ricorso. In argomento va rilevato che l’art. 29, comma 3, del Regolamento. Intermediari vigente all’epoca dei fatti prevedeva che “Gli intermediari autorizzati, quando ricevono da un investitore disposizioni relative ad una operazione non adeguata, lo informano di tale circostanza e delle ragioni per cui non è opportuno procedere alla sua esecuzione. Qualora l’investitore intenda comunque dare corso all’operazione, gli intermediari autorizzati possono eseguire l’operazione stessa solo sulla base di un ordine impartito per iscritto ovvero, nel caso di ordini telefonici, registrato su nastro magnetico o su altro supporto equivalente, in cui sia fatto esplicito riferimento alle avvertenze ricevute”.

Per l’A.C.F. il Ricorrente ha, pertanto, conclusivamente diritto di essere risarcito dei danni occorsi.

Venendo alla relativa quantificazione e conformemente alle modalità di quantificazione del danno seguite dal Collegio in casi analoghi (Decisioni nn. 155 del 20 dicembre 2017, 215 del 24 gennaio 2018 e 654 del 18 luglio 2018), il risarcimento da riconoscere al Ricorrente è pari alla differenza tra la somma investita (euro 70.000) e il valore dell’investimento al tempo in cui egli si è reso conto o avrebbe potuto rendersi conto, con l’ordinaria diligenza, dell’effettiva rischiosità del prodotto finanziario acquisito, da individuarsi nella data in cui egli ha presentato reclamo all’intermediario, ovvero il 16 marzo 2018.

A tale data, da una verifica effettuata sul sistema Bloomberg risulta che il valore di ciascuna quota del Fondo Obelisco era pari a 128 euro (per un importo complessivo, riferito alle n. 20 quote sottoscritte, pari a 2.560 euro), a fronte di un valore unitario d’acquisto di euro 2.500 (per un investimento complessivo iniziale di euro 50.000 euro); la differenza, dunque, risulta pari a euro 47.440.

Con riferimento al Fondo Immobiliare Europa I, l’ultimo prezzo disponibile risale al 27 dicembre 2017, data in cui il valore di ciascuna quota era pari a euro 431,8 (per un importo complessivo, riferito alle n. 8 quote sottoscritte, pari a euro 3.454,4), a fronte di un valore unitario d’acquisto di euro 2.500 (per un investimento complessivo iniziale di euro 20.000); la differenza, dunque, risulta pari a euro 16.545,6.

Ne discende che la somma complessiva perduta dal Ricorrente è pari a euro 63.985,60, oltre ad interessi e rivalutazione.

In base al principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato e al susseguente divieto di ultra petitum (art. 112 c.p.c.), va tuttavia tenuto conto che il Ricorrente si è limitato a richiedere il risarcimento per una somma quantificata forfetariamente nella misura di euro 50.000, che circoscrive pertanto l’importo suscettibile di essere liquidato a suo favore.

Va anche tenuto conto che il Ricorrente non ha assolto all’onere di provare il lucro cessante, cosicché il risarcimento va circoscritto al danno emergente, nei limiti della domanda (art. 112 c.p.c.).

Ciò posto, dalla somma complessiva, pari come detto a euro 63.985,60, vanno detratti, in questa sede, i vantaggi conseguiti per il fatto che i due fondi hanno nel corso degli anni distribuito dividendi ed effettuato rimborsi parziali per un totale di 300 euro per quota per il fondo Obelisco e di 1.622,69 euro per il

fondo Europa Immobiliare 1, cosicché parte Ricorrente ha presumibilmente percepito 6.000,00 euro per il fondo Obelisco e 12.981,53 per il fondo Europa Immobiliare 1, per un totale di 18.981,53 euro.

In conclusione, deve accogliersi la domanda di parte Ricorrente quantificando la somma oggetto di risarcimento in € 45.004,07, da rivalutarsi nei limiti della domanda di € 50.000,00 trattandosi di debito di natura risarcitoria, su cui sono dovuti gli interessi legali dalla data del reclamo sino al soddisfo.

PQM

Il Collegio, in accoglimento del ricorso, dichiara l’Intermediario tenuto a corrispondere al Ricorrente, a titolo di risarcimento del danno, la somma rivalutata di euro 50.000,00 su cui sono dovuti gli interessi legali dalla data del reclamo sino al soddisfo, e fissa il termine per l’esecuzione in trenta giorni dalla ricezione della decisione.

Entro lo stesso termine l’Intermediario comunica all’ACF gli atti realizzati al fine di conformarsi alla decisione, ai sensi dell’art. 16, comma 1, del regolamento adottato dalla Consob con delibera n. 19602 del 4 maggio 2016.

ACF FONDO OBELISCO dec. 1844 11.9.19


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Assegno di mantenimento dei figli: ripetibilità delle somme versate in eccesso.

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Assegno di mantenimento dei figli: ripetibilità delle somme versate in eccesso. IL FATTO: Un padre di due figli separato si è trovato costretto a versare alla ex compagna una considerevole somma di denaro a titolo di assegno di mantenimento in favore dei due figli, con trattenuta diretta alla fonte da parte del suo datore di lavoro. Nelle more uno dei due figli è andato a vivere stabilmente col padre; per tale motivo ha chiesto al Tribunale una revisione dell’assegno. Il Tribunale, dopo una lunga causa, ha stabilito che ogni genitore dovesse provvedere al mantenimento del figlio con lui convivente, nulla però disponendo per il passato. Il padre, si è sentito pregiudicato, in quanto, è vero che il Tribunale gli aveva riconosciuto tale diritto, però fino all’ottenimento della pronuncia di primo grado, si era visto costretto a continuare a versare alla ex moglie (con trattenuta alla fonte da parte del datore di lavoro) la somma originariamente stabilita in favore di entrambi i figli (quando oramai un figlio viveva stabilmente col padre e l’altro con la madre). Per tale motivo ha proposto reclamo, chiedendo la restituzione delle somme medio-tempore versare alla madre. Si è costituita la madre sostenendo la assoluta irripetibilità delle somme corrisposte dall’altro genitore per il mantenimento dei figli successivamente al verificarsi dell’evento che abbia fatto o ridotto l’entità o estinto il presupposto dell’obbligazione stessa. All’uopo ha richiamato Cass. civ. sez. VI, 29 maggio 2014, n. 12085; Cass. civ. sez. VI, 4 luglio 2016, n. 13609. Il reclamante ha rappresentato di essersi trovato costretto a versare forzosamente alla ex compagna, la non trascurabile somma mensile, che il suo datore di lavoro ha trattenuto direttamente alla fonte ed ha provveduto a versare alla ex compagna, per mantenere due figli, di cui uno oramai viveva con lui. Ha richiamato la sentenza (Cassazione civile, sez. I, 23 Maggio 2014, n. 11489. Est. Giancola), con cui il Supremo Collegio ha esaminato un caso speculare, aprendo alla ripetibilità delle somme versate a titolo di mantenimento dei figli, quando i presupposti sono venuti meno. “ Nel caso in cui l’obbligo di mantenimento indiretto della prole posto a carico del genitore venga revocato con provvedimento giudiziale, l’onerato ha diritto a ripetere le somme che abbia versato dal momento in cui il titolo è venuto meno. La ritenzione non può ritenersi giustificata in ragione dei principi in tema di irripetibilità, impignorabilità e non compensabilità delle prestazioni alimentari, posto che tali principi non operano indiscriminatamente ed in virtù di teorica assimilabilità alle prestazioni alimentari dell’assegno di mantenimento per i figli maggiorenni, ma implicano che in concreto gli importi riscossi per questo titolo abbiano assunto o comunque abbiano potuto assumere analoga funzione alimentare ”. Nel caso esaminato, tali esborsi non hanno di certo assunto la funzione “alimentare”, in quanto il soggetto beneficiato (il figlio convivente col padre) non ne ha goduto (vivendo col padre), essendoseli intascati la madre che non ha più provveduto a mantenere il figlio. Al riguardo il Tribunale Savona (sent. 01-03-2018) ha correttamente evidenziato come le somme versate a titolo di mantenimento, sia in favore del coniuge che dei figli minori o maggiorenni ma non autosufficienti, non sono ripetibili, nel caso in cui il provvedimento di assegnazione del contributo sia in seguito revocato o modificato. A tale risultato si è giunti attraverso una sostanziale equiparazione tra prestazione di alimenti e di mantenimento. Tale conclusione è stata giustificata ipotizzando una presunzione di pressoché istantanea utilizzazione degli alimenti, destinati per loro natura ad essere consumati rapidamente, con conseguente assenza in capo al beneficiario del dovere di accantonarne una certa quantità in previsione di un eventuale provvedimento di modifica o di revoca . Tuttavia, ciò vale, esclusivamente, per quelle somme destinate ad una concreta funzione alimentare . Il principio di irripetibilità resta, quindi, limitato a prestazioni dirette ad assicurare unicamente, per la loro misura e le condizioni economiche del percipiente, i mezzi necessari per fare fronte alle esigenze essenziali di vita. Laddove tale funzione alimentare non sussista, il principio della irripetibilità non ha più ragione di esistere . In questo senso, si veda Cass. 11489/14 (relativo ad una domanda di ripetizione proposta nei confronti di figli maggiorenne ed autosufficienti; in questo caso, la S.C. ha escluso che l’assegno avesse funzione alimentare nel caso in cui il contributo risulti destinato a favore di chi abbia già raggiunto una posizione di indipendenza economica e non necessiti più del sostentamento assicurato dal genitore ed ha, quindi, accolto la domanda di restituzione proposta dal genitore obbligato) o Cass. 2182/09 (in cui una parte è stata condannata a restituire le somme percepite, grazie alla sentenza di primo grado, a titolo di assegno divorzile, in misura superiore a quella determinata in sede di appello, considerando la natura non alimentare delle somme suddette alla luce della consistente entità dell’assegno). Il principio in esame è stato ribadito poi in motivazione da Cass. n. 6864/09. La Corte di Appello con riferimento alla domanda di ripetizione del contributo avanzata dal reclamante, ha stabilito che, costituiscono fatti pacifici in atti che il sig. XXX versava € YYY alla ex convivente per il mantenimento di ambedue i figli che con quest’ultima convivevano; che dall’agosto 2018 il figlio ZZZ andava a coabitare con il padre; che la sig.ra , tuttavia continuava a percepire la somma suddetta, per il mantenimento di entrambi, in quanto versata direttamente dal datore di lavoro del sig. XXX; che il Tribunale revocava ogni contributo per ZZZ e fissava in € = il contributo per l’altro figlio, JJJ, che continuava a convivere con la madre. Non è dubbio, come costantemente affermato anche dalla Suprema Corte, che il carattere sostanzialmente alimentare dell’assegno di mantenimento a favore del figlio maggiorenne comporta che la normale retroattività della statuizione giudiziale di riduzione al momento della domanda vada contemperata con i principi di irripetibilità, impignorabilità e non compensabilità di dette prestazioni, sicché la parte che abbia già ricevuto, per ogni singolo periodo, le prestazioni previste dalla sentenza di separazione non può essere costretta a restituirle, né può vedersi opporre in compensazione, per qualsivoglia ragione di credito, quanto ricevuto a tale titolo, mentre ove il soggetto obbligato non abbia ancora corrisposto le somme dovute, per tutti i periodi pregressi, tali prestazioni non sono più dovute in base al provvedimento di modificazione delle condizioni di separazione (cfr., da ultimo, Cassazione civile, Sezione VI-1, Ordinanza 24.10.2017 n. 25166; ib., 04.07.2016 n. 13609). Tale principio è tuttavia da contemperarsi con le ordinarie regole in materia di indebito: se difatti, nel caso di specie il principio della sostanziale irripetibilità deve essere applicato in riferimento alla quota parte di contributo che la sig.ra __ riceveva per JJJ che con lei continuava a convivere, non altrettanto deve dirsi per la quota parte riferibile all’altro figlio in quanto il fatto storico dell’allontanamento dall’abitazione materna faceva venir meno, a monte, ogni diritto della madre ad ottenere il contributo il cui persistente versamento, lungi dal mantenere la natura alimentare, iniziava ad assumere piuttosto i connotati di indebito oggettivo. Pertanto, limitatamente a tale quota, da considerarsi presuntivamente pari alla metà del totale, la domanda di ripetizione a far data dal mese dell’allontanamento del ragazzo (agosto 2018) è da accogliere. Ne consegue che la reclamata deve essere condannata alla restituzione della somma di € __= (€ __:2) per mese a far data dall’agosto 2018 oltre interessi nella misura legale dalla stessa data fino al saldo. PER QUESTI MOTIVI la Corte d’Appello di Firenze così provvede: ACCOGLIE parzialmente il reclamo proposto dal sig. XXX e, per l’effetto, accertato il diritto di quest’ultimo alla ripetizione della metà del contributo già fissato per il mantenimento dei figli, a far data dall’agosto 2018, dispone che la sig.ra__ corrisponda, in favore di controparte, la somma di € __= per mese a far data dall’agosto 2018 fino al saldo oltre interessi nella misura legale dalla stessa data fino al saldo.

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Recesso: casi un cui è possibile esercitarlo.

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Recesso: casi un cui è possibile esercitarlo. Potrà essere esercitato soltanto per i CONTRATTI A DISTANZA E/O NEGOZIATI FUORI DAI LOCALI COMMERCIALI (Codice del Consumo Tit. III Capo. I, sez. II) Nel contratto a distanza i due soggetti non sono fisicamente presenti, ma il contratto può avvenire tramite internet, telefono, eccetera. Per tale motivo è prevista una tutela maggiore per il consumatore (diritto di recesso o c.d. “ripensamento”). La norma esclude da tale tipologia alcuni contratti, fra i quali: servizi finanziari, soggetti ad una regolamentazione specifica contratti conclusi tramite distributori automatici (immediata visibilità del bene) contratti con operatori telecomunicazioni, impiegando telefoni pubblici contratti relativi a costruzione o vendita o altri diritti reali beni immobili con esclusione delle locazioni contratti conclusi in occasione di vendite all’asta. Il diritto di recesso è applicabile soltanto per i contratti conclusi a distanza e solo dopo che è stata fornita dal venditore la documentazione, non si applica quindi se il cittadino acquista un bene, per esempio, in un negozio. Se il venditore non esegue la prestazione entro 30 gg dovrà informare il consumatore che potrà o recedere e riavere i soldi indietro o pattuire una diversa fornitura. Le norme sul diritto di recesso non si applicano per: contratti di generi alimentari, bevande contratti relativi ad alloggio, trasporti, ristorazione, tempo libero per un periodo stabilito se il prezzo è soggetto a fluttuazione che il venditore non può controllare quando la fornitura è iniziata col consenso del consumatore beni su misura o personalizzati o che si possono deteriorare fornitura di giornali, periodici, riviste fornitura prodotti audiovisivi software sigillati ed aperti dal consumatore. NON E’ CONSENTITO IL DIRITTO DI RECESSO nei contratti last minute, e autonoleggio Easy Car Limited noleggio auto con servizio di prenotazione via internet. Il diritto di recesso o “ripensamento”, può essere esercitato senza specificare il motivo, e senza pagare nulla, purchè venga fatto per scritto ed esercitato entro 14 gg per i beni: dalla data del ricevimento per servizi: dalla data di conclusione del contratto Se venditore non ha ottemperato ai propri doveri informativi, i 14 gg. decorreranno da tale data. Gli effetti: Se il bene è già stato consegnato, il consumatore DEVE restituire il bene entro 10 gg. con spese a carico del consumatore; il venditore dovrà restituire le somme entro 14 gg. Sono nulle le clausole che limitano la restituzione dei denari in caso di recesso Se l’acquisto è sorretto da un finanziamento, esercitato il recesso decade anche questo (mutuo di scopo, contratto collegato)

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Pignoramento presso terzi ex art. 72 bis D.P.R. 602/73.

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Pignoramento presso terzi ex art. 72 bis D.P.R. 602/73. Procedura esecutiva presso terzi da parte dell’Agenzia delle Entrate Riscossione: dubbi sulla legittimità del pignoramento di un credito vantato dal cittadino non già nei confronti di un terzo, bensì nei confronti della stessa creditrice procedente. Il cittadino ha ricevuto un “anomalo” atto di pignoramento dei crediti presso terzi (ex art. 72 bis D.P.R. 602/73) da parte dell’Agenzia delle Entrate Riscossione per un asserito debito da lui contratto e presente in una cartella. Con tale atto l’Agenzia delle Entrate Riscossione ordina al terzo pignorato (che è sé stessa), di pagare le somme di denaro relative a delle spese di giudizio derivanti da una sentenza di cui era creditore proprio l’asserito debitore. Il cittadino ha evidenziato l’identità fra creditore e terzo pignorato: per tale motivo ha invocato la nullità dello strumento giuridico adottato. L’atto di pignoramento qualificato “presso terzi”, non può tecnicamente e giuridicamente qualificarsi quale pignoramento “presso terzi” in quanto l’asserito creditore ed il terzo pignorato sono lo stesso soggetto, titolare di identica partita iva. Quindi manca un soggetto che possa qualificarsi come “terzo”. In pratica l’Agenzia delle Entrate utilizzando “arbitrariamente” lo strumento “casalingo e stragiudiziale” lei riconosciuto dall’art. 72 bis del D.P.R. 602/1973 si è inventata « un assurdo e illogico pignoramento presso sé stessa delle somme », intendendo auto-pignorarsi delle somme e di cui è creditore il cittadino, senza che nessun organo esterno e terzo possa controllare l’operato del creditore e del terzo che nel caso di specie…coincidono. Ciò manifesta un patente conflitto di interessi. Nel caso in cui l’Agenzia delle Entrate avesse voluto “compensare” le poste di debito/credito fra le parti, avrebbe dovuto al limite introdurre un ordinario giudizio di cognizione, al fine di far accertare le poste del dare/avere. La condotta tenuta potrebbe integrare il reato di abuso di potere, violazione di norme imperative. che dispongono la sospensione immediata della riscossione. Inoltre l’atto di pignoramento notificato ai sensi dell’art. 72 bis D.P.R. n. 602/73 avrebbe dovuto, a pena di nullità, contenere l’espressa indicazione che “ contro il presente atto sono ammesse le opposizioni di cui agli artt. 615, 617 e 619 c.p.c., fatte salve le limitazioni e le modalità previste dagli artt. 57 e 58 del D.P.R. 29.9.73, n. 602 e dall’art. 29 del D. Lgs. 26.2.99, n. 46 ”. Ebbene, nel caso di specie, tale fondamentale informazione non è stata riportata. Il cittadino ha allora proposto una opposizione agli atti ed all’esecuzione, ed il Giudice delle Esecuzioni ha sospeso preliminarmente evidenziando come la procura rilasciata al difensore, mancando degli elementi essenziali e stabiliti dalla legge, deve considerarsi invalida, oltre che dubitare fortemente circa la legittimità dell’intrapresa procedura esecutiva presso terzi, in cui è stato pignorato un credito vantato dal cittadino non già nei confronti di un terzo, bensì nei confronti della stessa creditrice procedente. ordinanza

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