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La riscossione a mezzo ruolo e l’esecuzione esattoriale. Forme di tutela giurisdizionale.
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I. La riscossione esattoriale mediante
ruolo è disciplinata in via generale dal Decreto Legislativo 46/1999, che
estende alla riscossione coattiva delle entrate dello Stato, anche diverse
dalle imposte sui redditi e di quelle degli altri enti pubblici anche
previdenziali (INPS, INAIL) l’applicabilità del capo II del titolo I e del
titolo II del Decreto del Presidente della Repubblica 602/73 relativo alla
riscossione delle imposte sul reddito. Le norme di cui
al capo II del titolo I e del titolo II del DPR 602/73 applicabili dunque ad
ogni forma di riscossione esattoriale, riguardano, in particolare, la
possibilità di adottare la misura cautelare del fermo amministrativo di beni
mobili registrati (cosiddette ganasce fiscali), e la possibilità di iscrivere
ipoteca sugli immobili del debitore e dei coobbligati per un importo pari al
doppio delle somme complessivamente iscritte. Prima di passare
all’esame dei singoli casi oggetto della presente disamina, è bene richiamare
alcune delle norme fondamentali. L’art. 50 del DPR 602/73, comma 2: se
l’espropriazione non è iniziata entro un anno dalla notifica della cartella di
pagamento, l’espropriazione stessa deve essere preceduta dalla notifica da
effettuarsi con le modalità previste dall’art. 26 di un avviso che contiene
l’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal ruolo entro cinque giorni.
L’art. 57 del DPR 602/73 (con riferimento all’espropriazione tributaria): non
sono ammesse: a) le opposizioni regolate dall’art. 615 del codice di procedura
civile, fatta eccezione per quelle concernenti la pignorabilità dei beni; b) le
opposizioni regolate dell’art. 617 del codice di procedura civile relative alla
regolarità formale ed alla notificazione del titolo esecutivo. In proposito, è
utile precisare che per la riscossione di entrate non tributarie e previdenziali
è ammissibile l’opposizione ex art. 615 del codice di procedura civile non solo
per questioni attinenti la pignorabilità dei beni ma anche per fatti estintivi
del credito, sopravvenuti alla formazione del titolo (come la prescrizione); è
ammissibile inoltre l’opposizione ex art. 617 del codice di procedura civile
anche per vizi formali del titolo esecutivo o della cartella. L’art. 24 del D.
Lgs. 46/1999 comma 5: contro l’iscrizione a ruolo (di crediti aventi natura
previdenziale) il contribuente può proporre opposizione al giudice del lavoro
entro il termine di 40 giorni dalla notifica della cartella di pagamento. L’art. 21 del D.
Lgs 546/92 in materia di impugnativa davanti le Commissioni Tributarie: il
ricorso deve essere proposto a pena di inammissibilità entro sessanta giorni
dalla data di notificazione dell'atto impugnato. La notificazione della
cartella di pagamento vale anche come notificazione del ruolo. II. Le notifiche eseguite ai sensi
dell’art. 139 c.p.c, ovvero ai sensi dell’art. 7 della Legge 890/82, richiedono
che si dia espressamente atto oltre che dell’inutile tentativo di consegna a
mani proprie per l’assenza del destinatario, e altresì, delle vane ricerche
delle altre persone preferenzialmente abilitate a ricevere l’atto, (onde, nel
riferire al riguardo, sebbene non debba necessariamente fare uso di formule
sacramentali, deve, nondimeno attestare chiaramente l’assenza del destinatario
e dei soggetti rientranti nelle categorie contemplate dal comma 2° dell’art.139
c.p.c. --la successione preferenziale dei quali è tassativamente prevista--),
è, pertanto, nulla la notificazione nelle mani dei soggetti diversi dal
destinatario quando la relazione dell’ufficiale notificante non contenga
l’attestazione del mancato rinvenimento delle persone indicate nella norma
citata. Ulteriore
elemento di nullità della notificazione nelle mani dei soggetti diversi dal
destinatario, consegue alla omessa spedizione della raccomandata stabilita dal
quarto comma dell’art 139 c.p.c. In ordine alla
notifica della cartella di pagamento, bisogna considerare inoltre la sentenza
n. 909 del 23 ottobre 2009, della Commissione tributaria provinciale di Lecce
che, ha affermato come inesistente la notifica a mezzo posta degli atti di
Equitalia eseguita direttamente e non tramite agente all’uopo abilitato.
Difatti, sebbene l’art. 26, comma 1, secondo periodo, D.P.R. 29 settembre 1973,
n. 602, rubricato “Notificazione della cartella di pagamento”, preveda la
possibilità, per gli Agenti della riscossione, di notificare i propri atti per
posta mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento, esso, tuttavia,
individua espressamente quali agenti notificatori gli ufficiali della
riscossione o altri soggetti abilitati dal concessionario nelle forme previste
dalla legge ovvero, previa eventuale convenzione tra comune e concessionario, i
messi comunali o gli agenti della polizia municipale. In base all'art. 26,
comma 1, primo periodo, citato, quindi, la notificazione deve sempre essere
effettuata da un agente notificatore abilitato, il quale può anche avvalersi
del servizio postale, mentre sono certamente illegittime le notifiche eseguite
a mezzo del servizio postale direttamente e non tramite agente all’uopo
abilitato. Poiché, tuttavia, nel caso de quo, le condizioni di cui all’art. 26
cit. non sono state rispettate, è evidente l’inesistenza della notifica. A
nulla vale invece, il solo secondo periodo del succitato art. 26, primo comma,
secondo il quale "la notifica può essere eseguita anche mediante invio di
raccomandata con avviso di ricevimento". Infatti, mentre il primo periodo
del comma 1 dell'art. 26 si limiterebbe a individuare - con un’elencazione
tassativa - i soggetti legittimati all'esecuzione della notifica, il secondo
periodo del comma 1 indicherebbe il modo attraverso il quale i soggetti di cui
al periodo precedente possono eseguirla. In pratica, pur rimanendo fermi i
soggetti autorizzati, questi, a loro volta, invece che direttamente, possono
ricorrere all'ausilio del servizio postale per la notifica degli atti. Per quanto
riguarda la mancanza della relata di notifica sull’originale dell’atto
notificato, sul punto, v’è da considerare l’orientamento della Suprema Corte di
Cassazione, il quale afferma che costituendo la relata di notifica momento
fondamentale del procedimento notificatorio, sia ai sensi del codice di rito
che delle norme speciali, la mancata apposizione della stessa sull'originale o
sulla copia consegnata al destinatario, ai sensi dell'art. 3 della legge n. 890
del 1982, comporta, non l'irregolarità,ma la nullità della notificazione (Corte
di Cass., sent. n. 9377 del 21 aprile 2009; Corte di Cass., sent. n. 9493 del
22 aprile 2009). III. Nel merito della illegittimità
della maggiorazione di cui al 6° comma dell’art. 27 della legge 689/81 “secondo
cui in caso di ritardo nel pagamento la somma dovuta è maggiorata di un decimo
per ogni semestre a decorrere da quello in cui la sanzione è divenuta esigibile
e fino a quello in cui il ruolo è trasmesso all’esattore”, sussistono
sufficienti elementi di logica giuridica di disamina della subiecta materia per
dedurre la illegittimità e/o la nullità della cartella esattoriale che tali
maggiorazioni riporta, quantificate in ragione delle semestralità la cui
decorrenza è rimessa alla libera volontà e decisione dell’Ente Creditore,
quell’ente, cioè, che ad libitum provvede alla formazione ed alla trasmissione
dei ruoli -resi esecutivi dalla sottoscrizione del titolare dell’ufficio –al
Concessionario che curerà la riscossione delle somme iscritte. Il ricorso alla
suddetta norma, richiamata dall’art. 206 del c.d.s., postula, necessariamente,
o il mancato pagamento in misura ridotta —pari alla sanzione minima prevista
dalla norma violata--, entro giorni 60 dalla notifica della sanzione pecuniaria
amministrativa connessa alla violazione di norme sulla circolazione stradale,
oppure il mancato pagamento entro trenta giorni dalla notifica della ordinanza
–ingiunzione emessa dal Prefetto a seguito del rigetto del ricorso avverso il
verbale di contestazione. Nell’uno e
nell’altro caso, esauriti i mezzi di impugnazione con esito negativo, sia il
verbale di contestazione che la ordinanza-ingiunzione costituiscono titoli
esecutivi, rispettivamente, il primo per una somma pari alla metà del massimo
della sanzione edittale e, la seconda, per l’ammontare della somma ingiunta
pari al doppio del minimo edittale oltre le relative spese. Per la
riscossione di tali somme-divenute esigibili, l’art. 206 del c.d.s. rimanda
alle norme di cui all’art. 27 della legge 689/81 la cui formulazione -contestuale
alla depenalizzazione— doveva servire alla riscossione delle sanzioni comminate
in ordinanze-ingiuntive emesse dal Prefetto per violazione diverse dalla
tipologia delle violazioni alle norme del codice della strada. In tale contesto,
l’ordinanza-ingiunzione, quale provvedimento di cornice di un iter procedurale
di cui agli artt. 17 e 18 della legge 689/81 diveniva titolo esecutivo per una
somma determinata –motu proprio—dal Prefetto con ordinanza motivata nella quale
pure si riporta l’avviso che l’eventuale ritardo nel pagamento comporterà
l’applicazione della sanzione accessoria costituita dalla maggiorazione sopra
indicata. Soltanto in tal
caso, il mancato pagamento delle somme ingiunte comportava e comporta la
maggiorazione del 10% semestrale a decorrere da quel semestre in cui la
sanzione era ovvero diviene esigibile –quindi subito—e fino a quello in cui il
ruolo è trasmesso dall’Ente creditore al Concessionario. Diversamente
avviene nel sistema configurato del nuovo codice della strada ove, a parte che
non vi è traccia della notifica di alcuna sanzione accessoria, e comunque, a
seguito della violazione alle norme sulla circolazione stradale, il verbale di
contestazione la cui sanzione non è stata corrisposta nella misura ridotta
entro il termine di sessanta giorni, automaticamente, ex lege e secondo la
previsione normativa di cui all’art. 203 comma 3°del cds, diviene titolo
esecutivo, proprio in deroga alle disposizioni di cui all’art. 17-18 della
legge 689/81 che trovano applicazione, ut supra, per la emissione della
ordinanza ingiunzione relativa a fattispecie che partecipano ad una tipologia
di violazioni diverse da quelle del c.d.s. Similmente, ex
lege—art- 204 comma 3° del cds--, diviene esecutiva l’ordinanza-ingiunzione,
emessa dal Prefetto a seguito di rigetto del ricorso avverso il verbale di
contestazione qualora non si provveda al pagamento entro trenta giorni dalla
sua notificazione. La cognizione, a
priori, del quantum debeatur, per i menzionati due titoli esecutivi,
costituisce un ulteriore elemento di differenziazione con la
ordinanza-ingiunzione disciplinata dalla legge 689/81, avulsa da ogni
riferimento alle norme del c.d.s. ed emessa dal Prefetto che ne determina il
quantum a posteriori, con l’avviso debitamente notificato dell’applicazione
della sanzione accessoria costituita dalla maggiorazione di che trattasi. Ne consegue che
il legislatore con la formulazione dell’art. 27 della l. 689/81 –quando, cioè
non era ancora in vigore la nuova normativa del c.d.s.—DLgs 30 aprile 1992 n.
285—ha inteso sanzionare ulteriormente il responsabile della violazione,
prevedendo con tale norma –in sostituzione degli interessi legali o risarcitori
o corrispettivi una maggiorazione della sanzione principale mediante una
sanzione accessoria nella misura, alquanto penalizzante, del 10% semestrale dal
giorno della esigibilità fino a quello della trasmissione del ruolo esecutivo
all’esattore. Seri dubbi di
legittimità subentrano se una simile maggiorazione, per una presunzione di
estensibilità coinvolgesse i due titoli esecutivi che trovano la loro fonte
nella violazione di norme sulla circolazione stradale e la cui sanzione
principale --già predefinita nei termini di cui al 3°comma dell’art .203 cds,
per il verbale di contestazione, ed al 1° comma dell’art. 204 per la
ordinanza-ingiunzione --venisse ulteriormente aggravata da una sanzione
aggiuntiva del 10% semestrale ai sensi del 6° comma dell’art. 27 della legge
689/81. Di talché è da
ritenere che il legislatore con l’art. 206 del cds abbia fatto richiamo al menzionato
art. 27 non per estendere al primo l’applicabilità del 6° comma, bensì per
mutuare le modalità di riscossione delle somme dovute a titolo di sanzione
amministrativa pecuniaria. Allo stato è a
dire che il legislatore -tam dixit quam voluit- con dedotta esclusione della
maggiorazione semestrale non rilevabile aliunde: maggiorazione illegittima se
applicata alle somme di cui ai titoli esecutivi originati dalla violazione di
norme del codice della strada. Sotto altro
profilo si appalesa la illegittimità di una cartella esattoriale che tali
maggiorazioni espone –in aggiunta alla sanzione principale –nell’ottica delle
modalità di riscossione in base alle norme per le imposte dirette ai sensi del
ricordato art. 27 comma 1° L.689/81. Ciò che accomuna
l’art. 27 L.689/81 e l’art. 206 cds, che ad esso fa richiamo sul tema, riguarda
la predisposizione e la trasmissione dei ruoli dall’ente creditore al
concessionario una volta divenuti titoli esecutivi il verbale di contestazione
e l’ordinanza –ingiunzione. L’univoca
interpretazione delle modalità di riscossione non risucchia affatto la
maggiorazione del 10% semestrale di cui al 6° comma dell’art. 27, bensì
circoscrive il riferimento alle sole norme delle imposte dirette previste per
l’esazione di queste e delle ordinanze-ingiunzione della prima tipologia non
connessa alla violazione delle norme del cds. La ratio di tale
richiamo consegue evidentemente all’intento del legislatore di prevenire
comportamenti scorretti, ai sensi dell’art. 1175 c.c., da parte di enti
creditore tentati a formalizzare e trasmettere i ruoli esecutivi alla fine del
5° anno –termine di prescrizione del credito—per lucrare della sanzione
aggiuntiva del 10% semestrale. In ultimo, v’è da
segnalare la sentenza n. 3701/2007, con la quale la Suprema Corte ha sancito
inequivocabilmente il principio dell'illegittimità della maggiorazione, sempre
conteggiata nelle cartelle di pagamento. Infatti, l’applicazione omnia di detta
maggiorazione determinerebbe in capo alla Pubblica Amministrazione un paradossale
interesse che il debitore possa provvedere al pagamento il più tardi possibile. Pertanto si
rileva la nullità della cartella esattoriale e della notifica del verbale,
anche in considerazione che la nullità della notificazione del verbale di
accertamento, come sopra dedotto, infirma e rende nulla per trasmissione la
stessa cartella di pagamento comunque da considerarsi autonomamente viziata per
quanto anzidetto, determinando l’impossibilità giuridica dell’acquisto
dell’efficacia di titolo esecutivo e, conseguentemente la nullità del citato
atto di riscossione, qual è appunto la cartella esattoriale. IV. Il Decreto Legge n. 223/2006 (c.d.
decreto Bersani) convertito nella legge 248/06, ha modificato l’art.19 comma 1
del D. Lgs 546/92 inserendo due nuove previsioni in ordine agli atti
impugnabili presso le Commissioni Tributarie e cioè quelli inerenti
l’iscrizione di ipoteca sugli immobili di cui all’art. 77 del DPR 602/73 e
quelli inerenti il fermo di beni mobili registrati di cui all’art. 86 del cit.
DPR; ciò non ha impedito alla giurisprudenza (cfr., Cassazione Civile, Sez.
Un., 07 maggio 2010 n. 11087) di fare chiarezza, stabilendo che la
giurisdizione si determina in dipendenza della natura del credito azionato. Pertanto, se la
pretesa fatta valere è di carattere tributario, il contribuente potrà opporsi
ricorrendo alla competente Commissione Tributaria. Ad espropriazione forzata
avviata, vale a dire con il pignoramento, si dovrà però tener conto dei limiti
di cui all’art. 57 sopra citato. Se la pretesa
azionata avrà natura previdenziale, oltre a trovare applicazione l’art. 24 del
D. Lgs. 46/1999 per i soli motivi attinenti al merito della pretesa, la
giurisdizione sarà del giudice del lavoro ai sensi dell’art. 618 bis del codice
di procedura civile per quanto riguarda sia l’opposizione all’esecuzione ex
art. 615 c.p.c.,1 comma che l’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617,
1comma, c.p.c. La giurisprudenza
di merito ha avuto modo di affermare che “il termine previsto dal 5 comma del
citato art. 24 è accordato per l’opposizione nel merito della pretesa
contributiva e non per disciplinare la sola azione esecutiva; prova di ciò si
ha nella circostanza che (comma 6) il giudizio di opposizione contro il ruolo è
regolato dagli artt 442 e seguenti cpc, mentre le opposizioni all’esecuzione e
agli atti esecutivi si propongono nelle forme ordinarie (art. 29 cit. D. Lgs.
46/99), dunque con le modalità di cui agli artt. 615 e seguenti c.p.c.” (fra le
tante, Tribunale di Lecce, sez. lavoro, n. 10633 del 29/10/2009). Invero, con
l’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., avente ad oggetto una domanda
di accertamento negativo in ordine alla sussistenza del diritto di procedere ad
esecuzione forzata, il contribuente potrebbe sempre rilevare l’illegittimità
dell’azione esecutiva avviata dal concessionario per cause sorte
successivamente alla notifica della cartella, facendo valere, come nel caso in
esame, la prescrizione del credito. In tutti gli
altri casi la giurisdizione è del giudice ordinario e sarà ripartita in base ai
consueti criteri di competenza per valore. In ultima
analisi, per le pretese extratributarie, se si vuole contestare non il merito
della pretesa, bensì i vizi formali dell’atto esecutivo o degli atti prodromici
all’esecuzione vera e propria (vizi intrinseci, difetto di notifica o di
motivazione, etc.), il rito applicabile è quello della opposizione agli atti
esecutivi di cui all’art. 617 del codice di procedura civile da proporsi entro
venti giorni dalla notifica. Se invece si
vuole contestare l'insussistenza del diritto a procedere in via esecutiva per
fatti sopravvenuti alla formazione del titolo esecutivo, ovverosia, come nel
caso in esame, la prescrizione maturata dopo l’irrogazione della sanzione, il
contribuente potrà sempre proporre (in caso di pretesa extratributaria)
l’opposizione all'esecuzione ai sensi dell’art. 615 del codice di procedura
civile; qualora si tratti di un credito avente natura previdenziale,
l’opposizione si presenterà nelle forme di cui all'articolo 618 bis del codice
di procedura civile. In merito alle
sanzioni amministrative, ai fini dell’esercizio dell’opposizione all’esecuzione
contro la cartella di pagamento, il preavviso di fermo o la cd. ipoteca
esattoriale per importi non superiori ai 15.490,00 Euro, la competenza per
materia attribuita al giudice di pace dall’articolo 22 bis della legge 24
novembre 1981 n. 689 si estende anche alle opposizioni all’esecuzione con cui
si faccia valere l’inesistenza del credito o la sua successiva estinzione
(cfr., Cass., 18 luglio 2005 n. 15149, secondo la quale ove si contesti, prima
dell’inizio dell’esecuzione, la legittimità dell’iscrizione al ruolo per la
mancanza di un titolo idoneo, o si adducano fatti estinti sopravvenuti alla
formazione del titolo, giudice competente deve ritenersi, in applicazione del
criterio ex art. 615 primo comma c.p.c., quello ritenuto idoneo dal legislatore
a conoscere della sanzione, cioè quello stesso indicato dalla legge come
competente per l’opposizione al provvedimento sanzionatorio). La Cassazione ha
anche affermato l’autonoma impugnabilità della comunicazione di avvio della
procedura di fermo amministrativo, cioè del c.d. preavviso di fermo,
costituente l’unico atto di una sequenza procedimentale –emanazione del
provvedimento di fermo, preavviso ed iscrizione del provvedimento emanato-
mediante il quale il contribuente viene a conoscenza dell’esistenza, nei suoi
confronti, di una procedura di fermo amministrativo del veicolo, e che è quindi
finalizzato ad assicurare, mediante una pronta conoscibilità del provvedimento,
un’ampia tutela del contribuente destinatario, svolgendo una funzione
assolutamente analoga a quella dell’avviso di mora nel quadro della comune
procedura esecutiva esattoriale (cfr., Cass., Sezioni Unite, n.ro 10672 dell'
11 maggio 2009). Passando al
merito, nel prosieguo delle avviate riscossioni esattoriali sarà verosimilmente
adottato l’avviso avente ad oggetto l’intimazione ad adempiere, e la
conseguente comunicazione di avvio della procedura di fermo amministrativo;
presumibilmente, il concessionario della riscossione potrà altresì iscrivere
ipoteca sugli immobili del contribuente. Conclusivamente,
il limitato portato applicativo dell’art. 57 del DPR 602/73 alla singola
ipotesi della riscossione tributaria, limitatamente alla sola fase
dell’espropriazione, e la natura del fermo quale misura cautelare, inducono a
ritenere che, sia la cartella di pagamento che gli atti successivi,
segnatamente, gli ultimi due atti dianzi indicati (il fermo e/o l’ipoteca)
saranno impugnabili: a) in caso di pretesa tributaria, con esclusione della
fase espropriativa, davanti alla Commissione Tributaria Provinciale entro i
termini di cui all’art. 21 del D. Lgs 546/92; b1) in caso di pretesa
previdenziale, per motivi attinenti esclusivamente al merito ex art. 24, D.
Lgs. 46/99, con ricorso in opposizione al giudice del lavoro entro il termine
di 40 giorni dalla notifica della cartella di pagamento; b2) con l’opposizione
all’esecuzione per fatti sopravvenuti alla formazione del ruolo (prescrizione)
ex art. 615 del codice di procedura civile nelle forme di cui all’art. 618 bis
dello stesso codice davanti al giudice del lavoro; c) nel caso di credito di
altra natura (sanzioni amministrative) con l’opposizione all’esecuzione ex art.
615 del codice di procedura civile davanti al giudice ordinario (Giudice di
Pace fino ad Euro 15.490,00). Senza attendere
gli ulteriori atti della riscossione, è sempre possibile –in caso di
intervenuta prescrizione- avanzare domanda di sgravio ai singoli enti
impositori interessati. Lo sgravio è il
provvedimento attraverso il quale l’ente dispone la cancellazione totale o
parziale dal ruolo di un importo precedentemente iscritto, qualora sia
dimostrata l'inesistenza totale o parziale della pretesa creditizia per
l’avvenuta prescrizione. In considerazione
delle modifiche in materia introdotte dal D. L. 40 del 25 marzo 2010
(convertito, con modifiche, nella legge 22 maggio 2010 n. ro 73), si rammenta
che in caso di sgravio o pagamento, l’ente creditore deve rilasciare al
contribuente, in triplice copia, una dichiarazione attestante l’avvenuto
pagamento ovvero lo sgravio totale riconosciuto. La liberatoria così rilasciata
è opponibile al concessionario direttamente da parte del contribuente medesimo. V. La Corte costituzionale con l’ordinanza
n. 377 ha dichiarato illegittima la cartella di pagamento priva
dell'indicazione del responsabile del procedimento. L'indicazione del
responsabile del procedimento costituisce infatti un requisito fondamentale
della cartella esattoriale dal momento che «l'obbligo imposto ai concessionari
di indicare nelle cartelle di pagamento il responsabile del procedimento ha lo scopo di assicurare la trasparenza
dell'attività amministrativa, la piena informazione del cittadino e la garanzia
del diritto di difesa, che sono altrettanti aspetti del buon andamento e
dell'imparzialità della pubblica amministrazione predicati dall'art. 97, primo
comma, della Costituzione». Non appena è stata resa pubblica la citata
ordinanza Equitalia s.p.a. che gestisce la riscossione dei tributi su tutto il
territorio nazionale ha adottato, nel giro di pochissimi giorni, tutti gli accorgimenti tecnici necessari
perché le nuove cartelle contenessero tutte le indicazioni. Oggi tutte le
cartelle sono regolari. Il problema
rimane per tutte le cartelle emesse sino alla data dell’ordinanza che sono, in
genere, prive della suddetta
indicazione. Queste cartelle hanno acceso un numero incalcolabile di liti ed i
contribuenti non intendono darsi per vinti. L'ordinanza vale
anche "in ritardo„ Migliaia di cittadini che hanno fatto ricorso contro le
Cartelle da "multe pazze" sono tuttora in attesa di udienza davanti
al Giudice di Pace. Può darsi che al momento in cui è stato depositato il
ricorso, la Corte Costituzionale non avesse ancora emesso l'esplosiva ordinanza
N. 377. Come si fa a introdurla, nel giudizio pendente, come motivo di
illegittimità della cartella? Le 'strade sono due. La prima: depositare una
memoria con il nuovo motivo di ricorso alla cancelleria dei giudice al quale è
stata assegnata la pratica (nome del giudice e numero di ruolo della causa
vengono forniti al momento del deposito del ricorso). Seconda strada:
aggiungere i motivi di ricorso durante la prima udienza. Qualora i
termini sono scaduti, immaginiamo
il caso più complesso: Tizio ha ricevuto una Cartella da multe. Nella
Cartella non c'è l'indicazione del responsabile del procedimento (dunque è
illegittima) ma entro i fatidici trenta giorni non è stato fatto ricorso. Si
può ancora fare qualcosa? La risposta è si. Il cittadino, non potendo più
aggredire" la Cartella, dovrà fare
opposizione alla sua esecuzione. Potrà farlo con un ricorso al Giudice
di Pace se la richiesta di pagamento nella Cartella non supera un certo limite
(in genere 2.580 euro) oppure al Tribunale Civile. La procedura è più complessa
del solito, ma vale la pena tentare. Va preliminarmente osservato che le opposizioni
nel processo esecutivo trovano la loro prima ragion d'essere nella cosiddetta
efficacia incondizionata del titolo esecutivo e più precisamente,
nell'attitudine del titolo a fondare l'avvio e lo svolgimento indisturbato del
processo esecutivo in funzione dell'attuazione coattiva del diritto. Principio quello
sopra indicato che si ritiene ben si adatti anche alla procedura espropriativa
promossa dall'agente della riscossione in base al ruolo. Anche il ruolo -
così come qualsivoglia altro titolo esecutivo tassativamente indicato nell'art.
474 del Cod. di proc. civ. - può essere considerato l'unica condizione
necessaria e sufficiente che legittima l'azione esecutiva dell'agente della
riscossione allorquando agisce in forza delle disposizioni sulla riscossione
delle imposte sul reddito recate dal D.P.R. n. 602/1973. Con la
conseguenza che, analogamente a quanto avviene nell'esecuzione disciplinata dal
codice processuale, le eventuali discordanze tra la situazione che risulta dal
titolo e la realtà giuridica, nonchè le eventuali illegittimità degli atti del
processo esecutivo o della loro direzione soggettiva od oggettiva, non possono
essere fatte valere che in una sede diversa dal processo esecutivo. In quella
separata sede - che allorquando si proceda con il rito ordinario è un autonomo
giudizio di cognizione - l'opponente tende a contestare: a) il fondamento
dell'esecuzione intrapresa (cioè del processo esecutivo) e, quindi, il “se”
dell'esecuzione stessa e, pertanto spiega "opposizione
all'esecuzione"; b) la legittimità
dello svolgimento dell'esecuzione e, quindi, il "come "
dell'esecuzione e, spiega "opposizione agli atti esecutivi"; c) insieme
fondamento e legittimità di svolgimento dell'esecuzione in sede di
distribuzione della somma ricavata dall'espropriazione. Nessuna
opposizione può essere proposta se un processo esecutivo (anche fiscale) non è
iniziato o preannunziato con la notificazione del precetto (o del ruolo,
tramite la cartella esattoriale). Esecuzione ed
opposizione sono caratterizzate da una netta autonomia strutturale e da una
stretta coordinazione funzionale. Le opposizioni
nel processo esecutivo sono disciplinate nel titolo quinto del libro terzo del
codice processuale, cioè dagli articoli dal 615 al 622 c.p.c., e dal disposto
dell'art. 512 dello stesso codice. Il suddetto
titolo è suddiviso in due capi: a) il Capo 1° che
si occupa delle opposizioni del debitore e del terzo assoggettato
all'esecuzione e, più precisamente: nella prima sezione, delle opposizioni
all'esecuzione (art. 615 c.p.c.); nella seconda Sezione (art. 617 c.p.c.) delle
opposizioni agli atti esecutivi; b) il Capo 2° che
si occupa delle opposizioni di Terzi (art. 619 c.p.c.). L'art, 512
inserito nella fase satisfattiva del procedimento espropriativo, cioè nella
fase relativa alla distribuzione della somma ricavata dall'esecuzione, concerne
le controversie che possono insorgere tra i creditori in sede di riparto. Nel nostro
sistema non esistono altre forme di opposizione nel processo espropriativo
disciplinato dal codice di procedura civile oltre quelle sopra indicate. Conversione del
pignoramento (art. 495..c.p.c.) e riduzione del pignoramento (art, 496 c.p.c.)
- ritenute inammissibili nella esecuzione fiscale disciplinata dal D.P.R. n.
602/1973 - non rientrano nella categoria delle opposizioni di cui non
evidenziano le caratteristiche. Infatti, con le
iniziative in discorso non si contesta nè il "Se" nè il “Come"
dell'esecuzione, salva, si intende, la possibilità che nel relativo
procedimento incidentale si compiano degli sconfinamenti sul "se" o
vengano commesse delle irregolarità: sconfinamenti e irregolarità ovviamente
denunciabili, con l'opposizione all'esecuzione gli uni, e con l'opposizione
agli atti esecutivi le altre" . Vedremo appresso
che le disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito stabiliscono
che le opposizioni regolate dagli arti. 615 e 617, del codice di procedura civile
non sono ammesse (art. 57 del Dpr. n.602/73). VI. La contestazione dell'esistenza del
titolo esecutivo o della legittimità della direzione soggettiva od oggettiva
dell'impiego del titolo stesso, così come l'affermazione che il titolo
esecutivo non dovrebbe esistere, sono i diversi concreti aspetti che la legge
prende in considerazione in modo globale con l'impiego della formula della
constestazione del diritto a procedere ad esecuzione forzata . Consegue che il
contenuto minimo dell'opposizione all'esecuzione è rappresentato dalla domanda
di accertamento negativo del diritto di procedere ad esecuzione forzata . L'opposizione
agli atti esecutivi, come già osservato, investe il come dell'esecuzione
forzata, cioè la regolarità formale del titolo esecutivo e degli altri atti
della procedura espropriativa. La funzione
tipica dell'opposizione agli atti esecutivi è individuabile, pertanto,
"nella contestazione delle modalità dell'esercizio concreto dell'azione
esecutiva e nell'individuazione del metro di valutazione di tali modalità nella
loro regolarità formale . Contestandosi la
regolarità formale del titolo, non si pone in discussione il diritto di
procedere all'esecuzione di cui il titolo costituisce la necessaria condizione.
E la
giurisprudenza ha avuto occasione di affermare che la contestazione della
regolarità formale del titolo esecutivo rimane praticamente limitata al difetto
di spedizione in forte esecutiva . Va, però, subito precisato che "le irregolarità (del titolo esecutivo)
che danno luogo a nullità investono il “
se “ dell'esecuzione e perciò costituiscono materia di opposizione
all'esecuzione". Le opposizioni
regolate dagli articoli da 615 a 618 del codice di procedura civile non sono
ammesse, ma il debitore esecutato non è
lasciato senza tutela. Il legislatore,
infatti, ha apprestato in favore del contribuente debitore alcuni. rimedi per
contestare la procedura di riscossione coattiva illegittima. Il primo di tali
rimedi è ravvisabile nel disposto dell'art. 19 del D. Lgs. N. 546/1992.(atti
impugnabili), che offre al contribuente di predisporre una sorta di difesa
preliminare: infatti esso prevede la possibilità di adire la competente
Commissione tributaria provinciale per impugnare il ruolo, o meglio, la
cartella esattoriale notificata, cioè, un atto che precede ancora la vera e
propria fase della riscossione coattiva in queste due ipotesi: 1) che il ruolo
non sia stato preceduto da un avviso di accertamento o da un provvedimento di
irrogazione di sanzioni pecuniarie; 2) che il ruolo presenti dei vizi
intrinseci propri. I rimedi
apprestati dagli articoli 57-58-e-59 del D.P.R. n. 602/1973 riguardano, invece,
la riscossione coattiva vera e propria, cioè, l'esecuzione fiscale intrapresa
dall'agente della riscossione in base al ruolo. I rimedi sopra
surrichiamati hanno sicuramente natura giurisdizionale e, concernono,
rispettivamente, l'opposizione di terzi e l'azione giudiziaria. Si richiedono al
giudice ordinario competente per territorio con ricorso contro gli atti
esecutivi dell'agente della riscossione. Con il rimedio
dell'opposizione agli atti esecutivi che si propone con ricorso alla
Commissione Tributaria vanno denunziati anche i vizi formali della cartella di
pagamento e del pignoramento. La dottrina non
ha mancato, però, di ricordare che
nell'ipotesi di nullità insanabili della cartella di pagamento, le
opposizioni possono proporsi, anche avverso l'atto conclusivo
dell'espropriazione.( pignoramento ) in quanto, la nullità della cartella di
pagamento investe e travolge tutti gli
atti successivi , in omaggio al
principio che l'atto nullo non può produrre alcun effetto. L'atto conclusivo
dell'espropriazione ha la natura di provvedimento giurisdizionale impugnabile
dinanzi al giudice dell’esecuzione. I terzi che
pretendano di avere la proprietà e altro diritto reale sui beni pignorati
possono proporre opposizione, con le limitazioni stabilite dall'art. 57,
secondo comma del D.P.R. n. 602/1973, e, quindi far valere l'inefficacia del
pignoramento, mediante ricorso al giudice dell'esecuzione, prima della data
fissata per il primo incanto. VII. Non sono ammesse :a) le
opposizioni regolate dall'articolo 615 del codice di procedura civile, fatta
eccezione per quelle concernenti la pignorabilità dei beni; b) le opposizioni
regolate dall'articolo 617 del codice di procedura civile relative alla
regolarità formale ed alla notificazione del titolo esecutivo. 2. Se è proposta
opposizione all'esecuzione o agli atti esecutivi, il giudice fissa l'udienza di
comparizione delle parti avanti a sé con decreto steso in calce al ricorso,
ordinando al concessionario di depositare in cancelleria, cinque giorni prima
dell'udienza, l'estratto del ruolo e copia di tutti gli atti di esecuzione. Per le garanzie giurisdizionali relative alle
entrate non devolute alle commissioni tributarie, vedi l'art.29 del D.Lgs. 26
febbraio 1999, n.46, Le disposizioni
del presente articolo vanno correlate con quelle del successivo articolo 60,
concernente la sospensione dell'esecuzione da parte del giudice dell'esecuzione.
La materia disciplinata da tali disposizioni e da quelle del seguente articolo
59 (risarcimento dei danni) era in precedenza regolata, sino al 30 giugno 1999,
dall'articolo 53 dello stesso decreto n. 602/73 ora modificato. Secondo tale
previgente disciplina 1e opposizioni all'esecuzione e quelle contro gli atti
esecutivi regolate dagli articoli da 615 a 618 c.p.c. non erano ammesse, la
sospensione dell'esecuzione da parte del giudice ordinario era consentita solo
in caso di opposizione di terzo ex art.619 e l'azione giudiziaria per il
risarcimento del danno - in alternativa, ma anche a conferma dei predetti
limiti posti alla tutela giurisdizionale - era data solo dopo il compimento
dell'esecuzione, Nel sistema introdotto con la riformulazione delle norme
concernenti la specifica materia, per un verso, si è soppressa la speciale
"giurisdizione" in precedenza accordata, dal previgente articolo 53
del D.P.R. n.602/73, all'Autorità amministrativa, ivi compreso il quasi
esclusivo potere di sospensione dell'esecuzione, e, per altro verso, si è
ricostituita la piena tutela giurisdizionale del debitore nelle rispettive sedi
di competenza. La copiosa giurisprudenza, anche costituzionale, sul precedente
sistema normativo si è formata prevalentemente, per non dire esclusivamente,
proprio con riferimento al preesistente difetto assoluto di giurisdizione
dell'A.G.O. che è stato ora normativamente eliminato. Quindi il sistema, ora,
risulta profondamente modificato poiché tra i principi e i criteri direttivi
contenuti nella legge di delega di riforma della riscossione si trova quello
che prevede la necessità di introdurre adeguate forme di tutela per le entrate
non tributarie e di eliminare talune preclusioni o limitazioni di tutela per
quanto attiene alle entrate tributarie. Tali previsioni hanno trovato puntuale
realizzazione essendo stato attribuito al giudice dell'esecuzione il potere di
sospendere l'esecuzione, se ricorrono gravi motivi e vi sia fondato pericolo di
grave e irreparabile danno; viene inoltre ammessa l'opposizione all'esecuzione
da parte dell'esecutato quando il pignoramento ha per oggetto beni
impignorabili. Quanto ai crediti di natura tributaria, si rinviene, oltre alla
sospensione giudiziale, in presenza per il contribuente del pericolo di danno
grave e irreparabile, la sospensione amministrativa della riscossione.
L'articolo 39 del nuovo decreto n. 602/73 stabilisce, infatti, che l'ufficio
delle entrate hanno la facoltà di
disporre la sospensione della riscossione con provvedimento motivato notificato
al concessionario e al contribuente; tale atto ha efficacia fino alla data di
pubblicazione della sentenza della Commissione Tributaria Provinciale. II
provvedimento suddetto, peraltro, può essere revocato -se sopravviene un
fondato pericolo per la riscossione. Conseguentemente, a seguito delle
introdotte innovazioni, nel nuovo regime permane l'inammissibilità delle
opposizioni previste dagli articoli 615 (relative all'avviso di intimazione di
pagamento, ma non alla pignorabilità dei beni) e 617 (riguardanti la regolarità
formale e la notificazione del ruolo) del codice di procedura civile. Il
procedimento di opposizione all'esecuzione o agli atti esecutivi del
concessionario si potrà svolgere solo dinanzi al giudice dell'esecuzione
giacché è definitivamente venuto meno ogni intervento in materia da parte
dell'ex Intendente di Finanza. Il giudice potrà, inoltre, sospendere
l'esecuzione in presenza di gravi motivi e ricorrendo il fondato pericolo di
grave e irreparabile danno. Quanto al coniuge, ai parenti e agli affini sino al
terzo grado del debitore iscritto a ruolo, nonché dei coobbligati, viene ad
essi riconosciuta la facoltà di opporsi all'esecuzione sui beni pignorati solo
se siano in grado di provare il loro diritto di proprietà su tali beni secondo
le modalità previste dal novellato articolo 58 del D.P.A. n. 602/73 (vedi anche
l’ articolo 76 sulla procedura immobiliare). Si ritiene che la
natura dell’opposizione in questione
previsto dallo art. 57 del, D.P.R. n. 602/1973 sia assimilabile a quella
dell'opposizione agli atti esecutivi disciplinata dall'art. 617 del codice di
procedura civile. E’ stato
osservato che il ricorso previsto dall'art. 57 del D.P.R. n. 602/1973 "è
informato al principio della garanzia giuridica delle situazioni giuridiche dei
cittadini nei confronti della pubblica amministrazione, essendo concepito come
un mezzo predisposto dall'ordinamento non a tutela esclusiva dell'interesse
generale, bensì prevalentemente a tutela dei cittadini, come è fatto palese
dalla circostanza che di esso possono avvalersi quei cittadini, che lamentino
di essere stati lesi dagli atti esecutivi dell'agente della riscossione."
. La tutela
cautelare nella fase espropriativa consegue, pertanto, al ricorso prodotto dal
contribuente o dall'interessato avverso
i materiali atti di esecuzione compiuti dall'agente della riscossione
direttamente o, su sua istanza, dall'Ufficiale procedente. Ma è essenziale
tener presente che la speciale competenza attribuita al giudice con il disposto
del surrichiamato art. 57 del D.P.R. n. 602/1973 "è diretta a garantire il
contribuente - e colui che come tale va considerato nei riguardi
dell'obbligazione tributaria - contro irregolarità od abusi che possono
verificarsi nella condotta della procedura tramite ruolo. Investe, cioè, solo
la fase della riscossione del tributo e non può, pertanto, estendersi al titolo
per il quale si procede, a meno che tale titolo o il precetto sia affetti da
nullità totale. La
giurisdizione si estende al controllo
della regolarità formale degli atti esecutivi dell'agente della riscossione che
procede al recupero coattivo di entrate non erariali in base a ruolo . Il Ministero
delle Finanze, ritenuto che nella fattispecie prevista dall'art. 57 del D.P.R.
n. 602/1973 vengono in considerazione quei ricorsi che si sostanziano in una
opposizione agli atti esecutivi, in quanto deducono irregolarità del relativo
procedimento, ha precisato che il giudice è chiamato ad accertare non la
legittimità dell'imposizione, sia con riguardo all'autorizzazione che alla
misura del tributo, ma la regolarità della procedura intrapresa dall'Agente
della riscossione per il recupero del credito, con la conseguenza che deve
ritenersi di competenza dello stesso l'intervento in materia, e l'eventuale
sospensione del procedimento esecutivo, qualora ne ricorrano le condizioni
stabilite dalla normativa vigente". E' stato ritenuto
che detta giurisdizione trova la propria giustificazione non soltanto
nella necessità della unicità della giurisdizione, ma anche nella circostanza
che i ruoli formati dagli Enti diversi dallo Stato sono resi esecutivi
dall’Agente della riscossione e nella ulteriore circostanza che le norme
dettate dal D.P.R. n. 602/1973) si
applicano anche per la riscossione delle entrate di Enti di-versi dallo Stato ,
e, infine, "nell'esigenza di garantire ai soggetti destinatari
dell'imposizione, anche nel caso di ruoli emessi da Enti diversi dallo Stato,
la necessaria tutela giuridica nella fase esecuti-va, fase che non può che
essere assoggettata alla verifica della regolarità degli atti da parte del
giudice. E' stato
autorevolmente affermato che la norma
dell'art. 57 del D.P.R. n. 602/1973 ha lo scopo di dare al contribuente una
difesa equa e sollecita attraverso il giudice, il quale in tal modo è messo in
grado di riparare gli errori e gli abusi dell' agente della riscossione con un
mezzo semplice e immediato". Il Consiglio di
Stato ha avuto occasione di chiarire
che: 1) condizione per
l'ammissibilità dell’opposizione che l'atto impugnato sia dell'agente della riscossione;
2) non si ritiene
necessario invece, che l'atto dal quale il contribuente si ritiene gravato sia
un atto esecutivo, bastando che si tratti di atto diretto ad assicurare la
riscossione; Ne consegue
che il ricorso deve perciò ritenersi
ammesso anche contro l'avviso di intimazione di pagamento, specie se sfornite del nominativo del
funzionario responsabile del procedimento, al fine di assicurare la trasparenza
dell’attività amministrativa, l’informazione del cittadino e la garanzia del
diritto di difesa. Una autorevole
dottrina, peraltro, ha ritenuto che nell'ambito dell’opposizione in
questione rientrano non solo le
controversie insorte, in sede di esecuzione forzata, ma anche quelle che
investono la responsabilità del contribuente, in tema di pagamento dell'imposta
. Non si
possono denunziare i vizi che attengono
alla regolarità formale degli atti esecutivi posti in essere dall'agente della
riscossione e, pertanto, il suo contenuto essenziale deve ravvisarsi nella
denunzia di una violazione alle regole procedurali dell'esecuzione, violazione
che può comportare tanto l'annullamento , quanto l'annullabilità dell'atto. Ond'è che, se il
vizio non comporta la nullità (assoluta) dell'atto, alla dichiarazione di
nullità non potrà pervenirsi, quando l'atto abbia raggiunto lo scopo o,
comunque, quando il vizio sia stato sanato col compimento di ulteriori atti
provenienti da chi aveva interesse a fare valere la nullità. Le disposizioni
sulla riscossione delle imposte sul reddito non stabiliscono alcun termine per
la proposizione dell’opposizione contro gli atti esecutivi dell'agente della
riscossione che procede in esecutivis in base a ruolo. Per cui nella
fattispecie si dovrebbe ritenere,
ugualmente applicabile il termine perentorio fissato dall'art .617 del Codice
di procedura civile (20 giorni). Ciò per un
diverso ordine di motivi: a)
innanzitutto perché, in genere sussiste la possibilità di un rinvio
formale, alla disciplina del Codice di procedura civile per tutto quanto non
diversamente stabilito dalle disposizioni sulla riscossione delle imposte sul
reddito che, sul punto, nulla precisano; b) in secondo luogo, un termine più
lungo di quello fissato per la procedura ordinaria si porrebbe in evidente
contrasto con il particolare sistema dei mezzi di tutela apprestati dal
legislatore e da esso riconosciuti come i più compatibili con i modi
dell'esecuzione tramite ruolo; c) sarebbe in contrasto con la ratio della
particolare espropriazione tramite ruolo stabilire per la proposizione delle
censure, d’invalidità dei relativi atti di procedura, termini meno brevi di
quelli stabiliti per la proposizione delle questioni incidentali (quali sono
appunto le opposizioni in parola) nel normale processo esecutivo. Attesa la brevità
dei termini concessi all'agente della riscossione per il compimento degli atti
esecutivi, sembra doversi ritenere che il termine non possa essere diverso da
quello di venti giorni previsto dal rito
ordinario. Un termine
maggiore, invero, potrebbe far perdere al ricorso il requisito della attualità
in senso stretto e potrebbe, a volte, determinare le sanatorie conseguenti al
compimento dell'atto successivo a quello viziato. Ma l’opposizione
agli atti esecutivi con la quale si impugna un atto radicalmente nullo, al
punto da potersene raffigurare l’inesistenza, non può essere soggetto al suddetto termine perentorio di
venti giorni. Non vi è dubbio,
pertanto, che l’opposizione in parole contro gli atti esecutivi dell’agente
della riscossione, può essere proposto sino a che non sia compiuto la vendita
dei beni pignorati. Successivamente è inammissibile.