Pubblicazione legale
La rilevanza penale degli atti di bullismo
Pubblicato su IUSTLAB
Il bullismo è un fenomeno di
estrema attualità che spesso resta confinato fra le mura scolastiche ove, nella
maggior parte dei casi, trova la sua più ampia manifestazione. Sebbene le condotte assimilabili a
tale definizione spesso possano essere gestite in modo efficace dagli adulti di
riferimento dei soggetti coinvolti, in primis le autorità scolastiche ma non
ultime le famiglie, in alcuni casi il bullismo può portare ad estreme
conseguenze, con atti che assumono rilevanza penale. E’ bene premettere, posto che
l’ambiente scolastico è frequentato per lo più da ragazzi minorenni, che a
partire dagli anni 14 tutti i soggetti vengono considerati imputabili, previa
valutazione in concreto della capacità di intendere e di volere, con la
specifica competenza del Tribunale per i Minorenni, ove il processo si
celebrerà con un rito appositamente pensato per il recupero del minorenne che
delinque. Al di sotto di tale età vige, invece, la presunzione di non
imputabilità. Ciò premesso, appare utile scorrere
le fattispecie di reato che possono essere integrate da condotte di bullismo,
che non ha un suo specifico riferimento in una norma penale, ma può essere
ricondotto a svariati delitti previsti dal nostro codice. In primis, qualora gli atti di cui
sopra, dovessero essere caratterizzati da forme di violenza fisica, potranno
vedersi integrati il reato di percosse (art. 581 c.p.) sanzionato con la pena
della reclusione fino a 6 mesi o con la multa fino ad euro 309,00, qualora
dagli atti violenti non derivi una malattia nel corpo o nella mente, oppure il
più grave delitto di lesioni personali (art.
582 c.p.) punito, nella forma più lieve e non aggravata, con la pena
della reclusione da 6 mesi a 3 anni. Quando, invece, il bullismo di
manifesta con condotte volte specialmente alla sottomissione, alla prostrazione
ed umiliazione, altre sono le fattispecie che possono essere richiamate ed
eventualmente contestate al soggetto che le pone in essere. Ed infatti, condotte volte alla
denigrazione ed al dileggio pubblico possono integrare il delitto di
diffamazione (art. 595 c.p.) che sanziona proprio la condotta di chi
comunicando con più persone offende l’altrui reputazione, con la pena, sempre
nella forma non aggravata, della reclusione sino ad 1 anno e la multa fino ad
euro 1.032,00. Tale specifico reato si manifesta con grande frequenza nei casi
di c.d. cyberbullismo, manifestazione parzialmente diversa rispetto al
bullismo, anch’esso di estrema attualità in quanto commesso a mezzo internet
(email, social network e simili). Altra fattispecie di reato
astrattamente riconducibile al fenomeno in parola, è costituita dalla violenza
privata (art. 610 c.p.) che sanziona la condotta di chi, con violenza o
minaccia, costringe taluno a fare, tollerare od omettere qualcosa con la pena
della reclusione fino ad anni 4. La stessa minaccia di un male
ingiusto, se non accompagnata dall’aspetto costrittivo di cui sopra, integra un
diverso illecito penale (art. 612 c.p.) punito con la multa fino ad euro
1.032,00 o nella forma aggravata (ad esempio per essere posta in essere con
armi – si pensi anche solo ad un taglierino – o da più persone riunite) con la
reclusione fino a 1 anno. Si giunge, infine, alla forma più
intensa e perdurante nel tempo di bullismo, che può integrare il delitto di
atti persecutori (c.d. stalking art.
612 bis c.p.) che punisce chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta
taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura
ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un
prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva
ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita, con
la pena della reclusione da 1 a 6 anni. Un reato di gravità elevata e che può
giustificare, in casi estremi, persino la misura cautelare della custodia in
carcere. Fattispecie di recente introduzione
sul tema in parola è quella prevista dall’art. 612 ter c.p. che titola:
Diffusione di immagini o video sessualmente espliciti (c.d. revenge porn),
sanzionato con la reclusione da 1 a 6 anni e la multa da euro 5.000,00 ad euro
15.000,00. Tale reato, non infrequente nelle relazioni fra giovani, sanziona la
diffusione, quale vendetta od occasione di schernimento, di immagini a
contenuto sessuale, sanziona non solo chi realizza e dopo diffonde foto o
immagini sessualmente esplicite ma anche chi le riceva e le inoltri a terzi. Ultimo reato che, purtroppo, si
presenta con crescente frequenza in conseguenza di forme per lo più di
cyberbullismo, è l’istigazione al suicidio (580 c.p.) che sanziona la condotta
di chi determina o rafforza in altri il proposito di suicidarsi, con la pena
della reclusione da 5 a 12 anni. Come si vede, il fenomeno del
bullismo è tutt’altro che irrilevante o marginale, implicando anche nelle sue
forme più comuni, la violazione di molteplici norme penali, con conseguenze
processuali anche di estrema rilevanza.
E’ quindi opportuno segnalare
sempre episodi riconducibili a tali condotte, anche rivolgendosi all’Autorità
Giudiziaria, prima che si arrivi ad estreme conseguenze.