Pubblicazione legale:
La Corte di cassazione, con la sentenza 28791/2017, torna a pronunciarsi in tema di trasferimento individuale dei lavoratori.
Lo fa ribadendo due importanti principi. In primo luogo, quello per cui il vaglio giurisdizionale circa la sussistenza delle comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive del trasferimento deve limitarsi ad accertare la congruenza tra il provvedimento adottato dal datore di lavoro e le finalità tipiche dell'impresa, non potendo investire il merito della scelta operata dall'imprenditore. Quest'ultima, infatti, deve considerarsi legittima non solo laddove presenti i caratteri dell'inevitabilità, ma anche quando concreti una delle possibili scelte, tutte ragionevoli, che il datore di lavoro avrebbe potuto adottare sul piano tecnico, organizzativo e produttivo.
In secondo luogo, rammenta la Suprema corte come il lavoratore, pur in presenza di un trasferimento che lo stesso ritenga (a ragione o a torto) illegittimo, non possa “farsi giustizia da sé”, decidendo arbitrariamente di non presentarsi al lavoro, ma debba necessariamente ottenere il preventivo avvallo giudiziale (conseguibile anche in via d'urgenza) circa l'effettiva illegittimità del provvedimento datoriale. Questo perché la prestazione lavorativa può essere legittimamente rifiutata - invocando l'eccezione di inadempimento indicato dall'articolo 1460 del codice civile - solamente in presenza di un grave (”totale” secondo la pronuncia in esame) inadempimento dell'altra parte, ovvero laddove risultino minacciati beni di rango primario, quale la tutela della salute del lavoratore.
Fonte: Il Sole 24 Ore - Norme e Tributi - leggi l'articolo