Avvocato Luana Giangregorio a Meolo

Luana Giangregorio

Avvocato

Informazioni generali

Avvocato esperta in protezione dei dati personali, diritto civile, diritto digitale, diritto societario e contrattualistica. Si occupa di assistenza giudiziale e stragiudiziale affiancando imprese e professionisti nella gestione legale dei processi digitali e tecnologici. Il suo approccio è rivolto alla prevenzione del contenzioso e alla tutela dell’immagine aziendale, anche rispetto a profili di responsabilità legati alla gestione illecita dei dati, alla violazione di obblighi contrattuali e alla sicurezza informatica.

Esperienza


Diritto penale

Offro assistenza legale in materia di reati informatici e responsabilità penale connessa all’uso delle tecnologie digitali. Mi occupo di tematiche quali accessi abusivi a sistemi informatici, frodi online, data breach, phishing, cyberstalking e violazioni della normativa in materia di protezione dei dati personali.


Diritto commerciale e societario

Offro assistenza a soci, amministratori, liquidatori e terzi su tutte le questioni di governance e gestione dell'impresa. SupportO imprese, società, start-up e professionisti nella gestione delle dinamiche giuridiche connesse all’organizzazione e allo svolgimento dell’attività economica. L’assistenza comprende la costituzione di società, la predisposizione e revisione di statuti, patti parasociali e governance interne, nonché la redazione e negoziazione di contratti commerciali, accordi di collaborazione, distribuzione, fornitura e appalti.


Diritto dell'informatica

Mi occupo di tutti gli aspetti giuridici legati all'uso delle tecnologie informatiche, come la tutela dei dati personali e della proprietà intellettuale, rapporti tra fornitori e utenti di servizi informatici e commercio elettronico.


Altre categorie

Diritto civile, Proprietà intellettuale, Privacy e GDPR, Contratti.



Credenziali

Pubblicazione legale

Il nuovo reato di Deepfake (Legge 132/2025)

Pubblicato su IUSTLAB

Il 10 ottobre 2025 è entrata in vigore la Legge n. 132/2025, introducendo nel nostro ordinamento il reato di " illecita diffusione di contenuti generati o alterati con sistemi di intelligenza artificiale " (art. 612 quater c.p.). Questa normativa risponde alla crescente diffusione di contenuti manipolati digitalmente, noti come deepfake, che pongono gravi rischi per la dignità, la reputazione e la sicurezza delle persone. 1. La nuova disciplina: ambito penale e aggravanti Con la Legge 132/2025, l'Italia ha introdotto nel codice penale l’art. 612 quater c.p. che punisce con la reclusione da 1 a 5 anni chiunque, senza il consenso dell’interessato, diffonda immagini, video o audio "falsificati o alterati" tramite intelligenza artificiale e idonei a trarre in inganno sulla loro genuinità, arrecando un danno ingiusto alla vittima. Il reato è generalmente perseguibile solo a querela, salvo vittime vulnerabili o altri aggravanti (ad esempio, se commesso contro pubbliche autorità). In parallelo, la legge ha introdotto un'aggravante generale per qualunque reato commesso tramite IA, quando costituisce un mezzo insidioso o potenzia le conseguenze del crimine, un'innovazione che riconosce la specifica pericolosità sociale dell’AI nel commettere crimini. 2. Non sempre è reato: eccezioni Non tutti i deepfake sono penalmente rilevanti. L’impiego è lecito: Se avviene con consenso esplicito (ad esempio, cameo artistico su richiesta dell’interessato, scopi satirici o ludici, documentari dichiarati). Se è destinato ad ambiti artistici, culturali o didattici, purché non vi sia intento ingannatorio o lesivo (ad esempio, ricostruzioni storiche digitali). Se resta in ambito privato e non arreca danno a terzi, in assenza di violazione della reputazione o della dignità. 3. Profili civili: tutela urgente e responsabilità piattaforme Il diritto civile dovrà garantire azioni rapide "take - down" dei deepfake lesivi, anche tramite provvedimenti d’urgenza. Uno dei nodi critici è la responsabilità delle piattaforme che ospitano questi contenuti: la legge italiana, al momento, rinvia alle regole europee (DSA e AI Act), che impongono obblighi di trasparenza, risposta tempestiva alle segnalazioni e watermark digitale, ma non prevedono sanzioni automatiche e immediate a carico dei social o dei server esteri. A livello pratico, la vittima dovrà agire sia penalmente che civilmente per la rimozione e il risarcimento. 4. Impatto con la normativa europea Le nuove regole italiane sono coordinate con l’ AI Act che vieta i sistemi di intelligenza artificiale manipolativi e impone l'etichettatura dei contenuti sintetici. Il Digital Services Act (DSA) impone nuove procedure di "notice & take down", imponendo alle piattaforme l'obbligo di rimuovere tempestivamente contenuti illegali e di gestire i rischi di disinformazione sistemica. Ciò vale a maggior ragione per i deepfake a sfondo politico (es. manipolazione di elezioni, campagne diffamatorie), dove le pene sono aggravate e sono previste forme di etichettature obbligatorie. 5. Criticità pratiche Il reato è di danno, non di pericolo: occorre dimostrare il danno ingiusto, non basta la semplice produzione o pubblicazione, limitando la rapidità delle azioni repressive e la protezione preventiva della vittima. La responsabilità delle piattaforme non è chiaramente definita; spesso la rimozione deve passare da strumenti europei o da azioni civili separate. L'efficacia dell’etichettatura "watermark" e delle regole europee resta un'incognita, vista la facilità di aggiramento tecnico e la diffusione tramite canali non controllati. La tutela effettiva delle vittime dipende dalla loro capacità di reagire tempestivamente e di avviare la querela; spesso chi subisce un deepfake è colto alla sprovvista, con danni reputazionali che si manifestano prima che le indagini siano avviate e la rimozione sia accordata. 6. Aspetti positivi e valori di sistema L’Italia è la prima in Europa a criminalizzare in modo specifico la diffusione illecita di deepfake, offrendo una difesa innovativa e moderna contro la manipolazione digitale della realtà. Viene finalmente colmato il vuoto lasciato da altre fattispecie (diffamazione, revenge porn), che non coprivano le narrazioni artificiali. Si tutela la dignità, la reputazione, l’identità e la sicurezza delle persone, non solo in casi di vita privata, ma anche per la protezione del dibattito pubblico e democratico (elezioni, disinformazione politica). La legge prevede un regime "dinamico": il legislatore ha inserito deleghe per aggiornare la disciplina, integrandola in base all’evoluzione tecnologica. 7. Esempi pratici e casi recenti Un esempio emblematico è il caso “deep nude”, in cui il Garante Privacy italiano ha bloccato una app che generava immagini di donne “spogliate digitalmente” da foto comuni. Il provvedimento ha sottolineato la necessità di agire a tutela della dignità e della privacy dei soggetti, con particolare riguardo ai minorenni e ai soggetti vulnerabili. Conclusione La nuova normativa rappresenta un modello di riferimento, con effetti deterrenti importanti e un primo baluardo contro la manipolazione della realtà digitale. Resta però necessario un sistema integrato (penale, civile, europeo e amministrativo) affinché la tutela sia tempestiva, efficace e coordinata, anche in funzione delle evoluzioni dell’intelligenza artificiale e delle nuove minacce digitali.

Caso legale seguito

Truffa da phishing e bonifici fraudolenti

Dalla ricostruzione dell’attacco al ricorso all’Arbitro Bancario Finanziario (ABF) per la tutela della vittima di operazioni non autorizzate.

Ho prestato consulenza in un caso di truffa da phishing che aveva colpito un cliente, con sottrazione di credenziali e successivi trasferimenti bancari fraudolenti. L’attività ha riguardato la ricostruzione tecnica e giuridica delle modalità dell’attacco, la predisposizione della denuncia e la gestione operativa del contenzioso con l’istituto di credito. Prima, ho avviato reclamo formale alla banca con contestazione delle operazioni non autorizzate e, successivamente, curato la procedura avanti all’Arbitro Bancario Finanziario (ABF).

Pubblicazione legale

Quando la violazione della privacy diventa reato

Pubblicato su IUSTLAB

La protezione dei dati personali non è solo una questione di compliance al GDPR , ma può assumere anche rilievo penale. In diversi casi, infatti, le condotte illecite non si limitano a determinare sanzioni amministrative o civili, ma configurano veri e propri reati informatici o violazioni penali del Codice della Privacy . 1. Privacy e diritto penale: le norme di riferimento Oltre al GDPR e al Codice Privacy , alcune fattispecie penali disciplinano la protezione dei dati e la sicurezza informatica. Tra le più rilevanti abbiamo: Art. 615-ter c.p. Accesso abusivo a un sistema informatico o telematico : punisce chiunque si introduca abusivamente in un sistema protetto da misure di sicurezza; Art. 640-ter c.p. – Frode informatica : punisce chi, alterando un sistema informatico o intervenendo senza diritto su dati o programmi, procura un ingiusto profitto con altrui danno; Art. 167 Codice Privacy : sanziona il trattamento illecito di dati personali che arrechi nocumento all’interessato, salvo che il fatto costituisca più grave reato; Art. 167-bis e 167-ter Codice Privacy : puniscono, rispettivamente, la comunicazione o diffusione illecita di dati su larga scala e l’acquisizione fraudolenta di archivi di dati personali su larga scala. 2. Phishing e truffe online Un esempio pratico è il phishing , ossia l'inganno informatico con cui si inducono le vittime a rivelare credenziali di accesso, spesso tramite e-mail o siti falsi. Il phishing rientra nella truffa classica (art. 640 c.p.) quando prevale l'inganno ai danni della persona, mentre può configurare frode informatica (art. 640-ter c.p.) , se le credenziali sottratte vengono utilizzate per alterare sistemi o trasferire denaro. 3. Responsabilità delle imprese e D.lgs. 231/2001 Quando i reati informatici vengono commessi nell’interesse o a vantaggio di un'impresa , può applicarsi la disciplina del D.lgs. 231/2001 , che introduce la responsabilità amministrativa degli enti. Tra i reati presupposto della suddetta disciplina rientrano: accesso abusivo ai sistemi informatici; danneggiamento di dati, sistemi o informazioni informatiche (artt. 635-bis e ss. c.p.); frode informatica se commessa in danno dello Stato o di altro ente pubblico. Le conseguenze possono essere molto gravi: sanzioni pecuniarie, interdizione dall'attività o esclusione da appalti pubblici. 4. Come prevenire rischi penali legati ai dati personali Per le imprese, prevenire la commissione di reati informatici non significa soltanto rispettare il GDPR, ma anche ridurre i rischi penali. Alcune misure chiave sono: implementare misure tecniche di sicurezza (autenticazione forte, crittografia, monitoraggio accessi); predisporre policy interne e regolamenti aziendali sull'uso di strumenti informatici; attivare programmi di formazione periodica contro il phishing e la social engineering; adottare un Modello 231 che includa i reati informatici; stabilire un piano di gestione dei data breach , che tenga conto anche dei profili penali e della necessità di conservare prove digitali. Conclusioni I reati informatici rappresentano un punto di intersezione tra normativa privacy, diritto penale e diritto digitale . Una violazione dei dati non comporta soltanto sanzioni amministrative da parte del Garante, ma può integrare vere e proprie fattispecie di reato, con conseguenze personali e aziendali rilevanti. Per questo, le imprese devono adottare un approccio integrato: protezione dei dati personali, cybersecurity e prevenzione penale . Solo così è possibile ridurre il rischio di danni economici, reputazionali e giuridici.

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Luana Giangregorio
Via Ca' Tron, 52
Meolo (VE)

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