Sono Luigi Santoro, avvocato operante nel diritto civile, penale, tributario e bancario. Il mio percorso professionale è stato caratterizzato dalla collaborazione con alcuni dei più prestigiosi studi legali del territorio: ciò mi ha permesso di acquisire solide basi per fondare il mio studio legale, nel quale ho il piacere di collaborare con eccellenti Colleghi, ognuno esperto in diverse branche del diritto. Ciò è alla base del supporto completo che garantisco ai clienti. Rivesto inoltre il ruolo di segretario provinciale di "Adicu Aps", un'importante associazione nazionale a difesa dei diritti dei consumatori. Contatti sul web.
Membro dell'associazione nazionale di professionisti "Cammino", per la tutela della famiglia, dei minori e dei soggetti fragili, nel corso degli anni ho sviluppato empatia ed esperienza per la tutela dei diritti ed interessi legittimi dei minori e delle coppie coniugate o in regime di convivenza "more uxorio". Mi occupo a 360° della difesa dei diritti della famiglia e garantisco la massima assistenza e disponibilità ai miei clienti.
Ho dedicato anni a rappresentare genitori in questioni di custodia, lavorando per garantire il benessere dei minori coinvolti. Ho affrontato casi di custodia con varie complessità, includendo decisioni di affidamento condiviso, unico o modifiche a disposizioni esistenti. La mia pratica comprende la negoziazione di accordi di custodia, la presentazione di prove in tribunale e la consulenza legale per i genitori.
Ho assistito numerosi clienti nella gestione di questioni complesse legate alle successioni e alle eredità. Ho una profonda conoscenza delle leggi e delle procedure relative alle successioni, nonché una solida comprensione delle dinamiche familiari coinvolte. La mia esperienza include la redazione di testamenti, la gestione delle controversie ereditarie, l'interpretazione delle volontà testamentarie e la distribuzione dei beni.
Separazione, Divorzio, Diritto civile, Diritto tributario, Diritto penale, Diritto bancario e finanziario, Recupero crediti, Diritto immobiliare, Domiciliazioni, Tutela del consumatore, Negoziazione assistita, Tutela dei minori, Contratti, Sfratto, Risarcimento danni, Multe e contravvenzioni, Malasanità e responsabilità medica, Proprietà intellettuale.
" Gli effetti della separazione non possono essere posti nel nulla dalla mera circostanza che uno dei due coniugi non abbia rilasciato la casa familiare in favore dell’altro coniuge, proprietario esclusivo, e che quest’ultimo abbia tollerato tale situazione, se la persistenza della coabitazione non è connotata dal mantenimento o dal ripristino della comunione spirituale e materiale di vita tra i coniugi; la riconciliazione deve essere manifestata per mezzo di un comportamento inequivoco, che esprima senza possibilità di dubbio la ricostituzione di un progetto di vita comune, connotato da tutti i doveri che discendono dal matrimonio " ( Cassazione civile, sez. I, ordinanza 13 aprile 2023, n. 9839 ). La sentenza del Tribunale di Modena sulla cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario tra la ricorrente e R.S. ha suscitato un dibattito legale riguardo alla coabitazione post-separazione. Il Tribunale ha stabilito l'assegno divorzile a carico di R.S. di euro 500,00 mensili, con rivalutazione monetaria annuale. Tuttavia, la ricorrente ha presentato un appello sostenendo che la coabitazione dopo la separazione non implica la cessazione degli effetti civili del matrimonio. La Corte di Bologna ha respinto l'appello sulla riconciliazione, ma ha accolto parzialmente l'appello sulla quantità dell'assegno, stabilendo un importo di euro 800,00 mensili. La ricorrente ha presentato un ricorso per cassazione, sostenendo che la legge italiana non ammette una separazione in cui rimane in essere l'obbligo della coabitazione. La testimonianza della figlia sulla relazione extraconiugale della madre è stata giudicata inattendibile. La Suprema Corte, nel respingere il ricorso presentato dalla moglie, ha evidenziato che la separazione giudiziale tra i coniugi era stata dichiarata ritualmente e che la sentenza non era stata impugnata. Di conseguenza, la separazione produceva pienamente i suoi effetti tra le parti, salvo che vi fosse una espressa dichiarazione di riconciliazione o un comportamento incompatibile con lo stato di separazione. La coabitazione può essere un indizio di riconciliazione tra i coniugi, ma solo se esiste un progetto di vita comune improntato alla solidarietà, alla reciproca collaborazione e alla assistenza morale e materiale. La mera coabitazione non è sufficiente a dimostrare la riconciliazione tra coniugi separati, ma è necessario il ripristino della comunione di vita e d'intenti, materiale e spirituale, che costituisce il fondamento del vincolo coniugale . La Corte ha affermato che il coniuge che vuole far accertare la riconciliazione ha l'onere di fornire una prova piena e incontrovertibile della ricostituzione del consorzio familiare . In questo caso, la Corte ha escluso che vi fosse stata una riconciliazione tra i coniugi, in quanto questi vivevano nella stessa casa, ma separatamente, senza alcun rapporto né di affetto né di amore, dormendo separati e vivendo come estranei, senza neppure collaborare nella gestione della casa. In conclusione, gli Ermellini hanno correttamente applicato il principio della riconciliazione e ha emesso una decisione in base alle prove presentate, che non può essere oggetto di revisione in questa sede. Inoltre, non è ammissibile il ricorso riguardo alla valutazione delle prove istruttorie, basato su argomenti generici o circostanze irrilevanti, come il contenuto delle dichiarazioni fiscali. In sostanza, il fatto che uno dei coniugi non abbia lasciato la casa familiare in favore dell'altro non implica necessariamente una riconciliazione. La coabitazione deve essere accompagnata dal ripristino della comunione spirituale e materiale tra i coniugi, e la riconciliazione deve essere manifestata attraverso un comportamento inequivocabile che dimostri la volontà di ricostruire un progetto di vita comune, con tutti i doveri che derivano dal matrimonio.
"Giovane avvocato con una buona esperienza ed un'ottima preparazione."
Avvocato operante nei campi del diritto civile, penale e tributario. Consulente legale per imprese e aziende.
Assistenza e consulenza legale nella gestione di ogni problematica afferente al diritto civile ed al diritto penale, sia in fase stragiudiziale, quanto in fase giudiziale.
Studio legale specializzato nel diritto penale, nella procedura penale e nella fase esecutiva. Dominus: Avv. Massimo ed Emiliano Torre.
Lex Consult è una azienda specializzata nella organizzazione e gestione di servizi di consulenza a sfondo legale per le imprese ed in particolare per le agenzie immobiliari e di intermediazione creditizia.
Sentenza di assoluzione per Fabio Calluori, imputato per bancarotta fraudolenta. Procedimento seguito dagli avv.ti Santoro Luigi, Labonia Simone, Mangieri Angelo e Zingaro Maria Teresa.
Fallimento Archiglass di Mercato San Severino assolto dall’accusa di bancarotta fraudolenta anche Fabio Calluori perché il fatto non sussiste. Il tribunale di Nocera Inferiore ha emesso nelle scorse ore una sentenza nel quale era imputato il figlio di Luigi Egidio Calluori, noto imprenditore locale ricordato per il suo impegno in varie attività nel settore alberghiero, industriale e calcistico nella presidenza del “Potenza Calcio”. Alla morte del padre, nella conduzione delle varie società di famiglia, erano subentrati i figli Fabio e Nicola Calluori. Nel 2016, la famiglia veniva attinta da misure cautelari reali, erano stati sequestrati beni immobili, quote societarie e rapporti bancari per circa un milione e 700mila euro, revocate poi in udienza preliminare su iniziativa difensiva dell’avvocato Simone Labonia e nella stessa occasione Nicola Calluori era stato prosciolto con sentenza di non luogo a procedere. Era rimasto imputato solo Fabio Calluori Fabio che, difeso sempre dall’avvocato Simone Labonia, nelle scorse ore è stato assolto dal tribunale di Nocera Inferiore perché il fatto non sussiste e per non aver commesso il fatto. L’avvocato Simone Labonia, con il suo team (gli avvocato Mangieri, Zingaro e Santoro), ha assistito la famiglia Calluori, che ha visto chiudersi una vicenda dopo anni di procedimento penale.
Il Garante italiano per la protezione dei dati personali ha annunciato di aver raggiunto un accordo con OpenAI, società statunitense specializzata in intelligenza artificiale, riguardo al trattamento dei dati personali degli utenti italiani della piattaforma ChatGPT. Il provvedimento n. 114 dell'11 aprile 2023 dispone la sospensione del provvedimento limitativo adottato con deliberazione d'urgenza del Presidente lo scorso 30 marzo, a patto che vengano adottati correttivi entro il 30 aprile prossimo. L'accordo stabilisce che la società dovrà fornire un'adeguata informativa agli utenti prima del trattamento dei dati personali e modificare la base giuridica del trattamento dei dati degli utenti ai fini dell'addestramento degli algoritmi. Inoltre, la società dovrà predisporre strumenti utili alla richiesta e all'ottenimento della rettifica o della cancellazione dei dati personali generati in modo inesatto dal servizio. La società è anche tenuta a implementare un sistema di verifica dell'età dei minori e ad escludere l'accesso agli utenti infratredicenni e ai minorenni privi del consenso dei genitori. Il Garante della Privacy italiano ha emesso un comunicato in cui ha annunciato la possibilità per l'organizzazione statunitense OpenAI di riprendere il trattamento dei dati degli utenti italiani su ChatGPT, a patto che vengano rispettate tutte le prescrizioni entro la fine di aprile 2023. Il Garante ha anche sottolineato che il provvedimento non interrompe l'istruttoria e non preclude l'adozione di ulteriori misure, se necessarie. Il comunicato è stato il risultato di un dialogo tra l'azienda e l'Autorità italiana, che ha manifestato la disponibilità a collaborare con l'organizzazione per correggere le criticità rilevate e prevenire i rischi connessi alla protezione dei dati personali degli utenti. OpenAI ha dimostrato la propria volontà di migliorare la trasparenza nell'uso dei dati personali, fornendo meccanismi per l'esercizio dei diritti e le garanzie per i minori. L'azienda ha anche pubblicato un articolo sul proprio sito web in cui ha espresso la propria volontà di colmare le lacune nella tutela dei dati personali e di sviluppare sistemi di intelligenza artificiale sostenibili e sicuri. L'Autorità italiana ha sottolineato l'importanza del rispetto delle norme a tutela dei dati personali dei cittadini italiani ed europei, ma ha anche ribadito che non vi è alcuna intenzione di porre un freno allo sviluppo dell'AI e dell'innovazione tecnologica. In conclusione, il dialogo tra OpenAI e l'Autorità italiana è un segnale positivo di apertura e collaborazione tra le aziende e le autorità regolamentari, il che è vitale per garantire la protezione dei dati personali e lo sviluppo sostenibile dell'intelligenza artificiale.
Al quesito in esame è possibile dare risposta assolutamente positiva. Nella presente vicenda, considerato il tenore del contratto di compravendita sottoscritto, si può ritenere che vi sia stata la volontà del venditore di celare la mancanza dell'allaccio alla rete fognaria pubblica degli immobili trasferiti all’acquirente. Secondo quanto disposto in materia di vizi occulti , al momento della stipula del contratto di compravendita, “ il venditore è tenuto a garantire che la cosa venduta sia immune da vizi che la rendano inidonea all'uso a cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore " ( art. 1490 c.c. ). Nel caso di specie, si è di fronte ad una garanzia espressa dalla quale discende che il venditore non è scusabile neppure nell’ipotesi in cui non fosse a conoscenza della circostanza che l’immobile non era collegato alla fognatura. In tal senso, la legge prescrive una garanzia inderogabile di dieci anni per la cosa venduta dal costruttore e, se il bene in questione “ presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti ”, pone l’onere in capo all’acquirente di denunciare il vizio entro il termine perentorio di un anno dalla scoperta ( art. 1669 c.c. ) con conseguente legittimazione per quest’ultimo di richiedere risarcimento del danno ( art. 1494 c.c. ). Motivi Prima di entrare nel merito, è necessario analizzare gli aspetti normativi sottesi alla questione in oggetto. Bisogna innanzitutto soffermarsi brevemente sull'istituto del contratto, più precisamente quello della compravendita, in modo da inquadrare più agevolmente la fattispecie che ci riguarda e determinare gli elementi utili a sostenere la risposta al quesito. La compravendita Il contratto di compravendita è un contratto tipico, previsto dall' art. 1470 c.c. , e prevede " il trasferimento della proprietà di una cosa o il trasferimento di un altro diritto verso il corrispettivo di un prezzo ". Soggiace alla disciplina generale ex art. 1321 c.c. e ss. , nonché a quella dell'intero Titolo II, Libro IV del Codice Civile, secondo quanto stabilito dall' art. 1323 c.c. in materia di tipicità dei contratti. È inoltre un contratto consensuale ( art. 1376 c.c. ), cioè che si perfeziona con il consenso legittimamente manifestato, e ad effetto traslativo ( art. 1465 c.c. ) in quanto prevede il trasferimento della proprietà di una cosa o di un diritto da un soggetto all'altro. I requisiti indispensabili per un valido contratto di compravendita sono: L' accordo tra le parti - per il brocardo latino " stipulatio quae verbis fit, nisi habeat consensum, nulla est " (un contratto che esista solo nelle parole è nullo, se non vi è anche il consenso fra le parti) che rappresenta il primo degli elementi essenziali per l'esistenza di un contratto. Senza l'accordo, l'intera previsione del programma negoziale è da ritenersi nulla, inesistente e improduttiva di effetti giuridici; La causa - rappresenta la funzione economico-sociale del negozio e, nel caso della compravendita, è rappresentata dal rapporto bene-prezzo. Per essere valida, la causa deve essere lecita e meritevole di tutela secondo i principi dell'ordinamento giuridico ( art. 1343 c.c. ); L' oggetto - può essere rappresentato sia dal bene in relazione al quale si svolge l'operazione economica sottesa al contratto, sia l'operazione economica stessa. Nella compravendita, quindi, l'oggetto può essere sia il bene nella sua materialità, sia il trasferimento della proprietà sul bene; La forma , che nel caso di compravendita deve essere solenne, sotto pena di nullità ( art. 1350 c.c. ), indica il mezzo attraverso il quale si manifesta la volontà delle parti. In questo caso è prescritta la forma scritta, redatta dinanzi a un pubblico ufficiale. La compravendita di beni immobili Il contratto di compravendita immobiliare è quel contratto in forma scritta con il quale le parti, venditore (alienante) e acquirente (alienatario), trasferiscono la proprietà di un immobile in cambio di un corrispettivo , concludendosi con la consegna del bene e delle garanzie previste dalla legge. Pertanto, altro elemento essenziale per il contratto di compravendita immobiliare, non ricompreso nella lista dell' art. 1325 c.c. è il prezzo , ovvero la somma di denaro corrisposta per il trasferimento del bene o del diritto, pattuito di norma durante le trattative del contratto medesimo. La sottoscrizione di un contratto di vendita di un immobile fa nascere, sia in capo al venditore che in capo all’acquirente, diritti ed obblighi: tra gli altri, il primo ha il diritto di ricevere dall’acquirente il prezzo pattuito e l’obbligo di consegnare allo stesso l’immobile venduto nello stato di fatto in cui si trova, libero da persone e cose; il secondo ha il diritto di ricevere dal venditore la consegna dell’immobile, nello stato di fatto conosciuto, libero da persone e da cose e l’obbligo di pagare al venditore il prezzo convenuto. Come previsto dall’ art. 1350 n. 1 c.c. , il contratto di vendita immobiliare, ai fini della sua validità, necessita della forma scritta dell’ atto pubblico , ovvero di quel documento redatto, con le richieste formalità, da un Notaio o da altro Pubblico Ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo dove l’atto è formato. Può capitare, inoltre, che le parti, pur avendo raggiunto tra loro un accordo di massima, per svariati motivi (come l’indisponibilità attuale del bene oggetto del contratto, della somma di denaro pattuita come prezzo o di documentazione e/o dati da allegare e/o indicare nel contratto), non stipulino immediatamente il contratto definitivo di vendita, ma si limitino a sottoscrivere un contratto preliminare di vendita immobiliare (c.d. compromesso , ovvero il contratto mediante il quale i contraenti si obbligano a concludere, entro un tempo determinato, un contratto di vendita definitivo, i cui elementi essenziali sono predeterminati nel contratto preliminare stesso). Sia la proposta che il contratto preliminare devono contenere, tra gli altri, i seguenti requisiti: descrizione del bene immobile; indicazione dei dati anagrafici del proprietario e dell’acquirente; descrizione delle obbligazioni che gravano sulle parti; accordo sul prezzo della vendita e modalità di pagamento; prestazione delle garanzie da parte del venditore e, in generale, termini e modalità della vendita . Il contratto vincola le parti ed ha effetto solo tra di esse. Affinché questo e, da ultimo, il contratto preliminare, nei modi ed entro i limiti stabiliti dall’ art. 2645 bis c.c. , siano efficaci anche nei confronti di terzi, essi devono essere resi pubblici col mezzo della trascrizione ; questa deve essere effettuata presso i Registri Immobiliari del luogo in cui il bene immobile venduto o promesso in vendita è situato. Esso è quello strumento di pubblicità che assicura la conoscibilità e l’opponibilità verso i terzi degli atti relativi al trasferimento di beni immobili. La garanzia per i vizi Il venditore deve garantire il bene venduto sia da vizi occulti ( art. 1490 c.c. ) sia dall' evizione ( art. 1476 c.c. ), ossia che la cosa venduta non possa essere rivendicata da altri. La garanzia per vizi occulti è un effetto naturale della compravendita. Con tale tipo di garanzia il venditore garantisce l'assenza di vizi materiali del bene che non ne consentano l'uso per il quale è destinato. La garanzia opera quindi solo se i vizi sono tali da rendere la cosa inidonea, in tutto o in parte, all'uso cui è destinata o sono tali da diminuire sensibilmente il valore del bene . La mancanza delle qualità promesse o delle qualità necessarie per l'uso cui la cosa è destinata, può portare alla risoluzione contrattuale se la mancanza delle qualità eccede il limite di tollerabilità determinato dagli usi, ma non alla sostituzione o alla riparazione. La garanzia per i vizi può essere contrattualmente limitata, ma essa non opera per i vizi che sono stati in malafede taciuti dal venditore, né per i vizi che erano, al momento della stipulazione del contratto, conosciuti o conoscibili usando la diligenza dell'uomo medio. Altresì rileva la pronuncia secondo la quale " In tema di vizi della cosa venduta, la prescrizione dell'azione di garanzia accordata al compratore decorre, in ogni caso, dalla consegna allo stesso del bene, non rilevando in senso contrario che l'acquirente non abbia la possibilità di scoprire il vizio, nonostante l'avvenuta consegna, o che questo gli sia stato dolosamente occultato dal venditore, con espedienti o raggiri, salva tuttavia la possibilità , in tale ultimo caso, di invocare la sospensione della prescrizione , agli effetti dell'art. 2941, n. 8, c.c., ove si accerti la sussistenza di una dichiarazione del venditore, non solo obiettivamente contraria al vero quanto, altresì, caratterizzata dalla consapevolezza dell'esistenza della circostanza taciuta e dalla conseguente volontà decipiente " ( Cass. civ. n. 18891/2017 ). I rimedi per i vizi in esame sono costituiti dalla riduzione del prezzo ( azione estimatoria ) e la risoluzione contrattuale ( azione redibitoria ) dei quali si tratterà nei capitoli successivi. Come la garanzia per i vizi, la garanzia per l'evizione è funzionale alla tutela del compratore per eventuali "vizi giuridici", non conosciuti al momento della conclusione del contratto, che limitano il godimento del diritto o del bene, e può essere totale , quando il compratore subisce l'accoglimento di un'azione di rivendicazione proposta da un terzo, perdendo così la proprietà del bene, parziale quando il bene oggetto del contratto sia solo parzialmente di proprietà altrui e limitativa , quando sul bene i terzi vantino diritti reali minori. La garanzia per i vizi di beni immobili A norma dell' art. 1490 c.c. , il venditore è tenuto a garantire che la cosa venduta sia immune da vizi che la rendano inidonea all'utilizzo cui è destinata ovvero ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore . Il vizio può consistere dunque sia in una imperfezione materiale della cosa che incide sulla sua idoneità ad essere utilizzata sia sulla mancanza di qualità che si concretizza nella carenza dei requisiti di funzionalità, utilità e pregio che la cosa dovrebbe presentare. Il venditore, al fine di perfezionare il contratto di compravendita, ha l'obbligo di consegnare la cosa allo stato in cui si trova al momento della vendita ( art. 1477 c.c. ), nonché di fargli acquisire la proprietà e garantire che questa sia immune da qualsivoglia vizio non denunciato. È bene chiarire che il compratore potrà reclamare per le vie legali solo quelli che la dottrina definisce " occulti ", nel senso che l'acquirente, al momento della stipula, non solo non ne aveva effettivamente conoscenza , ma non avrebbe potuto neppure rilevarli utilizzando l'ordinaria diligenza . Infatti, l’ art. 1491 c.c. stabilisce che se al momento della stipula il compratore conosceva i vizi della cosa, o questi erano facilmente riconoscibili, non potrà applicarsi la disciplina dei vizi, in quanto tacitamente accettati dal compratore. In caso contrario il legislatore ha concesso a quest’ultimo due facoltà per veder ripristinati i propri diritti: domandare, a sua scelta, la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo ( art. 1492 c.c. ). Nel caso di risoluzione del contratto " il venditore deve restituire il prezzo e rimborsare al compratore le spese e i pagamenti legittimamente fatti per la vendita. Il compratore deve restituire la cosa, se questa non è perita in conseguenza dei vizi " ( art. 1493 c.c. ), mentre per la riduzione del prezzo è necessario quantificare, con l'ausilio di un professionista, la somma corrispettiva al pregiudizio arrecato al compratore. Il venditore se non prova la sua ignoranza sui vizi della cosa consegnata, è tenuto a versare al compratore un risarcimento del danno; se da tali vizi derivano ulteriori danni a carico del compratore, il venditore dovrà risarcire altresì tali danni ( art. 1494 c.c. ). Nel caso in esame, oltre al danno sofferto dal vizio della cosa, il compratore dovrà essere risarcito anche del danno derivatogli dal discredito verso la propria clientela, avendo alienato a terzi, cose inconsapevolmente viziate. Difatti il Coppola, prima di venirne a conoscenza, ha venduto parte degli immobili del fabbricato. Recentissima la pronuncia della S.C. che, in materia, afferma: " L'azione di risarcimento dei danni proposta dall'acquirente ex art. 1494 c.c., sul presupposto dell'inadempimento dovuto alla colpa del venditore, consistente nell'omissione della diligenza necessaria a scongiurare l'eventuale presenza di vizi nella cosa, può estendersi a tutti i danni subiti dall'acquirente medesimo e, dunque, non solo a quelli relativi alle spese necessarie per l'eliminazione dei vizi accertati, ma anche a quelli inerenti alla mancata o parziale utilizzazione della cosa, o al lucro cessante per la mancata rivendita del bene; ne discende che tale azione si rende ammissibile in alternativa, ovvero cumulativamente, rispetto alle azioni di adempimento in forma specifica del contratto, di riduzione del prezzo o di risoluzione del contratto medesimo " ( Cass. civ. n. 14986/2021 ). Per esercitare tali facoltà sussistono delle condizioni per l'azione: " In tema di inadempimento del contratto di compravendita, è sufficiente che il compratore alleghi l’inesatto adempimento, ovvero denunci la presenza di vizi che rendano la cosa inidonea all'uso al quale è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore , mentre è a carico del venditore, quale debitore di un’obbligazione di risultato ed in forza del principio della riferibilità o vicinanza della prova, l’onere di dimostrare, anche attraverso presunzioni, di aver consegnato una cosa conforme alle caratteristiche del tipo ordinariamente prodotto, ovvero la regolarità del processo di fabbricazione o di realizzazione del bene; ne consegue che, solo ove detta prova sia stata fornita, spetta al compratore di dimostrare l’esistenza di un vizio o di un difetto intrinseco della cosa ascrivibile al venditore " ( Cass. Civ. n. 21927/2017 ; Cass. Civ. n. 18947/2017 ; Cass. civ. n. 25027/2015 ; Cass. civ. n. 22903/2015 ; Cass. Civ. n. 21949/2013 ). Il problema che si pone, a questo punto, è quello di capire quali difetti o vizi dell’immobile devono essere considerati di tale entità da permettere al compratore di domandare, oltre agli aspetti già considerati della risoluzione del contratto ovvero di riduzione del prezzo ex art. 1492 c.c. (e sempre il risarcimento del danno), anche quanto richiesto nell’oggetto del quesito, cioè l'eliminazione dei vizi strutturali dopo dieci anni dall'acquisto. L’assenza di un impianto fognario a norma, secondo la consolidata dottrina ambientale e urbanistica, rappresenta un potenziale pericolo non solo per il singolo, ma anche per la collettività. Difatti gli scarichi possono riversarsi nell'ambiente e provocare, oltre inquinamento, infezioni e sfaldamenti delle falde acquifere, anche a possibili cedimenti delle fondamenta dei fabbricati. Tanto è vero che la L. 319/1976 ( Norme per la tutela delle acque dall'inquinamento ) – successivamente assorbita dal D. Lgs. 152/2006 ( T.U. Ambiente ) – ha imposto, a tutti gli edifici nati a seguito della legge del 1976, ma anche per quelli costruiti precedentemente, l’adeguamento alla normativa in materia di acque di scarico, con l'adozione di impianti fognari regolarmente installati. Tale onere è posto in capo a costruttori e appaltatori intenzionati a costruire nuovi edifici, con richiesta al Comune di competenza dell'autorizzazione per l'allacciamento alla fognatura comunale delle acque reflue civili, allegando planimetrie, progetto dell’impianto e schemi costruttivi della rete fognaria interna. Tale autorizzazione non viene menzionata nel contratto di compravendita, ma viene solo precisato che esiste un presunto allacciamento dell’edificio alla fogna pubblica, senza però indicare gli estremi della concessione. Risulta altamente probabile affermare che il Belfiore, anche considerando il brevissimo lasso temporale tra il completamento della costruzione e la vendita degli immobili – il tutto avvenuto tra agosto e settembre 2011 – abbia occultato il vizio relativo all'allacciamento fognario al solo fine di indurre il Coppola ad accettare la clausola di esonero dalla garanzia che, nel caso fosse in cui fosse stata esplicita, probabilmente non avrebbe comportato la conclusione dell'affare. Ciò che è stato tralasciato, però, costituisce un c.d. vizio grave dell’opera , secondo quanto affermato dalla Suprema Corte di Cassazione con ordinanza n. 1423/2019 . Infatti, si considerano tali quelli che, pur senza influire sulla stabilità dell’edificio, pregiudichino o menomino in modo rilevante il normale godimento, la funzionalità o l’abitabilità dello stesso. Essi riguardano: gli impianti idrici, se risultano sottodimensionati e tali da creare infiltrazioni che, con il passare del tempo, possono anche causare cedimenti strutturali dell'immobile; gli impianti di riscaldamento non a norma o non isolati correttamente; gli impianti fognari . Altresì rilevante, nel caso in cui l’immobile sia stato compravenduto a seguito dell’introduzione delle nuove polizze indennitarie, oltre alla disciplina generale già enunciata, è quella introdotta dal D.lgs. 122/2005 ed in continua evoluzione. Ma andiamo con ordine. L’art. 1 del decreto definisce la figura del costruttore come l’imprenditore o la cooperativa edilizia che trasferisce la proprietà o la titolarità di un diritto reale ad un acquirente. Al successivo art. 4, decisivo per il caso che ci occupa, viene affermato che: “ Il costruttore è obbligato a contrarre ed a consegnare all'acquirente all'atto del trasferimento della proprietà una polizza assicurativa indennitaria decennale a beneficio dell'acquirente e con effetto dalla data di ultimazione dei lavori a copertura dei danni materiali e diretti all'immobile, compresi i danni ai terzi, cui sia tenuto ai sensi dell'articolo 1669 del codice civile, derivanti da rovina totale o parziale oppure da gravi difetti costruttivi delle opere , per vizio del suolo o per difetto della costruzione, e comunque manifestatisi successivamente alla stipula del contratto definitivo di compravendita o di assegnazione ”. I termini I termini di decadenza per il compratore per proporre l'azione di risarcimento del danno decorrono entro otto giorni dalla scoperta del vizio , dovendone fare espressa denunzia al venditore, qualora questo non abbia riconosciuto quanto addebitato alla cosa venduta ( art. 1495 c.c. ). Inoltre, come citato precedentemente, la garanzia decennale è senza dubbio applicabile al caso di specie ex art. 1669 c.c. che, per opportuna conoscenza si richiama: “ Quando si tratta di edifici o di altre cose immobili destinate per loro natura a lunga durata, se, nel corso di dieci anni dal compimento , l'opera, per vizio del suolo o per difetto della costruzione , rovina in tutto o in parte, ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti , l'appaltatore è responsabile nei confronti del committente e dei suoi aventi causa, purché sia fatta la denunzia entro un anno dalla scoperta . Il diritto del committente si prescrive in un anno dalla denunzia ”. Aspetto interessante al caso de quo è la fondata sovrapposizione della figura del costruttore a quella dell’appaltatore, essendo la disciplina dell’art. 1669 c.c. destinata originariamente quest’ultimo. Difatti, di tale sovrapposizione tra la figura del costruttore/venditore ex art. 1490 c.c. e quella di appaltatore ex art. 1669 c.c., la Corte di Cassazione ha affermato: " Il venditore che , sotto la propria direzione e controllo, abbia eseguito o fatto eseguire sull'immobile successivamente alienato opere di ristrutturazione edilizia ovvero interventi manutentivi o modificativi di lunga durata, che rovinino o presentino gravi difetti , ne risponde nei confronti dell'acquirente ai sensi dell'art. 1669 c.c. " ( Cass. civ. n. 18891/2017 ; Cass. civ. Sez. Unite n. 7756/2017 ). Il costruttore/venditore quindi, oltre al dovere di buona fede e correttezza contrattuale, è tenuto a garantire al compratore una garanzia da difetti della durata di dieci anni dal compimento dell’opera, con possibilità per il compratore di denunziare il grave difetto entro un anno dalla scoperta. Le azioni Come già anticipato, le azioni esperibili dall’acquirente sono l’ azione redibitoria , alternativa all’azione estimatoria, con la quale il compratore risolve il contratto restituendo il bene gravato da vizio e richiedendone il prezzo, se già stato versato. Condizione per intraprendere questa azione è la dimostrazione di un grave inadempimento del venditore, laddove il vizio riguardi una qualità essenziale dell’oggetto. In primo luogo, è necessario denunciare il vizio, che può avvenire mediante lettera raccomandata con ricevuta di ritorno. Non è necessaria la denuncia in due casi: 1. Si tratta di un vizio occultato dallo stesso venditore – tale circostanza, tuttavia, deve essere dimostrabile; 2. Il venditore ha riconosciuto il vizio. Con l’ azione estimatoria , alternativa all’azione redibitoria, il compratore non risolve il contratto, ma richiede una riduzione del prezzo. Il lavoro nomofilattico del Supremo Consesso circa le azioni esperibili dall’acquirente, in caso di vizio occulto, specifica ulteriormente la disciplina sottesa al caso in esame: " In tema di compravendita, il termine di prescrizione del diritto dell'acquirente alla risoluzione del contratto e al risarcimento del danno , derivante dalla consegna di aliud pro alio, decorre , ai sensi dell'art. 2935 c.c., non dalla data in cui si verifica l'effetto traslativo, ma dal momento in cui , rispettivamente, ha luogo l'inadempimento e si concreta la manifestazione oggettiva del danno , avendo comunque riguardo all'epoca di accadimento del fatto lesivo, per come obiettivamente percepibile e riconoscibile, e non al dato soggettivo della conoscenza della mancata attuazione della prestazione dovuta e del maturato diritto al risarcimento, potendo tale conoscenza essere colpevolmente ritardata dall'incuria del titolare del diritto " ( Cass. civ. n. 1889/2018 ; Cass. civ. n. 11046/2016 ). Una volta scoperto il vizio e denunziato al venditore, quest'ultimo potrà, accordandosi con il venditore, agire al fine di eliminarlo autonomamente, senza far venire meno all'originario diritto per il compratore di esercitare le potestà prescritte dall' art. 1495 c.c. Ciò viene confermato dalla seguente sentenza della Suprema Corte a Sezioni Unite: " In tema di garanzia per i vizi della cosa venduta, di cui all'art. 1490 c.c., qualora il venditore si impegni ad eliminare i vizi e l'impegno sia accettato dal compratore, sorge un'autonoma obbligazione di facere, che, ove non estingua per novazione la garanzia originaria, a questa si affianca, rimanendo ad essa esterna e, quindi, non alterandone la disciplina . Ne consegue che , in tale ipotesi, anche considerato il divieto dei patti modificativi della prescrizione, sancito dall'art. 2936 c.c., l'originario diritto del compratore alla riduzione del prezzo e alla risoluzione del contratto resta soggetto alla prescrizione annuale , di cui all'art. 1495 c.c., mentre l'ulteriore suo diritto all'eliminazione dei vizi ricade nella prescrizione ordinaria decennale " ( Cass. Civ. Sez. Unite n. 19702/2012 ). Essendo la fattispecie concreta riconducibile all' art. 1669 c.c. per gravi difetti strutturali del fabbricato, quale è la mancanza di un impianto fognario, non può che confermarsi ulteriormente la responsabilità del venditore. In termini di decadenza al diritto di denuncia del vizio occulto, in armonia con la responsabilità per difetto di cose immobili, la garanzia è di dieci anni, con onere del compratore di denunziare entro un anno la scoperta del medesimo. A ciò consegue che il compratore, nel termine sopra previsto, potrà sicuramente domandare al venditore quanto chiesto nel quesito, cioè: il risarcimento del danno ex art. 1494 c.c . Conclusioni Alla luce di tutto quanto sopra esposto, argomentato e riportato dalla granitica giurisprudenza consolidatasi in tema di vizi occulti e difetti di cose immobili, il sottoscritto conclude quanto segue: Dall'accordo concluso tra acquirente e venditore, non risultando discordanze tra quanto richiesto e quanto avanzato, pertanto le parti hanno convenuto di concludere l'affare. Il compratore, nel corso degli anni, ha legittimamente ignorato la possibilità che l’immobile potesse presentare vizi occulti, sia perché non edotti dal venditore in fase contrattuale, ma anche perché taciuti dinanzi al notaio. Solo dopo dieci anni l’acquirente, avendo appurato il grave difetto di costruzione, chiede quali azioni possano essere esperite per vedere il suo investimento tutelato. Le soluzioni, come già evidenziate, sono diverse. Laddove vi sia interesse a risolvere il contratto, è possibile esercitare azione redibitoria o estimatoria - con annesse spese e pagamenti compiuti legittimamente dal compratore - restituendo, come conseguenza, la proprietà al venditore se nel frattempo non sia perita ( artt. 1492 e 1493 c.c. ). Se vi è interesse del compratore mantenere la proprietà degli immobili, esso ha sempre la facoltà di richiedere il risarcimento del danno ( art. 1494 c.c. ) – diritto esteso anche a qualunque successivo compratore – se il costruttore/venditore non dimostra o di essere incolpevole del pregiudizio arrecato. Il tutto è legato indissolubilmente da responsabilità ex art. 1669 c.c. con conseguente responsabilità del venditore per aver ceduto, all’inconsapevole acquirente, un immobile con gravi difetti strutturali. Per opportuna conoscenza, inoltre, si sottolinea anche la responsabilità penale del venditore in quanto, in sede di rogito, ha dichiarato il falso dinanzi ad un pubblico ufficiale quale è il notaio. Il reato che si è configurato è di " falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico " ex art. 483 c.p. e prevede fino a due anni di reclusione. Essendo il reato ex art. 483 c.p. perseguibile d’ufficio , a seguito della notifica della conclusione delle indagini preliminari ex art. 415- bis c.p. , l’acquirente potrà costituirsi come parte civile. In tal caso la competenza sarà del Tribunale in composizione monocratica ( art. 9 c.p.c. ), con sottoposizione della questione – secondo i principi di ripartizione di competenza territoriale – presso il Foro ove è posto l’immobile ( art. 21 c.p.c. ).
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