Avvocato Marco De Nadai a Padova

Marco De Nadai

Esperto di diritto societario


Informazioni generali

Sono Marco De Nadai, avvocato con esperienza ultra decennale nell'ambito del diritto societario e della crisi d'impresa. Ho fondato, con alcuni colleghi, un network professionale multidisciplinare e multisettoriale, in grado di supportare le imprese e privati nella loro vita e attività quotidiana. Ho un approccio pragmatico e collaborativo, perché ritengo che soltanto così si possa offrire un valore aggiunto al cliente.

Esperienza


Diritto commerciale e societario

Assisto regolarmente imprese e privati in controversie societarie e nella contrattualistica commerciale, anche internazionale. Considero il rapporto con il mio cliente come una partnership. Sentirsi parte del progetto aziendale, mi aiuta a condividere preoccupazioni e obiettivi del cliente, al quale fornisco le mie esperienze con disponibilità e spirito collaborativo.


Fallimento e proc. concorsuali

Mi occupo di ristrutturazioni aziendali assistendo le imprese nella rimodulazione del debito con i rispettivi creditori, offrendo una consulenza nella scelta dei diversi strumenti normativi adeguati per il cliente. Ho assistito importanti imprese in concordati preventivi, accordi di ristrutturazione del debito e piani di moratoria. Sono inoltre abilitato come gestore delle crisi di sovraindebitamento.


Fusioni e acquisizioni

Ho lavorato per molti anni in grandi studi legali dove mi sono specializzato nel settore delle acquisizioni societarie. Ho trattato, prima come collaboratore di questi studi ed ora in proprio, diverse operazioni straordinarie d'impresa, che mi hanno permesso di apprendere in profondità le logiche e le dinamiche di tali operazioni.


Altre categorie:

Contratti, Diritto bancario e finanziario, Arbitrato, Franchising, Usura.


Referenze

Titolo professionale

Gestore delle Crisi da Sovraindebitamento

Università di Padova - Comune di Villorba - 1/2020

Ho conseguito l'abilitazione come gestore delle procedure per la crisi da sovraindebitamento, introdotto con Legge 3/2012. Il corso, oltre ad essere abilitante per svolgere la funzione del gestore di tali procedure, mi ha permesso di perfezionare le mie competenze nel settore della gestione del credito e del diritto concorsuale.

Pubblicazione legale

Gli amministratori di s.r.l. rispondono con il loro patrimonio personale dei debiti della società?

Pubblicato su IUSTLAB

E’ noto che nelle società di capitali (s.p.a., s.a.p.a. s.r.l. e s.r.l. semplificata) delle obbligazioni sociali risponde soltanto la società con il proprio patrimonio. I soci possono quindi godere del beneficio della responsabilità limitata, senza incorrere nel rischio che il loro patrimonio personale possa essere aggredito dai creditori della società. Medesimo principio vale anche per gli amministratori, i quali non sono chiamati a rispondere con il loro patrimonio personale dei debiti della società, ovviamente fatto salvo il caso in cui la loro condotta – commissiva o omissiva – abbia causato un danno risarcibile. Con l’entrata in vigore dell’art. 378 del Decreto Legislativo 12 gennaio 2019, n. 14 (codice della crisi d’impresa), in tema di responsabilità degli amministratori di s.r.l. verso i creditori della società, è stato introdotto un nuovo comma 6 dell’art. 2476 c.c., il quale ha previsto che: “ Gli amministratori rispondono verso i creditori sociali per l'inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell'integrità del patrimonio sociale. L'azione può essere proposta dai creditori quando il patrimonio sociale risulta insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti ”. Cosa cambia con la riforma? Il codice della crisi d’impresa - peraltro non ancora entrato in vigore nella sua interezza, a fronte di molteplici “ripensamenti” e rinvii “pandemici” – pare anzitutto ispirato da un favore verso i creditori sociali. Il nuovo art. 2476, comma 6, c.c. predica una responsabilità personale dell’amministratore di società affermando il principio – non nuovo, a dire il vero – secondo cui i gestori della società sono responsabili personalmente con il loro patrimonio per inosservanza degli obblighi di conservazione dell’integrità del patrimonio sociale. L’azione può essere esercitata “ quando il patrimonio sociale risulta insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti ”. La norma estende alla s.r.l. quanto già previsto per le s.p.a. dall’art. 2394 c.c., superando alcuni dubbi interpretativi che erano sorti in tema di applicazione dell’azione diretta contro gli amministratori esercitabile dai creditori sociali. L’azione può essere esercitabile direttamente ed autonomamente dai creditori sociali, indipendentemente, quindi, dall’esercizio da parte di soci, società o terzi di analoghe azioni risarcitorie nei confronti dei medesimi amministratori (in questo senso, Cass. 15487/2020; Cass. 10488/1998; Cass. 2772/1999). La riforma è senz’altro criticabile nella prospettiva degli amministratori della s.r.l., i quali, essendo normalmente anche soci della società, non saranno più garantiti dallo schermo della responsabilità limitata e potranno rispondere con il loro patrimonio personale dei debiti della società. Come uscirne? Al fine di limitare la responsabilità, occorre che i soci-amministratori di s.r.l. si dotino di un sistema organizzativo in grado di prevenire le crisi aziendali, magari facendosi assistere da professionisti in grado di supportarli efficacemente nella predisposizione di strumenti di prevenzione dei rischi. In tal senso, significativo quanto previsto dall’art. 2086 c.c. secondo cui “ l’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale ”.

Pubblicazione legale

Come cedere le quote societarie senza rischi. Analisi di un caso tipico.

Pubblicato su IUSTLAB

E’ frequente che i soci di una s.r.l. decidano, dopo anni di collaborazione, di separarsi. Le motivazioni possono essere varie: divergenze sulle strategie aziendali, scelte personali (malattia, gravi litigi, incomprensioni, etc.) o semplicemente la necessità di cambiare vita e lavoro. La domanda che molti si pongono è la seguente: una volta ceduta la mia quota, posso stare tranquillo o rischio qualcosa per i debiti pregressi maturati fino alla data della mia uscita? Cominciamo col dire che, a prescindere dal ruolo assunto nella compagine societaria, un socio di una società di capitali (s.r.l., s.p.a. o società in accomandita per azioni) è responsabile limitatamente alla quota conferita. Questo significa che il socio non risponde con il suo patrimonio personale per i debiti contratti dalla società nel corso della sua attività di impresa, ma soltanto limitatamente al “valore” della quota. Fino a che si è nella società, il socio risponderà pertanto nei limiti del “valore” della partecipazione sociale; i creditori della società (fisco, fornitori, banche etc.) non potranno chiedermi dei soldi per ripianare debiti contratti dalla società. C’è soltanto un caso in cui ciò è possibile; il soggetto “danneggiato” deve provare in giudizio che il socio abbia “intenzionalmente deciso o autorizzato” in solido con gli amministratori un'operazione che abbia “specificamente” danneggiato gli altri soci e/o i terzi. In tal caso, anche il socio potrà essere chiamato a rispondere del danno (oltre all'amministratore). Tale regola è dettata per le s.r.l. Fatte tali premesse, c’è, poi, il tema legato alle garanzie prestate dal socio (o meglio, dai soci). Le banche chiedono, per prassi, ampie garanzie personali ai soci, sotto forma di fideiussioni e ancora meglio di garanzie autonome, che sono azionabili dalla banca con la “nota” regola del “senza eccezioni e su semplice richiesta”. Attenzione, quindi. Poiché tali garanzie rimangono valide ed efficaci anche dopo l’uscita del socio dalla società, è bene che il cedente sia pienamente consapevole di tutti gli impegni di firma che sono stati prestati per garantire l’adempimento delle obbligazioni della società. Pertanto, non basta comunicare all’istituto di credito di aver ceduto le quote, per ritenersi sgravato dall’eventuale e (futuro) obbligo di garanzia. E’ di fondamentale importanza trovare quindi un accordo con gli altri soci e con la banca che consenta al socio cedente di liberarsi dalla fideiussione (e delle altre garanzie). Idealmente, sarebbe opportuno che il socio uscente si faccia assistere da un suo consulente di fiducia (avvocato o commercialista) per definire con i vari protagonisti della vicenda una soluzione che preveda il subentro nelle garanzie da parte dell’acquirente della partecipazione. Troppo spesso, infatti, iniziative individuali del socio uscente rischiano di creare molti danni, difficilmente rimediabili. Precipitarsi in banca chiedendo "semplicemente" al funzionario di liberarsi "subito" dalla fideiussione, senza magari fornire dettagli, non aiuta certamente a perseguire l'obiettivo. Anzi, è piuttosto frequente che questo "gesto" irrigidisca la banca, preoccupata (anche fondatamente) che la richiesta del fideiussore nasconda in realtà la poca solvibilità della società cliente. Meglio dunque preparare bene la trattativa e parlare con la banca quando si è già trovato l'accordo con chi si è reso disponibile a subentrare nella garanzia.

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Lo studio

Lexhub Studio Legale
Via San Fermo 26
Padova (PD)

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