In diritto penale, la definizione dell’ambito di applicazione temporale delle norme sostanziali è contraddistinta dalla necessità di tutelare la libertà personale ai sensi dell’art. 13 della Costituzione e quindi di garantire la personalità della responsabilità penale attraverso la prevedibilità delle conseguenze della propria condotta.
Proprio per la pregnanza di questi principi costituzionali, i criteri di risoluzione delle questioni di diritto intertemporale in materia penale si differenziano dai criteri vigenti negli altri settori dell’ordinamento, in cui, fatte salve le ipotesi di specialità ed eccezionalità, gli articoli 11, 14 e 15 delle Preleggi fissano un criterio strettamente cronologico, teso alla più intensa tutela della certezza del diritto ma derogabile in presenza di un vaglio positivo di ragionevolezza.
Per la successione delle leggi penali, invece, il criterio cronologico va integrato con quello di assoluta ed inderogabile irretroattività delle norme penali sfavorevoli, espressamente previsto dall’articolo 25 della Costituzione e con la disciplina dell’art. 2 c.p., il quale introduce i peculiari principi di irretroattività ed ultrattività della legge penale favorevole, espressione della tutela della libertà personale sotto il profilo del favor rei e della funzione principalmente rieducativa, invece che retributiva, della pena.
Per effetto di queste disposizioni, la determinazione dell’ambito applicativo nel tempo delle norme penali sostanziali presenta diversi ordini di problemi.
Il primo attiene alla necessità di verificare l’effettiva portata innovativa delle novelle. Talvolta infatti, il legislatore procede ad abrogazioni formali della disciplina, che operano sul piano normativo, ma a cui non corrisponde la effettiva abolizione della norma penale, la quale resta del tutto invariata nella portata sostanziale degli elementi costitutivi e del trattamento sanzionatorio. In tali casi non si pone alcuna questione di diritto intertemporale, ponendosi la norma in piena continuità con quella formalmente abrogato. In altri casi, pur rimanendo invariati gli elementi costitutivi, la norma abrogata viene reintrodotta ma subisce una modifica soltanto sul piano del trattamento sanzionatorio, determinando l’applicabilità dell’art. 2 co 4 c.p. invece che del comma 2, se il trattamento viene alleggerito o il comma 1 se il trattamento viene inasprito.
Il secondo problema attiene all'identificazione delle condotte che, nella fase di passaggio ad un regime normativo più sfavorevole siano idonee ad esservi ricomprese, nel pieno rispetto del principio di irretroattività della legge sfavorevole e senza violazione del principio di legalità e prevedibilità, non ponendosi con la stessa intensità, invece, tale problema nel passaggio a norme più favorevoli in quanto queste vengono comunque applicate o sulla base di un principio di retroattività ex art. 2 co 2 o 4, o per la effettiva vigenza della norma. L'individuazione delle condotte già consumate e quindi dei reati già rispondenti alla nuova fattispecie va effettuato con riferimento alla struttura di ciascuna fattispecie e tenendo conto dei suoi elementi costitutivi che, in quanto espressivi del disvalore della fattispecie, devono tutti essere integrati nella vigenza della nuova disciplina più severa, con piena conoscibilità e prevedibilità da parte dell'agente. Non sempre, tuttavia, è agevole identificare tali elementi costitutivi, né le caratteristiche strutturali della fattispecie che sono in grado di interferire con il problema della successione delle leggi penali, soprattutto in relazione alla natura di reato istantaneo o di durata, di mera condotta o di evento, a forma libera o vincolata.
Il terzo problema attiene, invece, al momento in cui la novella possa considerarsi efficace. Non manca, in particolare, chi ritiene che le norme penali di favore possano ritenersi produttive di effetti ancora prima della loro formale entrata in vigore allo spirare del periodo di vacatio legis. Tale periodo, infatti, sarebbe funzionale alla conoscibilità del precetto, che tuttavia, in caso di introduzione di una disciplina più favorevole, non sarebbe necessario proprio in base al principio del favor rei. Una simile interpretazione, seppur ispirata alla massima tutela e garanzia della libertà personale, rischia di confliggere con i principi costituzionali in tema di formazione della legge, che prevedono la vacatio legis come una fase della formazione progressiva della fattispecie legale.
Benchè questi profili problematici non esauriscano affatto il novero delle questioni in materia di diritto intertemporale, essi acquisiscono caratteri di particolare complessità in relazione alle vicende di successione normativa che hanno riguardato il reato di traffico di influenze illecite, il quale introdotto dal legislatore con l.190/2012, è stato successivamente modificato con l.3/2019, che ha anche provveduto alla abrogazione del reato di millantato credito.
Sul piano della identificazione della portata innovativa, l’art. 346 bis, nella sua formulazione originaria si distingueva dal reato di millantato credito per essere le relazioni con il pubblico ufficiale o i soggetti equiparati non meramente millantate e quindi fittizie, bensì esistenti e per essere la remunerazione delle condotte del pubblico ufficiale non un pretesto come nel millantato credito, ma una circostanza di fatto, benchè limitata al compimento di atti contrari ai doveri di ufficio o per ritardare il compimento di quelli dovuti.
Essendo diverse le due condotte a forma vincolata, connotate l’una dal carattere della realtà e l’altra dal carattere della millanteria e diversi, di conseguenza anche i beni giuridici offesi (la legittimità dell’azione amministrativa da una parte e la sua reputazione dall’altra) , pochi dubbi sussistono sulla natura sostanzialmente innovativa e sfavorevole della novella, che introduceva una nuova incriminazione e alla quale andava di conseguenza applicato il relativo principio di divieto di irretroattività.
Nessun dubbio poteva, peraltro, sussistere neppure in relazione alla natura istantanea o di durata della fattispecie. Stante la natura di reato di evento (naturalistico) consiste nella consegna o nella promessa di denaro o altro utilità, l’offesa si concentrava nel momento della consegna o quantomeno della promessa.
Pertanto, la nuova incriminazione poteva applicarsi solo alle ipotesi in cui dopo l’entrata in vigore della nuova disciplina fosse stata posta in essere la condotta vincolata di sfruttamento delle influenze e si fosse realizzato l’evento di consegna o promessa del denaro o delle altre utilità.
Al contrario, ammettendo l’applicabilità della nuova incriminazione al verificarsi, dopo l’entrata in vigore della nuova norma, del solo evento ma non della condotta, si sarebbe concretata una palese violazione del principio di legalità sub specie di prevedibilità, in contrasto con il divieto assoluto ed inderogabile di irretroattività della norma penale sfavorevole. Invero, nelle fattispecie a forma vincolata, la specifica modalità di offesa è tipizzata proprio perchè l'offesa al bene giuridico è realizzata solo a patto che sia posta in essere con quelle specifiche modalità.
Con la legge 3/2019, tuttavia, il legislatore ha formalmente abrogato il reato di millantato credito e ha riscritto il primo comma dell’art. 346 bis.
E’ da verificare se per effetto della novella le condotte prima punite dall’art.346 primo e secondo comma siano confluite nel reato di traffico di influenze, giacchè dando risposta positiva a questo quesito, l’intervento del legislatore integrerebbe una ipotesi di abrogazione formale, cioè sul piano meramente normativo del millantato credito, senza sostanziale abolizione della norma. In termini di diritto intertemporale, ciò significherebbe che vi è una piena continuità tra le due incriminazioni, con sola modifica in senso migliorativo del trattamento sanzionatorio e segnatamente, in relazione ad entrambi i commi. Ne conseguirebbe una successione di norma favorevole, più specificamente con l’applicazione del comma quarto invece che del comma secondo dell’art 2 cp e quindi con retroattività della norma penale più favorevole anche ai fatti commessi prima della novella, ma limitatamente a quelli non ancora coperti da giudicato.
Qualora, invece, si dovesse propendere per la formale abrogazione dell’art. 346, si verserebbe comunque in una ipotesi di retroattività piena della legge penale favorevole, ma si applicherebbe il comma secondo dell’art. 2 cp con conseguente richiesta di archiviazione dei procedimenti ancora alla fase delle indagini preliminari, emissione di una sentenza di assoluzione perchè il fatto non è più previsto dalla legge come reato nella fase processuale oppure con immediata cessazione della esecuzione e degli effetti penali in fase esecutiva.
Per converso, bisognerebbe poi individuare gli elementi costitutivi che devono verificarsi per l’applicazione della nuova (e diversa dal millantato credito) fattispecie di cui all’art. 346 bis così come modificato nel 2019.
La soluzione della questione si appunta, innanzitutto, sul confronto tra l’utilizzo del verbo “millantare” con le espressioni “vantare relazioni asserite” .
Sotto il profilo lessicale, sembra esservi una piena rispondenza giacchè si tratta di termini di linguaggio comune, che non acquisiscono rilevanza tecnica in altri settori dell’ordinamento e, peraltro, la contrapposizione tra i termini “sfruttando o vantando relazioni esistenti o asserite” sembra rafforzare la piena riconducibilità delle nuove ipotesi ricomprese nell’art. 346bis al primo comma dell’art. 346, anche suggerendo che i beni offesi dalle due condotte (di sfruttamento e di vanteria) sono distinti. In tali termini, il legislatore ha posto in essere una abrogatio sine abolitio della norma, con mera modificazione migliorativa del trattamento sanzionatorio e applicabilità dell’art. 2 co 4 cp.
Non altrettanto può dirsi in relazione al comma secondo dell’art. 346 che si riferiva al denaro o altra utilità ricevute o promesse con il pretesto di comprare il favore di un pubblico ufficiale. L’attuale formulazione dell’art. 346 bis non riporta alcun riferimento al “pretesto” e l’utilizzo del verbo vantarsi e dell’aggettivo “asserite” si riferiscono unicamente alle relazioni. Anche in questo caso, peraltro, il millantato credito e la prima formulazione del traffico sembrano tutelare due beni diversi (la reputazione e l’effettiva liceità dell’attività amministrativa). Il divieto di interpretazione analogica a tutela del principio di legalità vieta qualsiasi estensione non operabile nei limiti del significato letterale della norma e, pertanto, il secondo comma dell’art. 346 deve considerarsi oggetto di abrogazione (normativa) con abolizione (sostanziale) e piena applicazione dell’art. 2 co. 2 cp.
Va specificato, peraltro, che in relazione alle condotte che prima ricadevano nell'ambito del millantato credito sono attualmente applicabili le aggravanti previste dall'art. 346 bis co 3 e 4, che anteriormente alla novella non erano invece applicabili. Trattandosi di norme che integrano circostanze aggravanti e modificano in senso peggiorativo il trattamento sanzionatorio, esse rientrano nel divieto di irretraottività e non possono che accedere a fattispecie i cui elementi costitutivi si sono verificati dopo la novella, anche perchè le suddette aggravanti sono costruite come elementi contestuali alla condotta. Lo stesso discorso vale, a maggior ragione, se le si volesse considerare fattispecie autonome.
L'ultimo comma prevede invece una autonoma fattispecie o una circostanza attenuante che per effetto dell'inserimento delle condotte di millantato credito all'interno dell'art. 346 bis, risulta ora applicabile pur a queste. Trattandosi di una previsione favorevole, solo modificativa del trattamento sanzionatorio è sottoposta alla disciplina dell'art. 2 comma 4.
Un ultima notazione consente di mettere in evidenza che pur nella continuità tra l'art. 346 e 346 bis ora le relative fattispecie sono entrambe punite a titolo di reato plurisoggettivo proprio, dal momento che ai sensi del secondo comma, la pena si applica anche a chi da o promette il denaro o l'tuilità. Trattandosi di una incriminazione in capo al soggetto passivo del millantato credito che era prima ricostruito come un reato plurisoggettivo improprio, la modifica è da considerarsi peggiorativa e pertanto sottoposto al divieto di applicazione retroattiva,lasciando quindi impregiudicata la posizione di chi ha dato o promesso denaro anteriormente alla novella.
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