Avvocato Maria Cuomo a Agerola

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Impugnazione della cartella esattoriale e rinuncia tacita all'eccezione di prescrizione

Scritto da: Maria Cuomo - Pubblicato su IUSTLAB

Pubblicazione legale:

In materia di prescrizione della pretesa esattoriale, con la sentenza n. 23397/16, depositata il 17 novembre, la Suprema Corte di legittimità a sezioni Unite ha affermato i seguenti principi di diritto:

1) «la scadenza del termine – pacificamente perentorio – per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui all’art. 24, comma 5, d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche l’effetto della c.d. “conversione” del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale secondo l’art. 3, commi 9 e 10, l. n. 335 del 1995) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 c.c.. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato. Lo stesso vale per l’avviso di addebito dell’INPS, che da 1° gennaio 2011 ha sostituito la cartella di pagamento per i crediti di natura previdenziale di detto Istituto (art. 30, d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla legge n. 122 del 2010)»;

2) «è di applicazione generale il principio secondo il quale la scadenza del termine perentorio stabilito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito ma non determina anche l’effetto della c.d. “conversione” del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 c.c.. Tale principio, pertanto, si applica con riguardo a tutti gli atti – comunque denominati – di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonché di crediti delle Regioni, delle Provincie, dei Comuni e degli altri Enti locali nonché delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via, con la conseguenza che, qualora per i relativi crediti sia prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l’opposizione non consente di fare applicazione dell’art. 2953 c.c., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo come una sentenza passata in giudicato».

La sentenza in commento richiama altra sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 25790/09, con la quale viene stabilito che il diritto alla riscossione delle sanzioni amministrative tributarie si prescrive:

- entro il termine di dieci anni, se la definitività deriva da sentenza passata in giudicato e ciò per diretta applicazione dell’art. 2953 c.c., che disciplina specificamente e in via generale la c.d. actio iudicanti;

- entro il termine di cinque anni, se la definitività della sanzione non deriva da un provvedimento giurisdizionale irrevocabile e ciò in ossequio a quanto previsto dall’art. 20, d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, atteso che il termine di prescrizione entro il quale deve essere fatta valere l’obbligazione tributaria principale e quella accessoria relativa alle sanzioni non può che essere di tipo unitario.

In ragione dei principi sopra riportati, ci troviamo di fronte alle difese del Concessionario per il quale la mancata contestazione del diritto alla riscossione, rappresentata dalla mancata opposizione avverso l’atto presupposto (cartella e/o intimazione), determinerebbe una sorta di quiescenza rispetto alla pretesa avanzata dal creditore, così che dovrebbe ritenersi inammissibile la proposizione, in un momento successivo, della eccezione di prescrizione da parte del debitore.

Tale tesi non appare condivisibile perché, dalla  mancata impugnazione di una cartella esattoriale, ovvero di una intimazione, non può desumersi in maniera certa che il debitore non abbia interesse a contestare l'esistenza dell'obbligazione, per avere intenzione di eccepirla successivamente (C. 10129/2000; C. 8304/1996); per questo, non può  ritenersi integrata con la mancata impugnazione di una cartella, ovvero di una intimazione di pagamento, una rinuncia  tacita  alla prescrizione disciplinata dall’art. 2937c.c.

Nemmeno potrebbe, infatti, ritenersi ricorrente un’ipotesi di rinuncia tacita alla eccezione di prescrizione, nel caso in cui il debitore avesse richiesto alla controparte di fornire informazioni sull'entità delle pretese creditorie (C. 8217/2007).

La rinuncia tacita consiste in un comportamento del debitore, positivo o negativo, dal quale emerge inconfutabilmente la volontà di non avvalersi della prescrizione già compiuta (C. 8304/1996) e di considerare ancora esistente il diritto altrui (C. 14909/2002; C. 10235/2002).

Ne consegue che anche qualora sia stata omessa l'impugnazione degli atti presupposti ritualmente notificati, il contribuente può eccepire, nella opposizione alla esecuzione, la prescrizione maturata prima di tali atti, dovendosi escludere che l'omessa impugnazione integri quel comportamento inequivocabile idoneo ad attestare la rinuncia all'eccezione.   



Avv. Maria Cuomo - Avvocato civilista penalista ed amministrativista

Lo studio si avvale della collaborazione di esperti in tutti i settori civile, penale ed amministrativo, così da poter offrire ai clienti una assistenza globale per qualsiasi tipo di problematica. La sottoscritta ne è titolare; E' iscritta all'Albo degli Avvocati di Torre Annunziata sin dal 1996; E' iscritta negli elenchi per il patrocinio gratuito a spese dello Stato; Ricopre la carica di Magistrato Onorario e, segnatamente di Giudice Onorario di Pace sin dal 2004; dal 2014 è in servizio presso l'Ufficio di Nola . Dal mese di dicembre dell'anno 2018 ricopre la carica di Consigliere presso il C.D.D. di Napoli




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Referenze

Sentenza giudiziaria

Colpa medica

Sentenza divenuta cosa giudicata resa dalla Corte di Appello di Napoli n.2363/2022

E' una sentenza che ha riformato la pronuncia di primo grado che aveva disconosciuto il diritto al risarcimento sul falso presupposto per cui non fosse stata fornita prova in merito alla correlazione tra un intervento routinario al varicocele e la successiva necrosi all'intestino .E' stata una sentenza importante perchè ho dimostrato la malafede dei primi due cc.tt.uu. nominati dalla corte di appello che , riportando nella relazione medica un articolo scritto in inglese da un professore esperto in materia , per giustificare il disconoscimento del diritto al risarcimento. hanno affermato il contrario rispetto al contenuto dell'articolo stesso. I nuovi consulenti hanno riconosciuto la fondatezza della pretesa del cliente .

Pubblicazione legale

Nuovo codice di deontologia forense annotato con la giurisprudenza

HEY BOOK ED ESI EDITORI

Nel mio percorso di Consigliere , prima e, di Presidente di Sezione del Consiglio distrettuale di disciplina presso la Corte di Appello di Napoli , ho partecipato come co autrice , alla stesura di due volumi sulla deontologia forense e sul procedimento disciplinare . La deontologia forense è fondamentale nell'esercizio della attività professionale in quanto le norme sono poste a tutela anche dei cittadini che devono affidarsi ad un avvocato con fiducia

Pubblicazione legale

La mancata sottoposizione a perizia oppure a visita del danneggiato, sospende i termini pe rl aprocedibilità dell'azione giudiziaria?

Pubblicato su IUSTLAB

RIFLESSIONI RISPETTO ALLA SENTENZA RESA DA CASSAZIONE CIVILE SEZIONE VI IN DATA 20/01/2022 N. 1756 SULLE CONSEGUENZE DELLA MANCATA SOTTOPOSIZIONE A PERIZIA DEL VEICOLO DANNEGGIATO OVVERO SULL AMANCATA SOTTOPOSIZIONE A VISITA DEL DANNEGGIATO La Cass. Civ. sez. VI nella pronuncia del 20/01/2022 n. 1756 , con una interpretazione “teleologica “ dell’art. 145 del codice delle assicurazioni ha affermato , rifacendosi al principio espresso dal Giudice delle leggi (Corte Cost., sent. 3 maggio2012, n. 111) - che tale disposizione “ ha un chiaro intento deflattivo”, essendone evidente la finalità “di razionalizzazione del contenzioso giudiziario, notoriamente inflazionato, nella materia dei sinistri stradali, anche da liti bagatellari”, intento il cui raggiungimento, tuttavia, “non è affidato soltanto alla prevista dilazione temporale (invero modesta) di sessanta/novanta giorni” per la proposizione della domanda risarcitoria, “ma - soprattutto - al procedimento ex art. 148 Codice assicurazioni private, che, nel prescrivere una partecipazione attiva dell’assicuratore alla trattativa “ante causam”, mira a propiziare una conciliazione precontenziosa” (così, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 25gennaio2018, n. 1829, Rv. 647588-01) ; Sempre secondo la prospettazione della Corte affinchè ” la procedura di risarcimento descritta nella norma ora citata possa operare è indispensabile, però, che la compagnia assicuratrice sia posta in condizione di adempiere al dovere impostole e, cioè, di formulare un’offerta congrua”, ciò che richiede sia “un presupposto formale”, ovvero “la trasmissione di una richiesta contenente elementi (indicati nell’art. 148 Codice assicurazioni private), sufficienti a permettere all’assicuratore di “accertare le responsabilità, stimare il danno e formulare l’offerta”, sia “un requisito sostanziale”, e ciò in quanto “la collaborazione tra danneggiato e assicuratore della r.c.a., nella fase stragiudiziale, impone correttezza (art. 1175 c,c.), e buona fede (art. 1375 c.c.),” (così, nuovamente, Cass. Sez. 3, sent, n. 1829 del 2018, cit) , così che verrebbe meno a tale dovere di collaborazione - subendone, come conseguenza, l’improponibilità della domanda risarcitoria - il danneggiato che “si è sottratto all’ispezione” del mezzo, “attività utile alla ricostruzione della dinamica dell’incidente e alla formulazione di una congrua offerta risarcitoria” (cfr. ancora una volta, Cass. Sez. 3, sent. n. 1829 del 2018, cit.). Tuttavia, a parere della sottoscritta tale interpretazione non può essere condivisa perché in tal modo “rientrerebbe dalla finestra” ciò, che di fatto, con la revisione del testo dell’art. 148 CdA è “uscito dalla porta”. Il comma 1 dell’art. 148 così dispone: “Per i sinistri con soli danni a cose, la richiesta di risarcimento deve recare l'indicazione degli aventi diritto al risarcimento e del luogo, dei giorni e delle ore in cui le cose danneggiate sono disponibili, per non meno di cinque giorni non festivi, per l'ispezione diretta ad accertare l'entita' del danno. Entro sessanta giorni dalla ricezione di tale documentazione, l'impresa di assicurazione formula al danneggiato congrua e motivata offerta per il risarcimento, ovvero comunica specificatamente i motivi per i quali non ritiene di fare offerta. Il termine di sessanta giorni e' ridotto a trenta quando il modulo di denuncia sia stato sottoscritto dai conducenti coinvolti nel sinistro. Il danneggiato puo' procedere alla riparazione delle cose danneggiate solo dopo lo spirare del termine indicato al periodo precedente, entro il quale devono essere comunque completate le operazioni di accertamento del danno da parte dell'assicuratore, ovvero dopo il completamento delle medesime operazioni, nel caso in cui esse si siano concluse prima della scadenza del predetto termine. Qualora le cose danneggiate non siano state messe a disposizione per l'ispezione nei termini previsti dal presente articolo, ovvero siano state riparate prima dell'ispezione stessa, l'impresa, ai fini dell'offerta risarcitoria, effettuera' le proprie valutazioni sull'entita` del danno solo previa presentazione di fattura che attesti gli interventi riparativi effettuati. Resta comunque fermo il diritto dell'assicurato al risarcimento anche qualora ritenga di non procedere alla riparazione” (Comma modificato dall'articolo 1 del D.Lgs. 6 novembre 2007, n. 198; sostituito dall'articolo 32, comma 3, lettera a), del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 marzo 2012, n. 27 e, da ultimo, modificato dall'articolo 21, comma 7-bis, del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla Legge 17 dicembre 2012, n. 221 . A norma dell'articolo 125, comma 3, del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 aprile 2020, n. 27, fino al 31 luglio 2020, i termini di cui al presente comma, per la formulazione dell'offerta o della motivata contestazione, nei casi di necessario intervento di un perito o del medico legale ai fini della valutazione del danno alle cose o alle persone, sono prorogati di ulteriori 60 giorni) . Il comma 2 secondo la nuova formulazione così recita: “L'obbligo di proporre al danneggiato congrua e motivata offerta per il risarcimento del danno, ovvero di comunicare i motivi per cui non si ritiene di fare offerta, sussiste anche per i sinistri che abbiano causato lesioni personali o il decesso. La richiesta di risarcimento deve essere presentata dal danneggiato o dagli aventi diritto con le modalità indicate al comma 1. La richiesta deve contenere l'indicazione del codice fiscale degli aventi diritto al risarcimento e la descrizione delle circostanze nelle quali si è verificato il sinistro ed essere accompagnata, ai fini dell'accertamento e della valutazione del danno da parte dell'impresa, dai dati relativi all'età, all'attività del danneggiato, al suo reddito, all'entità delle lesioni subite, da attestazione medica comprovante l'avvenuta guarigione con o senza postumi permanenti, nonché dalla dichiarazione ai sensi dell'articolo 142, comma 2, o, in caso di decesso, dallo stato di famiglia della vittima. L'impresa di assicurazione è tenuta a provvedere all'adempimento del predetto obbligo entro novanta giorni dalla ricezione di tale documentazione (comma modificato dall'articolo 1 del D.Lgs. 6 novembre 2007, n.198. A norma dell'articolo 125, comma 3, del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, con modificazioni, dalla Legge 24 aprile 2020, n. 27, fino al 31 luglio 2020, i termini di cui al presente comma, per la formulazione dell'offerta o della motivata contestazione, nei casi di necessario intervento di un perito o del medico legale ai fini della valutazione del danno alle cose o alle persone, sono prorogati di ulteriori 60 giorni). Avallando il principio espresso dalla Cassazione verrebbe a porsi a carico del danneggiato un onere ulteriore che non è espressamente previsto dalla legge, così come quando si ritiene necessario, ai fini della risarcibilità delle lesioni provocate da veicoli non identificati, l’onere di denuncia alle Autorità ( onere che, invece, proprio per l’assenza di una specifica previsione legislativa, nel corso del tempo, anche la Corte di legittimità ha escluso debba ritenersi necessario quale condizione di procedibilità dell’azione). Secondo il dettato normativo , infatti, senza ombra di dubbio, anche in caso di mancata sottoposizione a perizia del mezzo oppure in caso di mancata sottoposizione a visita del danneggiato, non si può ritenere la improponibilità dell’azione, posto che il comma 3 dell’art. 148 CdA testualmente recita: “ Il danneggiato, in pendenza dei termini di cui ai commi 1 e 2 e fatto salvo quanto stabilito dal comma 5, non puo' rifiutare gli accertamenti strettamente necessari alla valutazione del danno alle cose, nei termini di cui al comma 1, o del danno alla persona, da parte dell'impresa. Qualora cio' accada, i termini per l'offerta risarcitoria o per la comunicazione dei motivi per i quali l'impresa non ritiene di fare offerta sono sospesi ” (Comma sostituito dall'articolo 32, comma 3, lettera c), del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 marzo 2012, n. 27) . Solo il verificarsi di una delle condizioni di cui al comma 2 bis dello stesso art. 148 CdA finalizzato a prevenire ed a contrastare fenomeni fraudolenti prevede delle ipotesi di sospensione dei termini fissati dai commi 1 e 2 della stessa disposizione . E’ chiaro, allora , come l’interpretazione data alla norma dalla Corte di legittimità, non sia costituzionalmente orientata e giustifichi, magari, anche una pronuncia a sezioni Unite sul Punto, considerando l’interesse ed il diritto al risarcimento da parte del danneggiato , preminente rispetto alla esigenza di deflazionare il numero dei processi.

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