Avvocato Massimo Baldi Pergami Belluzzi a Roma

Massimo Baldi Pergami Belluzzi

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POTERI E OBBLIGHI DELL'AMMINISTRAZIONE DI CONDOMINIO

Scritto da: Massimo Baldi Pergami Belluzzi - Pubblicato su IUSTLAB

Pubblicazione legale:

Una recentissima pronuncia della Corte di Cassazione (Cassazione Civile, sez. II Num. 1630 Anno 2020), ha affrontato un tema molto caro ai nostri lettori, ovvero se il condominio- ed il suo amministratore- abbiano una autonoma legittimazione processuale e sostanziale rispetto all'accertamento dei diritti reali- nel caso di specie, usucapione delle parti comuni da parte di condomini nei cui confronti l'amministratore aveva agito per richiedere il rilascio di parti comuni abusivamente occupate.

Rispetto a questo tema, la Suprema Corte ha avuto modo di ribadire che l'amministratore è sempre legittimato, senza necessità di autorizzazione dell'assemblea dei condomini, ad instaurare il giudizio per ottenere il rilascio di un bene condominiale anche mediante la richiesta di demolizione di opere, essendo il recupero del bene essenziale per l'ulteriore fruizione dello stesso bene da parte di tutti i condomini. (conformi, ex plurimis Cass. Civ. Sez. 3, Sent. n. 1768 del 2012, Cass. Civ. Sez. 2, Sent. n. 18207 del 2017, Cass. Civ.Sez. 2, Sent. n. 16631 del 2007, Sez. 2, Sent. n. 16230 del 2011).

A tale legittimazione processuale attiva consegue anche la legittimazione processuale passiva del condominio e del suo amministratore – e non i singoli condomini- a resistere in caso di conseguenti azioni di accertamento da parte di un condomino sulle parti comuni.

Come anticipato, però, la sentenza dà anche lo spunto per affrontare, oltre al tema in questione, anche il tema più generale relativo ai poteri conferiti agli amministratori di condominio.

Come certamente noto , l'art. 1130 del codice civile, che disciplina i poteri conferiti all'amministratore, è stato interamente modificato e sostituito dalla versione prevista dall’art. 10, L. 11 dicembre 2012, n. 220, in vigore dal 17 giugno 2013.

Tale modifica legislativa, rientrante nella più ampia modifica delle norme che regolamentano la disciplina del Condominio degli edifici, è stata il frutto di una sistematica applicazione degli arresti giurisprudenziali e dei contributi dottrinari che hanno riguardato la materia condominiale negli ultimi 40 anni.

Come certamente a tutti i nostri lettori noto la nuova formulazione dell'articolo 1130 del codice civile, risulta essere quindi la seguente:

"L'amministratore, oltre a quanto previsto dall'articolo 1129 e dalle vigenti disposizioni di legge, deve:

eseguire le deliberazioni dell'assemblea, convocarla annualmente per l'approvazione del rendiconto condominiale di cui all'articolo 1130-bis e curare l'osservanza del regolamento di condominio;

disciplinare l'uso delle cose comuni e la fruizione dei servizi nell'interesse comune, in modo che ne sia assicurato il miglior godimento a ciascuno dei condomini;

riscuotere i contributi ed erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni

dell'edificio e per l'esercizio dei servizi comuni;

compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell'edificio,

eseguire gli adempimenti fiscali;

curare la tenuta del registro di anagrafe condominiale contenente le generalità dei singoli proprietari e dei titolari di diritti reali e di diritti personali di godimento, comprensive del codice fiscale e della residenza o domicilio, i dati catastali di ciascuna unità immobiliare, nonché ogni dato relativo alle condizioni di sicurezza. Ogni variazione dei dati deve essere comunicata all'amministratore in forma scritta entro sessanta giorni. L'amministratore, in caso di inerzia, mancanza i incompletezza delle comunicazioni, richiede con lettera raccomandata le informazioni necessarie alla tenuta del registro di anagrafe. Decorsi trenta giorni, in caso di omessa o incompleta risposta, l'amministratore acquisisce le informazioni necessarie, addebitandone il costo ai responsabili;

curare la tenuta del registro dei verbali delle assemblee, del registro di nomina e revoca dell'amministratore e del registro di contabilità. Nel registro dei verbali delle assemblee sono altresì annotate: le eventuali mancate costituzioni dell'assemblea, le deliberazioni nonché le brevi dichiarazioni rese dai condomini che ne hanno fatto richiesta; allo stesso registro è allegato il regolamento di condominio, ove adottato. Nel registro di nomina e revoca dell'amministratore sono annotate, in ordine cronologico, le date della nomina e della revoca di ciascun amministratore di condominio, nonché gli estremi del decreto in caso di provvedimento giudiziale. Nel registro di contabilità sono annotati in ordine cronologico, entro trenta giorni da quello dell'effettuazione, i singoli movimenti in entrata ed in uscita. Tale registro può tenersi anche con modalità informatizzate;

conservare tutta la documentazione inerente alla propria gestione riferibile sia al rapporto con i condomini sia allo stato tecnico-amministrativo dell'edificio e del condominio;

fornire al condomino che ne faccia richiesta attestazione relativa allo stato dei pagamenti degli oneri condominiali e delle eventuali liti in corso;

redigere il rendiconto condominiale annuale della gestione e convocare l'assemblea per la relativa approvazione entro centottanta giorni".

E' evidente che, rispetto alla precedente versione, molto più sintetica e lacunosa, la nuova versione risulti molto più articolata ed esplicativa.

Tra le principali novità si individuano i seguenti obblighi a carico dell'amministratore di condominio:

l'obbligo di procedere agli adempimenti fiscali;

provvedere alla tenuta di nuovi registri obbligatori ed alla conservazione di tutta la documentazione inerente la gestione del condominio ed i rapporti con i singoli condomini, nonché lo stato tecnico-amministrativo dell'edificio e del condominio;

l'obbligo di consegna al condomino che ne faccia richiesta dell'attestazione dei pagamenti degli oneri condominiali e delle eventuali liti in corso;

la redazione di un rendiconto condominiale annuale di gestione e la convocazione dell'assemblea per l'approvazione entro 180 giorni.



Senza addentrarci in questa sede nell'istituto dell'amministrazione condominiale quale mandato con rappresentanza rientrante nell'alveo del più generale mandato di cui all'art. 1708 del codice civile- che diverrà oggetto di un altro futuro articolo- è necessario, dal punto di vista ermeneutico, comprendere se l'elencazione dei poteri e degli obblighi indicati nella norma in discorso sia tassativa o meramente esemplificativa ed in secondo luogo se i suddetti poteri possano essere ampliati o ridotti in base ad una previsione regolamentare ad hoc. Questo perchè l'art. 1133 del codice civile prevede espressamente che le decisioni dell'amministratore assunte nell'esercizio dei propri poteri siano vincolanti nei confronti dei condomini.

Secondo una tesi restrittiva, l'elencazione dell'art. 1130 è una elencazione tassativa e quindi i poteri e gli obblighi dell'amministratore siano solo quelli in quella norma previsti.

Secondo una opposta tesi, l'elencazione contenuta nella suddetta norma è meramente esemplificativa e non esaustiva.

La tesi preferibile è quella secondo cui l'elencazione contenuta nell'art. 1130 vada interpretata nella sua massima estensione (c.d. Interpretazione estensiva), anche alla luce delle normative di settore.

Secondo questa tesi, pertanto, quando si precisa che l'amministratore ha "l'obbligo di consegna al condomino che ne faccia richiesta dell'attestazione dei pagamenti degli oneri condominiali e delle eventuali liti in corso", tale obbligo si estende anche al conduttore di un immobile per le spese di sua competenza e si estende anche alla consegna di tutta la documentazione di natura contabile, fiscale, antiriciclaggio nonchè di tutta la documentazione di natura condominiale che possa interessare al condomino, in base a normative di settore.

Il secondo tema, ovvero se il regolamento possa prevedere ulteriori poteri o obblighi, ovvero possa ridurre l'elenco testè citato, necessita di alcuni chiarimenti.

Rispetto ai regolamenti redatti anteriormente al 1942 (anno di emanazione dell'attuale codice) è evidente che gli stessi siano stati modificati ex lege nelle parti non coerenti con l'attuale normativa.

Per i regolamenti successivi al 1942- ed ancor più, successivi al 2013, per i condomini di nuova costruzione- il discorso è più complesso.

Sono certamente ammissibili regolamenti che stabiliscano poteri ed obblighi per l'amministratore in numero minore rispetto a quelli indicati nell'art. 1130 del c.c ovvero che subordino un determinato esercizio di un potere all'obbligo di preventiva delibera autorizzativa da parte dell'assemblea.

Questione più sottile e complessa per i regolamenti che prevedano poteri magiori rispetto in capo all'amministratore, in quanto si deve distinguere tra potere che inerisca alle parti comuni (es. Potere di alienare le parti comuni senza obbligo di preventiva delibera assembleare, comunque sempre consigliabile a tutela dell'amministratore medesimo) certamente ammissibile, da potere che incida su diritti individuali- anche se preordinato all'interesse comune- (es. potere dell'amministratore di bloccare l'accesso alla proprietà privata di un condomino nell'interesse del condominio).

Su quest'ultima possibilità, chi scrive ritiene che la compressione di un diritto individuale possa avvenire solo ed esclusivamente in base ad un potere esercitato su mandato del titolare di quel diritto individuale.

In caso contrario il potere dell'amministratore verrà esercitato in modo arbitrario e come tale passibile di risarcimento del danno.






Avv. Massimo Baldi Pergami Belluzzi - Avvocato cassazionista a Roma

LO STUDIO BALDI PERGAMI BELLUZZI, fondato dall’Avv. Massimo Baldi Pergami Belluzzi, ha sede a via Cicerone 28, nel centro storico di Roma, davanti alla Suprema Corte di Cassazione. L’Avv. Massimo Baldi Pergami Belluzzi, iscritto all’albo degli avvocati di Roma ed abilitato al patrocinio dinanzi alla Corte di Cassazione, Consiglio di Stato, Corte Costituzionale assiste società e privati nel contenzioso nelle aree del diritto civile, commerciale, industriale, tributario, del lavoro, amministrativo, diritto penale-tributario,




Massimo Baldi Pergami Belluzzi

Esperienza


Diritto tributario

Esperienza consolidata di oltre 15 anni in materia di diritto tributario e di diritto penale tributario


Diritto penale

Esperienza consolidata di oltre 15 anni in ambito penale, in particolar modo per reati da "colletti bianchi" societari, tributari.


Marchi

Specializzazione in materia di marchi, sia in ambito civile, sia penale


Altre categorie:

Diritto condominiale, Diritto civile, Diritto di famiglia, Separazione, Divorzio, Matrimonio, Affidamento, Adozione, Diritto commerciale e societario, Fusioni e acquisizioni, Fallimento e proc. concorsuali, Proprietà intellettuale, Brevetti, Recupero crediti, Pignoramento, Contratti, Diritto del lavoro, Mobbing, Licenziamento, Stalking e molestie, Reati contro il patrimonio, Omicidio, Sostanze stupefacenti, Ricorso al TAR, Aste giudiziarie, Locazioni, Sfratto, Incidenti stradali, Tutela del consumatore, Arbitrato, Gratuito patrocinio, Cassazione.



Referenze

Caso legale seguito

Ztl roma

2016

Ricorso patrocinato dall’avvocato Massimo Baldi PB dinanzi al tar nell’interesse di oltre 200 ricorrenti tra i quali l’associazione SOS Coronari, per l’annullamento della delibera del comune di Roma che aumentava del 1000% (millepercento) le tariffe per l’ottenimento del permesso per accedere alla zona ZTL da parte dei residenti. Il ricorso è stato accolto e la delibera annullata.

Pubblicazione legale

LA RESPONSABILITÀ DEI CONSULENTI CONTABILI E DEL LAVORO PER I REATI TRIBUTARI COMMESSI DAI PROPRI CLIENTI

Pubblicato su IUSTLAB

Con una recente sentenza, la n. 28158/2019, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sulla questione della configurabilità della responsabilità, a titolo di concorso, del professionista, in partticolare il consulente contabile (ragioniere o commercialista che sia o anche consulente del lavoro) per i reati tributari commessi dai propri clienti e, nella fattispecie, del commercialista per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante l’uso di fatture o di altri documenti per operazioni inesistenti. Ancorché tale sentenza non sia particolarmente innovativa, ripercorrendo piuttosto l’evoluzione giurisprudenziale sul punto e confermando gli approdi già raggiunti, la questione ivi affrontata merita oggi una rinnovata attenzione, considerato che il c.d. decreto “carcere agli evasori” (Decreto-legge n. 124 del 26 ottobre 2019, poi convertito in legge con Legge n. 157 del 19 dicembre 2019) ha inasprito le pene per chi si macchia di reati tributari e, dunque, anche per chi – potenzialmente anche il consulente del “contribuente disonesto” – vi concorra. Ebbene, è noto che i reati tributari, di cui alla D. Lgs. 74/2000, sono in buona parte dei c.d. reati “ propri ” o a soggettività ristretta, ossia il cui autore ricopre una qualifica o un ruolo precisamente individuato dal legislatore ( rappresentante legale, amministratore unico, amministratore delegato, sindaco, liquidatore ecc .); inoltre, le condotte che integrano tali delitti sono tipizzate in tutti i loro elementi. Di conseguenza, non ricoprendo, di solito, il professionista alcuna di quelle determinate qualifiche e non mettendo egli stesso in atto – perlomeno materialmente – quelle condotte espressamente previste dalla legge, si potrebbe arrivare all'estrema- ed erronea- conclusione di ritenere che quest’ultimo sia sempre esente da responsabilità per le condotte di reato commesse dal proprio cliente. Invero, le norme sul concorso di reato consentono di punire altresì soggetti terzi che commettano condotte atipiche poste in un rapporto di “ efficacia causale ” rispetto alla commissione del reato. Conseguentemente, la Suprema Corte ha ribadito il principio, in realtà già consolidato, che ben può sussistere una siffatta responsabilità penale, a titolo di concorso, in capo al commercialista, rispetto al reato commesso dal proprio cliente, precisando che è a tal fine sufficiente il c.d. “ dolo eventuale ”, ossia la mera prospettazione ed accettazione – da parte del professionista – del rischio che l’attività svolta nell’interesse del cliente-contribuente possa essere finalizzata alla commissione del reato tributario. Quanto detto fin ora non deve, comunque, portare all'eccesso opposto, ovvero quello di ritenere che il professionista, variamente inteso, abbia una posizione di garanzia rispetto ai delitti commessi dal proprio cliente, in virtù della quale possa essere chiamato a rispondere per non aver controllato o non aver dissuaso condotte illecite proprie del contribuente. Invero, la giurisprudenza ha tentato di fissare dei criteri quanto più possibile obbiettivi per definire i labili confini fra l’attività professionale lecita e non penalmente rilevante, e quella che, invece, oltrepassi i limiti della legalità, mettendo in campo competenze tecniche a favore della commissione di reati. La Suprema Corte, nell'esercizio della propria funzione nomofilattica, ha stabilito che il giudice di merito, chiamato a decidere in ordine alla partecipazione del professionista al reato del contribuente, dovrà affrontare principalmente due questioni: 1) quella del “ contributo causale ” apportato dalla condotta del professionista alla realizzazione del fatto tipico, valutando se, in assenza di quel contributo, il reato non si sarebbe verificato o comunque avrebbe avuto minor probabilità di riuscita; 2) quella della sussistenza dell’elemento soggettivo del dolo richiesto della norma, anche nella forma del c.d. dolo eventuale. Il contributo penalmente rilevante, secondo i criteri individuati dalla giurisprudenza, è quello che agevoli il reato o rafforzi il proposito delittuoso. Esso può manifestarsi sotto forma sia di concorso morale (è il caso, ad esempio, di consulenze che sfocino nella istigazione, nell’agevolazione, nell’ideazione o nella programmazione del reato), sia di concorso materiale. Anche in quest’ultima ipotesi – chiariscono i giudici di legittimità nella sentenza sopra menzionata – può essere penalmente rilevante anche una condotta diversa da quella tipica prevista nella fattispecie delittuosa, “ fermo restando l’obbligo del giudice di merito di motivare sulla prova dell’esistenza di una reale partecipazione e di precisare sotto quale forma essa si sia manifestata ”. Nella fattispecie oggetto della sentenza in questione, l’efficienza causale del contributo del professionista rispetto alla commissione del reato appariva piuttosto evidente, in quanto ricavabile da diverse circostanze obbiettive, tra cui: 1) la predisposizione da parte dello stesso della documentazione contraffatta destinata a supportare le fittizie appostazioni contabili nelle relative dichiarazioni fiscali; 2) la sua attiva partecipazione nelle vicende societarie; 3) la accessibilità da parte dello stesso al sistema informatico della società per ottenere report contabili; 4) il suo ruolo di consulente fiscale della Società contribuente e di tutte le società facenti capo alla stessa, alcune delle quali avevano anche sede presso il suo studio; 5) una serie di intercettazioni da cui emergeva la sua preoccupazione per alcuni controlli da parte della Guardia di Finanza, nonché la sua decisa volontà di prodigarsi per la “ sistemazione documentale ” di vistose irregolarità contabili. Per quanto attiene, invece, all’ elemento soggettivo che, nella fattispecie, è quello del dolo specifico da individuarsi, ai sensi dell’art. 2, D. Lgs. 74/2000, nel “ fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto ”, pare vi sia, nel caso in esame, una certa sovrapposizione fra gli elementi da cui emerge il contributo fattuale e quelli da cui emerge la consapevolezza e l’accettazione da parte del professionista delle specifiche finalità criminali del contribuente. Ciò, invero, è del tutto ragionevole, alla luce del significativo coinvolgimento del consulente fiscale nella preparazione materiale del reato, dal quale è agevole ricavare il dolo senza la necessità di una motivazione particolarmente rafforzata, come quella che, d’altro canto, si esigerebbe nel caso di concorso morale o comunque di un apporto minore sotto il profilo materiale. È evidente, poi, che la configurabilità del reato anche in caso di dolo meramente eventuale, rende, da un lato, maggiormente possibile l’integrazione del delitto tributario a titolo di concorso, dall’altro, meno pregnante l’obbligo di motivazione da parte del giudice di merito sulla sussistenza dell’elemento soggettivo. È, comunque, doveroso precisare che il caso qui affrontato pare connotato da una particolare evidenza della prova e, come si è detto, da una partecipazione attiva alla realizzazione del reato nella sua fase preparatoria. Ma, certamente, l’assistenza tecnica dei professionisti ai propri clienti contribuenti non ha sempre tali caratteri di concretezza e materialità, risolvendosi spesso in mera attività di consulenza e pareristica. In questi casi, in cui è profilabile in astratto un c.d. concorso morale, l’analisi dell’elemento soggettivo dovrà essere più rigorosa, dovendo il giudice valutare se il professionista abbia agito con neutralità o, diversamente, abbia avuto un ruolo di ideazione e programmazione, o, comunque, di istigazione o agevolazione del delitto. Avv. Massimo Baldi Pergami Belluzzi

Esperienza di lavoro

Managing Partner (socio Gerente) - Studio legale Baldi Pergami Belluzzi

Dal 1/2005 - lavoro attualmente qui

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