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Avvocato Massimo Baldi Pergami Belluzzi a Roma

Massimo Baldi Pergami Belluzzi

Avvocato cassazionista a Roma

Informazioni generali

LO STUDIO BALDI PERGAMI BELLUZZI, fondato dall’Avv. Massimo Baldi Pergami Belluzzi, ha sede a via Cicerone 28, nel centro storico di Roma, davanti alla Suprema Corte di Cassazione. L’Avv. Massimo Baldi Pergami Belluzzi, iscritto all’albo degli avvocati di Roma ed abilitato al patrocinio dinanzi alla Corte di Cassazione, Consiglio di Stato, Corte Costituzionale assiste società e privati nel contenzioso nelle aree del diritto civile, commerciale, industriale, tributario, del lavoro, amministrativo, diritto penale-tributario,

Esperienza


Diritto condominiale

Avvocato difensore della ANAMMI- associazione nazionale amministratori di condominio-.


Diritto tributario

Esperienza consolidata di oltre 15 anni in materia di diritto tributario e di diritto penale tributario


Diritto penale

Esperienza consolidata di oltre 15 anni in ambito penale, in particolar modo per reati da "colletti bianchi" societari, tributari.


Altre categorie

Marchi, Sfratto, Locazioni, Diritto civile, Diritto di famiglia, Separazione, Divorzio, Matrimonio, Affidamento, Adozione, Diritto commerciale e societario, Fusioni e acquisizioni, Fallimento e proc. concorsuali, Proprietà intellettuale, Brevetti, Recupero crediti, Pignoramento, Contratti, Diritto del lavoro, Mobbing, Licenziamento, Stalking e molestie, Reati contro il patrimonio, Omicidio, Sostanze stupefacenti, Ricorso al TAR, Aste giudiziarie, Incidenti stradali, Tutela del consumatore, Arbitrato, Gratuito patrocinio, Cassazione.



Credenziali

Pubblicazione legale

POTERI E OBBLIGHI DELL'AMMINISTRAZIONE DI CONDOMINIO

Pubblicato su IUSTLAB

Una recentissima pronuncia della Corte di Cassazione ( Cassazione Civile, sez. II Num. 1630 Anno 2020 ), ha affrontato un tema molto caro ai nostri lettori, ovvero se il condominio- ed il suo amministratore- abbiano una autonoma legittimazione processuale e sostanziale rispetto all'accertamento dei diritti reali- nel caso di specie, usucapione delle parti comuni da parte di condomini nei cui confronti l'amministratore aveva agito per richiedere il rilascio di parti comuni abusivamente occupate. Rispetto a questo tema, la Suprema Corte ha avuto modo di ribadire che l'amministratore è sempre legittimato, senza necessità di autorizzazione dell'assemblea dei condomini, ad instaurare il giudizio per ottenere il rilascio di un bene condominiale anche mediante la richiesta di demolizione di opere, essendo il recupero del bene essenziale per l'ulteriore fruizione dello stesso bene da parte di tutti i condomini. (conformi, ex plurimis Cass. Civ. Sez. 3, Sent. n. 1768 del 2012, Cass. Civ. Sez. 2, Sent. n. 18207 del 2017, Cass. Civ.Sez. 2, Sent. n. 16631 del 2007, Sez. 2, Sent. n. 16230 del 2011). A tale legittimazione processuale attiva consegue anche la legittimazione processuale passiva del condominio e del suo amministratore – e non i singoli condomini- a resistere in caso di conseguenti azioni di accertamento da parte di un condomino sulle parti comuni. Come anticipato, però, la sentenza dà anche lo spunto per affrontare, oltre al tema in questione, anche il tema più generale relativo ai poteri conferiti agli amministratori di condominio. Come certamente noto , l'art. 1130 del codice civile, che disciplina i poteri conferiti all'amministratore, è stato interamente modificato e sostituito dalla versione prevista dall’art. 10, L. 11 dicembre 2012, n. 220, in vigore dal 17 giugno 2013. Tale modifica legislativa, rientrante nella più ampia modifica delle norme che regolamentano la disciplina del Condominio degli edifici, è stata il frutto di una sistematica applicazione degli arresti giurisprudenziali e dei contributi dottrinari che hanno riguardato la materia condominiale negli ultimi 40 anni. Come certamente a tutti i nostri lettori noto la nuova formulazione dell'articolo 1130 del codice civile, risulta essere quindi la seguente: " L'amministratore, oltre a quanto previsto dall'articolo 1129 e dalle vigenti disposizioni di legge, deve: eseguire le deliberazioni dell'assemblea, convocarla annualmente per l'approvazione del rendiconto condominiale di cui all'articolo 1130-bis e curare l'osservanza del regolamento di condominio; disciplinare l'uso delle cose comuni e la fruizione dei servizi nell'interesse comune, in modo che ne sia assicurato il miglior godimento a ciascuno dei condomini; riscuotere i contributi ed erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell'edificio e per l'esercizio dei servizi comuni; compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell'edificio, eseguire gli adempimenti fiscali; curare la tenuta del registro di anagrafe condominiale contenente le generalità dei singoli proprietari e dei titolari di diritti reali e di diritti personali di godimento, comprensive del codice fiscale e della residenza o domicilio, i dati catastali di ciascuna unità immobiliare, nonché ogni dato relativo alle condizioni di sicurezza. Ogni variazione dei dati deve essere comunicata all'amministratore in forma scritta entro sessanta giorni. L'amministratore, in caso di inerzia, mancanza i incompletezza delle comunicazioni, richiede con lettera raccomandata le informazioni necessarie alla tenuta del registro di anagrafe. Decorsi trenta giorni, in caso di omessa o incompleta risposta, l'amministratore acquisisce le informazioni necessarie, addebitandone il costo ai responsabili; curare la tenuta del registro dei verbali delle assemblee, del registro di nomina e revoca dell'amministratore e del registro di contabilità. Nel registro dei verbali delle assemblee sono altresì annotate: le eventuali mancate costituzioni dell'assemblea, le deliberazioni nonché le brevi dichiarazioni rese dai condomini che ne hanno fatto richiesta; allo stesso registro è allegato il regolamento di condominio, ove adottato. Nel registro di nomina e revoca dell'amministratore sono annotate, in ordine cronologico, le date della nomina e della revoca di ciascun amministratore di condominio, nonché gli estremi del decreto in caso di provvedimento giudiziale. Nel registro di contabilità sono annotati in ordine cronologico, entro trenta giorni da quello dell'effettuazione, i singoli movimenti in entrata ed in uscita. Tale registro può tenersi anche con modalità informatizzate; conservare tutta la documentazione inerente alla propria gestione riferibile sia al rapporto con i condomini sia allo stato tecnico-amministrativo dell'edificio e del condominio; fornire al condomino che ne faccia richiesta attestazione relativa allo stato dei pagamenti degli oneri condominiali e delle eventuali liti in corso; redigere il rendiconto condominiale annuale della gestione e convocare l'assemblea per la relativa approvazione entro centottanta giorn i ". E' evidente che, rispetto alla precedente versione, molto più sintetica e lacunosa, la nuova versione risulti molto più articolata ed esplicativa. Tra le principali novità si individuano i seguenti obblighi a carico dell'amministratore di condominio: l'obbligo di procedere agli adempimenti fiscali; provvedere alla tenuta di nuovi registri obbligatori ed alla conservazione di tutta la documentazione inerente la gestione del condominio ed i rapporti con i singoli condomini, nonché lo stato tecnico-amministrativo dell'edificio e del condominio; l'obbligo di consegna al condomino che ne faccia richiesta dell'attestazione dei pagamenti degli oneri condominiali e delle eventuali liti in corso; la redazione di un rendiconto condominiale annuale di gestione e la convocazione dell'assemblea per l'approvazione entro 180 giorni. Senza addentrarci in questa sede nell'istituto dell'amministrazione condominiale quale mandato con rappresentanza rientrante nell'alveo del più generale mandato di cui all'art. 1708 del codice civile- che diverrà oggetto di un altro futuro articolo- è necessario, dal punto di vista ermeneutico, comprendere se l'elencazione dei poteri e degli obblighi indicati nella norma in discorso sia tassativa o meramente esemplificativa ed in secondo luogo se i suddetti poteri possano essere ampliati o ridotti in base ad una previsione regolamentare ad hoc. Questo perchè l'art. 1133 del codice civile prevede espressamente che le decisioni dell'amministratore assunte nell'esercizio dei propri poteri siano vincolanti nei confronti dei condomini. Secondo una tesi restrittiva, l'elencazione dell'art. 1130 è una elencazione tassativa e quindi i poteri e gli obblighi dell'amministratore siano solo quelli in quella norma previsti. Secondo una opposta tesi, l'elencazione contenuta nella suddetta norma è meramente esemplificativa e non esaustiva. La tesi preferibile è quella secondo cui l'elencazione contenuta nell'art. 1130 vada interpretata nella sua massima estensione (c.d. Interpretazione estensiva), anche alla luce delle normative di settore. Secondo questa tesi, pertanto, quando si precisa che l'amministratore ha " l'obbligo di consegna al condomino che ne faccia richiesta dell'attestazione dei pagamenti degli oneri condominiali e delle eventuali liti in corso ", tale obbligo si estende anche al conduttore di un immobile per le spese di sua competenza e si estende anche alla consegna di tutta la documentazione di natura contabile, fiscale, antiriciclaggio nonchè di tutta la documentazione di natura condominiale che possa interessare al condomino, in base a normative di settore. Il secondo tema, ovvero se il regolamento possa prevedere ulteriori poteri o obblighi, ovvero possa ridurre l'elenco testè citato, necessita di alcuni chiarimenti. Rispetto ai regolamenti redatti anteriormente al 1942 (anno di emanazione dell'attuale codice) è evidente che gli stessi siano stati modificati ex lege nelle parti non coerenti con l'attuale normativa. Per i regolamenti successivi al 1942- ed ancor più, successivi al 2013, per i condomini di nuova costruzione- il discorso è più complesso. Sono certamente ammissibili regolamenti che stabiliscano poteri ed obblighi per l'amministratore in numero minore rispetto a quelli indicati nell'art. 1130 del c.c ovvero che subordino un determinato esercizio di un potere all'obbligo di preventiva delibera autorizzativa da parte dell'assemblea. Questione più sottile e complessa per i regolamenti che prevedano poteri magiori rispetto in capo all'amministratore, in quanto si deve distinguere tra potere che inerisca alle parti comuni (es. Potere di alienare le parti comuni senza obbligo di preventiva delibera assembleare, comunque sempre consigliabile a tutela dell'amministratore medesimo) certamente ammissibile, da potere che incida su diritti individuali- anche se preordinato all'interesse comune- (es. potere dell'amministratore di bloccare l'accesso alla proprietà privata di un condomino nell'interesse del condominio). Su quest'ultima possibilità, chi scrive ritiene che la compressione di un diritto individuale possa avvenire solo ed esclusivamente in base ad un potere esercitato su mandato del titolare di quel diritto individuale. In caso contrario il potere dell'amministratore verrà esercitato in modo arbitrario e come tale passibile di risarcimento del danno.

Esperienza di lavoro

Managing Partner (socio Gerente) - Studio legale Baldi Pergami Belluzzi

Dal 1/2005 - lavoro attualmente qui

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Pubblicazione legale

Le operazioni inesistenti. Aspetti problematici

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Con la sentenza n. 13747 del 2018 la Corte di Cassazione Sez. ha avuto modo di affermare che " “ ..... il reato di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti, punito dall'art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000, sussiste sia nell'ipotesi di inesistenza oggettiva dell'operazione (ovvero quando la stessa non sia mai stata posta in essere nella realtà), sia in quella di inesistenza relativa (ovvero quando l'operazione vi è stata, ma per quantitativi inferiori a quelli indicati in fattura) sia, infine, nel caso di sovrafatturazione "qualitativa", in quanto oggetto della repressione penale è ogni tipo di divergenza tra la realtà commerciale e la sua espressione documentale. ” (Di recente in senso analogo si rinviene la sentenza della Suprema Corte n. 24105 del 23 marzo 2018. In senso analogo vedi anche Cass. pen. Sez. III, n. 2835, 2013). Alla luce di questo arresto giurisprudenziale, nonchè del successivo avutosi con la Sentenza n. 21996 del 02/03/2018 molti commentatori si sono affrettati a sostenere come la S.C. abbia voluto affermare il principio secondo cui in tema di dichiarazione fraudolenta a mezzo fatture per operazione inesistenti (art. 2 Dlgs 74/2000), il concetto di "inesistenza" ricomprenda accanto all’ipotesi di inesistenza oggettiva o soggettiva, anche l'ipotesi di inesistenza giuridica . Sempre secondo la dottrina espressasi anteriormente al 2015 e la citata giurisprudenza, la categoria delle operazioni oggettivamente inesistenti comprendrebbe le operazioni non realmente effettuate da un punto di vista fattuale . Tale inesistenza oggettiva si confiurerebbe, pertanto, quando l'operazione non esiste in rerum natura ( ad esempio, viene emessa la fattura per l'acquisto di un computer ma il computer non è stato mai venduto, ma l'iva e l'imponibile della fattura vengono posti in detrazione dal falso acquirente ) Tuttavia, sia la giurisprudenza, nella citata sentenza, sia parte della dottrina, ritenevano anche " oggettivamente " inesistenti, il negozio simulato, ovvero un'operazione nella quale le parti davano alla prestazione una qualificazione "giuridica"diversa al fine di creare un vantaggio fiscale alla controparte . (un caso tipico, sarebbe quello del contratto di mutuo "rivestito" da contratto di leasing, al fine di permettere all'utilizzatore del bene di ottenere un vantaggio fiscale.) Questa tipologia di inesistenza oggettiva, qualificata come " inesistenza giuridica ", consisterebbe quindi in una difforme vestizione giuridica del negozio, che in modo simulato viene qualificato in modo difforme con evidenti vantaggi fiscali di una delle parti. Parte della dottrina, tuttavia, si opponeva a tale approccio, che avrebbe reso "censurabile" qualsiasi tipo di operazione- anche se lecita ed esistente- ed avrebbe esposto il contribuente all'arbitrio dell'Amministrazione, la quale avrebbe potuto sempre contestare ogni negozio giuridico, laddove ritenuto simulato, anche in considerazione del fatto che, quasi sempre la presunta illiceità di una operazione viene desunta a posteriori tramite presunzioni, gravi precise concordanti e non ex ante sulla base di elementi concreti di prova certa. A tutto voler concedere, comunque, tale categoria di inesistenza per simulazione e giuridica tout court , avrebbe dovuto trovare albergo nell'art. 3 della normativa che, in quel momento, puniva il contribuente che con " altri artifici " riduceva il suo imponibile soggetto ad imposta. Ricordiamo però come la norma di cui all'art. 3, prevedeva- e prevede tuttora- delle soglie di puniblità, così di fatto limitando i poteri delle Procure nella contestazione dei reati,. Ecco perchè, nella pratica, le Procure procedevano quasi sempre alla contestazione dell'art. 2, che non prevedeva alcuna soglia di punibilità. Da ultimo, la c.d. Inesistenza soggettiva , si verifica quando i soggetti indicati nel documento fiscale non sono i reali soggetti fra i quali è intercorsa l’operazione. (es. Un appalto viene eseguito dalla ditta "ALFA" a favore del committente "BETA" ma la fattura la emette, in luogo di ALFA, la società "GAMMA" - che magari ha crediti di imposta e quindi può avere corrispettivi senza poi versare le imposte all'erario- a favore della società " DELTA", che così si pone in detrazione il costo). Tale operazione è indubitabilmente riconducibile all'inesistenza soggettiva sanzionata con l'articolo 2 Dlgs 74/2000. Una particolare forma di inesistenza soggettiva è rinvenibile nella c.d. interposizione fittizia e interposizione reale di persona. L’interposizione fittizia si ha quando nel documento figuri una determinata parte quando in realtà gli effetti del negozio si producono nei confronti dell’interponente. Un’operazione del genere richiede la presenza di tutti e tre i soggetti, mentre nell’interposizione reale, detta anche fiduciaria, l’interposto, d’accordo con l’interponente, contratta con il terzo senza che quest’ultimo ne sia a conoscenza. L’interposto contratta con il terzo, ma la sua contrattazione è viziata dall’accordo di trasferire gli effetti del negozio al reale contraente. Secondo l'opinione prevalente- nonostante arresti giurisprudenziali difformi- l'interposizione reale- quindi ignota al terzo- è un'operazione lecita, in quanto il terzo non è al corrente delle reali intenzioni delle altre due parti, e comunque esistente, quindi non penalmente rilevante. La questione dell'inesistenza giuridica testè affrontata è stata parzialmente modificata e risolta nel 2015, quando il D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158, ha modificato la normativa, ed in particolare ha modificato l'art. 3, che quindi ha assunto il seguente tenore: " 1. Fuori dai casi previsti dall'articolo 2, e' punito con la reclusione tre a otto anni (1) chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, compiendo operazioni simulate oggettivamente o soggettivamente ovvero avvalendosi di documenti falsi o di altri mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l'accertamento e ad indurre in errore l'amministrazione finanziaria, indica in una delle dichiarazioni relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi o crediti e ritenute fittizi, quando, congiuntamente : a) l'imposta evasa e' superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a euro trentamila; b) l'ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all'imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi fittizi, e' superiore al cinque per cento dell'ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o comunque, e' superiore a euro un milione cinquecentomila, ovvero qualora l'ammontare complessivo dei crediti e delle ritenute fittizie in diminuzione dell'imposta, e' superiore al cinque per cento dell'ammontare dell'imposta medesima o comunque a euro trentamila. Il fatto si considera commesso avvalendosi di documenti falsi quando tali documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie o sono detenuti a fini di prova nei confronti dell'amministrazione finanziaria Ai fini dell'applicazione della disposizione del comma 1, non costituiscono mezzi fraudolenti la mera violazione degli obblighi di fatturazione e di annotazione degli elementi attivi nelle scritture contabili o la sola indicazione nelle fatture o nelle annotazioni di elementi attivi inferiori a quelli reali." Alla luce della modifica di questa norma, una parte degli studiosi ha ritenuto nuovamente che l’inesistenza giuridica dovesse essere qualificata come inesistenza oggettiva e pertanto, potesse essere contestato l'art. 2- privo di soglie di punibilità-. Una seconda tesi dottrinaria, ritiene invece che l'inesistenza giuridica dovesse rientrare esclusivamente nel concetto di operazioni simulate oggettivamente di cui all’art. 3 d.lgs 74/2000, così come delineato dal novellato art.1, lettera g-bis)27, in quanto operazioni che i contraenti “in parte” non intendono realizzare. La stessa dottrina ritiene sempre, come già evidenziato nel vigore della disciplina previgente, che la definizione di operazioni inesistenti di cui all’art. 1 lettera a) si riferisca alle operazioni non “realmente” effettuate, comprendendo soltanto le operazioni materialmente inesistenti. La tesi preferibile appare quella secondo cui si considerino inesistenti solo le operazioni mai poste in essere in natura o poste in essere da soggetti diversi, mentre se viene contestata la natura giuridica dell'operazione o lo strumento utilizzato, si applicherà l'art. 3 che prevede soglie di punibilità e che prevede l'assolvimento di un onere probatorio maggiore al fine di accertare la reale volontà fraudolenta delle parti a porre in essere un'operazione simulata oggettivamente.

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