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Avvocato Natascia Carignani a Lucca

Natascia Carignani

Avvocato esperto in diritto della famiglia

Informazioni generali

L’Avv. Carignani opera nell'ambito del diritto civile e prevalentemente si occupa di diritto di famiglia dall'inizio della sua esperienza professionale. Laureatosi all’Università di Giurisprudenza di Pisa ha fin da subito intrapreso la carriera legale seguendo quella che ritiene essere la sua vocazione: il diritto di famiglia. Durante la sua esperienza ha seguito centinaia di casi fra separazioni, divorzi e questioni patrimoniali.

Esperienza


Diritto di famiglia

Ho seguito numerosi divorzi e separazioni, a partire dalle coppie con figli che non riescono più a convivere, fino ad arrivare ai casi più complessi di tradimento e di violenza familiare. La terminazione del rapporto coniugale comporta punti critici che mi trovo spesso ad affrontare, quali ad esempio l’affidamento e le questioni patrimoniali. Fornisco sia assistenza per il divorzio congiunto che giudiziale, qualora non si riuscisse ad ottenere un accordo condiviso. In quanto madre di due figli posso comprendere a fondo le dinamiche familiari non solo da un punto di vista legale ma anche pratico.


Divorzio

Ho seguito vari divorzi, dando ai coniugi qualsiasi tipo di supporto, sia legale che pratico. Accompagno i coniugi in tutto il percorso, dal primo incontro in studio sino alla definizione dei loro rapporti mediante emissione di un provvedimento da parte del Tribunale. Fornisco sia assistenza per il divorzio congiunto che giudiziale, qualora non si riuscisse ad ottenere un accordo tra i coniugi.


Separazione

Ho seguito separazioni di ogni tipo, seguendo coppie che non riescono più a convivere e che devono disciplinare la gestione dei figli. La terminazione del rapporto coniugale comporta punti critici che mi trovo spesso ad affrontare, quali ad esempio l’affidamento e le questioni patrimoniali. Ho seguito anche coppie con figli non unite in matrimonio che si sono rivolte al mio studio per disciplinare i loro rapporti e doveri genitoriali. Fornisco sia assistenza per la separazione consensuale che giudiziale, qualora non si riuscisse ad ottenere un accordo condiviso.


Altre categorie

Diritto penale, Diritto civile, Recupero crediti, Pignoramento, Contratti, Violenza, Stalking e molestie, Reati contro il patrimonio, Locazioni, Sfratto, Domiciliazioni, Risarcimento danni.



Credenziali

Esperienza di lavoro

Avvocato - Studio Legale Carignani

Dal 1/2017 - lavoro attualmente qui

Lo Studio Legale Carignani offre un’attività di consulenza ed assistenza legale in materia di famiglia, separazione e divorzio, unioni civili, modifiche condizioni, filiazione etc., dando una assistenza, anche telefonica, a causa delle problematiche che a volte nascono improvvisamente tra soggetti separati e con prole. Inoltre, lo Studio svolge attività di assistenza e consulenza nella redazione di testamenti, nelle divisioni, nelle azioni di riduzione ed in genere di contenzioso tra eredi.

Pubblicazione legale

DIVORZIO CONGIUNTO O GIUDIZIALE

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Il divorzio congiunto è una procedura giudiziaria con la quale si persegue l’obiettivo dello scioglimento del matrimonio . La “particolarità” rispetto agli altri procedimenti che hanno come obiettivo quello di conseguire una simile finalità, è legata al fatto che la procedura è avviata consensualmente da entrambi i coniugi , dopo aver stabilito di comune accordo le condizioni che dovranno disciplinare la fine del proprio vincolo coniugale (a titolo di esempio non esaustivo: la gestione dei beni comuni , l’ assegno divorzile , le visite ai figli , e così via). Da quanto sopra dovrebbe esser piuttosto chiara la differenza tra il divorzio congiunto e divorzio giudiziale . Quest’ultimo identifica infatti un procedimento finalizzato alla cessazione degli effetti del matrimonio avviato su ricorso di uno solo dei due coniugi, anche se l’altro non ha prestato il consenso. Ne deriva che generalmente si ricorre al divorzio giudiziale quando tra i due coniugi non è stato possibile trovare un accordo su come andrà “gestita” la parte finale del proprio matrimonio, e gli effetti conseguenti. Si tratta in buona sostanza del procedimento omologo a quello di separazione consensuale : anche in questo caso è necessario il previo accordo dei coniugi per la formalizzazione degli accordi. La domanda congiunta di divorzio Introdotto quanto sopra, e accennato brevemente quali sono le caratteristiche e le finalità del divorzio congiunto, possiamo certamente rammentare come la procedura del divorzio congiunto segua un iter ben più rapido ed economico rispetto a quello che andrebbe a caratterizzare il divorzio giudiziale. Peraltro, così come il divorzio giudiziale, anche il divorzio congiunto prevede che la forma con la quale presentare la domanda sia quella del ricorso , indirizzato al tribunale competente (quello nel luogo di residenza o di domicilio di uno dei due coniugi). La domanda di divorzio congiunto dovrà necessariamente includere alcuni elementi essenziali ai fini della validità del ricorso quali, in particolare: i fatti e gli elementi di diritto sui quali si fonda la domanda di scioglimento del matrimonio o di cessazione dei propri effetti civili (in caso di matrimonio concordatario); l’esistenza di figli di entrambi i coniugi; le condizioni relative ai figli e ai rapporti economici; le ultime dichiarazioni dei redditi di ogni componente della coppia; l’atto di matrimonio, lo stato di famiglia, il certificato di residenza di entrambi i coniugi, la copia autentica del verbale di separazione consensuale o della sentenza di separazione giudiziale e la nota di iscrizione a ruolo. Divorziare mediante la negoziazione assistita Con il Decreto Legge 132 del 2014 si è reso possibile divorziare congiuntamente anche a mezzo dell’istituto della “ negoziazione assistita “ . La negoziazione assistita non è alto che un mezzo attraverso il quale i coniugi possono raggiungere e perfezionare un accordo . Tale accordo è valido anche in presenza di figli minori. Può essere formalizzato davanti ai rispettivi difensori. L’utilizzo di questo istituto presuppone ovviamente che ci sia un accordo su tutti gli aspetti, anche patrimoniali, riguardanti il divorzio. Ai coniugi non sarà dunque necessario presenziare ad alcuna udienza . Lo studio legale si occuperà poi del deposito degli accordi intercorsi presso la Procura della Repubblica . Solitamente il nulla osta (necessario per il caso in cui vi siano figli non autosufficienti) è concesso entro pochi giorni dal deposito. L’avvocato avrà infine il compito, entro dieci giorni dalla sottoscrizione degli accordi raggiunti, di trasmettere i relativi documenti al competente Ufficio di Stato Civile presso il Comune in cui il matrimonio è stato celebrato. Il fine è quello dell’annotazione a margine dell’atto di matrimonio della cessazione degli effetti civili del matrimonio. Divorzio congiunto: la presenza dei coniugi Una volta che i coniugi hanno presentato il ricorso per divorzio congiunto, le parti verranno chiamate a comparire personalmente davanti al giudice per il tentativo di conciliazione . Anche in questa procedura, è prevista l’audizione dei coniugi. Il giudice che tenderà ad accertare che la comunione tra i due non possa essere ricostituita o conservata, e che le condizioni stabilite dai coniugi non siano contrarie all’interesse della prole. Una volta effettuate tali verifiche, e riscontrata l’esistenza degli elementi soggettivi e oggettivi richiesti dalla legge, il giudice pronuncerà il divorzio con sentenza. Nel caso contrario, invece, il tribunale emetterà i provvedimenti urgenti in favore del coniuge debole e dei figli, nominando un giudice istruttore. Presupposti per il divorzio congiunto Ad ogni modo, per poter pronunciare divorzio congiunto con sentenza non si potrà che verificare la sussistenza dei presupposti richiesti dalla legge. Questi devono essere costituiti dalla presenza di almeno una delle seguenti condizioni: i coniugi sono separati legalmente da almeno 6 mesi (in caso di separazione consensuale) o da almeno 12 mesi (in caso di separazione giudiziale); uno dei due coniugi è stato condannato per un reato per cui il nostro ordinamento prevede una pena pari all’ergastolo o superiore a 15 anni; in alternativa, per un reato – a prescindere dalla pena – individuati dall’art. 3 della legge sul divorzio (ad esempio, tentato omicidio ai danni del coniuge); uno dei due coniugi è cittadino straniero e ha ottenuto l’annullamento o lo scioglimento del matrimonio all’estero, o ha contratto un nuovo matrimonio all’estero; il matrimonio non è stato consumato; uno dei due coniugi ha visto passare in giudicato la sentenza di rattifica dell’attribuzione del sesso. I costi del divorzio congiunto o consensuale Per quanto concerne i costi del divorzio congiunto , così come abbiamo anticipato in apertura del nostro approfondimento, tale ipotesi è certamente la più economica tra le ipotesi di divorzio. Pertanto, oltre ad essere la procedura che grava meno sugli aspetti psicologici della coppia, è altresì l’iter che comporta costi più contenuti rispetto a una procedura giudiziale. Gli onorari professionali variano, a seconda delle modalità scelte, dai mille ai tremila euro circa a coniuge. Con la negoziazione assistita i costi possono essere inferiori. Ricordiamo in tal senso che il contributo unificato per il procedimento di divorzio congiunto è pari a 43 euro, e non è prevista alcuna marca da bollo. I documenti necessari per la procedura di divorzio consensuale Quando è presentato il ricorso per ottenere il divorzio congiunto, oppure si procede con negoziazione assistita , è necessario allegare: L’estratto integrale dell’atto di matrimonio, da richiedersi presso l’ufficio Stato Civile del Comune di celebrazione del matrimonio. Lo Stato di Famiglia di ciascun coniuge, da richiedersi presso l’ufficio anagrafe del Comune di residenza di ciascun coniuge. I certificati di residenza di ciascun coniuge da richiedersi presso l’ufficio anagrafe del Comune di residenza. La copia autentica del verbale di separazione consensuale con i relativo decreto di omologa oppure della sentenza di separazione giudiziale con la relativa attestazione che la stessa sia passata in giudicato. Tali documenti possono richiedersi presso la Cancelleria del Tribunale che ha pronunciato i relativi provvedimenti. Le dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni di ciascun coniuge. Copia dei documenti di identità e dei codici fiscali di ciascun coniuge. Divorzio congiunto e assistenza dell’avvocato Sempre in relazione ai costi di tale procedura – ma non solo – è opportuno ricordare come contrariamente a quanto avviene nel divorzio giudiziale, dove ogni coniuge deve necessariamente essere rappresentato da un diverso difensore, nel divorzio congiunto la coppia potrà essere rappresentata in giudizio da un unico avvocato . Nel caso il divorzio sia congiunto ma a mezzo di negoziazione assistita, sarà invece necessaria l’assistenza di un avvocato per ciascun coniuge. Rammentiamo altresì come da alcuni anni opinione giurisprudenziale comune abbia chiarito come la presentazione della domanda di divorzio mediante ricorso debba essere effettuata ricorrendo alla difesa tecnica. Non è dunque possibile limitarsi alla sola presentazione personale. A rendere più trasparente tale aspetto è stata la nota sentenza Cass. n. 6365/2011 , con i giudici della Suprema Corte che hanno evidenziato come il provvedimento di divorzio congiunto abbia carattere decisorio, e dunque preveda l’osservanza della regola della difesa tecnica, trattandosi di un provvedimento che può incidere su status e su diritti soggettivi, e che viene assunto mediante una sentenza che è destinata a passare in giudicato. In altri termini, gli ermellini hanno sottolineato come il fatto che il divorzio sia congiunto non significa che sia consensuale. Spetta solamente al tribunale la verifica dei suoi presupposti di legge. Come abbiamo già visto, i presupposti sono costituiti dalla rispondenza dell’accordo all’interesse della prole delle condizioni concordate dagli istanti.

Pubblicazione legale

Divorzio: la Cassazione spazza via il tenore di vita

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La Suprema Corte conferma l'addio al parametro del tenore di vita. Il mero divario reddituale non giustifica il versamento dell'assegno da parte del ricco professionista alla moglie impiegata. Niente assegno divorzile alla ex moglie impiegata: il divario reddituale con il marito, facoltoso professionista, non giustifica il riconoscimento dell'esborso al fine di farle mantenere il pregresso tenore di vita in quanto quest'ultimo parametro non è più utilizzabile. Alla luce dei più recenti approdi giurisprudenziali, l'attribuzione e la quantificazione dell'assegno, infatti, non sono variabili dipendenti soltanto dall'alto (o dal più alto) livello reddituale di uno degli ex coniugi, non trovando alcuna giustificazione l'idea che quest'ultimo sia comunque tenuto a corrispondere all'altro tutto quanto sia per lui "sostenibile" o "sopportabile", quasi ad evocare un prelievo forzoso in misura proporzionale ai suoi redditi. Lo ha chiarito la Corte di Cassazione nell'ordinanza n. 24934/2019 (sotto allegata) accogliendo il ricorso dell'ex marito tenuto, secondo la Corte d'Appello, a versare alla moglie un assegno divorzile affinché la stessa potesse "conservare il tenore di vita matrimoniale (...) tenuto conto della disparità economica tra gli ex coniugi". In particolare, i giudici rilevavano come i redditi percepiti dalla donna (da lavoro impiegatizio) non fossero affatto paragonabili a quelli dell'ex marito che, professionista nell'attività di consulenza, godeva di un rilevante patrimonio anche immobiliare. Decisione ribaltata in Cassazione. Gli Ermellini rammentano che l'art. 5, comma 6, della legge n. 898/1970, contiene un parametro (la disponibilità di "mezzi adeguati o "comunque l'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive) e alcuni criteri da utilizzare per l'attribuzione e la determinazione dell'assegno divorzile a favore del coniuge richiedente, ovvero: le condizioni e i redditi dei coniugi, le ragioni della decisione, il contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio di ciascuno e di quello comune, tutti da valutare anche in rapporto alla durata del matrimonio. La nozione di adeguatezza dei mezzi è stata intesa dalla giurisprudenza tradizionale come finalizzata alla conservazione (tendenziale) del tenore di vita matrimoniale; tuttavia, come noto, le critiche a tale parametro hanno indotto a sostituirlo con quello, intrinsecamente inerente alla nozione di adeguatezza dei mezzi, di indipendenza economica, intesa come possibilità di vita dignitosa (Cass. n. 11504/2017). La Cassazione ha precisato che "per determinare la soglia dell'indipendenza economica occorrerà avere riguardo alle indicazioni provenienti, nel momento storico determinato, dalla coscienza collettiva e, dunque, né bloccata alla soglia della pura sopravvivenza né eccedente il livello della normalità (Cass. n. 3015/2018). Un esito interpretativo solo in parte corretto, ma sicuramente non sovvertito, dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 18287/2018 che ha confermato come il parametro (della conservazione) del tenore di vita non trovi più cittadinanza nel nostro sistema. Ancora, la Corte ha chiarito come debba essere il coniuge richiedente l'assegno a provare l'esistenza delle condizioni legittimanti l'attribuzione e la quantificazione dell'assegno, mentre in passato era il coniuge potenzialmente obbligato a dover dimostrare l'insussistenza delle relative condizioni. Infine, si è chiarito come l'assegno svolga una finalità (anche o principalmente) assistenziale, evidenziando altresì l'ulteriore e concorrente finalità compensativa o perequativa dell'assegno qualora il coniuge richiedente l'assegno dimostri che la sperequazione reddituale in essere all'epoca del divorzio sia direttamente causata dalle scelte concordate di vita degli ex coniugi, per effetto delle quali un coniuge abbia sacrificato le proprie aspettative professionali e reddituali per dedicarsi interamente alla famiglia, in tal modo contribuendo decisivamente alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune. Nell'ordinanza in esame, la Corte sottolinea come il parametro della (in)adeguatezza dei mezzi o della (im)possibilità di procurarseli per ragioni oggettive debba quindi riferirsi sia alla possibilità di vivere autonomamente e dignitosamente, sia all'esigenza compensativa del coniuge più debole per le aspettative professionali sacrificate, per avere dato, in base ad accordo con l'altro coniuge, un dimostrato e decisivo contributo alla formazione del patrimonio comune e dell'altro coniuge. Nell'ambito di questo accertamento, lo squilibrio economico tra le parti e l'alto livello reddituale del coniuge destinatario della domanda non costituiscono, da soli, elementi decisivi per l'attribuzione e la quantificazione dell'assegno. La mera differenza reddituale tra i coniugi è infatti coessenziale alla ricostituzione del tenore di vita matrimoniale, che è però estranea alle finalità dell'assegno nel mutato contesto. D'altronde, ai sensi di legge, l'assegno divorzile neppure svolge una funzione "riequilibratrice" delle condizioni reddituali degli ex coniugi. Nel caso di specie, la decisione impugnata va cassata poiché, dopo un mero confronto reddituale che ha mostrato il divario tra le parti, la Corte di merito ha attribuito e quantificato l'assegno divorzile in favore dell'ex sull'affermata esigenza di farle conservare il tenore di vita matrimoniale. Una conclusione che, chiarisce la Cassazione, contrasta con i principi che regolano la materia.

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