Avvocato Nicola Pisanello a Lecce

Nicola Pisanello

Avvocato Immigrazionista e Amministrativista


Informazioni generali

L'Avv. Nicola Pisanello è un avvocato del Foro di Lecce che si occupa di diritto dell'Immigrazione, Cittadinanza e diritto Amministrativo. È iscritto alla Camera degli Avvocati Immigrazionisti Pugliesi. Collabora con lo Studio Legale dell'Avv. Salvatore CENTONZE. Durante la sua formazione ha collaborato con lo Studio Sticchi Damiani, acquisendo anche una profonda conoscenza del diritto amministrativo, collaborando con il Prof. Avv. Saverio Sticchi Damiani anche alla redazione della monografia "Le interdittive antimafia e le altre misure di contrasto all'infiltrazione mafiosa negli appalti pubblici".

Esperienza


Immigrazione e cittadinanza

Collaboro da oltre un anno con l'Avv. Salvatore CENTONZE, uno dei massimi esponenti della materia. Mi occupo, in particolare, dei cd. "permessi di soggiorno umanitari" (protezione internazionale, sussidiaria e speciale), delle impugnazioni, sia dinanzi al Giudice ordinario sia dinanzi al Giudice amministrativo, avverso i decreti di rigetto della richiesta di rilascio del titolo di soggiorno, dei permessi di soggiorno per motivi di famiglia e delle impugnazioni avverso i decreti di rigetto della domanda di concessione della cittadinanza italiana.


Diritto civile

Durante il periodo di formazione ho collaborato con il dominus prima ed in autonomia poi a questioni di diritto inerenti la responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, le obbligazioni in generale ed anche i diritti reali. In particolare, ho trattato le questioni più spinose nella materia della responsabilità contrattuale (imputazione oggettiva del fatto) e della responsabilità extracontrattuale (culpa in vigilando e culpa in educando). Per quel che concerne i diritti reali, inoltre, ho seguito casi riguardanti la tutela del diritto di proprietà e del suo pieno godimento, nonché casi riguardanti la disciplina della locazione.


Appalti pubblici

Ho collaborato per quattro anni con lo Studio Sticchi Damiani e, in particolare, nel settore degli Appalti pubblici e delle interdittive antimafia. Ho seguito casi riguardanti l'esclusione degli operatori economici dalle procedure ad evidenza pubblica, riguardanti le procedure di affidamento in house e casi aventi ad oggetto l'impossibilità di un operatore economico di contrattare con la P.A. a seguito di una interdittiva antimafia. In questo ultimo caso, in particolare, ho avuto la possibilità di approfondire la conoscenza dell'istituto del controllo giudiziario.


Altre categorie:

Ricorso al TAR, Tutela dei minori, Contratti, Diritto del lavoro, Tutela del consumatore, Risarcimento danni, Mediazione, Negoziazione assistita, Gratuito patrocinio, Domiciliazioni.


Referenze

Pubblicazione legale

Gli effetti del controllo giudiziario sul giudizio amministrativo

Pubblicato su IUSTLAB

1. Le inevitabili interferenze tra il procedimento prevenzionale e il giudizio amministrativo L’istituto del controllo giudiziario richiede, ai fini della sua applicazione, la sussistenza di tre presupposti: due di carattere formale – l’esistenza dell’interdittiva antimafia emessa dal Prefetto e l’impugnazione del medesimo provvedimento innanzi al giudice amministrativo, uno di carattere sostanziale – l’occasionalità dell’agevolazione mafiosa. La norma di cui al comma 6 dell’art. 34 bis del d.lgs. n. 159/2011, pur richiedendo come presupposto applicativo l’impugnazione del provvedimento prefettizio, non delimita, tuttavia, il perimetro applicativo dell’istituto del controllo giudiziario al segmento temporale della pendenza del giudizio amministrativo. Se condizione di ammissibilità della domanda è, pertanto, il preventivo esperimento, da parte dell’impresa controindicata, del ricorso avverso l’interdittiva antimafia, vi è da chiedersi se l’istanza ex art. 34 bis divenga inammissibile dopo che il giudizio amministrativo si sia esaurito o se, al contrario, vi sia completa autonomia tra i due procedimenti. Da una analisi prima facie della norma succitata si potrebbe giungere a ritenere che il presupposto per la richiesta di sottoposizione al controllo giudiziario sia l’impugnazione del provvedimento interdittivo tout court, indipendentemente dall’esito del procedimento di impugnazione 1. 1 Ad una interpretazione della disposizione nel senso indicato potrebbe deporre anche l’art. 15 del d.lgs. n. 231/2011 in materia di responsabilità da reato delle società, che in una situazione simile 272 Nicola Pisanello In tal senso, inoltre, si potrebbe ritenere che se la concessione del controllo giudiziario dipendesse dall’esito del giudizio di impugnazione innanzi al giudice amministrativo, inevitabilmente la decisione assunta nella sede della giurisdizione amministrativa andrebbe ad incidere sul potere riservato al giudice della prevenzione circa l’autonoma valutazione delle condizioni e dei presupposti per l’attivazione dell’istituto. D’altra parte, a supporto della tesi dell’autonomia si potrebbe sostenere che lo scopo del controllo giudiziario sia quello di consentire all’impresa controindicata di continuare ad operare non solo durante la pendenza del giudizio di legittimità; un’opzione ermeneutica diversa mal si concilierebbe con la prevista possibilità che il controllo giudiziario abbia una durata compresa tra uno e tre anni, non essendo tale durata ancorata dal legislatore alla durata della pendenza del giudizio amministrativo, ma esclusivamente rimessa alla decisione del Tribunale competente in quanto legata alle effettive necessità di “bonifica” dell’impresa 2. La linea interpretativa finora tracciata, dunque, porterebbe a concludere per la perfetta autonomia tra il procedimento in sede penale e quello in sede amministrativa. Il silenzio della norma, tuttavia, non impedisce una diversa lettura della stessa. Può ritenersi invero che se fosse del tutto sostenibile la teoria della assoluta autonomia tra il procedimento innanzi al giudice della prevenzione e quello innanzi alla giurisdizione amministrativa, sarebbe stato sufficiente per il legislatore prevedere, quale presupposto per l’accesso all’istituto di cui all’art. 34 bis, la mera sussistenza di un’informativa antimafia interdittiva relativa all’impresa richiedente. Nella disposizione normativa in esame, tuttavia, è presente l’inciso “che abbiano proposto l’impugnazione del relativo provvedimento del prefetto”, che pare possa assumere rilievo proprio se letto nel senso che il giudizio amministrativo debba essere ancora pendente 3. a quella di cui all’art. 34 bis del Codice Antimafia prevede che in caso di applicazione di sanzione interdittiva a carico dell’Ente vi è la possibilità di nominare un Commissario giudiziale qualora l’Ente svolga un pubblico servizio od un servizio di pubblica necessità la cui interruzione può provocare un grave pregiudizio alla collettività, ovvero qualora l’interruzione dell’attività dell’ente può provocare, tenuto conto delle sue dimensioni e delle condizioni economiche del territorio in cui è situato, rilevanti ripercussioni sull’occupazione: orbene, mentre il citato art. 15 prevede espressamente che la prosecuzione dell’attività da parte del Commissario non possa essere disposta qualora la sanzione interdittiva venga applicata in via definitiva, detta previsione normativa non è invece contemplata nell’art. 34 bis del d.lgs. n. 159/2011 ed il non detto non potrebbe essere colmato da una interpretazione che vada oltre il dato normativo. 2 In tal senso Trib. Santa Maria Capua Vetere, 14 febbraio 2018 in n. 3/18 reg. gen. m.p. speciale. 3 Da evidenziarsi vi è anche il fatto che l’art. 91, comma 5, ultimo periodo, del d.lgs. n. 159/2011 prevede che l’informazione interdittiva antimafia possa essere aggiornata su richiesta di parte in presenza di nuovi elementi di valutazione: orbene, poiché tra essi possono rientrare anche gli esiti della procedura di cui all’art. 34 bis, appare logico ritenere che tali aggiornamenti non possano che intervenire quando il giudizio amministrativo è ancora in corso. Gli effetti del controllo giudiziario sul giudizio amministrativo 273 Si giungerebbe, seguendo tale percorso, ad una conclusione diametralmente opposta rispetto a quella derivante da un primo approccio ermeneutico, probabilmente anche più condivisibile. La giurisprudenza prevalente, infatti, ritiene che la sentenza passata in giudicato di rigetto del ricorso amministrativo comporti l’inammissibilità dell’istanza, rilevando, pertanto, un’inevitabile interferenza tra la pendenza del giudizio amministrativo e l’istanza ex art. 34 bis, comma 6, d.lgs. n. 159/2011 4. Anche la difficoltà di coordinamento tra la durata dell’istituto in esame e la durata del giudizio amministrativo, in questa prospettiva, potrebbe dirsi superata; basti considerare che il controllo giudiziario ha natura provvisoria ed è finalizzato, in un adeguato bilanciamento degli interessi, a consentire la continuità delle attività d’impresa ed a salvaguardare anche le esigenze occupazionali fintanto che non intervenga una pronuncia giudiziale definitiva, proprio nel periodo in cui l’interessato può ancora contestare la legittimità del provvedimento interdittivo. A sostegno della tesi dell’interdipendenza tra il procedimento innanzi al giudice della prevenzione ed il procedimento innanzi al giudice amministrativo si potrebbe, altresì, evidenziare che, nell’ambito di un corretto riparto di giurisdizione, il legislatore attraverso l’istituto del controllo giudiziario non ha voluto riconoscere al privato uno strumento alternativo al ricorso giurisdizionale avverso il provvedimento prefettizio. L’istituto in esame, invero, garantisce la prosecuzione “controllata” dell’attività d’impresa, anche al fine di neutralizzare per il futuro i pericoli di infiltrazione mafiosa, ma non potrebbe certo avere l’effetto di vanificare un’interdittiva ormai definitiva, configurandosi, in sostanza, come uno strumento alternativo di impugnazione. Ad ulteriore conferma della inevitabile interferenza tra i due procedimenti vi sono le numerose pronunce del giudice amministrativo che, in seguito all’ammissione dell’impresa controindicata al controllo giudiziario, ha ritenuto di dover dichiarare il sopravvenuto difetto di interesse alla decisione sull’istanza cautelare proposta unitamente al ricorso giurisdizionale 5. Appare invero evidente che l’impresa che abbia proposto istanza cautelare prima di essere ammessa al controllo giudiziario non abbia più interesse a che il giudice amministrativo sospenda gli effetti dell’interdittiva antimafia, in ragione del fatto che il comma 7 dell’art. 34 bis del d.lgs n. 159/2011 prevede che “il provvedimento che dispone l’amministrazione giudiziaria prevista dall’articolo 34 o il controllo giudiziario ai sensi del comma 6 del presente articolo sospende gli effetti di cui all’art. 94”. 4 In tal senso Cass. pen., Sez. II, sent. n. 16105/2019; Tar Catanzaro, Sez. I, ord. n. 883/2019; Trib. Reggio Calabria – Mis. Prev. – decreto 11 luglio 2018, n. 47/18 Mod. Patr.; T.A.R. Firenze, Sez. II, ord. n. 585/2018. 5 Cfr. Cons. Stato, Sez. III, ord. n. 6162/2018. 274 Nicola Pisanello La norma, ancora una volta, trascura anche sotto tale profilo il rapporto tra procedimento prevenzionale e giudizio di legittimità, sicché la giurisprudenza, dovendosi occupare del coordinamento tra i due procedimenti, ha dovuto ricorrere alla figura del sopravvenuto difetto di interesse al fine di evitare un possibile contrasto di giudicati. L’interdipendenza inevitabile tra il giudizio prevenzionale e il giudizio amministrativo, dunque, induce ad affermare che l’istanza ex art. 34 bis divenga inammissibile dopo che il giudizio amministrativo si sia esaurito. Occorre precisare, tuttavia, che siffatta inammissibilità riguarda l’istanza, rendendo impossibile per l’impresa, quindi, richiedere l’ammissione alla misura, allorquando quest’ultima non sia già stata concessa. Vi è da chiedersi, altresì, quale possa essere il destino del controllo giudiziario quando intervenga una sentenza di rigetto passata in giudicato del giudice amministrativo in costanza di misura ancora efficace. Anche su questo tema la norma tace e, ad oggi, è dubbio se la misura di cui all’art. 34 bis, in tali casi, possa completare il proprio percorso “terapeutico” fino alla fine del termine previsto o debba immediatamente arrestarsi. Il vuoto normativo causa, pertanto, un ulteriore difetto di coordinamento tra il giudizio amministrativo e il giudizio prevenzionale, che pare opportuno tentare di risolvere attraverso un approccio ermeneutico di carattere teleologico. Vero è che le finalità pubbliche del controllo giudiziario, come precedentemente dimostrato, sono fisiologicamente ed inscindibilmente connesse alla pendenza di un ricorso avverso l’interdittiva. Tuttavia la ratio dell’istituto è quella di consentire, a mezzo di specifiche prescrizioni e con l’ausilio di un controllore nominato dal Tribunale, la prosecuzione dell’attività d’impresa nelle more della definizione del ricorso amministrativo, al fine di evitare, in tale lasso di tempo, la decozione dell’impresa stessa che, privata di commesse pubbliche, potrebbe subire conseguenze irreparabili a causa della pendenza del giudizio amministrativo. Lo scopo della misura in realtà non è solo questo, se si considera che essa costituisce, altresì, un sostegno per l’imprenditore che non sia in grado di reagire alla criminalità, affinché il percorso intrapreso conduca al completo risanamento dell’impresa. La voluntas legis della misura del controllo giudiziario può, pertanto, essere meglio rintracciata nella possibilità per le imprese di “conservarsi”, in una logica rivolta al reinserimento delle stesse nel circuito dell’economia legale, una volta depurate dagli aspetti di illegalità e di interferenza con soggetti o gruppi criminali 6. Dall’analisi teleologica dell’istituto in esame, pare, dunque, possa desumersi, nell’alveo di un corretto bilanciamento degli interessi, che la misura dell’art. 34 6 In tal senso Trib. di Catanzaro, Sez. II Penale, decreto n. 25/2018. Gli effetti del controllo giudiziario sul giudizio amministrativo 275 bis debba proseguire fino al decorso del termine stabilito, evitando che in itinere possa bruscamente arrestarsi senza riuscire a completare il percorso “terapeutico” di legalità. L’ammissione al controllo giudiziario, infatti, risponde non solo all’interesse privato dell’operatore economico, ma anche e soprattutto a quello di natura pubblicistica di riportare nell’alveo della legalità le attività economiche nazionali. Inoltre, la sottrazione alla criminalità organizzata delle imprese risanate consente alla collettività di riappropriarsi dei vantaggi derivanti dall’attività imprenditoriale, evitando che le organizzazioni criminali deprimano l’economia legale. Sembra opportuno precisare, infine, che gli eventuali effetti positivi attestati dall’organo giudiziale, che si possono ottenere alla fine del percorso, consentono all’impresa di richiedere un aggiornamento da parte del Prefetto dell’informazione antimafia, con una soluzione finale che, se positiva, armonizza il sistema. Può osservarsi, infatti, che anche l’entrata in campo della prospettiva del salvataggio costituisca ormai un caposaldo di cui occorre tenere conto. Si tratta di una innovativa impostazione nel contrasto alla criminalità d’impresa, finalizzata a superare la prospettiva meramente punitiva delle misure che sanzionano l’esercizio dell’attività imprenditoriale. 2. Sindacato del giudice penale della prevenzione e sindacato di legittimità del giudice amministrativo: interferenza o autonomia? L’esistenza di un’interdittiva antimafia in capo ad un’impresa e la pendenza del giudizio di impugnazione della medesima interdittiva innanzi al giudice amministrativo costituiscono i due presupposti formali necessari per poter presentare istanza di ammissione alla misura di cui all’art. 34 bis, comma 6, d.lgs. n. 159/2011. Tuttavia, per poter essere ammessi alla misura, il giudice della prevenzione deve valutare un terzo presupposto di natura sostanziale, vale a dire l’occasionalità della agevolazione o infiltrazione “mafiosa” dell’impresa. Il giudizio del giudice penale in merito all’occasionalità della agevolazione, che ammette l’impresa controindicata al controllo giudiziario, non ha effetti retroattivi e non costituisce un superamento dell’interdittiva, anzi, in un certo senso, ne conferma la sussistenza, essendo quest’ultima, come detto, presupposto formale necessario 7. In tale ottica, non potrebbe, quindi, nemmeno rilevarsi una qualche forma di attenuazione del giudizio formulato dalla Prefettura. Da scrutinare rimane il rapporto di possibile condizionamento tra il giudizio del giudice della prevenzione ed il giudizio del giudice amministrativo in sede di verifica della legittimità dell’interdittiva antimafia impugnata. 7 In tal senso Cons. Stato, Sez. V, sent. n. 3268/2018. 276 Nicola Pisanello Si ritiene, secondo un orientamento che può dirsi pacifico, che non vi sia alcun tipo di condizionamento tra i due giudizi, poiché afferiscono a sindacati del tutto autonomi. Vi è, da un lato, infatti, il sindacato di legittimità dell’interdittiva antimafia del giudice amministrativo che si incentra sul profilo della coerenza, della logicità e della gravità del quadro indiziario posto alla base della valutazione sul pericolo di infiltrazione mafiosa. Il giudizio del giudice amministrativo, pertanto, costituisce fondamento e limite del potere prefettizio, demarcandone la discrezionalità, anche in relazione alla necessità di assicurare una tutela giurisdizionale piena ed effettiva contro ogni eventuale eccesso di potere da parte del Prefetto nell’esercizio di tale ampio, ma non indeterminato, potere discrezionale 8. Dall’altro lato, vi è, invece, il sindacato del giudice della prevenzione che si incentra sul presupposto sostanziale della “occasionalità”, oltre che sulla verifica della sussistenza dei due già richiamati presupposti di carattere formale 9. Sul versante del presupposto sostanziale, in concreto, il requisito della occasionalità dell’agevolazione non è riferito al rapporto personale intercorrente tra i soggetti che svolgono l’attività imprenditoriale e le particolari categorie di soggetti indicati dalla norma; il requisito, infatti, è chiaramente riferito all’attività d’impresa nel suo complesso. Rimane ferma, pertanto, la possibilità per l’impresa istante di dimostrare che, pur a fronte per esempio della stabilità dei rapporti familiari, la finalità di agevolazione dell’attività del soggetto appartenente a una delle categorie “pericolose” indicate dalla norma abbia riguardato solo occasionalmente l’attività imprenditoriale. Spetta, evidentemente, poi al giudice della prevenzione la valutazione circa l’occasionalità o meno di tale rapporto. Va evidenziato, inoltre, che l’accertamento del giudice penale in merito all’occasionalità dell’agevolazione non potrà che dipendere, in larga misura, dalla storia e dal curriculum dell’impresa che richiede l’accesso al controllo giudiziario. A titolo esemplificativo, dunque, un’impresa che dimostri di avere operato per lungo tempo sul mercato, partecipando a diverse gare d’appalto, e di essere stata attinta da interdittiva antimafia solo in una particolare fase storica o in un periodo contingente della propria attività, potrà verosimilmente beneficiare del controllo giudiziario. Al contrario, un’impresa che, sin dalla prima procedura ad evidenza pubblica alla quale partecipa, venga attinta dal provvedimento prefettizio, potrà essere verosimilmente considerata quale impresa stabilmente costituita con lo scopo di agevolare le particolari categorie di soggetti indicati dalla norma. 8 Cfr. Cons. Stato, Sez. III, sent. n. 758/2019. 9 Sul punto si veda NISCO, L’esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto. Profili sostanziali, in BACCARI LA REGINA-MANCUSO, Il nuovo volto della giustizia penale, Padova, 2015. Gli effetti del controllo giudiziario sul giudizio amministrativo 277 Più in generale, quindi, il giudice della prevenzione, nell’ammettere l’impresa al controllo giudiziario, sembra proprio non possa prescindere da un’indagine finalizzata a valutare, alla luce degli elementi fattuali e argomentativi posti a fondamento del provvedimento interdittivo, oltre che delle deduzioni della parte istante e della Procura distrettuale, l’utilità del controllo giudiziario e la sua idoneità ad eliminare la presenza di possibili occasionali situazioni di infiltrazioni mafiose tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi dell’impresa, nell’ottica di riportarne nell’alveo della legalità le attività economiche. In definitiva, dunque, il sindacato del giudice penale concerne una valutazione, anche prognostica, non della fondatezza del pericolo di infiltrazione mafiosa, ma del carattere occasionale del contatto mafioso 10. Sembrerebbe potersi affermare, pertanto, che non ci sia alcun tipo di interferenza tra il giudizio prevenzionale e quello di legittimità in sede amministrativa, in ragione della dimostrata autonomia di sindacato. Tuttavia, nonostante il rapporto di assoluta autonomia dei giudizi, in concreto non può escludersi che vi possa essere una qualche interferenza. Occorre chiedersi, invero, in che misura il giudice amministrativo possa restare in realtà immune da condizionamenti qualora venga a conoscenza del fatto che all’impresa ricorrente sia stata rigettata l’istanza di ammissione alla misura di cui all’art. 34 bis dal giudice penale, che non ha riscontrato il carattere occasionale dell’agevolazione. O, al contrario, in che misura il giudice della prevenzione possa valutare l’occasionalità dell’agevolazione senza essere condizionato dalla conoscenza di una intervenuta sentenza del giudice amministrativo di rigetto del ricorso avverso l’interdittiva antimafia. Fermo restando che, come prospettato, le due valutazioni sono diverse ed afferiscono a sindacati autonomi, non può negarsi che la decisione del giudice, penale o amministrativo che sia, è sempre determinata dal proprio libero convincimento, suscettibile di possibili condizionamenti non vincolanti all’esito della decisione resa in altra sede, sia pure con riferimento ad ambiti di giudizio differenti ma correlati. Il principio del libero convincimento del giudice, inoltre, risulta ancorato al dato probatorio e funziona nell’area riservata alla valutazione della prova. Il giudice, in concreto, valuta la prova dando conto nella motivazione dei risultati acquisiti e dei criteri adottati. Il libero convincimento non autorizza scelte arbitrarie, non svincola il giudice dai risultati dell’acquisizione probatoria. 10 Tale elemento discretivo non coincide con il concetto di non abitualità, che invece evoca l’idea di un unico episodio di contaminazione. L’occasionalità identifica, di contro, un preciso tipo soggettivo, si riferisce quindi all’impresa che soggiace solo in misura episodica all’attività criminale di taluno. Tale situazione è caratterizzata da una limitata dimensione temporale e della gravità, nonché di assenza di reiterazione delle vicende di agevolazione. 278 Nicola Pisanello Risulta difficile sostenere, dunque, che un provvedimento giudiziale che attesti la non occasionalità dell’agevolazione o che confermi il pericolo di infiltrazione mafiosa per l’impresa controindicata non rientri tra gli elementi fattuali che il giudice assume per determinare il proprio libero convincimento. Una ulteriore considerazione a sostegno della teoria del condizionamento può essere effettuata in merito alla valutazione della prova. Si è precedentemente precisato, infatti, che il libero convincimento del giudice, penale o amministrativo, è legato alla valutazione dei risultati probatori portati alla sua conoscenza e ciò impedisce al giudice di effettuare scelte arbitrarie. Ebbene, nel caso del controllo giudiziario, gli elementi probatori che il giudice della prevenzione deve valutare coincidono con gli elementi probatori che deve valutare il giudice amministrativo in sede di verifica della legittimità dell’impugnata interdittiva antimafia. La valutazione giurisdizionale, infatti, verte sul materiale informativo trasfuso dal PM e dalla polizia giudiziaria che supporta la motivazione del provvedimento interdittivo. In definitiva, è la situazione di fatto e di diritto “fotografata” dal Prefetto nel provvedimento interdittivo, così come le controdeduzioni avanzate dall’impresa, a dover orientare tanto il Tribunale quanto il giudice amministrativo 11. Orbene, allo stato, ci sembra che, pur essendo evidente la netta distinzione tra i due procedimenti, non è altrettanto facile affermare che, in concreto, il sindacato del giudice della prevenzione ed il sindacato di legittimità del giudice amministrativo siano effettivamente assolutamente autonomi e scevri da ogni qualsivoglia interferenza. 3. Effetti processuali sul giudizio amministrativo della concessione della misura del controllo giudiziario La pendenza del giudizio di legittimità in sede amministrativa della impugnata interdittiva antimafia, si è detto, costituisce un presupposto di carattere formale per la proposizione dell’istanza di ammissione alla misura di cui all’art. 34 bis, comma 6, d.lgs. n. 159/2011 da parte dell’impresa controindicata. 11 Il Tribunale non potrà prescindere dal considerare, altresì, l’eventualità che le situazioni ritenute dalla Prefettura come significative di possibili tentativi di infiltrazioni mafiose siano state autonomamente, in tutto o in parte, eliminate precedentemente o successivamente alla notifica dell’informativa antimafia interdittiva. In questo caso il controllo giudiziario avrebbe la finalità di verificare l’effettività degli interventi modificativi sulla gestione, amministrazione e titolarità dell’impresa autonomamente operati dalla stessa, nonché la loro rilevanza nella direzione di rimuovere i presupposti del pericolo di infiltrazioni e condizionamenti mafiosi, consentendo all’impresa l’opportunità del rientro nel mercato in condizioni di legalità e scongiurando in futuro comportamenti analoghi a quelli censurati con l’interdittiva antimafia. Gli effetti del controllo giudiziario sul giudizio amministrativo 279 Inoltre, benché manchi una norma di coordinamento tra i due procedimenti, pare possa affermarsi che il giudizio in merito all’ammissione al controllo giudiziario del giudice della prevenzione ed il giudizio di legittimità in sede amministrativa non siano completamente autonomi, essendovi, invece, la fondata probabilità di un reciproco condizionamento. La inevitabile correlazione tra il giudizio prevenzionale ed il giudizio amministrativo e la mancanza di una norma di coordinamento, hanno creato, dunque, una zona d’ombra alla quale la giurisprudenza ha tentato di sopperire. I giudici hanno, infatti, provato a dare una soluzione anche al problema della inevitabile connessione tra l’ammissione al controllo giudiziario ed il giudizio amministrativo nel quale è stata impugnata l’interdittiva antimafia. Più nel dettaglio, si è cercato di comprendere quali possano essere gli effetti del controllo giudiziario sul processo amministrativo pendente. È noto che il provvedimento che dispone il controllo giudiziario sospende gli effetti del provvedimento interdittivo. Tale effetto ha portata dirimente viste le gravi ripercussioni sulla vita dell’impresa del provvedimento interdittivo. Tuttavia l’ordinamento non tipizza gli effetti della misura sul processo amministrativo avente ad oggetto la legittimità del provvedimento di interdizione. Appare tuttavia non controvertibile che l’ammissione al controllo giudiziario non ha alcun affetto caducante sul provvedimento interdittivo, posto che il giudice della prevenzione non ha il potere di sindacarne la legittimità. Ne consegue che il giudizio di legittimità in sede amministrativa, a seguito della concessione della misura del controllo giudiziario, resta in ogni caso pendente, nel mentre privi di normazione ne risultano i possibili ulteriori effetti processuali. Ciò posto, la giurisprudenza, al fine di garantire certezza del diritto ed evitare contrasto di giudicati, ha ritenuto, in un primo momento, percorribile la strada della sospensione del processo amministrativo nell’ipotesi di ammissione dell’impresa ricorrente all’istituto ex art. 34 bis. Il Consiglio di Stato, invero, ha sostenuto che la sospensione degli effetti del provvedimento interdittivo, quale conseguenza scaturente ex lege dal provvedimento che dispone il controllo giudiziario, dovesse determinare anche la sospensione del giudizio amministrativo, in quanto l’eventuale conferma dell’interdizione, da parte del giudice amministrativo, in caso di rigetto del gravame, avrebbe reso definitivi gli effetti di detto provvedimento, e, quindi, vanificato la previsione di cui all’art. 34 bis, comma 7, e la ratio stessa del controllo giudiziario, volto, come ampiamente chiarito, a consentire alle imprese colpite da interdittiva antimafia, che l’abbiano impugnata, nelle more del giudizio amministrativo, di proseguire nella propria attività, a determinate condizioni, sotto il controllo di un amministratore giudiziario 12. 12 Cfr. Cons. Stato, Sez. III, ord. n. 5482/2019; Cons. Stato, Sez. III, ord. n. 4719/2018. 280 Nicola Pisanello Tuttavia, occorre precisare che il codice del processo amministrativo non reca un’autonoma disciplina delle cause di sospensione del giudizio, rinviando alle ipotesi previste dall’art. 295 c.p.c., norma che, nel disporre la c.d. sospensione necessaria nell’ipotesi in cui dalla definizione di un’altra controversia dipenda la decisione della causa (c.d. connessione per pregiudizialità-dipendenza), ha enunciato un principio generale applicabile ad ogni tipo di giudizio 13-14. Sembrerebbe escluso dalla norma qualsiasi automatismo sospensivo, in quanto il giudice amministrativo da sempre si attribuisce un ampio margine di apprezzamento, sorretto essenzialmente da ragioni di economia processuale. Altro orientamento giurisprudenziale ha pertanto ritenuto non convincente fino in fondo l’ipotesi della sospensione del giudizio in caso di concessione della misura di cui al precitato art. 34 bis poiché non era dato riscontrare i rigidi presupposti di pregiudizialità logico – giuridica richiesti per l’applicazione dell’art. 295 c.p.c., disponendo in tal caso il rinvio del giudizio, anziché la sospensione 15. Un punto di svolta del contrasto giurisprudenziale è rappresentato dalla recente ordinanza del 10 luglio 2019 della Terza Sezione del Consiglio di Stato che ha espressamente riaffermato la tesi della sospensione del giudizio amministrativo ogni qualvolta gli effetti interdittivi del provvedimento prefettizio siano sospesi dal provvedimento che dispone il controllo giudiziario. Orbene, nonostante la questione degli effetti del controllo giudiziario sul processo amministrativo sia ancora aperta e senza una definizione certa, anche in ragione del vuoto normativo sul tema, appare evidente, tuttavia, che l’orientamento più recente della giurisprudenza sia nella direzione della sospensione del giudizio amministrativo in seguito all’ammissione dell’impresa ricorrente alla misura di cui all’art. 34 bis, comma 6, d.lgs. n. 159/2011. Ad avviso dello scrivente tale indirizzo presta il fianco ad alcune critiche. La sospensione necessaria del processo, infatti, quando non sia imposta da una specifica disposizione di legge, presuppone l’esistenza di una relazione sia di pregiudizialità logica (nel senso che la definizione di una controversia rappresenti un momento ineliminabile del processo logico relativo alla decisione della causa dipendente) sia di pregiudizialità giuridica (nel senso che la controversia pregiudiziale sia diretta alla formazione di un giudicato che, in difetto di coordinamento tra i due procedimenti, possa porsi in conflitto con la decisione adottata nell’altro giudizio). Nell’ipotesi esaminata non si rinviene un rapporto di pregiudizialità in senso stretto. 13 La giurisprudenza ritiene che dall’ampiezza del rinvio alla disciplina del processo civile derivi l’applicabilità dell’intera gamma delle disposizioni che governano la materia della sospensione del giudizio, dunque non solo l’art. 295 c.p.c., ma ogni altra disposizione compatibile in forza del rinvio operato dall’art. 39 c.p.a., posto che non si ravvisano ostacoli logico-giuridici a tale estensione. 14 Sul punto si veda Cons Stato, Sez. III, ord. n. 3898/2013. 15 Cfr. T.A.R. Catanzaro, Sez. I, ord. n. 883/2019. Gli effetti del controllo giudiziario sul giudizio amministrativo 281 Lo strumento del rinvio del giudizio appare, pertanto, più idoneo allo scopo, perché libero da presupposti tassativi e adattabile al caso concreto. Rimane, infine, da chiarire un’ulteriore questione. Dopo la consumazione della misura di salvataggio o in costanza della stessa non è del tutto da escludere che la Prefettura, in sede di aggiornamento dell’informazione antimafia, ritenga di mantenere l’interdizione o che, sulla base di nuovi elementi, ritenga di emettere un nuovo provvedimento interdittivo. Non è chiaro se, in tali circostanze, permanga per l’impresa la possibilità di presentare o reiterare un’istanza ex art. 34 bis, comma 6, d.lgs. n. 159/2011, con la conseguente sospensione, in caso di accoglimento, della nuova interdizione. Ora, se è vero è che il controllo giudiziario può durare ex lege al massimo tre anni, è altrettanto vero che la norma di cui al comma 6 dell’art. 34 bis non vieta – anzi dall’analisi ermeneutica testuale se ne trae conferma – la reiterazione dell’istanza a seguito della riedizione del potere prefettizio. Appare evidente, inoltre, che anche le sorti del processo amministrativo già incardinato dipenderanno poi dagli esiti dell’aggiornamento prefettizio dell’interdittiva antimafia. In caso di mantenimento dell’interdizione da parte del Prefetto, infatti, il processo amministrativo sull’interdittiva riprenderà, presumibilmente integrato da un ricorso per motivi aggiunti avverso la nuova decisione prefettizia; in caso di annullamento dell’interdittiva in sede di aggiornamento, invece, il giudizio amministrativo si estinguerà per sopravvenuta carenza di interesse, salva la possibilità per l’impresa reintegrata di instare per il risarcimento dei danni 16. In conclusione, pare potersi sostenere che il quadro attuale sul tema presenti una ancora irrisolta complessità poiché, in modo non ben coordinato dal legislatore, si sono stratificati rationes ed istituti diversi, così come si è addensata una pluralità di soggetti e competenze. Non è facile, pertanto, prevedere quali saranno le sorti di siffatto assetto, se occorrerà tornarvi con riforme meglio sorrette da consapevolezza sistematica o se, con il continuo e prudente ausilio della giurisprudenza, il groviglio potrà progressivamente sciogliersi in un ragionevole e funzionale equilibrio. Quel che pare potersi affermare con maggiore certezza è che tutti i soggetti interessati, nel proprio ambito di competenza, dovranno sin da ora cercare di ricalibrare i processi interpretativi alla luce del nuovo valore ordinamentale del salvataggio dell’impresa infiltrata. 16 Si veda sul punto M. MAZZAMUTO, Misure giurisdizionali di salvataggio delle imprese versus misure amministrative di completamento dell’appalto: brevi note sulle modifiche in itinere al Codice Antimafia, in Dir. pen. contemp,, 20 aprile 2016. 282 Nicola Pisanello

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