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Avvocato Nicoletta Genovese a Rivello

Nicoletta Genovese

Avvocato

Informazioni generali

Sono un avvocato che grazie alla collaborazione con diversi studi legali ha maturato esperienza sia nel settore giudiziale che stragiudiziale in materia di diritto civile, diritto del lavoro e previdenziale, contrattualistica, responsabilità civile et al, diritto dell'immigrazione, diritto tributario e ancora assistenza in materia di diritto penale e dell'esecuzione penale.

Esperienza


Diritto civile

Ho fatto una pratica nel settore del diritto civile che mi ha permesso di approfondire le tematiche proprie del diritto civile. In particolare, attualmente mi sto dedicando alla tematica del risarcimento da somministrazione di vaccini-vaccini covid 19 e malasanità. Ma seguo anche casi che spaziano dal diritto di famiglia alla responsabilità civile (infortunistica stradale), alla contrattualistica, al recupero crediti et al.


Malasanità e responsabilità medica

Impegnata in materia di responsabilità del medico e da somministrazione di vaccini. Ho assistito clienti per la richiesta di indennizzo e risarcimento danni a seguito del verificarsi di eventi avversi subiti dalla somministrazione di vaccini, trasfusioni ed emoderivati, in particolare vaccino COVID 19, sia durante la fase amministrativa di richiesta di indennizzo che nella fase giudiziale.


Separazione

Ho seguito casi complessi di separazioni consensuali e giudiziali anche con figli minori o non autosufficienti. Il mio obiettivo è quello di cercare di trovare una strada conciliativa, al fine di rendere il momento della separazione il più indolore possibile.


Altre categorie

Divorzio, Diritto assicurativo, Immigrazione e cittadinanza, Incidenti stradali, Negoziazione assistita, Recupero crediti, Contratti, Diritto tributario, Domiciliazioni, Diritto amministrativo, Incapacità giuridica, Licenziamento, Risarcimento danni, Diritto bancario e finanziario, Usura, Diritto militare, Eredità e successioni, Tutela dei minori, Pignoramento, Diritto del lavoro, Previdenza, Diritto penale, Ricorso al TAR, Diritto internazionale ed europeo, Diritto immobiliare, Multe e contravvenzioni, Tutela del consumatore.



Credenziali

Pubblicazione legale

Il riconoscimento della cittadinanza ius sanguinis/ iure sanguinis

Pubblicato su IUSTLAB

Nel nostro ordinamento la cittadinanza si acquista prioritariamente per nascita : è considerato cittadino italiano il figlio di padre e di madre cittadini per discendenza diretta dall’avo cittadino italiano . La legge di riferimento è la legge 91/1992, in virtù della quale, il discendente emigrato italiano che non abbia conseguito la cittadinanza straniera, può rivendicare il riconoscimento della cittadinanza italiano iure sanguinis . Ragion per cui, anche i discendenti di seconda, terza e quarta generazione, ed oltre, (all'infinito) di emigrati italiani possono essere dichiarati cittadini per filiazione, cioè per cittadinanza ius sanguinis, purché non vi sia stata una interruzione nella trasmissione della cittadinanza. Per ottenere la cittadinanza iure sanguinis occorrono due requisiti: la discendenza da soggetto italiano ( l’avo emigrato); l’ assenza di interruzioni nella trasmissione della cittadinanza. È quindi necessario per il richiedente dare prova della mancata naturalizzazione straniera , non solo dell’avo italiano, ma anche dei suoi discendenti in linea retta, prima della nascita della successiva generazione, fino ad arrivare al richiedente. Il problema della naturalizzazione si è avvertito in particolar modo in Brasile, tra il 1889 e 1891 a seguito della grande naturalizzazione. Il Governo Brasiliano, in virtù del decreto 58 A del 1889, stabiliva che gli Italiani presenti in territorio Brasiliano alla data del 15.11.1889 avrebbero ottenuto la “naturalizzazione automatica” brasiliana a meno che non avessero manifestato dinanzi ai propri consolati la volontà di permanere cittadini della nazione di origine, entro sei mesi dalla data di pubblicazione del decreto. La grande naturalizzazione veniva utilizzata dal Ministero dell’Interno per contestare la trasmissione dello "status civitatis" per supposta automatica perdita della cittadinanza italiana dell’avo italiano che in quel periodo storico era emigrato in Brasile. La sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite il 24.08.2022, n. 25318 ha definitivamente ritenuto illegittima tale norma. In particolare ha ritenuto che la norma straniera deve essere messa in stretta correlazione con le disposizioni del codice civile all'epoca vigente, ergo, il codice civile del 1865. L’art. 11, n. 2, cod. civ. 1865, nello stabilire che la cittadinanza italiana è persa da colui che abbia “ottenuto la cittadinanza in paese estero”, sottintende, per gli effetti sulla linea di trasmissione iure sanguinis ai discendenti, che si accerti il compimento, da parte della persona all’epoca emigrata, di un atto spontaneo e volontario finalizzato all’acquisto della cittadinanza straniera in applicazione del principio secondo il quale: "le norme del diritto internazionale e le leggi estere, non possono essere contrastanti con le leggi del nostro stato afferenti alle persone, all’ordine pubblico e al buon costume". Ragion per cui , in materia di cittadinanza non è previsto alcun automatismo , in quanto per la perdita della cittadinanza italiana è necessaria una esplicita rinuncia . La trasmissione della cittadinanza iure sanguinis La trasmissione della cittadinanza iure sanguinis può avvenire in linea maschile ( paterna) o in linea femminile ( materna). Il riferimento normativo è l'art. 1 della legge 91/1992, ai sensi del quale: " è cittadino per nascita: il figlio di padre o di madre cittadini ". Questo significa che colui che è nato in uno stato straniero ha diritto ad essere riconosciuto cittadino italiano se dimostra di avere un avo italiano senza limiti generazionali , purché la catena di trasmissione della cittadinanza non si sia interrotta per naturalizzazione o per rinuncia di uno degli ascendenti prima della nascita del figlio cui si vorrebbe trasmettere la cittadinanza. La trasmissione può quindi avvenire in linea femminile-materna e in linea maschile-paterna. Se per la trasmissione in linea maschile-paterna non vi sono limiti, nel passato si riscontravano dei limiti per la trasmissione in via materna della cittadinanza. Infatti, l’articolo 10 della legge 555/1912 stabiliva la perdita della cittadinanza italiana per la donna che si univa in matrimonio con un cittadino straniero. Tuttavia, la legge 555/1912 è stata considerata costituzionalmente illegittima in applicazione del principio di uguaglianza e della parità dei coniugi, quindi la possibilità della trasmissione della cittadinanza italiana anche per linea materna. Principio oggi ribadito anche dalla Suprema Corte di Cassazione. Gli Ermellini hanno affermato che: “ per effetto delle sentenze della Corte Costituzionale, deve essere riconosciuto il diritto allo status di cittadino italiano al richiedente nato all’estero da figli di donna italiana coniugata con cittadino straniero nel vigore della L. 555/1912 che sia stata, di conseguenza, privata della cittadinanza italiana a causa del matrimonio ”. Come ottenere il riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis Il riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis può avvenire attraverso due procedure: la procedura giudiziale e la procedura amministrativa. La procedura giudiziale La procedura giudiziale, è la procedura che permette di ottenere il riconoscimento della cittadinanza iure sanguinis in maniera più celere , in quanto i tempi per ottenere il riconoscimento della cittadinanza in via amministrativa, attraverso il Consolato, sono molto lunghi. Basti pensare che i tempi per essere chiamati al consolato possono superare i 10 anni. È preferibile, allora la via giudiziale. Il Tribunale Roma con la sentenza n. 2055/ 2019 ha riconosciuto la problematica delle lunghissime liste di attesa e le ha considerate un diniego di riconoscimento del diritto vantato dai richiedenti, giustificando così il loro accesso alla via giurisdizionale. Sulla scia di tale orientamento, recenti sentenze del Tribunale di Roma hanno previsto che non è necessario attendere 730 giorni prima di iniziare l’azione giudiziaria. Singoli passaggi della procedura giudiziale Innanzitutto bisogna premettere, che dal 2021 è cambiata la legge, e pertanto, la competenza a decidere la domanda di cittadinanza iure sanguinis non è più il Tribunale di Roma, ma è il Tribunale del foro di nascita dell’avo italiano . Il procedimento è disciplinato dalla legge delega 206/2021 la quale prevede al comma n. 36: “ quando l’attore risiede all’estero le controversie di accertamento dello stato di cittadinanza italiana sono assegnate avendo riguardo al comune di nascita del padre, della madre o dell’avo cittadini italiani ”. Quindi, la competenza in materia di domanda di cittadinanza ius sanguinis è delle Sezioni Specializzate in materia di immigrazione e cittadinanza del tribunale del luogo del comune di nascita dell’avo cittadino italiano . Il procedimento, oggi, a seguito della cd Riforma Cartabia si svolge secondo le norme del rito semplificato di cognizione, di cui all’articolo 281 decies e ss c.p.c. È necessaria l’assistenza di un legale, ed è necessaria la procura notarile per la rappresentanza in giudizio. All'uopo è opportuno dotarsi di una procura redatta da un notaio e successivamente tradotta, e in alcuni casi apostillata. Non è necessaria la presenza dei ricorrenti in Italia. Per poter presentare la domanda giudiziale di riconoscimento della cittadinanza iure sanguinis, di particolare importanza è la raccolta della documentazione . I documenti raccolti, formati all’estero, devono ai sensi del DPR. 445/2000, essere tradotti in lingua italiana e muniti di legalizzazione consolare . La validità dei certificati è disciplinata dall’ art. 41 del DPR 445/2000 che stabilisce la validità illimitata dei certificati rilasciati dalle pubbliche amministrazioni attestanti stati, qualità personali e fatti non soggetti a modificazione. Le restanti certificazioni hanno invece validità di sei mesi. La stessa legge si applica anche ai documenti prodotti in Italia. Nell’ambito del processo giudiziale incombe l’onere sulla parte che richiede il riconoscimento della cittadinanza italiana di fornire la prova del suo diritto , quindi la prova della filiazione da discendente italiano per cui, di fondamentale importanza è la raccolta della documentazione, che costituirà prova del rapporto di filiazione . Ottenuto il riconoscimento della cittadinanza italiana, l’avvocato provvederà a richiedere, all’ufficio anagrafico del comune italiano di nascita dell’avo, la trascrizione degli atti nel registro dello stato civile. Con l’avvenuta trascrizione la procedura si intende conclusa. Il riconoscimento della cittadinanza italiana opera con effetto retroattivo alla nascita della persona. I richiedenti possono recarsi personalmente presso gli Uffici Consolari di residenza per richiedere l’iscrizione all’AIRE (Anagrafica italiani residenti all’estero) nonché il rilascio del passaporto italiano. La via amministrativa Come anzidetto, in alcuni casi è possibile anche scegliere la procedura amministrativa. La procedura amministrativa permette il riconoscimento della cittadinanza iure sanguinis senza instaurare un giudizio. Tuttavia, i tempi per ottenere il riconoscimento della cittadinanza sono più lunghi. La procedura amministrativa può svolgersi in due modalità, a seconda che il richiedente risieda all’estero o in Italia. Se risiede in Italia è possibile esperire la procedura amministrativa tramite il comune di residenza del richiedente, quindi è necessaria preliminarmente ottenere l’iscrizione anagrafica, ed è necessario avere ottenuto la residenza nel Comune in cui si intende esperire il procedimento amministrativo di riconoscimento della cittadinanza iure sanguinis, oltre ad avere preliminarmente, regolare permesso di soggiorno. Invece, per i residenti all’estero possono proporre istanza all’autorità consolare. I tempi di attesa per ottenere la cittadinanza iure sanguins in via amministrativa sono più lunghi. Se la procedura viene avviata personalmente in Italia, l’attesa varia in base al Comune, nel caso in cui la domanda è presentata all’estero, l’attesa varia in base al Consolato. Proprio per abbattere i tempi di attesa, e permettere al richiedente di continuare a risiedere all’estero è sempre consigliabile la via giudiziale . Di particolare importanza è la raccolta della documentazione e il rispetto della normativa di riferimento. A tal proposito importante è la circolare del ministero dell’interno la K.28.1 del 1992 che rappresenta una sorta di “vademecum” delle procedure da seguire per i cittadini stranieri che vogliono ottenere il riconoscimento della cittadinanza italiana. Naturalmente al fine di poter richiedere il riconoscimento della cittadinanza iure sanguinis, è necessario ricostruire la discendenza della cittadinanza italiana. Quindi è necessario partire dall’avo italiano, e verificare, attraverso la preliminare raccolta della documentazione che non vi sono stati processi di naturalizzazione o interruzione nella trasmissione della cittadinanza.

Pubblicazione legale

Recupero crediti_ il credit management

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Una delle principali cause della crisi economica odierna , che sovente coinvolge professionisti, imprese ma anche privati cittadini sono i crediti insoluti . Spesso aziende, società o privati non riescono in autonomia a recuperare le somme di denaro (i propri crediti) da parte dei propri clienti e dei propri debitori, quindi necessitano dell’assistenza e della consulenza di un legale, che sia in grado di curare e seguire le singole fasi del recupero del credito. Una fase, particolarmente importante, è il cd credit management. Il credit management consiste in tutte quelle attività volte alla gestione , amministrazione e controllo di un credito . Insomma, un insieme di pratiche volte a monitorare un credito, al fine di approntare strategie per il recupero del credito efficaci, ad iniziare dalla verifica dell’eventuale solvibilità del nostro debitore. In altre parole, si ci occupa dell’analisi della documentazion e, della gestione della posizione creditizia/ debitoria , dell’eventuale stesura di piani di rientro , della valutazione della qualità del credito, dell ’attività di recupero del credito vera e propria. Successiva alla fase del credit management, è il recupero del credito vero e proprio, per mezzo di una serie di azioni coordinate tra di loro, che vanno dalla redazione di diffide e messe in mora, alla stipula di accordi transattivi-i famosi saldi e stralcio- fino alla predisposizioni di atti ed azioni dinanzi alle competenti autorità giudiziarie, quali richieste di decreti ingiuntivi et al. Ogni azione, viene posta in essere a seconda del credito da recuperare. I crediti possono avere una diversa origini e natura . A seconda della loro origine possono derivare da un rapporto di natura contrattuale o da altro rapporto obbligatorio, possono distinguersi, a seconda della loro natura in crediti bancari, crediti professionali, in crediti per prestazioni lavorative etc. Le azioni per il recupero crediti possono essere di natura stragiudiziale o giudiziale . Le prime mirano a raggiungere un accordo amichevole tra le parti, mentre le seconde prevedono l’avvio di un’azione legale innanzi al giudice competente ( Giudice di Pace o Tribunale). Il recupero stragiudiziale avviene attraverso diffide, solleciti di pagamento, messe in mora e trattative per raggiungere un accordo transattivo . Ma quando la via amichevole non basta, allora è necessario agire in giudizio, attraverso una pronta ed efficace strategia giudiziale. Il recupero giudiziale , prevede l’invio di intimazioni di pagamento , richieste di decreti ingiuntiv i, precetti e pignoramenti di beni mobili, presso terzi o immobili, a seconda dei casi, al fine di riuscire a recuperare il credito insoluto.

Pubblicazione legale

Decreto flussi, ecco tutte le novità per il 2025

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Il nuovo decreto flussi si basa su nuove normative e procedure di ingresso in conformità al decreto legge n. 145, varato lo scorso 11 ottobre, allo scopo di favorire gli ingressi regolari contrastando ogni tipo di abuso a partire dagli ingressi clandestini. Procedure e controlli del nuovo decreto flussi Il giro di vite che il governo intende imprimere nel controllo dei flussi migratori prevede alcune novità tra le quali la digitalizzazione completa delle procedure per ridurre i tempi di ottenimento del permesso di soggiorno. Inoltre, entra in vigore una speciale autorizzazione di permanenza semestrale rinnovabile per gli extracomunitari vittime di sfruttamento che collaborano con le autorità italiane per punire i responsabili. Precompilazione e requisiti Il nuovo decreto flussi punta a classificare le necessità effettive delle aziende che richiedono manodopera, quindi ha introdotto l’obbligo di presentare una domanda precompilata da sottoporre a controlli preventivi e automatizzati per scremare quelle non idonee all’accoglimento. In pratica, il datore di lavoro deve inserire nella richiesta il suo documento di identità, la visura camerale, il codice fiscale, l’ultima dichiarazione redditi, la partita IVA e il documento che attesta la sua regolarità contributiva e assicurativa (DURC). Discorso diverso per il lavoratore extracomunitario che deve invece presentare il passaporto, i suoi dati, l’indirizzo dove alloggerà, le qualifiche lavorative e il documento del suo consolato a cui richiede il visto d’ingresso in Italia. Il nuovo decreto flussi ha un respiro operativo triennale, con la previsione da parte del governo di non superare 425.000 ingressi tra il 2025 e il 2027 sulla base di limiti quantitativi che le aziende sono tenute a osservare. Nel settore specifico di colf e badanti, si prevede una quota complessiva di 10.000 persone, preposte all’assistenza di portatori di handicap e anziani, e ogni datore di lavoro non dovrebbe assumerne più di tre. Le indicazioni sulla precompilazione delle domande Il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ha fornito le indicazioni sulla precompilazione delle domande che deve avvenire tra il 1° e il 30 novembre 2024. Si tratta, sostanzialmente, di modifiche introdotte al DL 145/2024 che si riassumono in una circolare congiunta con il ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste e il ministero del Turismo in merito ai flussi d’ingresso di lavoratori stranieri previsti per il prossimo anno. Il governo autorizza per il 2025 70.720 ingressi riguardanti il lavoro di tipo subordinato, che non sia ovviamente stagionale, e solo 730 lavoratori autonomi, mentre sono ammessi 110.000 lavoratori subordinati stagionali. Nel mese di novembre, la domanda di nulla osta si precompila sul portale servizi delle Autonomie Locali italiane (ALI) del ministero dell’Interno tramite autenticazione SPID o CIE e i datori di lavoro devono anche dotarsi di PEC. I passaggi successivi per la validità del decreto flussi Una volta effettuata la precompilazione, il portale del ministero dell’interno è a disposizione anche per i click day decreto flussi, previsti a febbraio 2025. In quell’occasione, si può inviare ufficialmente la domanda per ottenere il visto d’ingresso in Italia e le date previste sono il 5, 7 e 12 febbraio del prossimo anno. Un requisito molto importante per rendere operativo il decreto flussi riguarda l’obbligo del datore di lavoro di verificare entro otto giorni con i centri dell’impiego se ci sono lavoratori disponibili a collaborare che sono già presenti sul territorio italiano, prima di assumere personale straniero che risiede all’estero.

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Lo studio

Nicoletta Genovese
C/da Vignale N.12
Rivello (PZ)