Sulla stampa nazionale e locale capita spesso di imbattersi in articoli in cui, anche per il tramite di Organizzazione sindacali, medici (ma anche personale infermieristico) lamentano il mancato pagamento da parte delle rispettive Asl di appartenenza delle c.d “prestazioni aggiuntive”.
Si tratta di un istituto giuridico previsto dall’art. 55, comma 2, del CCNL 8 giugno 2000 e dall’art. 14, comma 6, del CCNL 3 novembre 2005 dell’Area della Dirigenza Medico Veterinaria che contempla un ampio ventaglio di ipotesi in cui, per garantire la continuità e la sicurezza delle attività medico-sanitarie (ad es. turni di servizio nei reparti con carenza di organico) l’Azienda sanitaria può chiedere al medico (e talvolta anche ad infermieri e tecnici di radiologia) di svolgere prestazioni, appunto, “aggiuntive” rispetto al normale orario di servizio.
Tipologia e limiti quantitativi delle c.d prestazioni aggiuntive vengono stabiliti dai Direttori Sanitari delle rispettive Asl di appartenenza, per lo più con delibere annuali inviate alle Direzioni sanitarie e a tutti i responsabili dei reparti interessati.
Il budget è calibrato sulle carenze di organico, sui turni da coprire e, ovviamente, in considerazione della primaria finalità di assicurare ai cittadini la continuità assistenziale.
Tuttavia, per quanto apprezzabili le suindicate esigenze delle Aziende sanitarie italiane, non può non convenirsi che risulta oltremodo deprecabile quanto più volte accaduto anche di recente: ovverosia che le stesse, per le ragioni più disparate, anche momentanee, non retribuiscano i medici (ed il personale infermieristico) per le “prestazioni aggiuntive” svolte.
Ne consegue che i medici, seppure animati da “spirito di servizio”, spesso si rivolgono ad un legale per ottenere il soddisfacimento delle proprie legittime pretese creditorie.
Quali sono le soluzioni legali più rapide ed efficaci?
I casi sono molteplici e, ovviamente, non esiste una soluzione unica… Tuttavia è possibile affermare che, in presenza di determinati presupposti, la soluzione può essere rapida e consentire di evitare le lungaggini del giudizio ordinario.
E’ quanto accaduto a quattro medici dirigenti di I livello presso una Asl abruzzese i quali, documentando adeguatamente le prestazioni aggiuntive svolte in vari ambiti specialistici (ECG e visite cardiologiche, chirurgia, dermatologia, ecografie ecc.) tra il gennaio 2015 ed l’aprile 2016, con ricorso per decreto ingiuntivo non opposto e successivamente reso esecutivo innanzi al Giudice del Lavoro, nel giro di qualche mese hanno ottenuto dalla detta Asl la liquidazione di svariate migliaia di euro.
Ma come è stato possibile evitare di promuovere un ricorso di lavoro ex art. 409 e ss. c.p.c. che, per quanto veloce, avrebbe richiesto una istruttoria più approfondita e tempi processuali indubbiamente più lunghi?
Il Tribunale di Vasto, adito in funzione di Giudice del lavoro, per riconoscere ai crediti dei ricorrenti il carattere della “certezza, liquidità ed esigibilità” richiesti dagli articoli 633 e ss. c.p.c. non poteva, ovviamente, fare riferimento solo al CCNL di categoria, al Regolamento aziendale specifico o alle deliberazioni amministrative dell’azienda che pur disciplinano in modo dettagliato termini e modalità di svolgimento delle cd. “prestazioni aggiuntive”.
Fondamentale, al riguardo, è stato per i ricorrenti l’aver, come già detto, adeguatamente documentato le prestazioni aggiuntive svolte per circa un anno e mezzo (dal gennaio 2015 all’aprile 2016):
Dette prestazioni, consistite per ciascuno dei ricorrenti in un numero determinato di ore autorizzate di attività ambulatoriale resa al di fuori dell’orario di servizio, sono state regolarmente vidimate con apposito codice di timbratura, come debitamente documentato dalle schede mensili di rilevazione presenze e dalle conseguenti richieste di liquidazione turni aggiuntivi, trasmesse dal Dirigente Medico Responsabile del Distretto sanitario di competenza al Dirigente Gestione Amministrativa P.P.O.O., deputato alla liquidazione dei compensi per lo svolgimento di tali prestazioni.
Insomma, una soluzione rapida ed indolore per i medici interessati dalla spinosa vicenda, un pò meno per la Azienda sanitaria di competenza!!!
Patrizia L. Di Marco
Avvocato del Foro di Vasto
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Laureatasi con il massimo dei voti presso l'Università degli studi di Roma "La Sapienza" nel 1987, è iscritta all'albo degli Avvocati di Vasto dal 1991 e abilitata al patrocinio presso le giurisdizioni superiori dal 2004. Dal 2012 è mediatore forense presso l'Organismo di Mediazione del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Vasto. Esperienza, professionalità e riservatezza, garantiscono una consulenza ed assistenza legale, rapida ed adeguata, con particolare riferimento al diritto di famiglia, alle separazioni e divorzi, e alla tutela delle donne e dei minori.
Sin dai primi anni di attività mi sono occupata di "recupero crediti" sia per privati che per aziende, riuscendo quasi sempre ad evitare l'azione esecutiva nei confronti dei creditori. Laddove la stessa si è resa necessaria, sia pure con allungamento dei tempi giudiziari e di costi, vi è stato il recupero del credito con piena soddisfazione del cliente.
Ho seguito numerosi casi di separazioni tra coniugi, sia consensuale che giudiziale, affrontando le più svariate problematiche legali che ne conseguono, legate sia all'affidamento dei figli che alla gestione del patrimonio. Ritengo, come donna e madre, di avere una spiccata sensibilità in materia che, aggiunta alle competenze maturate nell'arco di trent'anni, mi permette di fornire al cliente il supporto necessario per affrontare e risolvere al meglio le dette problematiche, anche da un punto di vista pratico.
Ho seguito numerosi casi di divorzio tra coniugi, sia consensuale che giudiziale, affrontando e risolvendo le più svariate problematiche che ne conseguono, con particolare riferimento all'affidamento dei figli minori, all'assegno di mantenimento per i figli minori e per il coniuge e all'assegnazione della casa coniugale.
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Patrizia Loredana Di Marco
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