L'articolo, di seguito allegato, ha ad oggetto la mia tesi di laurea che rivolge l'attenzione all'istituto del trasferimento d'azienda, fenomeno che si verifica nell'ipotesi in cui ci sia una sostituzione nella gestione di un complesso produttivo o di una parte di esso.
La disciplina dell’istituto è volta a contemperare esigenze del tutto opposte: da una parte quella di flessibilità delle imprese, e dall'altra quella di tutela e garanzia dei lavoratori.
Il titolo della tesi “Il trasferimento d'azienda, tra gestione del personale e gestione della crisi aziendale” riassume efficacemente l'ambizioso obiettivo perseguito, ovvero quello di fornire al lettore una visione completa del diverso sistema di tutele e garanzie individuate dalla normativa e dalla giurisprudenza, anche comunitaria, relativamente alla gestione dei rapporti di lavoro nel caso di trasferimento di un’azienda in bonis, da un lato, e dall'altro, nel caso in cui il trasferimento d’azienda abbia ad oggetto un'impresa in crisi.
L'analisi si concentra su due disposizioni normative l'art. 2112 cod. civ. e l'art. 47 L.428/90, come modificati dal D.lgs. 2 febbraio 2001, n. 18 e dall'art. 32, del D.lgs. 10 settembre 2003, n. 276.
Si tratta di provvedimenti legislativi emanati in attuazione di tre direttive comunitarie (la direttiva 77/187/CEE del 14 febbraio 1977; la direttiva 98/50/CE del 29 giugno 1998; la direttiva 2001/23/ CE del 12 marzo 2001).
Questi provvedimenti presentano quale tratto comune quello di tutelare la posizione dei lavoratori coinvolti nella vicenda traslativa dell'azienda.
Nel perseguire l'obiettivo sopra esposto, l’elaborato prende le mosse dalla disciplina che il legislatore detta in ordine alla circolazione dell'azienda, contenuta nel Capo I, Titolo VIII, del codice civile. Norma di apertura della disciplina è l’art. 2555 cod. civ., rubricato “Nozione” che definisce l'azienda come “il complesso di beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio dell'impresa”.
L'azienda può formare oggetto di atti di disposizione come tale e dei singoli beni che la compongono, pertanto, potrà essere trasferito l'intero complesso di beni o soltanto una parte dell'azienda (cd. ramo), ossia un suo settore dotato di organicità produttiva.
Un trasferimento d'azienda implica la successione nei rapporti aziendali, e più precisamente ai sensi dell'art. 2558 cod. civ. chi acquista l'azienda succede nei rapporti contrattuali stipulati, purché non abbiano carattere personale.
Con l'art. 2558 cod. civ. il legislatore manifesta il suo favor per l'unità economica dell'azienda, che si esprime in una serie di rilevanti deroghe alla cessione dei contratti di cui all'art. 1406 cod. civ., ergo la successione nel contratto opera ipso iure, a prescindere dal consenso delle parti contraenti.
Quando in conseguenza ad una vicenda traslativa muta il titolare del complesso dei beni aziendali, l’ordinamento appresta una particolare tutela a beneficio dei lavoratori subordinati dettando una disciplina speciale, in deroga alle disposizioni del Capo I Titolo VIII (Dell'azienda) cod. civ., che si applica ai rapporti contrattuali tra l'azienda ed i propri dipendenti.
Questa disciplina speciale è contenuta nell'art. 2112 cod. civ. rubricato “Mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d'azienda”, e risponde all'esigenza di garantire la continuazione dei rapporti di lavoro subordinato alle dipendenze del cessionario. La disposizione normativa individua una mediazione tra l'interesse dell'impresa ad una gestione flessibile dell'attività economica e l'interesse del lavoratore a conservare il proprio posto di lavoro e a mantenere intatta la propria posizione giuridica maturata prima del trasferimento.
L'art. 2112 cod. civ. è stato oggetto di numerosi interventi legislativi. Il primo intervento si ha soltanto negli anni’90 con la L. 29 dicembre 1990, n. 428, che ha dato attuazione alla direttiva comunitaria 77/187/CEE, nonostante abbia esteso le garanzie previste per i lavoratori ceduti, non ha fornito una definizione dell'istituto del trasferimento d'azienda nel diritto del lavoro.
Con il D.lgs. 2 febbraio 2001, n. 18, in attuazione della direttiva 98/50/CE, il legislatore italiano ha portato a termine la complessa opera di revisione della disciplina codicistica in materia di trasferimento. Il decreto legislativo si muove in una logica protettiva dei prestatori di lavoro, come testimonia lo stesso mutamento di rubrica dell'art. 2112 cod. civ. da “Trasferimento d'azienda” a “Mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d'azienda”.
Già con il D.lgs. 18/2001, il legislatore ha voluto dotarsi di una propria nozione di azienda e di ramo d'azienda, forgiata a misura degli interessi da tutelare e destinata a valere, come avverte l'incipit del 5 comma, solo ed esclusivamente, “ai fini e per gli effetti di cui al presente articolo”. Questa disposizione è stata poi modificata, in parte, dall'art. 32, D.lgs. 276/2003, dando luogo ad una nozione di trasferimento d'azienda e di ramo d’azienda ai fini giuslavoristi, la quale troverà applicazione, dunque, nel solo campo del diritto del lavoro.
L'art. 2112 cod. civ. trova applicazione, non solo quando oggetto del trasferimento sia l’intero complesso dei beni aziendali, ma anche quando il trasferimento riguardi un singolo ramo d'azienda. L’Art. 2112, 5 comma, come modificato dal D.lgs.276/2003, fornisce una definizione di ramo d'azienda, inteso come “articolazione funzionalmente autonoma di un'attività economica organizzata, identificato come tale dal cedente dal cessionario”.
All’ uopo, è opportuno sottolineare come sia proprio il trasferimento di ramo d'azienda ad aver originato i maggiori contrasti interpretativi in dottrina e giurisprudenza. A seguito della grande diffusione dei processi di esternalizzazione, si è, infatti, verificato un’inversione di prospettiva: la pratica dei trasferimenti parziali d’azienda sembra aver determinato una sorta di crisi di identità dell'art. 2112 cod. civ., il quale, offuscata la sua natura di norma a tutela dei lavoratori, è divenuto nelle mani degli imprenditori un incontrollato strumento di flessibilità nell'organizzazione del processo produttivo.
La nuova disposizione contenuta nell'art. 2112 cod. civ. testimonia la maggiore attenzione alle esigenze di tutela degli interessi individuali prestata dal legislatore odierno rispetto al suo predecessore del 1942; raffrontando, infatti, la nuova disciplina alla precedente sarà possibile osservare come in materia di trasferimento d'azienda un’importante novità è rappresentata dall'articolarsi della tutela nei confronti del prestatore di lavoro non più solo ed esclusivamente sul piano individuale, ma anche su quello collettivo, con le procedure di informazione e di consultazione sindacale, introdotte dall'art. 47 L. 428/90, in parte riformato dal D.lgs. 18/2001.
L'informazione e la consultazione preventiva sui motivi del trasferimento, sulle conseguenze dello stesso per i lavoratori e sulle eventuali misure previste nei confronti di quest'ultimo, assolvono alla funzione di offrire al sindacato gli strumenti per condizionare le prerogative datoriali in relazione ad eventuali provvedimenti da assumere nei confronti dei lavoratori da trasferire.
L’insieme delle tutele e garanzie individuali, poste dalla legge a beneficio del singolo lavoratore coinvolto nel trasferimento, è individuato nell’art. 2112 cod. civ., che riconosce in capo al lavoratore ceduto una serie di posizioni soggettive di vantaggio verso il nuovo datore di lavoro, il cessionario, e solo in un caso nei confronti di un soggetto terzo, il cedente.
Il primo comma dell'art. 2112 cod. civ. individua il primo e più caratteristico effetto del trasferimento d'azienda ai sensi del quale “In caso di trasferimento d'azienda il rapporto di lavoro continua con il cessionario”. La norma sancisce l'automatica imputazione del rapporto di lavoro già in essere con il cedente, che continua senza interruzioni, in capo ad un nuovo datore di lavoro, il cessionario.
Oltre alla continuità occupazionale, la norma protegge anche la “posizione” raggiunta dal lavoratore, infatti, il 1 comma continua disponendo che “il lavoratore conserva tutti i diritti che (…) derivano”.
Rispetto a crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento, sussiste tra cedente e cessionario una responsabilità solidale, a norma del 2 comma, art. 2112 cod. civ. Tale tutela opera nei confronti del cessionario indipendentemente dalla conoscenza che questi abbia dei crediti.
Il 3 comma sancisce l'obbligo per il cessionario di applicare, fino alla scadenza, ai lavoratori il trattamento economico e normativo previsto dai contratti collettivi di lavoro, nazionali, territoriali ed aziendali vigenti all'atto del trasferimento.
La continuità del rapporto di cui si è detto trova espressione ancora nel 4 comma, primo periodo, che prevede che “... il trasferimento d'azienda non costituisce di per sé motivo di licenziamento”.
A seguito della novella del 2001, il 4 comma oltre alla precisazione che il trasferimento d'azienda non costituisce di per sé motivo di licenziamento, aggiunge che “il lavoratore, le cui condizioni di lavoro subiscono una sostanziale modifica nei tre mesi successivi al trasferimento d'azienda, può rassegnare le proprie dimissioni con gli effetti di cui all'articolo 2119, primo comma”. Si tratta di un diritto potestativo in capo al lavoratore, che potrà essere esercitato qualora le modifiche delle condizioni di lavoro siano tali da comportare un effettivo danno alla posizione economica, normativa e professionale del lavoratore.
Dopo aver studiato dettagliatamente quale sorte spetti ai rapporti di lavoro nel caso di un trasferimento d’azienda in bonis, pare opportuno soffermarsi su un altro tema, qual è quello del trasferimento d'azienda delle imprese in crisi, ossia di quelle imprese che si trovano in una particolare situazione di difficoltà, accertata in sede amministrativa o giurisdizionale, sottolineando il diverso regime di tutela garantito ai lavoratori dall’ordinamento interno.
La disciplina del trasferimento d’azienda in crisi, che trova oggi una regolamentazione ad hoc nell'art. 47, commi 4 bis, 5 e 6, L. 428/90, si caratterizza per un allentamento delle garanzie individuali riconosciute ai lavoratori, con particolare riferimento alle garanzie della conservazione dei diritti derivanti dal pregresso rapporto di lavoro e della solidarietà tra cedente e cessionario per i crediti esistenti all'epoca del trasferimento.
La disapplicazione, in tutto o anche solo in parte, dell'art. 2112 cod. civ. appare finalizzata ad agevolare la commerciabilità dell'azienda, nella convinzione che in una situazione di patologia dell'impresa, la salvaguardia, anche non integrale, dei livelli occupazionali mal si concilia con il mantenimento inalterato delle garanzie offerte dall'art. 2112 cod. civ.
Questo allentamento delle tutele individuali trova ratio nell'obiettivo di favorire la circolazione delle imprese in stato di insolvenza o di grave crisi economica, rendendone l'acquisto meno oneroso sul versante dei costi lavoristici.
Si ammette un’applicazione dell’art. 2112 cod. civ. “nei termini e con le limitazioni” previste dall’accordo collettivo, raggiunto nel corso della consultazione sindacale, qualora il trasferimento abbia ad oggetto le aziende individuate dal nuovo comma 4 bis (introdotto, nel corpo dell’art. 47, solo dopo la sentenza di condanna della Corte di Giustizia nei confronti della Repubblica Italiana, per aver violato gli obblighi comunitari); si tratta sostanzialmente di aziende in crisi che si pongono in una prospettiva di recupero, ammettendo dunque la possibilità di un ritorno in bonis.
Qualora l’azienda sia soggetta ad una procedura concorsuale con dichiarata finalità liquidatoria, qual è il fallimento, omologazione di concordato preventivo con cessione dei beni, la liquidazione coatta amministrativa, l’amministrazione straordinaria, nel caso in cui la continuazione dell’attività non sia stata disposta o sia cessata, e sia stato raggiunto un accordo collettivo finalizzato al mantenimento, anche parziale, dei posti di lavoro, si legittima la disapplicazione in toto delle garanzie individuali, fissate dall'art. 2112 cod. civ.
Oggetto dello studio sono gli effetti del fallimento e delle altre procedure concorsuali sui rapporti di lavoro subordinato.
In quale misura il fallimento e le altre procedure concorsuali incidono sul rapporto di lavoro, ex art. 4 della Costituzione? Quale sorte spetta ai rapporti di lavoro, saranno interrotti automaticamente, sospesi, o continuati? Quale garanzia assiste i crediti di lavoro ai fini di una effettiva soddisfazione degli stessi?
Dall'analisi che segue emergerà come nei casi di imprese che si trovino in uno stato di crisi, essendovi una situazione di elevato rischio di perdita dei posti di lavoro, si privilegia la continuità occupazionale a discapito dei diritti quesiti dal lavoratore nel pregresso rapporto di lavoro alle dipendenze dell'impresa cedente.
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