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Superbonus 110% lesione della proprieta’ per restringimento del balcone: nullità della delibera

Scritto da: Ruggiero Gorgoglione - Pubblicato su IUSTLAB




Pubblicazione legale:

        Come noto, gli attuali interventi normativi in tema di Superbonus prevedono forme incentivanti per il rifacimento delle facciate condominiali con abbattimento di almeno due classi energetiche. Al contempo, il Decreto Rilancio 34/2020 (convertito in L. 77/2020) ha previsto all’art. 119 comma 9 bis dei quorum deliberativi ridotti, prevedendo che gli interventi in tema di Superbonus richiedano la maggioranza degli intervenuti in assemblea che rappresentino almeno 1/3 del valore dell’edificio

 

Detto ciò, ci si interroga sui requisiti di validità di una delibera che preveda la realizzazione di un cappotto termico con riduzione del piano di calpestio dei balconi.

 

Preliminarmente è opportuno osservare che i balconi sono di proprietà privata dei singoli condomini (in tal senso Cassazione 14576/2004, 13509/2012, 7042/2020), fanno eccezione solo alcune componenti dei balconi (come ad esempio i frontalini). Per cui la delibera di lavori che comporti la riduzione della superficie calpestabile del balcone incide sulla proprietà privata.

 

Da qui il primo limite all’approvazione dei lavori di rifacimento della facciata. Infatti, sebbene il Decreto Rilancio abbia previsto dei quorum deliberativi ridotti, si ritiene che ciò non consenta all’assemblea di deliberare opere lesive della proprietà privata.

 

Infatti, le delibere assembleari lesive della proprietà privata sono viziate per “eccesso di potere” essendo in contrasto con l’art. 1135 c.c., in quanto l’assemblea condominiale eccede i propri poteri interferendo con la proprietà delle singole unità immobiliari.

 

Sul punto, la giurisprudenza di legittimità ha stabilito che: “in tema di condominio di edifici, i poteri dell'assemblea, i quali sono fissati tassativamente dal codice (art. 1135 c.c.), non possono invadere la sfera di proprietà dei singoli condomini, sia in ordine alle cose comuni che a quelle esclusive,” (Corte di cassazione civile, sez. II, 20 marzo 2015 n. 5657, nello stesso senso Cass. civ., Sez. II, Sent., 08/07/2020, n. 14300); ed ancora (Cass. 27.8.1991, n. 9157) “non è consentito alla maggioranza dei condomini deliberare una diversa collocazione delle tubazioni comuni dell'impianto di riscaldamento in un locale di proprietà esclusiva, con pregiudizio di tale proprietà, senza il consenso del proprietario de/locale stesso; cfr., altresì, Cass. 14.12.2007, n. 26468, secondo cui, in tema di condominio, i poteri dell'assemblea condominiale possono invadere la sfera di proprietà dei singoli condomini, sia in ordine alle cose comuni sia a quelle esclusive, soltanto quando una siffatta invasione sia stata da loro specificamente accettata o in riferimento ai singoli atti o mediante approvazione del regolamento che la preveda, in quanto l'autonomia negoziale consente alle parti di stipulare o di accettare contrattualmente convenzioni e regole pregresse che, nell'interesse comune, pongano limitazioni ai diritti dei condomini)” (quest’ultimo richiamo giurisprudenziale sebbene relativo ad un caso differente è basato sulla medesima ratio).

 

Da ciò ne discende che per deliberare lavori che prevedono la riduzione della superficie dei balconi, essendo questi di proprietà privata, è necessario il consenso dei singoli proprietari. Tale consenso ad avviso dello scrivente potrebbe essere dedotto anche dalla votazione da parte del singolo a favore dell’intervento, per cui è comunque opportuno evidenziare il voto contrario in sede assembleare.

 

La delibera adottata in contrasto con la volontà di alcuni proprietari e che al contempo preveda lavori nella loro proprietà lesivi della stessa (perché ad esempio come nel caso in esame prevede la riduzione della superficie di calpestio), secondo la giurisprudenza è quindi da considerarsi nulla (in tal senso Cass. Sez. Unite 4806/2005, Cass 7042/2020). Le delibere nulle, rispetto a quelle annullabili possono essere impugnate anche dopo il decorso del termine di 30 giorni (termine di decadenza fissato per contestare le delibere annullabili e decorrente dall’assemblea per i presenti, dalla ricezione del verbale per gli assenti). In ogni caso è sempre opportuno attivarsi entro il suddetto termine di 30 giorni, affinché possano essere sollevati anche eventuali profili di annullabilità (concorrenti) della medesima delibera entro il termine di decadenza suindicato, il tutto anche al fine di arginare il rischio che un diverso orientamento giurisprudenziale possa ritenere la delibera “annullabile” (e non “nulla”) con conseguente applicazione del termine perentorio di 30 giorni.

 

In conformità con tutto quanto sopra riportato si è espresso il Tribunale di Roma, con la menzionata sentenza n. 17997/2020 con la quale ha affermato che la delibera che prevede la realizzazione del cappotto con riduzione del piano di calpestio comporta una “lesione del loro diritto di proprietà andando ad incidere sulla riduzione della superficie utile (piano di calpestio dei balconi)”, per effetto il Tribunale di Roma ha dichiarato la nullità della stessa.

 

E’ stata dappoi esaminata dai giuristi che operano nel settore immobiliare l’ordinanza emessa in fase cautelare dal Tribunale di Milano in data 13.8.2021 nella procedura n. RG 30842/2021. Innanzitutto, è opportuno evidenziare preliminarmente che l’ordinanza in esame è stata emessa in una fase cautelare (come evidenziato nel testo della stessa ordinanza), finalizzata solo alla sospensione della delibera adottata; la fase sommaria per sua natura non comprende un’accurata fase istruttoria (ad esempio non vi è stata una consulenza tecnica d’ufficio) e non può escludere che la decisione di merito sulla validità della delibera possa essere di esito diverso. Nella fase cautelare, infatti, vero che il giudice valuta il fumus della domanda (inteso come verosimile fondatezza della stessa) ma fa ciò in modo sommario sulla base degli elementi già in suo possesso senza perciò svolgere una fase istruttoria approfondita.

Le argomentazioni adottate dal Tribunale di Milano non sono in ogni caso condivisibili, in quanto lo stesso, nel corso della valutazione approssimativa che è propria della fase cautelare, ha ritenuto legittimo un sacrificio della proprietà privata a fronte dell’adeguato uso della cosa comune. Il Tribunale richiama in punto la sentenza della Cassazione n. 7242/2020 che tuttavia è del tutto inconferente rispetto al caso sottoposto all’attenzione del Tribunale meneghino. Tale sentenza infatti richiama il consolidato orientamento giurisprudenziale in virtù del quale “l’assemblea condominiale non può infatti validamente assumere decisioni che riguardino i singoli condomini nell’ambito dei beni di loro proprietà esclusiva, salvo che non si riflettano sull’adeguato uso delle cose comuni: perciò, nel caso di lavori di manutenzione di balconi di proprietà esclusiva degli appartamenti che vi accedono, viene ritenuta nulla la deliberazione che disponga, appunto, in ordine al rifacimento della relativa pavimentazione”. Tale sentenza della Cassazione non approfondisce affatto il concetto di “adeguato uso delle cose comuni” che invece è stato affrontato nei precedenti a sua volta richiamati.

Ricostruendo quindi a ritroso i precedenti richiamati dalla Corte, il concetto di “adeguato uso delle cose comuni” è stato approfondito dalla Cassazione solo con la sentenza n. 7603/1994. In tale provvedimento la Suprema Corte non afferma affatto che la proprietà privata possa essere sacrificata “sull’altare” dell’adeguato uso delle cose comuni, bensì che, sebbene i balconi siano di proprietà privata essendo invece i frontalini e gli elementi decorativi elementi comuni che attengono alla facciata su questi è legittimo che possa decidere l’assemblea.

La sentenza n. 7603/1994 afferma infatti che: “È infatti indiscutibile che l'assemblea condominiale non può assumere decisioni che invadano il campo dei singoli condòmini, nell'ambito dei beni di loro proprietà esclusiva, a meno che non si tratti di questioni che possano riflettersi sull'adeguato uso delle cose comuni. Tuttavia, se i balconi - che appartengono in modo esclusivo al proprietario dell'appartamento di cui fanno parte - presentano nella facciata esterna elementi decorativi, o anche semplicemente cromatici, che si armonizzano con la facciata del fabbricato dal quale sporgono, in caso di lavori di restauro o di manutenzione straordinaria della facciata decisi con la prescritta maggioranza, legittimamente viene incluso nei lavori comuni il contemporaneo rifacimento della facciata esterna dei balconi, perché il decoro estetico dell'edificio condominiale è un bene comune, della cui tutela è competente l'assemblea dei soci.

 

Per cui una corretta lettura degli orientamenti precedenti all’ordinanza del Tribunale di Milano non fa che confermare l’interpretazione fino ad oggi fornita dalla Giurisprudenza, ovvero che:

- il Condominio non può legittimamente assumere decisioni lesive della proprietà privata (si veda Cass 4806/2005, 7242/2020, 6652/2017);

- può assumere invece decisioni che attengono ad aspetti decorativi come ad esempio i frontalini (si veda Cass. 7603/1994);

 

       Per completezza espositiva è opportuno osservare che la summenzionata ordinanza è stata reclamata (nel procedimento n. R.G.35338/2021), e il Collegio ha del tutto “ribaltato” le conclusioni a cui era giunto il Tribunale; tuttavia, la questione relativa alla lesione della proprietà privata non è stata trattata in sede di reclamo, in quanto nelle more il Condominio è tornato sui propri passi e ha deliberato una diversa modalità di realizzazione dei lavori non più lesiva della proprietà e della superficie dei balconi. 


Avv. Ruggiero Gorgoglione

WR Milano Avvocati






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Ruggiero Gorgoglione

Avvocato Diritto Immobiliare - Condominiale