L'Avv. Gorgoglione è un avvocato civilista che opera prevalentemente nel settore immobiliare (diritto condominiale, contrattualistica immobiliare, locazioni, risarcimento danni), occupandosi inoltre di diritto commerciale (appalto, recupero crediti, procedure esecutive, contrattualistica commerciale). Si laurea a pieni voti presso l'Università degli Studi di Foggia e consegue un master in “Risanamento e crisi di impresa” organizzato dal Sole 24 ore. Nel 2019 ha scritto il libro “Dalla crisi di impresa al fallimento" pubblicato dalla Editrice Admaiora. E' co-fondatore con l'Avv. Walter Massara del team WR Milano Avvocati.
Mi occupo prevalentemente di pignoramenti presso terzi e procedure esecutive immobiliari. In relazione a queste ultime mi occupo della procedura sia in favore del creditore (es: Condominio, imprese o creditori privati), sia in favore del debitore (proponendo la conversione del pignoramento, ovvero opposizioni ove vi siano i presupposti). Mi occupo inoltre di consulenza nell'acquisto di immobili all'asta.
Mi occupo degli aspetti civilistici del diritto immobiliare. Ho seguito operazioni immobiliari di compravendita di immobili gravati da ipoteche e pignoramenti, nonché contenzioso di scioglimento della comunione ordinaria ed ereditaria. Mi sono occupato inoltre di azioni possessorie e petitorie, anche finalizzate all'accertamento dell'usucapione della proprietà.
Mi occupo costantemente di problematiche che investono il Condominio, prestando assistenza in favore: dei Condomini, degli amministratori e dei singoli condomini. Mi occupo sia di problematiche legate all'impugnazione di delibere assembleari, sia di contenzioso relativo all'utilizzo di parti comuni (es: decoro architettonico, immissioni), nonché di questioni relative al rispetto del regolamento condominiale. Mi occupo, inoltre, di problematiche che coinvolgono la figura dell'amministratore (es: recupero del credito e delle anticipazioni, revoca e nomina anche giudiziale dell'amministratore).
Locazioni, Sfratto, Contratti, Malasanità e responsabilità medica, Recupero crediti, Diritto civile, Fallimento e proc. concorsuali, Aste giudiziarie, Eredità e successioni, Diritto commerciale e societario, Diritto del lavoro, Mobbing, Licenziamento, Edilizia ed urbanistica, Diritto dei trasporti terrestri, Incidenti stradali, Multe e contravvenzioni, Diritto aeronautico, Privacy e GDPR, Mediazione, Negoziazione assistita, Domiciliazioni, Risarcimento danni.
Spesso ci si interroga su quali siano le regole da rispettare per l’installazione di condizionatori in facciata per non incorrere in contestazioni. Innanzitutto è necessrio verificare se il regolamento comunale preveda delle restrizioni alle quali chiaramente non è possibile derogare, come ad esempio spesso accade in borghi e centri storici. E’ poi opportuno poi esaminare il regolamento condominiale, che potrebbe prevedere dei divieti espressi ed eventuali sanzioni. In assenza dei suddetti limiti bisogna poi considerare il decoro architettonico in generale, e quindi tener conto dell’estetica della facciata e dell’eventuale presenza di altri apparecchi che abbiano già alterato la stessa. A tal fine è sempre opportuno ottenere un’autorizzazione da parte dell’assemblea, in modo da evitare contestazioni a posteriori. E’ poi doveroso, secondo una parte della giurisprudenza di merito, considerare la distanza verticale tra l’apparecchio e la soglia delle finestre degli altri condomini, distanza che deve essere di almeno 3 metri. Infine bisogna assolutamente evitare lo stillicidio verso le altre unità immobiliari, rispetto al quale, secondo la Giurisprudenza, lo scarico nel pluviale condominiale non è legittimo. Avv. Ruggiero Gorgoglione WR Milano Avvocati
In merito alle spese straordinarie per il consolidamento strutturale, la giurisprudenza consolidata di merito e di legittimità ritiene applicabile in via analogica dell’art. 1125 c.c., in virtù della specifica e differente utilità che i condomini traggono dal bene oggetto degli interventi. Per quanto concerne il criterio di riparto, l'art. 1125 in punto recita quanto segue: “ Le spese per la manutenzione e ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai sono sostenute in parti eguali dai proprietari dei due piani l'uno all'altro sovrastanti, restando a carico del proprietario del piano superiore la copertura del pavimento e a carico del proprietario del piano inferiore l'intonaco, la tinta e la decorazione del soffitto . ” (il sottolineato e grassetto sono aggiunti, ndr.), prevedendo quindi che la spesa debba essere divisa in tre parti: – manutenzione straordinaria del solaio e della struttura sottostante il cortile, a copertura dei box e la relativa impermeabilizzazione : 50% a carico di tutti i condomini e 50% a carico dei proprietari esclusivi dei locali sottostanti (delle autorimesse). – pavimentazione (copertura del pavimento ex art. 1125 c.c.): se prevista, a carico di tutti i condomini e suddivisa per i millesimi di proprietà; – intonaco, tinta e decorazioni : se previsti, a carico dei condomini proprietari delle autorimesse sottostanti; Chiaramente la suddivisione tra i condomini dovrà essere effettuata in base ai millesimi di proprietà ex art. 1123 co. 1 c.c. La possibilità di applicare tale criterio di riparto, è altresì confermata dalla Corte di Cassazione, la quale sul punto ha affermato che: “ Sussistono allora – come messo in luce dagli arresti giurisprudenziali sopra riportati- , le condizioni per una applicazione analogica dell’art. 1125 cod. civ., che stabilisce che le spese per la manutenzione e la ricostruzione dei soffitti , delle volte e dei solai sono sostenute, in via generale, in parti eguali dai proprietari dei due piani l’uno all’altro sovrastanti, restando a carico del proprietario del piano superiore la copertura del pavimento e a carico del proprietario del piano inferiore l’intonaco, la tinta e la decorazione del soffitto : tale disposizione, infatti, accolla per intero le spese relative alla manutenzione di una parte di una struttura complessa (il pavimento del piano superiore) a chi con l’uso esclusivo della stessa determina la necessità di tale manutenzione, per cui si può dire che costituisce una applicazione particolare del principio dettato dall’art. 1123 cod. civ., comma 2, 8/c– Una situazione sostanzialmente analoga si verifica nel caso in esame, in quanto l’usura della pavimentazione del cortile è determinata dall’utilizzazione esclusiva che della stessa viene fatta dalla collettività dei condomini. ” (Cass. n. 15841/2011, si veda anche Cass. n. 2243/2012, Cass. n. 10858/2010, Cass. n. 18194/2005, Tribunale di Roma sez. VII 19/02/2006, il sottolineato e il grassetto sono aggiunti, ndr.) Nello stesso senso si è espresso di recente il Tribunale di Milano con la sentenza n. 4338/2023, affermando che: “ va rammentato anche che integra consolidato indirizzo della giurisprudenza quello secondo cui “il solaio esistente che separa il piano sottostante da quello sovrastante di un edificio appartenente a proprietari diversi deve ritenersi, salvo prova contraria, di proprietà comune ai due piani perchè ha la funzione di sostegno del piano superiore e di copertura del piano inferiore. Es. costituisce infatti l'inscindibile struttura divisoria tra le due proprietà, con utilità ed uso uguale per entrambe e correlativa inutilità per gli altri condomini. Coerentemente con questa funzione l'art. 1125 c.c. prevede che le spese per la manutenzione dei soffitti siano sostenute in parti uguali dai proprietari dei due piani, restando a carico del proprietario del piano superiore la copertura del pavimento ed a carico del proprietario del piano inferiore l'intonaco, la tinta e la decorazione del soffitto” (cfr. Cass. n. 24266/2018 e Cass. n. 2011). La presunzione iuris tantum di proprietà comune di solai divisori tra un piano e l'altro vale per tutte le strutture che hanno una funzione di sostegno e copertura (v., da ultimo, Cass., 11/6/2018, n. 15048). ” Avv. Ruggiero Gorgoglione WR Milano Avvocati
Il condominio minimo è costituito quando vi sono almeno 2 condomini, si definisce piccolo fino a un massimo di 8 unità, superate le quali la nomina dell’amministratore è necessaria (art. 1129 c.c.). In presenza di un condominio minimo o piccolo, potrebbero quindi sorgere difficoltà nella gestione qualora non si riesca a raggiungere la maggioranza per decisioni di gestione delle parti comuni, maggioranza che per gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione è di due terzi (art. 1108 c.c). Nel condominio minimo con due soli condomini per la nomina dell’amministratore è invece necessaria l’unanimità. In tali casi, l’art. 1105 c.c. prevede la possibilità di ricorrere all’autorità giudiziaria qualora non si riescano a adottare i provvedimenti necessari per l’amministrazione della cosa comune, o qualora non si forma la maggioranza o se la delibera non viene eseguita. Nei suddetti casi è quindi anche possibile ricorrere in giudizio per la nomina di un amministratore giudiziale. Avv. Ruggiero Gorgoglione WR Milano Avvocati
In materia di spese personali ci si interroga sulla legittimità dell'addebito delle stesse previsto nel rendiconto consuntivo. E' opportuno innanzitutto considerare che il Condominio può addebitare spese personali qualora rispondano al principio di " utilizzazione differenziata " (art. 1123 co 2 c.c.) del bene comune, solo in tale caso l'addebito personale sarebbe legittimo e non qualora lo stesso rappresenti una forma di esercizio arbitrario delle proprie ragioni. E' perciò opportuno opportuno valutare la legittimità dell'addebito in base alla tipologia di spesa: Riparazioni per danni causati dal condomino In tale ipotesi non può considerarsi legittima la delibera con cui l'assemblea addebiti le eventuali riparazioni effettuate sulle parti comuni o sulle unità private senza che vi sia un accertamento giudiziale, l'addebito infatti costituirebbe una forma di esercizio arbitrario delle proprie ragioni. (In tal senso T. Milano sent. 3332 del 3.4.2019) Opere eseguite su parti private Secondo la Cassazione (sent. 305 del 12.1.2016) è nulla la delibera che preveda il riparto di spese su parti private (es il pavimento dei balconi) ciò per eccesso di potere, in quanto in linea generale l'assemblea non può assumere decisioni impattanti sulla proprietà del singolo. Acquisizione di informazioni per completare il registro anagrafico In assenza di collaborazione da parte del condomino, è legittimo l'addebito della spesa da parte dell'amministratore relativamente alle spese sostenute per le ricerche anagrafiche. Spese legali Secondo la Cassazione (sent. 751 del 18.1.2018) è nulla la delibera che pone a carico del singolo condomino le spese legali, prima che queste vengano accertate giudizialmente. Comunicazioni e chiarimenti dell'amministratore Le comunicazioni a chiarimento correlate a comunicazioni ordinarie o straordinarie potrebbero essere inquadrate tra le spese personali addebitabili, dovendo però valutarsi la natura dell'attività resa e se quindi la stessa corrisponda al principio di utilizzazione differenziata del servizio in favore del singolo. Fermo restando quanto sopra, merita uno spunto di riflessione l'effetto che avrebbe il voto favorevole del condomino che contesti la spesa personale a suo carico. Nelle ipotesi di nullità, infatti, il rendiconto è sempre impugnabile anche in caso di voto favorevole; tuttavia, in assenza di impugnazione, si potrebbe ritenere che l'approvazione espressa con voto favorevole e la mancata successiva impugnazione possa valere quale riconoscimento di quel debito specifico. In punto di riconoscimento di debito l'interpretazione non può però considerarsi univoca. Avv. Ruggiero Gorgoglione WR Milano Avvocati
Una recente sentenza del Tribunale di Busto Arsizio (sent. n. 1788 del 16.12.2021), in tema di nullità della delibera assembleare per lesione alla proprietà privata, si pone nel solco della nota decisione adottata dal Tribunale di Roma (sent. 17997/2020). Nel caso specifico la condomina attrice ha contestato la riduzione del piano di calpestio del proprio balcone di 5 cm, documentando quanto affermato con una propria relazione di parte. Con il provvedimento in commento, il Tribunale adito ha ritenuto che la delibera condominiale non può incidere sulla proprietà privata dei singoli condomini, diversamente la stessa verrebbe adottata con eccesso di potere in violazione dei limiti codicistici di cui all'art. 1135 cc, talché tale delibera sarebbe nulla. Dall'esame della sentenza si colgono ulteriori spunti di riflessione: - il Tribunale non ha ritenuto di rilievo quanto contestato dalla condomina in merito all'onere di rimuovere dal proprio balcone alcuni manufatti per consentire il rifacimento delle facciate, la decisione è motivata sul punto dal fatto che tale rimozione non incide in modo permanente sul diritto dominicale della condomina, in quanto dopo i lavori tali manufatti potrebbero essere riposizionati; - il Tribunale non ha inoltre ritenuto di rilevo la contestazione relativa all'imposizione della sostituzione delle caldaie, questo in quanto, nel caso specifico, la delibera non prevedeva di per sè un obbligo di sostituire le stesse, bensì solo la facoltà di aderire all'offerta formulata dall'impresa. In ogni caso, alla luce del ben più grave vizio di " eccesso di potere " per violazione della proprietà privata, il Tribunale ha comunque dichiarato la nullità della delibera impugnata. Avv. Ruggiero Gorgoglione WR Milano Avvocati
La Corte d’Appello di Firenze con la recente sentenza n. 1233/2021 ha confermato l’indirizzo giurisprudenziale consolidato secondo cui il regolamento contrattuale (ovverosia allegato al rogito di acquisto di tutti i condomini) può porre limiti più stringenti per la tolleranza dei rumori da parte dei condomini. Si ricordi infatti che già il codice civile all’art. 844 disciplina le immissioni qualora superino la normale tollerabilità, ciò però non impedisce al regolamento contrattuale di porre limiti più stringenti. Solo il regolamento contrattuale può però porre tali limiti, e non anche il regolamento assembleare, in quanto trattasi di restrizioni alla proprietà esclusiva. Nel caso specifico quindi la Corte d’Appello di Firenze ha confermato la sentenza pronunciata dal Tribunale, ritenendo in particolare che il regolamento contrattuale possa limitare l’immissione di rumori molesti nelle ore di riposo, senza perciò rendersi necessaria alcuna indagine fonometrica sull’entità del suono. Infatti, il divieto regolamentare, più stringente di quello previsto dal codice, non riguardava solo i cosiddetti rumori molesti “oltre la normale tollerabilità”, bensì qualsivoglia rumore molesto nelle ore di riposo. Avv. Ruggiero Gorgoglione WR Milano Avvocati
Come noto, gli attuali interventi normativi in tema di Superbonus prevedono forme incentivanti per il rifacimento delle facciate condominiali con abbattimento di almeno due classi energetiche. Al contempo, il Decreto Rilancio 34/2020 (convertito in L. 77/2020) ha previsto all’art. 119 comma 9 bis dei quorum deliberativi ridotti, prevedendo che gli interventi in tema di Superbonus richiedano la maggioranza degli intervenuti in assemblea che rappresentino almeno 1/3 del valore dell’edificio Detto ciò, ci si interroga sui requisiti di validità di una delibera che preveda la realizzazione di un cappotto termico con riduzione del piano di calpestio dei balconi. Preliminarmente è opportuno osservare che i balconi sono di proprietà privata dei singoli condomini (in tal senso Cassazione 14576/2004, 13509/2012, 7042/2020), fanno eccezione solo alcune componenti dei balconi (come ad esempio i frontalini). Per cui la delibera di lavori che comporti la riduzione della superficie calpestabile del balcone incide sulla proprietà privata. Da qui il primo limite all’approvazione dei lavori di rifacimento della facciata. Infatti, sebbene il Decreto Rilancio abbia previsto dei quorum deliberativi ridotti, si ritiene che ciò non consenta all’assemblea di deliberare opere lesive della proprietà privata. Infatti, le delibere assembleari lesive della proprietà privata sono viziate per “ eccesso di potere ” essendo in contrasto con l’art. 1135 c.c., in quanto l’assemblea condominiale eccede i propri poteri interferendo con la proprietà delle singole unità immobiliari. Sul punto, la giurisprudenza di legittimità ha stabilito che: “ in tema di condominio di edifici, i poteri dell'assemblea, i quali sono fissati tassativamente dal codice (art. 1135 c.c.), non possono invadere la sfera di proprietà dei singoli condomini, sia in ordine alle cose comuni che a quelle esclusive ,” (Corte di cassazione civile, sez. II, 20 marzo 2015 n. 5657, nello stesso senso Cass. civ., Sez. II, Sent., 08/07/2020, n. 14300); ed ancora (Cass. 27.8.1991, n. 9157) “non è consentito alla maggioranza dei condomini deliberare una diversa collocazione delle tubazioni comuni dell'impianto di riscaldamento in un locale di proprietà esclusiva, con pregiudizio di tale proprietà, senza il consenso del proprietario de/locale stesso ; cfr., altresì, Cass. 14.12.2007, n. 26468, secondo cui, “ in tema di condominio, i poteri dell'assemblea condominiale possono invadere la sfera di proprietà dei singoli condomini, sia in ordine alle cose comuni sia a quelle esclusive, soltanto quando una siffatta invasione sia stata da loro specificamente accettata o in riferimento ai singoli atti o mediante approvazione del regolamento che la preveda, in quanto l'autonomia negoziale consente alle parti di stipulare o di accettare contrattualmente convenzioni e regole pregresse che, nell'interesse comune, pongano limitazioni ai diritti dei condomini) ” (quest’ultimo richiamo giurisprudenziale sebbene relativo ad un caso differente è basato sulla medesima ratio). Da ciò ne discende che per deliberare lavori che prevedono la riduzione della superficie dei balconi, essendo questi di proprietà privata, è necessario il consenso dei singoli proprietari. Tale consenso ad avviso dello scrivente potrebbe essere dedotto anche dalla votazione da parte del singolo a favore dell’intervento, per cui è comunque opportuno evidenziare il voto contrario in sede assembleare. La delibera adottata in contrasto con la volontà di alcuni proprietari e che al contempo preveda lavori nella loro proprietà lesivi della stessa (perché ad esempio come nel caso in esame prevede la riduzione della superficie di calpestio), secondo la giurisprudenza è quindi da considerarsi nulla (in tal senso Cass. Sez. Unite 4806/2005, Cass 7042/2020). Le delibere nulle, rispetto a quelle annullabili possono essere impugnate anche dopo il decorso del termine di 30 giorni (termine di decadenza fissato per contestare le delibere annullabili e decorrente dall’assemblea per i presenti, dalla ricezione del verbale per gli assenti). In ogni caso è sempre opportuno attivarsi entro il suddetto termine di 30 giorni, affinché possano essere sollevati anche eventuali profili di annullabilità (concorrenti) della medesima delibera entro il termine di decadenza suindicato, il tutto anche al fine di arginare il rischio che un diverso orientamento giurisprudenziale possa ritenere la delibera “ annullabile ” (e non “ nulla ”) con conseguente applicazione del termine perentorio di 30 giorni. In conformità con tutto quanto sopra riportato si è espresso il Tribunale di Roma, con la menzionata sentenza n. 17997/2020 con la quale ha affermato che la delibera che prevede la realizzazione del cappotto con riduzione del piano di calpestio comporta una “ lesione del loro diritto di proprietà andando ad incidere sulla riduzione della superficie utile (piano di calpestio dei balconi) ”, per effetto il Tribunale di Roma ha dichiarato la nullità della stessa. E’ stata dappoi esaminata dai giuristi che operano nel settore immobiliare l’ordinanza emessa in fase cautelare dal Tribunale di Milano in data 13.8.2021 nella procedura n. RG 30842/2021. Innanzitutto, è opportuno evidenziare preliminarmente che l’ordinanza in esame è stata emessa in una fase cautelare (come evidenziato nel testo della stessa ordinanza), finalizzata solo alla sospensione della delibera adottata; la fase sommaria per sua natura non comprende un’accurata fase istruttoria (ad esempio non vi è stata una consulenza tecnica d’ufficio) e non può escludere che la decisione di merito sulla validità della delibera possa essere di esito diverso. Nella fase cautelare, infatti, vero che il giudice valuta il fumus della domanda (inteso come verosimile fondatezza della stessa) ma fa ciò in modo sommario sulla base degli elementi già in suo possesso senza perciò svolgere una fase istruttoria approfondita. Le argomentazioni adottate dal Tribunale di Milano non sono in ogni caso condivisibili, in quanto lo stesso, nel corso della valutazione approssimativa che è propria della fase cautelare, ha ritenuto legittimo un sacrificio della proprietà privata a fronte dell’adeguato uso della cosa comune. Il Tribunale richiama in punto la sentenza della Cassazione n. 7242/2020 che tuttavia è del tutto inconferente rispetto al caso sottoposto all’attenzione del Tribunale meneghino. Tale sentenza infatti richiama il consolidato orientamento giurisprudenziale in virtù del quale “ l’assemblea condominiale non può infatti validamente assumere decisioni che riguardino i singoli condomini nell’ambito dei beni di loro proprietà esclusiva , salvo che non si riflettano sull’adeguato uso delle cose comuni : perciò, nel caso di lavori di manutenzione di balconi di proprietà esclusiva degli appartamenti che vi accedono, viene ritenuta nulla la deliberazione che disponga, appunto, in ordine al rifacimento della relativa pavimentazione ”. Tale sentenza della Cassazione non approfondisce affatto il concetto di “ adeguato uso delle cose comuni ” che invece è stato affrontato nei precedenti a sua volta richiamati. Ricostruendo quindi a ritroso i precedenti richiamati dalla Corte, il concetto di “ adeguato uso delle cose comuni” è stato approfondito dalla Cassazione solo con la sentenza n. 7603/1994. In tale provvedimento la Suprema Corte non afferma affatto che la proprietà privata possa essere sacrificata “sull’altare” dell’adeguato uso delle cose comuni, bensì che, sebbene i balconi siano di proprietà privata essendo invece i frontalini e gli elementi decorativi elementi comuni che attengono alla facciata su questi è legittimo che possa decidere l’assemblea. La sentenza n. 7603/1994 afferma infatti che: “ È infatti indiscutibile che l'assemblea condominiale non può assumere decisioni che invadano il campo dei singoli condòmini, nell'ambito dei beni di loro proprietà esclusiva, a meno che non si tratti di questioni che possano riflettersi sull'adeguato uso delle cose comuni. Tuttavia, se i balconi - che appartengono in modo esclusivo al proprietario dell'appartamento di cui fanno parte - presentano nella facciata esterna elementi decorativi, o anche semplicemente cromatici, che si armonizzano con la facciata del fabbricato dal quale sporgono, in caso di lavori di restauro o di manutenzione straordinaria della facciata decisi con la prescritta maggioranza, legittimamente viene incluso nei lavori comuni il contemporaneo rifacimento della facciata esterna dei balconi, perché il decoro estetico dell'edificio condominiale è un bene comune , della cui tutela è competente l'assemblea dei soci. ” Per cui una corretta lettura degli orientamenti precedenti all’ordinanza del Tribunale di Milano non fa che confermare l’interpretazione fino ad oggi fornita dalla Giurisprudenza, ovvero che: - il Condominio non può legittimamente assumere decisioni lesive della proprietà privata (si veda Cass 4806/2005, 7242/2020, 6652/2017); - può assumere invece decisioni che attengono ad aspetti decorativi come ad esempio i frontalini (si veda Cass. 7603/1994); Per completezza espositiva è opportuno osservare che la summenzionata ordinanza è stata reclamata (nel procedimento n. R.G.35338/2021), e il Collegio ha del tutto “ribaltato” le conclusioni a cui era giunto il Tribunale; tuttavia, la questione relativa alla lesione della proprietà privata non è stata trattata in sede di reclamo, in quanto nelle more il Condominio è tornato sui propri passi e ha deliberato una diversa modalità di realizzazione dei lavori non più lesiva della proprietà e della superficie dei balconi. Avv. Ruggiero Gorgoglione WR Milano Avvocati
In base alla loro origine i regolamenti condominiali si distinguono tra: regolamenti contrattuali, ovvero quelli in generale precostituiti al momento della realizzazione dell’edificio ed accettati nei rogiti di acquisto dai singoli condomini regolamenti assembleari, ovvero i regolamenti approvati in un secondo momento dall’assemblea con la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio in base al combinato disposto dell’art. 1138 c.c. comma 3 e 1136 c.c. comma 2. I quorum necessari per la modifica del regolamento dipendono dalla natura della clausola (contrattuale o regolamentare) in questione e ciò indipendentemente dalla natura del regolamento come ormai ampiamente condiviso dalla giurisprudenza (Cass. Sez. Un. 943/1999, Cass. n. 22464/2014, Cass. n. 9877/2012, Cass. n. 3733/1985) Le clausole sono considerate di natura contrattuale solo qualora limitino i diritti dei condomini sulle proprietà private o parti comuni, ovvero attribuiscono ad alcuni maggiori diritti rispetto ad altri. Tale tipologia di clausole richiede la modifica all’unanimità. Le clausole che invece disciplinano l’uso delle parti e beni comuni sono clausole di natura regolamentare , la cui modifica richiede le maggioranze prescritte dall’art. 1136 c.c. Le modifiche deliberate in assemblea devono poi, in ogni caso, essere annotate al regolamento.
In tema di Superbonus ci si interroga sulla legittimità della delibera di rifacimento della facciata qualora si preveda una modifica dell’estetica complessiva dell’edificio (ad esempio modificando i materiali che lo rivestono, i colori o le linee) ovvero la realizzazione di un cappotto termico “ a macchia di leopardo ” (per non violare la proprietà privata, escludendo ad esempio il cappotto in corrispondenza dei condomini dissenzienti). La valutazione della legittimità della delibera di rifacimento delle facciate, parte da principi di ampia portata, applicabili quindi a ogni intervento idoneo ad alterare il decoro architettonico. E’ opportuno partire quindi dal concetto di decoro architettonico, definito in giurisprudenza come l’insieme armonico delle linee architettoniche e delle strutture ornamentali. In punto si richiama il consolidato orientamento della Suprema Corte, la quale con la sentenza n. 1286 del 2010 ha chiarito appunto che, per decoro architettonico, si intende la “ estetica data dall’insieme delle linee e delle strutture ornamentali che costituiscono la nota dominante dell’edificio imprimendo allo stesso una sua armoniosa fisionomia” e che ”va valutato, ai sensi dell’art. 1120, 2º comma, c.c., con riferimento al fabbricato condominiale nella sua totalità (potendo anche interessare singoli punti del fabbricato purché l’immutazione di essi sia suscettibile di riflettersi sull’intero stabile) e non rispetto all’impatto con l’ambiente circostante ” (così anche Cass. civ., sez. II, 29-01-2016, n. 1718). Costantemente quindi la giurisprudenza ritiene meritevole di tutela il decoro architettonico degli edifici condominiali anche ove gli stessi siano caratterizzati da linee semplici. Tale tutela trova il suo fondamento nell’ultimo comma dell’art. 1120 c.c. il quale, nell’individuare le limitazioni alle innovazioni, espressamente vieta quelle che alterino il decoro architettonico dell’edificio. In tema, la Suprema Corte ha affermato che: “ Per «decoro architettonico del fabbricato», ai fini della tutela prevista dall’art. 1120 c.c., deve intendersi l’estetica dell’edificio costituita dall’insieme delle linee e delle strutture ornamentali che ne costituiscono la nota dominante ed imprimono alle varie parti di esso una sua determinata, armonica fisionomia, senza che occorra che si tratti di edifici di particolare pregio artistico; conseguentemente, non è possibile escludere a priori un’alterazione del decoro architettonico per il solo fatto che la realizzazione di una veranda su di una terrazza a livello interessi un appartamento posto non sulla facciata principale, bensì su quella interna, dell’edificio condominiale ” (Cass. civ., sez. II, 29-01-2016, n. 1718). In linea con quanto sopra gli ermellini, con statuizione particolarmente sensibile al problema, ebbero ad affermare che “ Costituisce innovazione lesiva del decoro architettonico del fabbricato condominiale, come tale vietata, non solo quella che ne alteri le linee architettoniche, ma anche quella che comunque si rifletta negativamente sull’aspetto armonico di esso, a prescindere dal pregio estetico che possa avere l’edificio ” (Cass. civ., sez. II, 11-05-2011, n. 10350). Si ritiene quindi che la delibera che va ad “ alterare ” il decoro, possa essere adottata solo con il consenso unanime di tutti i condomini, ragion per cui la delibera non unanime sarà annullabile (nel termine di decadenza di 30 giorni) in quanto assunta in mancanza delle maggioranze necessarie (in tal senso Cass. 4806/2005 , Tribunale civile Milano, 30 novembre 2016). Sullo specifico tema del Superbonus si è anche espresso in tempi recenti il Collegio Tribunale di Milano, il quale con provvedimento del 30.9.2021 (nella procedura di reclamo avverso un precedente provvedimento cautelare del 13.8.2021) ha ritenuto che la modifica della facciata per la realizzazione dei lavori del cd. Superbonus possa essere lesiva del decoro. In particolare, il Collegio ha affermato che per la violazione del decoro architettonico sia “ sufficiente che vengano alterate, in modo visibile e si gnificativo, la particolare struttura e la complessiva armonia che conferiscono al fabbricato una propria specifica identità (per Cass. 1076/05 e Cass. 14455/09, l’alterazione del decoro è integrata … da qualunque intervento che alteri in modo visibile e signi ficativo la particolare struttura e la complessiva armonia che conferiscono all’edificio una propria specifica identità) ”, fatta tale doverosa premessa il Collegio ha ritenuto che la realizzazione del Cappotto termico con modifica dei materiali che compongono la facciate e della gamma cromatica della stessa comporti un’alterazione lesiva del decoro. Si ritiene quindi che per la modifica dell’estetica dell’edificio anche in tema di Superbonus sia necessaria la decisione all’unanimità, in difetto la delibera sarà viziata e quindi annullabile. Avv. Ruggiero Gorgoglione WR Milano Avvocati
In tema di Superbonus ci si interroga sulla legittimità della delibera adottata con la maggioranza prevista dal Decreto Rilancio in materia di Superbonus per la realizzazione di un impianto centralizzato di acqua calda in un edificio in cui sono già presenti impianti autonomi. Si ritiene innanzitutto che un’opera centralizzata in luogo di quella privata sia anch’essa lesiva della proprietà privata, richiedendo quindi il consenso espresso del singolo proprietario, per cui ad avviso dello scrivente non si potrà imporre al singolo proprietario la rimozione del proprio impianto. Sull’illegittimità della delibera di realizzazione di impianti di acqua calda centralizzata in luogo di quelli autonomi si è altresì espresso il Tribunale di Milano (ordinanza Collegiale del 30.9.2021 R.G. 35338/2021) ritenendo che, qualora la spesa per l’impianto sia da dividersi tra tutti i condomini (per cui l’impianto sarà di proprietà di tutti), considerato che l’installazione centralizzata interessa le parti comuni, ciò comporterebbe di fatto la costituzione di un diritto reale sul fondo comune, per cui è necessario il consenso unanime di tutti i condomini ai sensi dell’art. 1108 III co. c.c. Da ciò ne discende che la delibera adottata in merito senza il consenso di tutti i condomini è illegittima. Avv. Ruggiero Gorgoglione WR Milano Avvocati
Spesso ci si interroga sulla validità della convocazione a mezzo posta elettronica ordinaria. Sul punto l'art. 66 disp. att. c.c. è tassativo nell'indicare che l'avviso di convocazione debba essere trasmesso a mezzo: posta raccomandata, pec, consegna a mani, fax, il tutto almeno 5 giorni prima dell'assemblea. In ogni caso la giurisprudenza ha ritenuto ammissibile la convocazione a mezzo posta elettronica ordinaria a determinate condizioni: - in caso di prova della ricezione, ad esempio mediante conferma espressa (Tribunale Tivoli 5.4.22); - in caso di espresso assenso preventivo del condomino alle convocazioni a mezzo posta elettronica ordinaria (Corte D'Appello di Brescia 4/2019); - in caso di non contestazione della ricezione dell'e-mail ordinaria (Tribunale di Roma sent. 17727/21); Per cui, sebbene la convocazione a mezzo posta elettronica ordinaria non possa considerarsi vietata, è opportuno considerare che, in caso di impugnazione della delibera, per poter considerare valida la convocazione stessa, questa dovrà rispettare una delle condizioni pocanzi esposte. Avv. Ruggiero Gorgoglione WR Milano Avvocati
Nelle trattative che portano alla conclusione di una compravendita immobiliare con l'ausilio di un agente immobiliare, quest'ultimo non si limita a svolgere un ruolo puramente commerciare di incontro tra domanda e offerta di vendita, in quanto il mediatore è comunque tenuto a fornire alle parti le informazioni opportune (conosciute o conoscibili) prima del perfezionamento dell'affare. L'art. 1759 c.c. prevede infatti che il mediatore debba comunicare alle parti le circostanze a lui note relative alla valutazione e alla sicurezza dell'affare che possono influire sulla conclusione dello stesso. Allo stesso tempo, secondo un costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, il mediatore deve informare le parti sulle circostanze a lui conoscibili con la media diligenza professionale (Cass. 784/2020, ex multis Cass. 29229/2019, 4415/2017). Per cui ad esempio il mediatore che fosse già a conoscenza dell'insolvibilità di una delle parti, dovendo fornire le informazioni "influenti sulla sicurezza dell'affare", potrebbe essere ritenuto responsabile per non aver informato la controparte prima di fargli versare la caparra (Cass. 20512/2020). Allo stesso tempo, secondo il mediatore ha l'obbligo in negativo di non dare rassicurazioni e informazioni in merito a circostanze a lui non note o da lui non verificate. Per cui ad esempio il mediatore non potrà tranquillizzare le parti circa l'assenza di gravami (ipoteche, pignoramenti) senza aver prima verificato l'assenza degli stessi. Il mediatore in ogni caso non ha l'obbligo di effettuare delle verifiche di carattere tecnico-giuridico , come ad esempio le ispezioni ipotecare o la regolarità urbanistica dell'immobile (come detto sopra vi è tenuto però se rassicura personalmente le parti su aspetti tecnici), salvo una diversa e specifica pattuizione tra le parti (in tal senso Cass. 18140/2015); tuttavia, in base a quanto detto pocanzi, non potrà riferire alla parte acquirente che l'immobile è libero da vincoli senza averlo prima verificato (dichiarazione che invece potrebbe fare il venditore stesso). Nei casi summenzionati, in presenza quindi di una responsabilità dell'Agenzia immobiliare, la stessa non solo non avrebbe il diritto alla provvigione richiesta, ma sarebbe tenuta al contempo a risarcire il danno patito e provato dalla parte lesa dal mancato rispetto degli obblighi gravanti sul professionista. Avv. Ruggiero Gorgoglione WR Milano Avvocati
Un'importante problematica che spesso coinvolge gli acquirenti degli immobili e gli operatori del settore è rappresentata dal diritto dell'agente immobiliare alla provvigione in presenza di clausole cd. " salvo approvazione mutuo ", nell'ipotesi in cui il mutuo non dovesse poi essere concesso. A tal fine è di fondamentale importanza individuare la tipologia di clausola inserita nella proposta di acquisto, potendo essere una clausola " sospensiva " o " risolutiva " degli effetti della proposta stessa . In presenza di una clausola sospensiva : gli effetti della proposta restano sospesi fino all'approvazione del mutuo per cui, anche qualora questa dovesse essere accettata dalla controparte contrattuale, non sarà produttiva di effetti e di conseguenza il diritto alla provvigione non si potrà considerare maturato. In presenza di una clausola risolutiva : la proposta una volta accettata produce integralmente i propri effetti, per cui, il diritto alla provvigione dell'agente sorge già con l'accettazione delle proposta da parte del venditore (salvo diverso accordo tra le parti), per cui l'evento che porta alla risoluzione della proposta (come ad esempio la mancata approvazione del mutuo) non fa venir meno il diritto dell'agente al proprio compenso. A prescindere dalla presenza di una clausola sospensiva o risolutiva (come potrebbe essere la clausola "salvo approvazione mutuo"), l'art. 1757 c.c. prevede che il mediatore ha comunque diritto alla provvigione anche se l'accordo tra le parti fosse annullato o rescisso, se il mediatore non conosceva la causa invalidante. Tendenzialmente invece la nullità dell'accordo tra acquirente e venditore è in grado di travolgere anche la provvigione dell'agente. Avv. Ruggiero Gorgoglione WR Milano Avvocati - De Amicis 45 Milano
La ripartizione delle spese di manutenzione del balcone (soletta e pavimento) rappresentano di frequente un quesito che si sottopongono i proprietari di unità immobiliari. E’ opportuno innanzitutto distinguere tra: - balcone cd. “ aggettante ”: ovvero che sporge rispetto alla facciata dello stabile, si protende nel vuoto ed è agganciato alla soletta interna, e - balcone cd. “incassato”: che invece è integrato nella facciata dell’edificio e può essere incassato a “U” (se incassato su tre lati) o a “L” (se incassato solo per due lati). Il balcone “ aggettante ” rientra nella proprietà privata della corrispondente unità immobiliare, rappresentando un prolungamento della stessa. In particolare quindi il pavimento, la struttura della soletta, il cd. “cielino” cioè il soffitto/sottobalcone del piano sottostante, appartengono ai titolari dell’immobile corrispondente. In tal caso quindi il proprietario è tenuto a sostenere le spese di manutenzione del balcone, quindi del pavimento, della soletta e del sottobalcone. Restano esclusi dall’onere di manutenzione del privato i frontalini e le parti decorative, la cui manutenzione compete invece al Condominio (in tal senso Cass. 27083/2018). Il balcone “incassato” rappresenta, invece, un prolungamento del solaio di copertura dell’edificio condominiale, per cui assolve alla funzione di separazione tra i piani e copertura del fabbricato. In tal caso si crea una situazione di compossesso della soletta, per cui si applica l’art. 1125 c.c. (norma dettata per i solai) per cui entrambi i proprietari rispondono della manutenzione del balcone, ovvero il proprietario dell’appartamento che accede al balcone risponde della manutenzione del pavimento, quello del piano inferiore è onerato della manutenzione del sottobalcone (intonaco e tinteggiatura del soffitto). Non è in ogni caso da escludersi che le lesioni al sottobalcone possano essere conseguenza dell’omessa manutenzione del pavimento, nel qual caso il proprietario dello stesso potrebbe essere chiamato a rispondere dei danni causati dall’omessa manutenzione ex art. 2051 c.c. e, perciò, dover sostenere anche la spesa per il rifacimento del cielino. Avv. Ruggiero Gorgoglione WR Milano Avvocati
Per la costituzione del Supercondominio non è necessaria né la manifestazione di volontà dell'originario costruttore, né quella di tutti i proprietari delle unità immobiliari di ciascun condominio, venendo il medesimo in essere per ragioni di fatto se il titolo o il regolamento condominiale non dispongono altrimenti. Si tratta quindi di una situazione di fatto, di condivisione di parti comuni tra più Condomini, in cui si applicano in pieno le norme sul condominio anziché quelle sulla comunione. Questo è quanto confermato dal Tribunale di Roma con sentenza 19411/2018 in linea con i precedenti orientamenti giurisprudenziali di legittimità e di merito Avv. Ruggiero Gorgoglione WR Milano Avvocati
Il riformato art. 70 disp. att. c.c. prevede che per le infrazioni al regolamento di condominio può essere stabilito, a titolo di sanzione, il pagamento di una somma di massimo 200 euro e, in caso di recidiva, fino a 800 euro. E' quindi innanzitutto necessario che il regolamento condominiale disciplini le violazioni alle quali conseguirebbe il trattamento sanzionatorio individuando il trattamento sanzionatorio stesso. Per quanto concerne invece l'applicazione concreta della sanzione prevista nel regolamento, con la modifica introdotta con il Decreto Destinazione Italia del 2013 è stato esplicitato che la sanzione debba essere deliberata dall'assemblea con le maggioranze di cui all'art. 1136 c.c. La sanzione di importo superiore a quella prevista dalla norma è nulla, così come è nulla la delibera assembleare nella quale viene adottata la sanzione in contrasto con i limiti dettati dalla norma. I destinatari della sanzione sono i condomini, per cui non potendosi fare applicazione analogica della norma, non può essere irrogata una sanzione diretta nei confronti dei conduttori o dei detentori dell'immobile. Infine, la norma prevede che quanto ricavato dalle sanzioni irrogate, venga utilizzato per le spese ordinarie di gestione.
In virtù della previsione dell’art. 1588 c.c. l’inquilino è responsabile della perdita e deterioramento del bene nel corso della locazione e quindi anche dell’ incendio ai danni dell’immobile (in tal senso Trib. Busto Arsizio 10.10.2018 n . 1591). La responsabilità del conduttore viene meno qualora quest’ultimo riesca a provare che l’evento non sia dovuto a causa a lui imputabile. L’onere di provare l’assenza di responsabilità grava quindi sull’inquilino stesso il quale potrà esimersi da responsabilità solo dimostrando che ha custodito il bene con diligenza, ovvero che l’evento ha avuto origine dal fatto di un terzo (integrando così il caso fortuito per fatto del terzo). E’ in ogni caso opportuno osservare che il proprietario è comunque tenuto alla manutenzione del bene e degli impianti che non sia di carattere ordinario, per cui lo stesso potrà essere comunque ritenuto responsabile nell’ipotesi in cui l’incendio sia divampato in conseguenza dell’omessa manutenzione necessaria. Nei confronti dei terzi rispondono dei danni derivanti dall’incendio sia il proprietario sia il conduttore, salvo che sia stata acclarata (ad esempio con sentenza) la responsabilità esclusiva dell’inquilino. Avv. Ruggiero Gorgoglione WR Milano Avvocati
La Cassazione, ricalcando la norma codicistica (art. 1126 c.c.), conferma che la spesa di riparazione del lastrico solare grava per 1/3 sul proprietario o utilizzatore esclusivo del lastrico (o del terrazzo a livello) e per i restanti 2/3 sui condomini che si trovano nella proiezione verticale del lastrico o del terrazzo ai quali funge da copertura (sul punto Cass. 10.5.2017 n. 11484). Quindi, i condomini, pur non avendo accesso al lastrico/terrazzo ed eventualmente non essendone neanche proprietari, dovranno partecipare alle spese di manutenzione essendo inoltre responsabili dei danni eventualmente causati dall’omessa manutenzione(ex art 2051 c.c.). In ogni caso, il proprietario/ utilizzatore esclusivo è comunque tenuto a sostenere in prima persona le spese di manutenzione relative a manufatti di cui egli faccia uso esclusivo; resterà inoltre responsabile dei danni causati in conseguenza diretta delle proprie azioni e omissioni.
Nel caso in cui il gestore di un locale volesse installare una canna fumaria sulla facciata condominiale le norme da rispettare sono molteplici ed in estrema sintesi sono: - permessi autorizzativi; - rispetto delle distanze se previste dal regolamento comunale; - rispetto delle prescrizioni eventuali del regolamento condominiale; - rispetto delle prescrizioni sulla sicurezza applicandosi l'art. 890 c.c.; - rispetto del decoro architettonico; - rispetto della disciplina civilistica sulle immissioni, qualora vi fosse dispersione di fumi, odori, calore etc.. Qualora siano rispettate tutte queste prescrizioni, alcune certe (es: permessi, decoro e sicurezza immissioni) altre possibili solo se previste (es: distanze di cui al regolamento comunale e prescrizioni del regolamento condominiale) l'installazione delle canne fumarie sarebbe legittima in virtù dell'art. 1102 c.c., ma sia chiaro sempre e solo se comunque l'installazione rispetti tutto il resto.
Assisto costantemente privati e aziende nella stesura di contratti di locazione e comodato di vario tipo. Mi sono occupato al contempo anche della consulenza e della stesura di contratti di rent to buy e di affitto di spazi in coworking. Ho assistito diversi clienti anche nella fase patologica di tali contratti, ovvero in caso di inadempimento, risoluzione, recupero del credito, di sfratto con relative fasi di opposizione.
Ruggiero Gorgoglione
Via E. De Amicis 45
Milano (MI)
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