Avvocato Sabrina Breda a Padova

Sabrina Breda

Professionista del Debito


Informazioni generali

Sono Sabrina Breda, avvocato da più di 20 anni ed esperta di Diritto Bancario. Mi occupo, in particolare, di ristrutturazione del DEBITO bancario (sia di privati che di aziende) attraverso le procedure messe a disposizione dal nostro ordinamento giuridico, quali l'esdebitamento (Legge n. 3/12), gli accordi di ristrutturazione del debito ed altre procedure contenute nel nuovo Codice della Crisi d'Impresa. Collaboro quotidianamente con con altri professionisti al fine di assistere e tutelare ogni cliente a 360 gradi.

Esperienza


Diritto bancario e finanziario

Diritto Bancario: assisto privati ed aziende nelle cause contro le Banche. Le cause hanno ad oggetto l'accertamento di anomalie e vizi nei contratti bancari. In via stragiudiziale assisto privati ed aziende nelle relazioni con gli Istituti di Credito. Mi occupo della ristrutturazione del Debito bancario di privati ed aziende.


Usura

Mi occupo dell'accertamento di vizi nei contratti bancari: usura, anatocismo, cms non pattuite. Mi occupo altresì della verifica della liceità delle pattuizioni nei mutui, leasing, contratti derivati.


Fallimento e proc. concorsuali

Ho ricoperto il ruolo di advisor legale nelle procedure concorsuali (182 bis Legge Fallimentare). Faccio parte di un team di esperti per la rilevazione degli Allert previsto dal nuovo Codice della Crisi d'Impresa.


Altre categorie:

Diritto civile, Pignoramento, Contratti, Tutela del consumatore, Arbitrato, Mediazione, Negoziazione assistita, Domiciliazioni, Risarcimento danni.


Referenze

Titolo professionale

Gestore della crisi

UNIVERSITA' PEGASO - 7/2020

Attestato di gestore della crisi da sovraindebitamento - iscritta all'occ patavino i diritti del debitore

Titolo professionale

MASTER IN DIRITTO BANCARIO

UNICUSANO ROMA - 3/2014

I Corsi Universitari frequentati vertevano in materia di accertamento dei vizi sui contratti bancari. In particolare mutui, leasing, derivati. La tesina che ho presentato ha approfondito il tema delle fideiussioni bancarie.

Pubblicazione legale

FIDEIUSSIONI NULLE

Pubblicato su IUSTLAB

Fideiussioni omnibus: nullità per violazione della normativa in materia di Antitrust Il recente filone giurisprudenziale che afferma la nullità delle fideiussioni “omnibus” apre uno spiraglio di luce ai fideiussori, spesso vittime incolpevoli delle azioni di recupero delle banche. ---------------------------------------------------------- Richiamando un noto mito greco, possiamo dire che ad aprire il vaso di Pandora è stata la sentenza n. 29810 del 12.12.2017, con cui la Corte di Cassazione ha dichiarato la nullità di un contratto di fideiussione omnibus in quanto speculare allo schema predisposto dall’Associazione Bancaria Italiana (ABI) dichiarato a sua volta nullo dall’autorità garante del mercanto e della Concorrenza in quanto frutto di un’intesa anticoncorrenziale vietata dall’art. 2 legge 287/1990 (legge Antitrust). La decisione assunta dalla Corte poggia sul provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005 con cui Banca d’Italia, in qualità di Autorità Garante della concorrenza tra istituti creditizi (funzione che ha esercitato fino al 12 gennaio 2006), ha rinvenuto nell’applicazione uniforme da parte degli enti creditizi di tre disposizioni contenute nelle condizioni generali di contratto diffuse tra le banche associate all’ABI (segnatamente, clausole di “sopravvivenza”, “reviviscenza” e rinuncia ai termini di cui all’art. 1957 c.c.) un’intesa restrittiva della concorrenza vietata dall’art. 2, co. 2, lett. a, legge “antitrust” n. 287 del 1990. Il provvedimento è l’epilogo dell’indagine durata per oltre tre anni, avente ad oggetto il contenuto dello schema di contratto di “fideiussione a garanzia delle operazioni bancarie” concordato nel 2002 tra l’Associazione Bancaria Italiana con alcune organizzazioni di tutela dei consumatori. “Esso, infatti”, - afferma Banca d’Italia – “si sostanzierebbe in un’intesa orizzontale all’interno dell’intero sistema bancario nazionale, avente ad oggetto la fissazione di condizioni contrattuali uniformi peggiorative per la clientela rispetto a quelle altrimenti applicabili sulla base della normativa esistente. Siffatta intesa appare suscettibile di peggiorare le complessive condizioni economiche alle quali i consumatori sono in grado di ottenere i finanziamenti bancari”. L’istruttoria condotta dall’AGCOM ( procedimento n. 584 ) ha esaminato lo schema predisposto dall’ABI denominato ”CONDIZIONI GENERALI DI CONTRATTO PER LA FIDEIUSSIONE A GARANZIA DELLE OPERAZIONI BANCARIE” il quale, si componeva principalmente delle seguenti clausole: c.d. clausola omnibus, clausola di pagamento a prima richiesta, clausola di rinuncia ai termini di cui all’art. 1957 c.c. e clausole di sopravvivenza della fideiussione. Il provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005 è l’epilogo di questo procedimento d’indagine : “ Tali clausole ” - recita il provvedimento -, " hanno lo scopo precipuo di addossare al fideiussore le conseguenze negative derivanti dall’inosservanza degli obblighi di diligenza della banca ovvero dall’invalidità o dall’inefficacia dell’obbligazione principale e degli atti estintivi della stessa" e conclude che “ gli articoli 2, 6 e 8 dello schema contrattuale predisposto dall’ABI per la fideiussione a garanzia delle operazioni bancarie (fideiussione omnibus) contengono disposizioni che, nella misura in cui vengano applicate in modo uniforme, sono in contrasto con l’articolo 2, comma 2, lettera a), della legge n. 287/90 ” . Le clausole incriminate dall'Autorità garante sono le seguenti: A) Rinuncia ai termini di cui all’articolo 1957 cod. civ . –art. 6 - la quale prevede che “ i diritti derivanti alla banca dalla fideiussione restano integri fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore, senza che essa sia tenuta ad escutere il debitore o il fideiussore medesimi o qualsiasi altro coobbligato o garante entro i tempi previsti dall’articolo 1957 cod. civ., cui espressamente derogo/deroghiamo” . L'A.G. ricorda che " l’articolo 1957 cod. civ. subordina la permanenza dell’obbligazione di garanzia del fideiussore, dopo la scadenza dell’obbligazione principale, alla circostanza che il creditore abbia proposto e diligentemente continuato le sue istanze nei confronti del debitore entro il termine di sei mesi; il termine si riduce a due mesi nell’ipotesi in cui il fideiussore abbia, preventivamente ed espressamente, limitato la propria garanzia allo stesso termine dell’obbligazione principale”. Secondo Banca d’Italia la clausola attribuisce un termine esorbitante (pari alla prescrizione dei diritti verso il garantito) per far valere la garanzia fideiussoria, sbilanciando così la posizione della banca a svantaggio del garante. B) Clausola di “reviviscenza” (art. 2) che dichiara il fideiussore tenuto “ a rimborsare alla banca le somme che dalla banca stessa fossero state incassate in pagamento di obbligazioni garantite e che dovessero essere restituite a seguito di annullamento, inefficacia o revoca dei pagamenti stessi, o per qualsiasi altro motivo ” . Tale clausola è particolarmente gravosa in quanto impegna il fideiussore a tenere indenne la banca da vicende successive all’avvenuto adempimento, e si presta a produrre situazioni di contrasto con l’art. 1953 c.c. allorchè egli abbia confidato nell’estinzione della garanzia a seguito del pagamento del debitore e abbia conseguentemente trascurato di tutelare le proprie ragioni di regresso. C) Clausola di “sopravvivenza ” (art. 8): la clausola sancisce l’insensibilità della garanzia prestata agli eventuali vizi del titolo in virtù del quale il debitore principale è tenuto nei confronti della banca, disponendo che “ qualora le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide, la fideiussione garantisce comunque l’obbligo del debitore di restituire le somme allo stesso erogate” . La clausola, in sostanza, prevede la permanenza dell’obbligazione fideiussoria a fronte delle vicende estintive e delle cause di invalidità che possono riguardare il pagamento del debitore o la stessa obbligazione principale garantita. La conseguenza dell’accertamento della violazione dell’art. 2 legge antitrust, insita nell’applicazione uniforme di tali clausole, consumatasi “a monte” nella predisposizione e nell’adozione uniforme di uno schema contrattuale restrittivo della concorrenza, si concreta nella nullità dei contratti (come quelli oggetto del presente giudizio) stipulati “a valle” in conformità allo schema: essi costituiscono lo sbocco sul mercato dell’intesa illecita e sono essenziali a realizzarne gli effetti (come già riconosciuto da Cass., SS. UU., 4 febbraio 2005, n. 2207). Sulla scorta di quanto enunciato dall’Autorità garante, nonché dalla Cassazione, quei contratti denominati “fideiussione omnibus” che contemplano contemplando esattamente la clausola di rinuncia ai termini di cui art. 1957 cc, la clausola di reviviscenza e quella di sopravvivenza sono affetti da nullità . Trattasi di nullità imprescrittibile e rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio (così come riconosciuto anche dalla giurisprudenza di merito più recente come si avrà modo di vedere) . Di particolare importanza è sottolineare che, rispetto alle precedenti pronunce emesse sulla questione dalla giurisprudenza di merito, la Cassazione ha invece sancito che: - il fideiussore può giovarsi della cosiddetta prova privilegiata ossia non deve provare la condotta anticoncorrenziale tra le Banche, ma può basarsi sull’accertamento a questo fine effettuato dalla Banca D’Italia nel 2005 su parere dell’AGCM; - il contratto di fideiussione conforme allo schema ABI è nullo nel suo complesso (ossia non si parla di nullità di alcune clausole ma di nullità dell’intero contratto). Analizzando le decisioni dei Tribunali che si sono trovati ad affrontare la questione prima della predetta sentenza, si nota come la tendenza fosse quella di rigettare l’ipotesi della nullità del contratto in quanto non sufficientemente provata l’intesa “a monte”. E’ facile comprendere che i soggetti coinvolti, in quanto “privati”, avessero fisiologiche difficoltà nell’assolvere l’onere probatorio necessario in relazione ai fatti da far valere in giudizio poiché non disponenti dei poteri invece riconosciuti alle Authorities. Tale scoglio oggi deve ritenersi superato sia dal riconoscimento di “prova privilegiata” della decisione dell’autorità da parte della Corte di Cassazione, sia dal recepimento della Direttiva Europea attraverso il decreto legislativo n. 3 del 2017, il quale prevede che il contenuto della decisione definitiva dell’AGC nazionale (e i fatti a fondamento della stessa) circa una violazione del diritto della concorrenza deve essere ritenuta definitivamente accertata da parte dei giudici dello stesso Stato membro con efficacia vincolante Stando alla lettura della normativa in materia emerge con certezza assoluta il fatto che, in caso di richiamata violazione di normativa anticoncorrenziale già accertata definitivamente dalla relativa autorità (nel caso di specie: Provv. BDI 55/05), incombe sulla banca l’onere di provare il contrario. La pronuncia della Cassazione del 12.12.2017 ha determinato una svolta significativa nell’orientamento della giurisprudenza di merito relativamente agli effetti del provvedimento di banca d’Italia n. 55/2005. Analizzando le diverse pronunce emanate, si distinguono due filoni giurisprudenziali nettamente distinti: un primo orientamento propende per la nullità dell’intero contratto, un secondo orientamento, riconosce una nullità parziale, cioè delle singole clausole. Guardando alle pronunce che si sono susseguite nel corso degli ultimi mesi, degna di nota è l’ordinanza del 05.06.2018 con cui il Tribunale di Padova ha così affermato: “ il mutamento giurisprudenziale di cui alla sentenza della Cassazione n. 29810 del 2017, che sancisce la nullità delle fideiussioni omnibus quando dalla loro conformità al modello ABI ne derivi una violazione della normativa antitrust, costituisce circostanza idonea per l’accoglimento della richiesta di sospensione della provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo opposto in relazione alla posizione dei fideiussori ” sospendendo la provvisoria esecutorietà de decreto ingiuntivo opposto in relazione alla posizione dei fideiussori. Anche il Tribunale di Ancona , con ordinanza del 14.03.2018, si è pronunciato nel senso di sospendere la provvisoria esecutorietà del decreto ingiuntivo opposto a motivo della contestata nullità della fideiussione per violazione dell’art. 2 della legge n. 287/1990, rilevando che la fideiussione prodotta in atti era uniforme allo schema contrattuale ABI dichiarato illegittimo per violazione delle norme antitrust. Sulla scia di tali pronunce, il Tribunale Roma , con l’ordinanza del 26 Luglio 2018, ha così affermato: “ Sono nulli i negozi di fideiussione che contengono le norme bancarie uniformi predisposte dall’ABI , le quali hanno l’effetto di restringere, impedire o falsare in modo consistente il gioco della concorrenza all’interno del mercato nazionale ed escludono il diritto del cliente ad una scelta tra prodotti in concorrenza, con la precisazione che rientrano nel divieto in parola le clausole che comportano la trasformazione del contratto di fideiussione in contratto autonomo di garanzia ”. Come evidenziato dal Tribunale di Salerno, nella sentenza n. 3016/2018, depongono a favore della nullità totale sia la gravità delle violazioni in esame, sia il dato testuale di Cass. 29810/2017, la quale riferisce esclusivamente e più volte di “nullità del contratto” e mai di nullità delle singole cause, oltre al fatto che se la nullità denunziata dal garante nel caso trattato non avesse travolto l’intera fideiussione, giammai si sarebbe potuta cassare la sentenza di rigetto della domanda risarcitoria, perché tale rigetto avrebbe trovato conferma anche dopo la sostituzione delle clausole nulle, dato che nessuna delle clausole così introdotte poteva incidere a favore dell’istanza risarcitoria. Analogamente la sentenza n. 53 del 31.01.2019 del Tribunale di Belluno ha sancito la nullità assoluta del contratto fideiussorio per violazione della normativa antitrust . In primo luogo il Tribunale di Belluno ha dichiarato la propria competenza a decidere sulla nullità delle specifiche clausole fideiussorie in quanto si tratta di eccezione riconvenzionale idonea a paralizzare la domanda di pagamento introdotto con il ricorso monitorio. Ha dichiarato che le clausole – tipo censurate dall’autorità coincidono nell’esatta sostanza con le condizioni generali predisposte dalla banca convenuta opposta ed accettate dall’opponente ed ha quindi dichiarato nulle le clausole contrattuali contenute nelle fideiussioni prestate dall’opponente: tale vizio deriva dalla loro natura meramente riproduttiva degli schemi contrattuali uniformi ABI censurabili per il loro “ scopo precipuo di addossare al fideiussore le conseguenze negative derivanti dall’inosservanza degli obblighi di diligenza della banca ovvero dall’invalidità o dall’inefficacia dell’obbligazione principale e degli atti estintivi della stessa ” nonchè per carenza di un legame di funzionalità con negozio fideiussorio e – dunque – nulli quali intese vietate dalla normativa antitrust, per il disposto degli artt. 2, c. 2, lett. a), e 3 della L. n. 287/1990 (cfr. Cass. 29819/20179). Di seguito la sentenza afferma che pur essendo evidente che la nullità attinge inizialmente solo alle tre clausole delle fideiussioni, essa è suscettibile di estendersi all’intero negozio fideiussorio, a norma dell’art. 1419 c. 1 c.c. per cui “la nullità parziale di un contratto o la nullità di singole clausole importa la nullità dell’intero contratto, se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita da nullità” (applicabile ex art. 1234 c.c. anche agli atti unilaterali Cass. 10690/2005) laddove, come nel caso di specie, non sia possibile la sostituzione di diritto di tutte le clausole con norme imperative ex art. 1419, c. 2 c.c. Conclude la sentenza, anche alla luce di quanto argomentato da recente giurisprudenza di merito, affermando che discende la nullità integrale delle fideiussioni contestate, con travolgimento dell’obbligazione accessoria da loro portata a carico dell’opponente. Di notevole importanza è anche la sentenza della Corte di Appello di Bari del 21.03.2018, che inquadra la fattispecie della nullità della fideiussione conforme allo schema dell’ABI nelle nullità che devono essere rilevate dal Giudice in ogni stato e grado del processo e perché inquadra la nullità come nullità totale della garanzia per contrarietà del contratto di garanzia alle norme imperative (legge antitrust). Essa spiega chiaramente il perché venga comminata la sanzione della nullità al cartello bancario: è chiaramente definita come illecita la condotta anti concorrenziale del sistema bancario che si concretizza nella predisposizione di modelli negoziali uniformi. La normativa antitrust, spiegano i giudici di secondo grado di Bari, mira a sanzionare il fatto della distorsione della concorrenza, ogniqualvolta essa costituisca il risultato di un perseguito obiettivo di coordinare, verso un comune interesse, le attività economiche. Questo risultato è punito (con la sanzione della nullità) qualunque sia il mezzo con cui venga perseguito il risultato. Anche il Tribunale di Pesaro con sentenza n. 275 del 21 marzo 2019 si è pronunciato in merito alle nullità delle fideiussioni, riconoscendo: 1) l’ammissibilità della domanda, anche se proposta in corso di causa (ed entro il termine fissato ai sensi dell’art. 183 c.p.c.), in ragione della rilevabilità d’ufficio della nullità negoziale (art. 1421 c.c.), anche in appello o in cassazione, in quanto pertinente ad un diritto autodeterminato; 2) la competenza del Tribunale ordinario a decidere (in sede di opposizione a decreto ingiuntivo) sulla nullità delle specifiche clausole fideiussorie, in quanto si tratta di eccezione d’incompetenza che va sollevata tempestivamente, e a parere della scrivente, anche perché trattasi di eccezione riconvenzionale idonea a paralizzare la domanda di pagamento introdotto con il ricorso monitorio; 3) la sentenza è rilevante, in quanto viene sancita la nullità assoluta del contratto fideiussorio, contente clausole ritenute nulle, per violazione della normativa imperativa antitrust di cui all’art. 2 della legge n. 287/1990, la quale non riguarda esclusivamente il negozio giuridico originario postosi all’origine della successiva sequenza comportamentale, ma si estende a tutta la più complessiva situazione anche successiva al negozio originario la quale – in quanto tale – realizzi un ostacolo alla concorrenza. Da ultimo si è espresso anche il Tribunale di Bolzano del 23/12/2018: premesso che la libera iniziativa economica deve essere improntata ai valori solidaristici ( non può svolgersi in contratto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla libertà, alla dignità umana” art. 41 co. 2 Cost ), e che qualsiasi comportamento di distorsione della concorrenza è rilevante, ne consegue che l’unica sanzione idonea è la nullità dell’intero contratto posto in essere dai responsabili delle citate gravi violazioni. Come sopra accennato, deve segnalarsi la diffusione di altro filone giurisprudenziale che propende invece per l’affermazione della nullità parziale del contratto di fideiussione. In questa prospettiva merita attenzione la sentenza n. 202 del Tribunale Padova (Giudice dr. Bertola) del 29/01/2019 in cui si afferma: “Va respinta per intervenuta decadenza l'azione della banca che abbia agito contro i fideiussori senza osservare i termini di cui all’art. 1957 c.c. per l'azione contro il debitore principale e non possa beneficiare delle clausole dichiarate nulle” e l’ordinanza del Tribunale di Venezia del 21.11.2018, con la quale dott.ssa Bianchi ha sospeso la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto per decadenza ex art. 1957 c.c. avendo la banca depositato l’istanza di ammissione al passivo del fallimento della società debitrice principale oltre il termine semestrale . In virtù del principio di conservazione del contratto, nel caso di nullità della singola clausola, si instaura un meccanismo di sostituzione della clausola viziata con la norma di legge, così come riconosciuto dal Tribunale delle Imprese di Milano nella Sentenza n. 8893/2016 pubbl. il 15/07/2016 (nonché dalla sentenza del tribunale di Padova del 29.01.2019) che, investito della questione, ha affermato: “(…) quand’anche si ammettesse la nullità eccepita, essa riguarderebbe le clausole derogative contestate e non l’intero contratto poiché, a norma dell’art. 1419 comma 2° c.c. “la nullità di singole clausole non importa la nullità del contratto quando le clausole nulle sono sostituite di diritto da norme imperative ”. Aderendo a questa impostazione, dunque, il contratto dovrebbe essere integrato con il disposto di cui all’art. 1957 c.c. che testualmente recita: “ Il fideiussore rimane obbligato anche dopo la scadenza dell'obbligazione principale, purché il creditore entro sei mesi abbia proposto le sue istanze contro il debitore e le abbia con diligenza continuate. La disposizione si applica anche al caso in cui il fideiussore ha espressamente limitato la sua fideiussione allo stesso termine dell'obbligazione principale. In questo caso però l'istanza contro il debitore deve essere proposta entro due mesi. L'istanza proposta contro il debitore interrompe la prescrizione anche nei confronti del fideiussore .” La citata disposizione impone al creditore, il quale, dopo la scadenza dell’obbligazione principale, voglia conservare la garanzia del fideiussore, l’onere di proporre le sue istanze contro il debitore principale nel termine di decadenza di sei mesi. La circostanza che il creditore debba prendere sollecite e serie iniziative contro il debitore principale, per recuperare il credito, trova la sua ragione giustificatrice nell’esigenza di evitare che la posizione del garante resti sospesa sine die (così, da ultimo, Cass. n. 1724/2016). Accertata la scadenza dell’obbligazione principale, per stabilire se il vincolo fideiussorio permanga o sia venuto meno e se, quindi, il ricorrente sia ancora obbligato oppure no al pagamento delle somme dovute (con i conseguenti risvolti sulla legittimità o meno della permanenza della segnalazione del suo nominativo in Centrale Rischi, sia come garante, sia, di seguito, come debitore “in sofferenza”), occorre valutare il comportamento del creditore e cioè se nei 6 mesi successivi alla scadenza dell’obbligazione abbia, come dispone l’art. 1957 c.c., “proposto le sue istanze contro il debitore e le abbia con diligenza continuate ”. Nel caso in cui siano trascorsi più di sei mesi tra la revoca dei rapporti e la domanda giudiaziale della banca nei confronti del debitore, è possibile concludere che la banca sia decaduta dal diritto di agire nei confronti del garante. Fermo quanto sopra, la clausola di cui all’art. 6, che espressamente deroga all’art. 1957 c.c., deve ritenersi vessatoria anche perché essa, prevedendo la possibilità per la banca di agire in qualsiasi momento nei confronti del fideiussore, rende indeterminata ed indeterminabile l’obbligazione di costui, producendo un’assoluta incertezza circa la durata della sua responsabilità patrimoniale. Ciò vale a maggior ragione ove la deroga all’art. 1957 c.c., come nelle fideiussioni omnibus, sia contenuta in condizioni generali oppure nei formulari imposti dalle banche ai clienti: tale deroga porta di fatto alla cancellazione dell’art. 1957 c.c. dal diritto applicato; il che si scontra inesorabilmente con l’esigenza che ha indotto il legislatore a dettare l’art. 1957 c.c. Infatti i contratti di fideiussione omnibus appartengono a quella categoria di contratti predisposti mediante condizioni generali di contratto per i quali l’autonomia privata del contrente debole è fortemente compromessa, riducendosi all’alternativa tra l’accettazione in blocco del contratto o la non accettazione (con l’ovvia conseguenza della negazione del finanziamento al soggetto garantito). Tali contratti, infatti, essendo destinati a regolare una serie indefinita di rapporti ed aventi un contenuto predisposto unilateralmente dal professionista (nel caso la banca), non permettono all’aderente una scelta: egli si limita ad accettare non potendovi apportare alcuna modifica. Per definizione, infatti, tali clausole non sono frutto di specifiche trattative ma, al contrario, sono identiche per tutti i rapporti contrattuali aventi il medesimo contenuto. Peraltro è la stessa banca che riconosce tale qualifica allo schema adottato, facendo appositamente sottoscrivere ai sensi dell’art. 1341 cc le clausole ritenute vessatorie che, proprio perché non negoziate, necessitano di doppia sottoscrizione. Analizzate alcune tra le più rilevanti pronunce che hanno avuto il coraggio di esporsi verso un nuovo orizzonte del contenzioso bancario, possiamo concludere che la questione, pur essendo giovane e tutta da scoprire, sta offrendo interessanti prospettive di difesa idonee a contrastare le azioni di recupero delle banche ed è un grimaldello importante nella strategia di risoluzione stragiudiziale del contenzioso bancario.

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