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Avvocato Umberto Diffidenti a Telese Terme

Umberto Diffidenti

Avvocato penalista in provincia di Benevento a Telese Terme (BN)

Informazioni generali

L'avv. Umberto Diffidenti presta la propria consulenza ed assistenza legale, in ambito penale civile e tutela dei consumatori a privati e aziende. Ammesso al GRATUITO PATROCINIO PENALE, offre altresì, consulenza, assistenza e rappresentanza ad Enti Pubblici. Vanta particolare esperienza nella tutela dei diritti in genere, nella contrattualistica e nel risarcimento del danno derivante da qualsiasi fattispecie. Inoltre si occupa diritto, di diritto processuale penale e tutela dei consumatori avendo maturato una profonda esperienza in questi due ultimi settori.

Esperienza


Separazione

ASCOLTO, redazione, assistenza e rappresentanza in giudizio separazioni consensuali e giudiziali


Divorzio

ASCOLTO, redazione, assistenza e rappresentanza in giudizio


Diritto penale

Querele /denunce; memorie difensive ex artt. 90, 91 c.p.p; comparse d’intervento associazioni; costituzioni di parte civile; oblazione ex artt. 162 e 162 bis c.p.; assistenza ad interrogatorio di garanzia; opposizione all’archiviazione ex art. 408 comma 3 c.p.p. attività ex art. 415 bis c.p.p. richiesta di incidente probatorio ex art. 392 c.p.p. redazione atto di appello; richiesta di riesame; riti alternativi e deflattivi giudizio abbreviato, applicazione di pena su richiesta delle parti, redazione modelli di organizzazione, gestione e controllo del rischio D.Lgs. 231/01 e M.A.E. Mandato di Arresto Europeo. Esecuzione penale.


Altre categorie

Violenza, Sostanze stupefacenti, Tutela del consumatore, Diritto ambientale, Diritto civile, Usura, Stalking e molestie, Reati contro il patrimonio, Multe e contravvenzioni, Recupero crediti, Pignoramento, Contratti, Omicidio, Diritto penitenziario, Arbitrato, Diritto assicurativo, Diritto commerciale e societario, Diritto bancario e finanziario, Investimenti, Discriminazione, Diritto internazionale ed europeo, Diritto immobiliare, Edilizia ed urbanistica, Diritto condominiale, Locazioni, Sfratto, Diritto dei trasporti terrestri, Incidenti stradali, Malasanità e responsabilità medica, Tutela degli animali, Diritto del turismo, Diritto dello sport, Tutela degli anziani, Diritto dell'informatica, Diritto militare, Diritti umani, Diritto canonico, Mediazione, Negoziazione assistita, Gratuito patrocinio, Domiciliazioni.



Credenziali

Pubblicazione legale

Il contratto di lavoro a tempo determinato puÒ rendere autosufficiente il figlio maggiorenne e liberare il padre dall’obbligo del mantenimento

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Irrilevante nella valutazione della posizione del figlio il fatto che l’ammontare del compenso da lui percepito sia inferiore a quello astrattamente possibile rispetto al titolo di studio conseguito In tema di contributo al mantenimento dei figli maggiorenni, il giudice a cui sia chiesta la revoca del corrispondente assegno, in ragione del reperimento da parte del figlio di un’occupazione lavorativa, è chiamato a valutare in concreto il raggiungimento dell’indipendenza economica da parte del ragazzo, considerandone l’effettivo inserimento nel mondo del lavoro, in base alle specifiche attitudini dimostrate e alle correlate aspirazioni, senza che abbia rilievo, in sé, il fatto che il contratto di lavoro sia a tempo indeterminato, né che l’ammontare del compenso sia inferiore a quello astrattamente possibile . Messa in discussione la linea seguita dai giudici di secondo grado, i quali avevano confermato il diritto del ragazzo al mantenimento paterno, osservando che egli si è diligentemente attivato per reperire un’occupazione lavorativa ed è stato assunto a tempo determinato da un Comune, stipulando un contratto di lavoro della durata di un anno, salvo conferma di uguale periodo, e chiarendo che tali circostanze non consentono comunque di ritenere raggiunta l’indipendenza economica, sia per la temporaneità dell’incarico e sia per la percezione di un reddito non adeguato al titolo di studio (laurea in Giurisprudenza) e alle conseguenti aspirazioni professionali. (Ordinanza 22076 del 12 luglio 2022 della Corte di Cassazione)

Pubblicazione legale

Sorpreso a vendere alcuni grammi di cocaina: l’essere noto come spacciatore non basta a rendere grave l’episodio

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Riprende vigore, quindi, la tesi difensiva, mirata addirittura ad ottenere il riconoscimento del fatto di lieve entità Uomo trovato a vendere quasi 17 grammi di cocaina. Per i giudici, però, l’episodio non è grave, nonostante l’uomo sotto accusa sia noto per essere uno spacciatore di droga. In sostanza, l’essere conosciuto come spacciatore non è dato sufficiente per catalogare come gravi la detenzione e la cessione di alcuni grammi di cocaina. Plausibile, secondo i giudici, la tesi proposta dalla difesa, secondo cui si è ritenuta non episodica né occasionale la cessione di cocaina sulla base di due elementi opinabili, ossia il fatto che l’uomo sia noto quale spacciatore e sia privo di mezzi di sostentamento economico, se non quelli derivanti da attività illecite. I giudici tengono a ribadire che al fine di determinare la minore offensività di condotte finalizzate alla detenzione e allo spaccio di sostanze stupefacenti è necessario valutare tutte le circostanze di fatto, nonostante l’esistenza di una piazza di spaccio, o di una pluralità di condotte o della composizione della sostanza stupefacente. Difatti, la diversità di sostanze stupefacenti detenute a fini di cessione non è di per sé ostativa alla configurabilità del fatto di lieve entità, e identico ragionamento va fatto anche di fronte allo svolgimento di una attività di spaccio di stupefacenti non occasionale, ma inserita in un’attività criminale organizzata o professionale. Nel caso preso in esame dai giudici, invece, è stata respinta l’ipotesi del fatto di lieve entità solo perché l’uomo sotto accusa è noto quale spacciatore, senza specificare, poi, l’entità dell’attività di spaccio di cui l’uomo farebbe parte, e quindi quanto la sua condotta di cessione di droga, oggetto del procedimento, potesse concretamente contribuire alla diffusione nel mercato di sostanza stupefacente. (Sentenza 31768 del 29 agosto 2022 della Corte di Cassazione)

Pubblicazione legale

Condannato il proprietario che si introduce con violenza nel suo immobile che perÒ È utilizzato da un ventennio dal vecchio proprietario 11.10.2022

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Il possesso uti dominus del vecchio proprietario dell’immobile è andato avanti per oltre 20 anni Condannato il proprietario dell’immobile che vi si introduce con violenza pur sapendo che esso è utilizzato uti dominus , da oltre 20 anni, dal vecchio proprietario. I giudici ritengono non rilevante il fatto che l’uomo sotto processo abbia prodotto un suo atto di acquisto dell’immobile dalla persona offesa, giacché comunque lo spoglio è avvenuto nei confronti del vecchio proprietario che da oltre 20 anni utilizzava pacificamente uti dominus l’immobile. Lecita, quindi, la condanna per il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose. A questo proposito, i giudici chiariscono che l’arbitrarietà dell’esercizio delle proprie ragioni può escludersi solo se la persona attua un comportamento violento per mantenere il suo possesso attuale o per recuperarlo nell’immediatezza dello spoglio subito perché in entrambi i casi l’ordine giuridico preesistente è conservato e non turbato. Tirando le somme, l’autointegrazione nel possesso di una cosa, della quale il soggetto sia spogliato clandestinamente o con violenza, opera come causa speciale di giustificazione solo quando sia impossibile il ricorso al giudice e l’azione relativa avvenga nell’immediatezza di quella lesiva del diritto, per l’impellente necessità di ripristinare il possesso perduto, mentre invece in questa vicenda il possesso uti dominus del vecchio proprietario dell’immobile è andato avanti per oltre 20 anni. (Sentenza 30328 del 1° agosto 2022 della Corte di Cassazione)

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