Avvocato Victor Gatto a Aversa

Victor Gatto

Esperto in Malasanità e malpractice medica


Informazioni generali

Mi occupo da oltre 15 anni ESCLUSIVAMENTE di responsabilità sanitaria, malasanità, infezioni nosocomiali e malpractice medica. Lo studio che rappresento è fornito di uno staff di medici legali interni così da poter assistere i clienti dall'evento dannoso al risarcimento. Con noi non avrai problemi di consultazione e valutazione della documentazione medica, della redazione della perizia di parte, della partecipazione alla CTU e della corretta scelta difensiva. Per noi parlano i risultati... contattaci per una prima consulenza esplorativa gratuita.

Esperienza


Malasanità e responsabilità medica

Mi occupo da oltre 15 anni ESCLUSIVAMENTE di responsabilità sanitaria, malasanità, infezioni nosocomiali e malpractice medica. Seguo indistintamente tutti i soggetti della responsabilità sanitaria. Dalle strutture sanitarie pubbliche e private (ad esempio: Asl di Caserta, Asl Napoli 2, Cardarelli, ecc..), al peresonale medico e paramedico, per finire ai pazienti che hanno subito un danno da azioni od omissioni di medici, paramedici o strutture sanitarie. Oltre che casi di malfunzionamento di macchinari, presidi sanitari difettosi o protesi infette.


Diritto assicurativo

Fiduciario legale di Unipolsai, Sara e Allianz da oltre venti anni. Seguo la materia assicurativa in ogni settore, da quello della RC auto ai rami elementari, dalle assicurazioni professionali e quelle obbligatorie, ivi compreso le polizze sanitarie e di tutela del rischio.


Risarcimento danni

Lo studio legale si occupa di tutti i tipi di risarcimento del danno: dal banale risarcimento derivante da circolazione stradale, al risarcimento del custode per le cose in custodia, dal risarcimento del professionista a quello per colpa medica e malasanità (vero fiore all'occhiello dello studio legale).


Altre categorie:

Diritto civile, Incidenti stradali, Cassazione.


Referenze

Titolo professionale

Master sulla responsabilità del medico e della struttura sanitaria pubblica e privata

Altalex - 11/2016

Il Master analizzava tutti gli aspetti della responsabilità sanitario con un ampio focus sui lavori parlamentari di approvazione della Legge Gelli - Bianco che vedrà la luce nel mese di marzo 2017.

Pubblicazione legale

Morte a seguito di trombosi: di chi è la responsabilità?

Pubblicato su IUSTLAB

Il caso. I parenti di una vittima citano in giudizio il medico radiologo, i medici del pronto soccorso e la struttura ospedaliera per vedere riconosciuto il diritto al risarcimento dei danni a seguito del decesso del loro congiunto per asserita responsabilità sanitaria. Il paziente, coinvolto in un sinistro stradale, accedeva al pronto soccorso. I medici colpevolmente non diagnosticavano una frattura delle ossa del bacino, e in conseguentemente, non somministravano eparina, farmaco necessario a prevenire la trombosi. Il paziente decedeva a seguito di trombosi polmonare conseguente alla frattura ossea rilevata solo successivamente al decesso. Da qui la pretesa responsabilità del medico radiologo per l'omessa diagnosi e dei medici del pronto soccorso per l'omessa somministrazione farmacologica, unitamente alla responsabilità della struttura sanitaria. In sede penale fu rilevata la non colpevolezza dei sanitari. In sede civile la Corte di Appello faceva proprie le risultanze del processo penale e riteneva non ascrivibile ai medici alcuna responsabilità per colpa e, comunque, non dimostrato il nesso di causa tra le omissioni contestate e l'evento morte. Le questioni giuridiche Quali responsabilità sanitarie per la morte di una persona a seguito di trombosi dovuta ad omessa adozione di presidi farmacologici? In particolare, se a seguito di una frattura alle ossa del bacino in occasione di un sinistro stradale, il paziente decede a causa di una trombosi conseguenza della stasi imposta al paziente, chi risponde? Il medico radiologo che non ha rilevato la fattura e/o i medici del pronto soccorso che avrebbero dovuto prevedere la prolungata immobilità del paziente e il rischio di trombo-embolia polmonare? La decisione della Corte. La Cassazione fa chiarezza sulle questioni poste, distinguendo le diverse posizioni del radiologo e dei medici di pronto soccorso in ordine alle omissioni ascritte di diagnosi della frattura e di terapia farmacologica. Sulla responsabilità del medico radiologo per omessa diagnosi della frattura ossea. Innanzitutto, è da vagliare la posizione del medico radiologo che non ha riscontrato la frattura a seguito del sinistro stradale. La sua responsabilità appare certa ed inconfutabile per errata o omessa diagnosi. Nel caso concreto, tuttavia, non si configura: infatti, è stato accertato che gli esami radiografici eseguiti non evidenziavano alcuna frattura delle ossa del bacino tali da suggerire indagini più approfondite. Quindi, non era possibile configurare alcuna colpa del professionista. In particolare, pur essendo stata disposta una radiologia a campo allargato sino al bacino, la frattura della branca ileo-pubica non era visibile, poiché non vi era allontanamento dei margini ossei. Dunque, la diagnosi iniziale del medico radiologo (negativa per la frattura) doveva ritenersi corretta e rientrante nella media della preparazione professionale dello specialista, sia per il momento temporale in cui fu formulata, sia per la documentazione allora disponibile. Consegue l'assenza di colpa e, quindi, di responsabilità del medico radiologo. Sulla responsabilità dei medici del pronto soccorso. Teoricamente, se non vi fu colpa del medico radiologo nell'omessa diagnosi della frattura, ci si aspetterebbe il riconoscimento dell'assenza di colpa anche per gli altri medici (diversi dal radiologo) del pronto soccorso. Infatti, se il decesso è avvenuto a seguito di trombosi per la stasi cui fu costretto il paziente per la frattura (non diagnosticabile in quel momento), dovrebbe venir meno anche la responsabilità degli altri medici. Non è così! I medici del pronto soccorso, sulla base della condizione clinica, avrebbero dovuto comprendere la prospettiva verosimile di una persistente condizione di stasi del paziente per un tempo ragionevolmente prolungato in considerazione della rilevantissima sintomatologia dolorosa riportata dal paziente stesso? La risposta a questa domanda, proprio per quanto riportato nelle risultanze delle CTU dei precedenti gradi di giudizio deve essere necessariamente affermativa. Nella relazione tecnica in sede penale si precisava che un'eventuale terapia eparinica avrebbe probabilmente evitato la formazione del trombo e, quindi, la morte del paziente. Ugualmente il consulente del giudice civile aveva ritenuto la terapia eparinica fosse idonea a proteggere il paziente nel 68/70% dei casi e che solo in via residuale la terapia non avrebbe evitato l'esito nefasto Secondo la Cassazione ( sez. III civile, sent., 14 marzo 2022, n. 8114) la prevedibile formazione di una trombo-embolia polmonare dovuta alla prolungata immobilità del paziente a causa del trauma subito avrebbe dovuto necessariamente indurre i medici ad assumere le idonee terapie farmacologiche (tra cui la somministrazione di eparina) indipendentemente dalla frattura ossea non diagnosticata o diagnosticabile: l'immobilizzazione del paziente costituisce un fattore di rischio di trombosi. La trombosi è stata accertata dai giudici di merito come causa del decesso. Non correttamente, invece, il giudice del merito aveva svolto un ulteriore passaggio, cassato dalla Suprema Corte, ritenendo non vi fosse la prova certa che la terapia avrebbe evitato la trombosi e la morte. Nei giudizi di risarcimento del danno da responsabilità medica, è onere del paziente dimostrare l'esistenza del nesso causale, provando che la condotta del sanitario è stata, secondo il criterio del "più probabile che non", causa del danno. Dunque, la sentenza impugnata aveva errato nel richiedere la prova certa in luogo della maggior probabilità del successo della terapia.

Pubblicazione legale

L’Asl è responsabile per l’errore del medico di famiglia

Pubblicato su IUSTLAB

I pazienti danneggiati dalla condotta del proprio medico di base possono agire per ottenere il risarcimento non solo verso lo stesso sanitario, ma anche nei confronti dell’ASL di appartenenza. L’articolo 7 della legge Gelli (24/2017), comma 1, sancisce a chiare lettere che “La struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata che, nell’adempimento della propria obbligazione, si avvalga dell’opera di esercenti la professione sanitaria, anche se scelti dal paziente e ancorché non dipendenti della struttura stessa, risponde, ai sensi degli articoli 1218 e 1228 del Codice civile, delle loro condotte dolose o colpose”. Interessante anche il comma 2, ove si legge che “La disposizione di cui al comma 1 si applica anche alle prestazioni sanitarie svolte in regime di libera professione intramuraria ovvero nell’ambito di attività di sperimentazione e di ricerca clinica ovvero in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale nonché attraverso la telemedicina”. In buona sostanza, in rispetto del principio della responsabilità di posizione, la struttura sanitaria è chiamata a rispondere contrattualmente di tutto ciò che avviene all’interno del proprio ambito di competenza e, quindi, anche dell’operato dei soggetti dei quali si avvale, poco importa che siano stati scelti dal paziente. La legge Gelli, in realtà, non ha fatto altro che recepire una conclusione alla quale era già giunta la Corte di cassazione nella sentenza numero 6243/2015, ponendosi in controtendenza rispetto all’orientamento all’epoca maggioritario. Nel caso di specie, proprio sposando tale orientamento, il giudice di merito aveva escluso la responsabilità della Asl per l’operato del medico di base ritenendo che gli obblighi del Servizio Sanitario Nazionale non si estendessero sino a ricomprendere la prestazione professionale di tale sanitario ma solo l’organizzazione della medicina generale e che non si potesse applicare il cd. contatto sociale. Per la Cassazione però non può non considerarsi che, a un’attenta lettura, la legge numero 833/1978 istitutiva del SSN, nel rispetto dell’articolo 32 della Costituzione, mira a garantire i livelli minimi e uniformi delle prestazioni sanitarie da assicurare ai cittadini anche inserendo l’assistenza medico-generica tra le prestazioni curative affidate alle Asl. In forza delle disposizioni di tale legge, le Asl erogano l’assistenza medico-generica sia in forma domiciliare che in forma ambulatoriale assicurando i livelli di prestazioni fissati dal piano sanitario nazionale. Il paziente, nello scegliere il proprio medico di famiglia, agisce dunque nei confronti della Asl e opera un’azione destinata a produrre i suoi effetti nei confronti del SSN e non nei confronti del medico prescelto. Sulla base di tali osservazioni, ampiamente argomentate, la Cassazione era quindi giunta già nel 2015 alla conclusione poi resta incontrovertibile dalla legge Gelli: degli errori del medico di famiglia risponde anche la struttura sanitaria. Per i medici di base, per le medesime considerazioni, sono nella stessa condizione degli altri medici di struttura pubblica: pertanto, si può per una responsabilità extracontratuale del medico di base non agendo nell’adempimento di un’obbligazione contrattuale assunta direttamente con il paziente. Ciò con tutti vantaggi in ambito di prescrizione dell’azione risarcitoria (5 anni) e di onere della prova che incombe sul paziente.

Leggi altre referenze (4)

Lo studio

Victor Gatto
Via Giotto 70
Aversa (CE)

Sede secondaria:
via Orazio - Palinuro
Centola (SA)

Contatti:

Telefono WhatsApp Email

Per informazioni e richieste

Contatta l'Avv. Gatto:

Contatta l'Avv. Gatto per sottoporre il tuo caso:

Nome e cognome:
Città:
Email:
Telefono:
Descrivi la tua richiesta:
Telefono WhatsApp Email

Accetto l’informativa sulla privacy ed il trattamento dati

Telefono Email Chat
IUSTLAB

Il portale giuridico al servizio del cittadino ed in linea con il codice deontologico forense.
© Copyright IUSTLAB - Tutti i diritti riservati
Privacy e cookie policy