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Avvocato Alberto Giupponi a San Pellegrino Terme

Alberto Giupponi

Avvocato Civilista - Avvocato Penalista - Matrimonialista e divorzista

Informazioni generali

Laureto con votazione 110 e lode presso l'Università degli Studi di Bergamo in data 26.10.2006 ed iscritto presso l'Ordine degli Avvocati di Bergamo dal 17.12.2010. Patrocinante in Cassazione e presso le altre giurisdizioni superiori. Lo studio ha tre sedi in: - San Pellegrino Terme (Bg), via Lungo Brembo n. 2 (sede principale); - Bergamo, via Masone n. 28; - Borgo di Terzo (Bg), via Nazionale n. 22. Le materia principalmente trattate sono il diritto civile (compresi sfratti, eredità, dichiarazioni di successione), il diritto penale ed il diritto di famiglia.

Esperienza


Diritto condominiale

L'avvocato Alberto Giupponi negli anni 2014, 2015 e 2016 ha svolto attività di docente presso A.I.A.C. (Associazione Italiana Amministratori di Condominio).


Diritto civile

Il diritto civile è una categoria estremamente ampia, la cui trattazione ricomprende materie come le eredità e le successioni, le separazioni ed i divorzi, le locazioni e gli sfratti, il recupero credito ed i pignoramenti, il diritto immobiliare, il diritto condominiale, etc. Lo Studio, nell'arco della sua ventennale esperienza, ha avuto modo di affrontare e risolvere un elevato numero di pratiche e controversie.


Eredità e successioni

Si tratta della materia maggiormente trattata dallo Studio. Generalmente il problema principale di queste cause riguarda l'impugnazione del testamento per la violazione della quota di legittima, ossia il mancato rispetto delle quote di spettanza di ciascun erede. Dette quote variano da caso a caso, a seconda della presenza del coniuge o dal numero di figli.


Altre categorie

Matrimonio, Locazioni, Sfratto, Diritto di famiglia, Separazione, Divorzio, Recupero crediti, Pignoramento, Diritto tributario, Diritto penale, Diritto immobiliare, Mediazione, Negoziazione assistita, Cassazione, Domiciliazioni.



Credenziali

Pubblicazione legale

Infiltrazioni nel condominio: le Sezioni Unite vengono chiamate a ripartire le spese del lastrico solare

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Come si ripartiscono le spese relative alle infiltrazioni provenienti dal lastrico solare? La soluzione non è scontata come si potrebbe pensare. Se ne è resa conto la Suprema Corte che, con sentenza n. 13526/2014, ha chiesto l'intervento delle Sezioni Unite. Un condomino lamenta di aver subito dei danni da infiltrazioni provenienti dal sovrastante terrazzo condominiale e chiede il risarcimento dei danni al condominio. Quest'ultimo, a sua volta, chiama in causa il condomino proprietario esclusivo del terrazzo. Come ci si poteva aspettare, i danni vengono ripartiti per 1/3 a carico della proprietà esclusiva e, per i rimanenti 2/3, a carico del condominio, nel rispetto del contenuto dell'art. 1126 c.c. Il problema della ripartizione delle spese relative al terrazzo condominiale non è mai stato di facile soluzione. Le Sezioni Unite erano intervenute per fare chiarezza con la sentenza n. 3672/1997, escludendo l'applicabilità della responsabilit extracontrattuale ex art. 2051 (risarcimento dei danni cagionati da cose in custodia) a vantaggio dell'art. 1126 c.c., con l'espressa distinzione di due ipotesi. Il lastrico appartiene a tutti i condomini. Nel caso in cui il lastrico solare svolga soltanto la funzione di copertura dell'edificio e appartenga a tutti i condomini, alle obbligazioni concernenti il contributo nelle spese per la conservazione, le riparazioni e le ricostruzioni sono tenuti tutti i partecipanti al condominio, sulla base delle rispettive quote di comproprietà riportate nelle tabelle millesimali (art. 1223, comma I, c.c.). In tale ipotesi, il risarcimento dei danni cagionati all'appartamento sottostante dalle infiltrazioni d'acqua derivanti dal lastrico per difetto di manutenzione sono a carico di tutti i condomini, in proporzione alle quote riportate dalle tabelle millesimali di proprietà. Il lastrico è di proprietà o uso esclusivo. Quando il lastrico solare, oltre che fungere da copertura dell'edificio, è destinato ad offrire ulteriori utilità a vantaggio del titolare della proprietà superficiaria o dell'uso esclusivo, in quanto il lastrico oltre alla funzione di copertura, offre ad un singolo condomino ulteriori concretamente utilità, le spese (ed i danni risarcitori) andranno ripartiti in misura diversa, ponendo i 2/3 a carico di tutti i condomini (in ragione della funzione di copertura) e 1/3 a carico del titolare della proprietà superficiaria o dell'uso esclusivo (in ragione delle altre utilità). In sostanza, secondo le Sezioni Unite (n. 3672/1997) obbligati alle ripartizioni ed ai risarcimenti sono i condomini che usufruiscono della copertura in concorso con il proprietario esclusivo. Abbiamo detto in precedenza che le Sezioni Unite sono intervenute per sopire il conflitto giurisprudenziale in atto, ma la soluzione prospettata dagli Ermellini, in questo caso, evidentemente non ha convito e non è riuscita a sopire gli animi. Secondo parte della dottrina, la questione doveva essere impostata in termini diversi, specie nell'ipotesi in cui i danni derivavano da un difetto di manutenzione: a prescindere dalla proprietà del terrazzo, se l'onere di manutenzione gravava sull'intero condominio, era questo a dover provvedere alla manutenzione e, in mancanza, al risarcimento dei relativi danni. Il proprietario esclusivo risponde solo dell'usura. La dottrina contestava la soluzione prospettata dalle Sezioni Unite sottolineando che il proprietario esclusivo poteva essere chiamato a concorrere alle spese nella misura di 1/3 (ovvero in altra misura da quantificare) solo nel caso in cui i danni fossero derivati dall'usura causata dal godimento esclusivo del bene ma non nel caso in cui essi derivavano dall'omessa manutenzione da parte del condominio. L'inerzia di quest’ultimo, in definitiva, non poteva pesare sulle tasche del singolo proprietario. In altre parole, se, per esempio, il proprietario esclusivo, con l'uso, deteriorava la pavimentazione del terrazzo, doveva concorrere in maniera maggiore alle spese di rifacimento, viceversa, nel caso in cui le infiltrazioni fossero state determinate dal naturale deterioramento della guaina, le spese sarebbero state ripartite tra tutti i condomini. Anche la giurisprudenza non era convinta. Parte della giurisprudenza aveva ovviamente seguito la dottrina con il risultato che alcune pronunce continuano a considerare il condominio come un custode della cosa e pertanto responsabile, ex art. 2051 c.c., dei danni che siano derivati al singolo condomino o a terzi per difetto di manutenzione del lastrico solare (cfr. Cass. Civile, sent. n. 7727/2000 e n. 642/2003). Richiesto nuovamente l'intervento delle Sezioni Unite. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 13526 dell'11 marzo 2014, preso atto del contrasto in atto, ha rimesso la questione al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite. Avv. Alberto Giupponi

Pubblicazione legale

Gli effetti della revoca assembleare e giudiziale sul diritto al compenso dell’amministratore.

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Gli effetti della revoca assembleare e giudiziale sul diritto al compenso dell’amministratore. Come disciplinato dal riformato art. 1129, comma XI, c.c. l’assemblea condominiale, in qualsiasi momento, può revocare l’incarico all’amministratore: la delibera non necessita di una motivazione che giustifichi la volontà assembleare, ma deve essere semplicemente adottata nel rispetto della maggioranza di cui all’art. 1136, comma II, c.c. in quanto rappresentativa della volontà dell’intero condominio. L’amministratore deve adeguarsi alla decisione presa dalla maggioranza dell’assemblea non potendo avanzare rivendicazioni in merito alla stabilità del proprio incarico, indipendentemente da quelle che siano le ragioni della revoca assembleare. Qualora all'atto dell'accettazione della nomina o del suo rinnovo sia stato previsto analiticamente un importo dovuto all'amministratore a titolo di compenso per l'attività svolta, la revoca deliberata dall’assemblea, prima della scadenza annuale dell'incarico ed in assenza di giusta causa, legittima l'amministratore a pretendere il proprio compenso professionale. In assenza di pagamento l’amministratore avrà diritto, in sede di cognizione ordinaria, alla tutela risarcitoria. E’ tuttavia discusso se l’amministratore anticipatamente revocato in assenza di giusta causa abbia diritto all’integrale compenso pattuito per la durata annuale dell'incarico oppure solamente alla minor somma da liquidare in proporzione al tempo di effettiva esecuzione del mandato. Sulla questione, con sentenza del 22.09.2005, è intervenuto il Giudice di Pace di Avellino il quale, conformandosi alla seconda soluzione, ha statuito che “ l'amministratore anticipatamente revocato dall'assemblea non ha diritto al pagamento dell'intero compenso stabilito per la normale durata dell'incarico, ma alla minor somma liquidata in proporzione al tempo di effettiva esecuzione del mandato ”. Un provvedimento di identico contenuto è stato adottato dal Tribunale di Monza con sent. n. 27 giugno 1985 il quale si è pronunciato in merito alla revoca dell'amministratore disposta dall'assemblea, ma il principio è da ritenersi valido anche per il caso di revoca giudiziale. Appare evidente che due sole sentenze, peraltro pronunciate da giudici di primo grado, non appaiono sufficienti per sostenere l’esistenza di un orientamento giurisprudenziale consolidato. Dette pronunce, evidentemente in contrasto con gli interessi dell’amministratore di condominio, appaiono eccessivamente gravose e non è da escludersi la nascita di un diverso orientamento con l’entrata in vigore della l. n. 220/2012. Invero il conferimento dell’incarico ha durata annuale ed ha vincolo contrattuale. Pur essendo vero che l’assemblea in qualsiasi momento può sollevare l’amministratore dall’incarico conferitogli non bisogna dimenticare l’attuale applicabilità dell’art. 1725 c.c. ai rapporti fra il condomino ed il suo rappresentante. In forza di detta, a cui ora, a differenza della disciplina ante riforma, rimanda espressamente l’art. 1129, comma XV, c.c. “ la revoca del mandato oneroso, conferito per un tempo determinato o per un determinato affare, obbliga il mandante a risarcire i danni, se è fatta prima della scadenza del termine o del compimento dell'affare, salvo che ricorra una giusta causa ”, Una trattazione diversa merita invece la richiesta di revoca giudiziale. In detta ipotesi l’amministratore gode ancora della fiducia della maggioranza del condominio in quanto solo uno o più condomini, insoddisfatti dell’operato dell’amministratore ed evidentemente in difficoltà nell’ottenere una revoca assembleare, decidono di rivolgersi al Tribunale competente affinché venga instaurato ed istruito un giudizio nelle modalità già ampiamente spiegate nel precedente capitolo. Il procedimento giudiziale così introdotto rappresenta un momento di tutela per l’amministratore che abbia correttamente agito poiché, a differenza di quanto avviene all’interno dell’assemblea, il suo operato non viene arbitrariamente giudicato, ma sottoposto alla valutazione di fatto e di diritto da parte di un giudice, un soggetto terzo ed imparziale chiamato a verificare se l’amministratore si sia reso responsabile di uno o più episodi di mala gestio. L’esito favorevole del giudizio comporterà il diritto dell’amministratore a proseguire l’espletamento del proprio mandato, sino a che conservi il consenso della maggioranza condominiale nel rispetto del contenuto dell’art. 1136, comma II, c.c. Al contrario una pronuncia sfavorevole comporterà la risoluzione del contratto di mandato, con il conseguente diritto dei soggetti lesi ad avviare un autonomo giudizio di cognizione affinché vengano accertati e quantificati i danni arrecati dall’irregolare svolgimento dell’incarico. Anche in questo caso il diritto al compenso viene disciplinato dall’art. 1725 c.c. il quale autorizza il condominio a non corrispondere il compenso in caso di revoca per giusta causa, la quale dovrà essere giudizialmente accertata. E bene ricordare che le pretese risarcitorie nei confronti dell’amministratore non potranno essere avanzate nel giudizio di revoca giudiziale, introdotto con l’art. 64 disp. att. c.c., in quanto detto strumento apre un procedimento in camera di consiglio soggetto alle disposizioni generali previste dagli art. 737 e ss. c.p.c., al quale va riconosciuto carattere di volontaria giurisdizione. Avv. Alberto Giupponi

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Principio di solidarietà e parziarietà: la natura del credito vantato nei confronti del condominio e le modalità di riscossione. Note alla sentenza n. 9148/2008 delle Sezioni Unite prima e dopo la recente Riforma del Condominio.

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Principio di solidarietà e parziarietà: la natura del credito vantato nei confronti del condominio e le modalità di riscossione. Note alla sentenza n. 9148/2008 delle Sezioni Unite prima e dopo la recente Riforma del Condominio. Sommario: 1. Il contrasto interpretativo precedente all’intervento delle Sezioni Unite. − 2. Cos’è cambiato con la riforma del condominio. 1. Il contrasto interpretativo precedente all’intervento delle Sezioni Unite. In merito alla natura solidale o parziaria delle obbligazioni condominiali, sino alla fine degli anni ’90, l’indirizzo di legittimità è sempre stato univoco nel dichiarare la responsabilità solidale dei singoli condomini per le obbligazioni assunte dal condominio verso i terzi. Invero qualora l'amministratore avesse assunto delle obbligazioni in nome e per conto del condominio nei limiti delle sue attribuzioni o eseguendo deliberazioni assembleari, tali obbligazioni sarebbero state direttamente imputabili ai condomini, con la conseguenza che il terzo contraente avrebbe potuto agire per ottenere il pagamento sia nei confronti del condominio sia, in via solidale, nei confronti dei singoli condomini. Pertanto la sentenza eventualmente ottenuta nei confronti dell'amministratore poteva essere fatta valere nei confronti dei singoli condomini, pur se non indicati nominativamente nella sentenza, salvo il diritto del o dei condomini che avevano interamente provveduto al pagamento di agire in via di regresso nei confronti dei condebitori. Irrilevanti, ai fini dell'obbligo del condomino esecutato, erano da considerarsi i rapporti interni dello stesso con il condominio o l'eventuale esistenza di un fondo comune che non fosse il patrimonio dell'ente. Senonchè, con tre successive sentenze emesse fra il 1996 ed il 1999, la Suprema Corte si è diversamente espressa, facendo sorgere, seppur con un indirizzo minoritario, un’incertezza fra gli operatori del diritto, in quanto, in evidente contrasto con l’orientamento sino a quel momento espresso, negava la natura solidale della responsabilità dei condomini nei confronti delle obbligazioni assunte dal condominio, a favore di una responsabilità semplicemente parziaria. Il contrasto giurisprudenziale così sorto ha indotto le Sezioni Unite, con sentenza n. 9148/2008, ad intervenire affinchè venisse adottato un orientamento unitario che consentisse di dirimere le perplessità ed i dubbi sorti. Un intervento che, non senza sorpresa per gli operatori del diritto, ha cristallizzato il minoritario orientamento secondo cui la ripartizione tra i condomini di tali obbligazioni deve avvenire in proporzione delle rispettive quote. 2. Cos’è cambiato con la riforma del condominio La riforma del condominio, introdotta dalla legge 11 dicembre 2012, n. 220, ed entrata in vigore il 18 giugno 2013, ha però introdotto una norma legislativa che supera le argomentazioni delle Sezioni Unite, identificabile nell’art 63 disp. att. c.c., e che apre un nuovo panorama giuridico che non esclude il sorgere di nuovi orientamenti giurisprudenziali. In primis il I comma di detto articolo ha introdotto un obbligo di collaborazione fra l’amministratore ed il terzo in merito alla comunicazione dei dati dei condomini morosi, affinchè possa essere iniziata nei loro confronti l’idonea procedura esecutiva mirata al recupero del dovuto. La mancata collaborazione dell’amministratore comporterà il diritto del creditore di agire giudizialmente per ottenere questi dati, con evidenti responsabilità dell’amministratore che sarà chiamato a rispondere delle spese di giudizio. In secundis il II comma ammette che i creditori possano agire nei confronti dei condomini in regola con i pagamenti, ma solo dopo la preventiva infruttuosa escussione dei morosi. Questo passo della Riforma è stato salutato nei primi improvvisati commenti come la reintroduzione di un vincolo di solidarietà dei condomini nei confronti dei terzi creditori. Ma affermare ciò è inesatto. Asserire che l'obbligo di pagamento delle quote dovute dai morosi, posto in capo ai condomini in regola nella contribuzione alle spese, sia subordinato alla preventiva escussione di questi ultimi non equivale affatto ad affermare che gli uni e gli altri siano condebitori solidali verso il terzo per la totalità della medesima prestazione, come invece previsto dall'art. 1292 c.c. Si tratta di due istituti normativi differenti. Soprattutto, quando vien detto che i creditori possano agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, dopo soltanto l'escussione degli altri condomini, non si deve intendere che l'obbligazione di gestione condominiale sia vista nuovamente come vicenda costitutiva dell'insorgenza del debito di una stessa prestazione per l'intero a carico dei partecipanti al condominio, restando salvi i criteri di ripartizione ex art. 1123 c.c. nei soli rapporti interni fra condomini: tant'è che l'obbligo sussidiario di garanzia del condomino solvente risulta dalla legge limitato in proporzione alla rispettiva quota del moroso. Peraltro, nel quadro allestito dalla l. n. 220 del 2012, dovrebbe essere astrattamente impedito che abbiano a verificarsi situazioni di morosità di condomini verso terzi creditori in ipotesi di esecuzione di opere di manutenzione straordinaria e di innovazioni, visto che queste, ai sensi dell'art. 1135, n. 4), c.c., sono ora condizionate al previo obbligatorio accantonamento di un fondo speciale di importo pari all'ammontare dei lavori. Questo fondo dovrebbe, pertanto, comprendere tutte le somme necessarie al pagamento integrale dei creditori del condominio, man mano che i rispettivi debiti giungono a scadenza. Inoltre l'art. 63 comma II disp. att., c.c., configura, in capo ai condomini che abbiano regolarmente pagato la loro quota di contribuzione alle spese condominiali, un'obbligazione verso il terzo che sia rimasto creditore, sussidiaria ed eventuale, favorita dal beneficium excussionis , avente ad oggetto non l'intera prestazione dovuta al creditore, quanto unicamente le somme dovute dai morosi. Condomini morosi e condomini solventi, pur essendo condebitori responsabili verso il terzo creditore per il saldo dovuto, si trovano in posizione non paritetica, sussistendo una graduazione in ordine al relativo pagamento. Così impostato il problema, il riconoscimento normativo di una relazione di sussidiarietà tra il debito del condomino moroso e quello del condomino solvente non deporrebbe affatto per la sussistenza di un nesso di solidarietà tra gli stessi. L'art. 63 comma II disp. att. c.c. si spiegherebbe come fonte di un'obbligazione legale di garanzia di ogni condomino per le quote non sue. La preventiva escussione richiede, comunque, l'esaurimento effettivo della procedura esecutiva individuale in danno del condomino moroso, prima di potere pretendere l'eventuale residuo insoddisfatto al condomino in regola. L'onere di escussione comporta non soltanto il dovere del terzo di iniziare le azioni contro il moroso, ma anche di continuarle con diligenza e buona fede. Invero appare azzardato parlare di solidarietà in senso proprio in quanto la lettera dell'art. 63 comma 2 disp. att. c.c. , che precisa che “ i creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola ”, riconosce al condomino solvente, convenuto in giudizio dal terzo per il pagamento del restante credito condominiale, di paralizzare l'azione del creditore eccependo il mancato esperimento del beneficio della preventiva escussione del patrimonio del condomino moroso. Appare comunque facile presagire quale esito possa avere l'aspettativa del condomino adempiente di vedersi rimborsata proprio dal moroso la quota da questi dovuta, stante la necessaria premessa della già acclarata sua preventiva infruttuosa esecuzione affrontata dal terzo creditore. In ogni caso al condomino in regola con i pagamenti, escusso dal terzo creditore per la parte dovuta dai morosi, allo scopo di ottenere dagli altri condomini il rimborso di quanto da lui corrisposto, dovrà consentirsi di avvalersi, oltre che dell'azione di regresso verso il debitore principale inadempiente, altresì della surrogazione legale (in forza dell'art. 1203, n. 3, c.c. secondo cui la surrogazione ha luogo a vantaggio di colui che, essendo tenuto con altri o per altri al pagamento del debito, aveva interesse a soddisfarlo), senza, peraltro, mai esperire contemporaneamente i due rimedi, azionabili in via alternativa fra loro. In conclusione l'obbligazione di gestione condominiale non determina a carico dei partecipanti al condominio l'insorgenza di un debito solidale verso il terzo creditore per l'intera prestazione: l'obbligo sussidiario di garanzia del condomino solvente viene, infatti, dalla legge contenuto in proporzione alla rispettiva quota del moroso, secondo un criterio di “doppia parziarietà”. Ciascun condomino è realmente obbligato (in via primaria verso l'amministratore, e in via surrogatoria verso il creditore) soltanto per la quota di debito proporzionata al valore della sua porzione, ed è invece garante per le quote dei condomini inadempienti, restando i rispettivi rapporti obbligatori distinti perché generati da cause normativamente distinte. Nel senso che il condomino solvente garantisce l'adempimento del contributo imposto al moroso, ovvero un debito altrui, e per tale ragione, una volta effettuato il pagamento, ha azione di regresso nei confronti del debitore principale e si surroga nei diritti del creditore. Alla stregua dell'operante principio di irretroattività, la nuova disciplina troverà applicazione per tutti gli effetti non ancora esauriti di un rapporto giuridico sorto anteriormente, mentre sarà inapplicabile per le obbligazioni di spesa prima della data di entrata in vigore della riforma. Avv. Alberto Giupponi

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