Esperienza trentennale maturata nel settore, dove la delicatezza degli interessi in gioco impone di cercare, sin da subito, soluzioni condivise e consensuali per risolvere le crisi della famiglia. È Mediatore civile accreditato presso il Ministero della Giustizia e si avvale anche dell' Istituto della Negoziazione Assistita con l' obiettivo di aiutare le parti a trovare accordi soddisfacenti, nel rispetto dei diritti delle persone e dei minori in particolar modo.

Alida Manfredi
Avvocato familiarista e divorzista, Eredità , Testamenti ,Amministrazioni di Sostegno.
Informazioni generali
In oltre 30 anni d' attività, l' Avvocata Alida Manfredi ha maturato esperienza nel DIRITTO DI FAMIGLIA: separazioni, divorzi, convivenze ed unioni civili, affido condiviso ed esclusivo di minori, tutele, amministrazioni di sostegno. Consulenza per la redazione di testamenti ed in materia di eredità e donazioni . Referente AIAF (Associazione Italiana Avvocati per la Famiglia ed i Minori) presso il Tribunale di Cuneo. Opera presso i Tribunali di Cuneo, Asti Torino e Savona. È Mediatore accreditato presso il Ministero della Giustizia . CONSULENZA ANCHE ON LINE
Esperienza
Consulenza per la redazione di testamenti, per evitarne nullità e impugnativa. Le questioni ereditarie e successorie coinvolgono le relazioni familiari più strette. Trovare un buon accordo, che contemperi le aspettative ed i diritti delle parti, non è solo la soluzione più veloce ed economica, ma anche quella preferibile sul piano delle relazioni. Nello svolgimento del suo ruolo professionale l'avvocato Alida Manfredi aiuta le parti a sperimentare la via conciliativa, e solo in caso di fallimento di questa, le assiste in giudizio.
Esperienza trentennale , competenza, aggiornamento, continuo grazie all' affiazione con AIAF, Associazione Italiana Avvocati per la Famiglia ed i Minori, della quale e' referente presso il Tribunale di Cuneo. Questi gli aspetti salienti che contraddistinguono l' attività professionale dell' avv.Alida Manfredi. Sempre informata sulle novità legislative e giurisprudenziali, offre alla clientela un servizio serio, celere e competente.
Altre categorie
Separazione, Divorzio, Matrimonio, Affidamento, Diritto civile, Tutela dei minori, Incapacità giuridica, Incidenti stradali, Mediazione, Tutela degli anziani, Recupero crediti, Contratti, Locazioni, Negoziazione assistita, Diritto del lavoro, Diritto dello sport, Arbitrato, Diritto immobiliare, Risarcimento danni, Diritto assicurativo, Stalking e molestie.
Credenziali
Impugnazione testamento e divisione ereditaria
Quota di legittimaIl testamento dichiarato nullo per falsità della firma apre la porta alla successione legittima
Lesione di legittima nel testamento
Pubblicato su IUSTLABSe il testatore ha disposto dei propri beni omettendo un erede legittimario ( coniuge, figli) od attribuendogli una quota inferiore a quella che gli spetterebbe per legge, il soggetto leso può esperire l azione giudiziaria di lesione di legittima, per ottenere la reintegrazione del valore della quota spettentegli . Tale azione deve essere preceduta da un tentativo di mediazione presso gli organismi abilitati, con l assistenza necessaria di un avvocato.
Polizza vita; lesione quota di legittima
Pubblicato su IUSTLABLa somma che riceve il beneficiario di una polizza vita, a seguito del decesso dell' assicurato, non rientra nell' asse ereditario, ma il premio che il de cuius aveva originariamente versato alla Compagnia è considerato come " donazione indiretta". Da ciò discende la conseguenza che tale premio deve essere conteggiato nella massa ereditaria, per verificare se detta donazione abbia o meno leso la quota riservata agli eredi legittimari: genitori ed ascendenti, figli legittimi , adottivi e naturali, coniuge. In caso affermativo questi ultimi possono esperire un' azione legale detta "di riduzione"
Referente presso il Tribunale di Cuneo - AIAF Associazione Italiana Avvocati Famiglia
Dal 1/2019 al 1/2023AIAF riunisce Avvocati esperti in materia di diritto di Famiglia e dei Minori. Si occupa del costante aggiornamento dei colleghi e della loro specializzazione. Monitora le evoluzioni giurisprudenziali in materia
Consiglio direttivo regionale AIAF Avvocati per la Famiglia ed i Minori
Tribunali di Torino e Cuneo - 1/2019Associazione che raggruppa avvocati specializzati in diritto di famiglia
Referente presso il Tribunale di Cuneo di AIAF
AIAF Regione Piemonte - 1/2019Associazione Italiana Avvocati per la Famiglia ed i Minori. Vi fanno parte professionisti che hanno maturato specifica competenza ed esperienza nel Diritto di Famiglia, unite alla particolare sensibilità che la delicatezza della materia impone
Riforma del rito per separazione e divorzio
Gennaio 2023Prospettive ed applicazioni pratiche della riforma della procedura giudiziaria in materia di diritto di famiglia
Nonni: devono mantenere i nipoti se i genitori non hanno le possibilità.
Pubblicato su IUSTLABIl 17 Ottobre 2022 la Cassazione ha voluto ribadire il principio secondo il quale i nonni sono obbligati ad intervenire economicamente se entrambi i genitori dei minori non sono in grado di mantenere, in maniera adeguata, i loro figli . “ Quando i genitori non hanno i mezzi sufficienti, gli altri ascendenti sono tenuti a fornire ai genitori stessi i mezzi necessari affinchè possano adempiere ai loro doveri nei confronti dei figli”. Questo, il principio che si legge nel testo della recente pronuncia della Suprema Corte . Invero, nulla di nuovo o rivoluzionario, perchè la giurisprudenza in merito era già da tempo consolidata sul punto Quando scatta l’obbligo per i nonni. L' intervento dei nonni però è solo sussidiario: scatta nel momento in cui entrambi i genitori non hanno i mezzi sufficienti a mantenere i loro figli e neppure la possibilità di trovare un lavoro, o fintanto che non lo reperiscano. L’obbligo non consiste nel dare il denaro direttamente ai nipoti ma nell’aiutare i loro genitori ad adempiere alla loro funzione, ovvero ad assolvere gli obblighi economici nei confronti dei figli. L’obbligo riguarda tutti i nonni, non solo quelli del genitore inadempiente o da cui dipende lo stato di insufficienza economica. Nel caso del genitore separato che non versa l' assegno di contrubuto al mantenimento dei figli, i nonni devono sopperire solo dove si sia prima tentato in ogni modo ( anche attraverso pignoramenti di beni ) di recuperare le somme dovute dal genitore inadempiente. Quindi i nonni potranno essere chiamati non solo più a portare i nipoti ai giardinetti, preparare pranzi o cene, andarli a prendere/ portare a scuola o alle varie attività....: ma il loro supporto potrà spingersi oltre, diventando onere economico.
Assegno di divorzio: si tiene conto anche della convivenza prematrimoniale?
Pubblicato su IUSTLABASSEGNO DI DIVORZIO: SI TIENE CONTO ANCHE DELLA CONVIVENZA PREMATRIMONIALE? Accade sovente che una coppia convoli a nozze solo, dopo un periodo d' iniziale convivenza. Se poi il matrimonio fallisce, ci si può trovare a discutere sull' assegno divorzile che un coniuge deve all' altro. Come si determina la quantificazione di questo assegno? L' orientamento sinora seguito attribuisce rilevanza gli anni nei quali la coppia è stata unita in matrimonio, senza tener conto del periodo antecedente, nel quale ha vissuto more uxorio. L' irrilevanza del periodo di convivenza prematrimoniale discende da un' interpretazione letterale della legge 898/70 sull' assegno di divorzio, che fa riferimento solo alla durata del matrimonio come paramentro per la quantificazione dell' assegno medesimo. CONVIVENZA , FENOMENTO SEMPRE PIU' DIFFUSO Non sempre il diritto e le interpretazioni che ne vengono date sono al passo coi tempi: la convivenza prima del matrimonio è oggi un fenomeno diffusissimo: accade spesso che la coppia decida di sposare solo dopo un periodo di sperimentazione della vita in comune, che può durare anche alcuni anni, "regolarizzando" l' unione magari in occasione dell' arrivo dei figli. Non tenere conto di questo periodo - antecedente le nozze, poi fallite - nella determinazione dell' assegno divorzile pare, dunque, tanto anacronistico quanto ingiusto. Saranno le sezioni Unite della Corte di Cassazione a doversi pronunciare in merito, a seguito di una recente ordinanza della prima sezione civile, che ha ritenuto la questione così importante da rimandare la decisione al plenum del supremo consesso. A breve, quindi, ci potrebbe essere un cambiamento importante nei criteri da adottarsi per la quantificazione dell' assegno divorzile. Onere che, ricordiamolo, deve , in primis e , sempre, essere commisurato alle disponibilità economiche dell' obbligato, oltre che alla durata del matrimonio ( alla quale potrà , forse, sommarsi il periodo di convivenza prematrimoniale)
La Cassazione: niente assegno di mantenimento all’ex moglie divorziata che non cerca un lavoro
Pubblicato su IUSTLABLa Suprema Corte dà ragione a un quarantaseienne di Torino che non voleva versare più gli alimenti all’ex coniuge inattiva e con un nuovo compagno L’ex moglie divorziata si rifiuta di cercare un lavoro, anzi mostra un “atteggiamento particolarmenterinunciatario” nonostante sia ancora giovane e in buona salute: per la Cassazione non ha più diritto all’assegno di mantenimento. Per ottenerlo, infatti, deve almeno dimostrare di essersi impegnata nel cercare un impiego. La donna, invece, ha incassato per anni l’assegno dall’ex marito, un quarantaseienne di Torino che però non era più disposto a continuare a versarle il denaro, vista la rinuncia di lei a rendersi indipendente. Ora la Suprema Corte, con l’ordinanza numero 2653/2021, ha stabilito un importante precedente che non mancherà di esere applicato in altri casi analoghi. Già nel novembre scorso la Cassazione aveva messo nero su bianco un altro punto fermo: gli alimenti non sono più dovuti dal marito all’ex coniuge non appena lei inizia una relazione stabile e duratura, anche se non basata sulla convivenza. Un pronunciamento, quello degli ermellini, che è stato subito ribattezzato “legge salvamariti”. Già i giudici di secondo grado avevano dato torto all’ex moglie che non voleva cercare lavoro, sottolineando che, in questo caso, il mantenimento non era giustificato. La donna, tuttavia, aveva deciso di impugnare la sentenza in Cassazione, sottolineando che non era stato tenuto conto del tenore di vita ai tempi del matrimonio. L’ex moglie sosteneva anche che il fatto di non avere lavorato per più di vent’anni l’avesse messa praticamente fuori mercato: sosteneva di essere stata ritenuta, in Appello, solo “astrattamente idonea a svolgere attività lavorativa”, senza esempi concreti e senza tenere conto delle difficoltà che avrebbe incontrato se si fosse effettivamente messa alla ricerca di qualsiasi occupazione. Gli ermellini, però, le hanno dato torto su tutta la linea, sottolineando in particolare il suo “atteggiamento particolarmenterinunciatario”. Per prima cosa hanno specificato che quando era sposata non viveva nel lusso. La Corte ha poi tenuto conto dell’età – “di soli 46 anni, quindi non particolarmente avanzata” -, delle buone condizioni di salute della donna e dell’assenza di impedimenti alla ricerca di un impiego. D’altronde, sottolineano i magistrati, la signora potrebbe tornare a “lavorare come addetta alle pulizie”, come aveva fatto saltuariamente in passato. A convincere i giudici ad annullare l’assegno, anche il fatto che la donna avrebbe da tempo una nuova relazione stabile, tenuta nascosta e che lei alla fine aveva ammesso giustificandola però come una “relazione amicale”. È toccato a lei anche pagare le spese processuali: 1.500 euro. Avv. Alida Manfredi
Conviventi: C’è obbligo di fedeltà?
Pubblicato su IUSTLABLa risposta è negativa ma….. La Corte di Cassazione è tornata, recentemente, a riaffermare il principio secondo il quale l’ostentazione dei rapporti amorosi con altri parteners , accompagnata dal disprezzo per il compagno/a col quale vi è uno stabile rapporto di convivenza, può integrare reato. Maltrattamenti in famiglia In assenza di un vero e proprio obbligo di fedeltà tra conviventi viene, comunque, riconosciuto un obbligo di rispetto reciproco che è da intendersi violato se uno dei due conviventi viene umiliato pubblicamente. Infatti, l’ostentata frequentazione con altre persone può essere una forma di violenza ed ingiuria di per sé stessa e, come tale, può integrare gli estremi del reato di maltrattamenti in famiglia. Principio che viene a modificare l’interpretazione della legge sulle unioni civili che, non prevedendo l’obbligo di fedeltà, lascerebbe libero campo alla rottura del rapporto in qualunque momento senza conseguenze. Non sempre è così, dunque. f
L’ex convivente che ha contribuito alla ristrutturazione della casa va rimborsato
Pubblicato su IUSTLABLa seconda Sez. Civ. della Corte di Cassazione, con la Sentenza numero 21479/2018 ha esaminato il caso di una disciolta coppia di conviventi che, nel periodo trascorso insieme, aveva effettuato lavori di restauro dell’abitazione che risultava, però, intestata ad uno solo di essi. Il convivente non intestatario, che, fallita l'unione, aveva dovuto lasciare l' immobile, chiedeva il rimborso di quanto aveva speso. La Cassazione ha confermato le Sentenza dei Giudici di merito obbligando l’intestataria della casa, in questo caso la donna, a restituire l’equivalente di quanto investito dal compagno. Questo in base al principio, di cui all’articolo 2041 c.c., ovvero dell’ingiusto arricchimento. La proprietaria dell’immobile risultava, infatti, aver beneficiato di un ingiusto vantaggio, costituito dall’apporto economico del convivente, il quale, parallelamente aveva subito un’ingiustificata diminuzione patrimoniale. Non v'è dubbio, quindi, che a quest’ultimo spetti di essere indennizzato per compensare il proprio impoverimento dal momento che, “scoppiata la coppia”, non poteva più usufruire di quell' abitazione. Avv. Alida Manfredi
Genitori separati: la distanza tra i luoghi di residenza dei genitori determina l’affidamento esclusivo?
Pubblicato su IUSTLABMolti genitori si trovano nella complicata situazione, conseguente alla separazione o allo scioglimento della famiglia di fatto, di affrontare l' ulteriore difficoltà di vivere in luoghi tra essi lontani. Sorge , quindi, il dubbio se sia possibile, proprio per via della distanza che li separa, ottenere l’affidamento esclusivo del figlio in capo al genitore presso il quale il figlio vive prevalentemente. Ebbene, l’art. 337 ter del Codice civile stabilisce che si debba, prioritariamente, valutare la possibilità che i figli restino affidati ad entrambi i genitori. Questo principio tutela il diritto dei minori a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori e di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi. Nulla quaestio se i coniugi della disciolta famiglia trovino un accordo che sia rispettoso di tale principio; qualora, invece, una formula condivisa non sia praticabile, la soluzione, che non potrà che essere giudiziale. Il Giudice, nella propria valutazione, dovrà tenere conto esclusivamente dell’interesse morale e materiale dei figli, perchè è proprio per tutelare questo interesse che la Legge predilige l’affidamento ad entrambi i genitori. Ma se i genitori abitano a notevole distanza l’uno dall’altro? È possibile, solo per questo motivo, ottenere che uno dei due abbia l’affidamento esclusivo del figlio? La risposta è negativa. L’affidamento riguarda principalmente l’attribuzione ai genitori del potere di prendere le decisioni riguardanti i figli, sia quelle più importanti, sia quelle di rilevanza minore. Queste decisioni possono essere prese anche a distanza, mentre l'’affidamento esclusivo ad uno dei genitori, come dice la parola stessa, esclude l’altro genitore dalle decisioni che riguardano il minore. La distanza tra i genitori, quindi, non è, da sola, sufficiente a giustificare l’affidamento esclusivo. Sul punto, ed a sostegno di quanto chiarito, si è espressa recentemente la Corte di Cassazione con la sentenza n. 30826 del 28 Novembre 2018. Con tale pronuncia la Corte ha affermato che “ai fini dell’affidamento esclusivo non è sufficiente la mera considerazione della distanza oggettiva esistente tra i luoghi di residenza dei genitori, la quale può incidere esclusivamente sulla disciplina dei tempi e delle modalità della presenza del minore presso ciascuno di essi … ma occorre una specifica motivazione che tenga conto in positivo della capacità educativa del genitore affidatario ed in negativo dell’inidoneità o delle manifeste carenze dell’altro genitore”. In sintesi, vi è una forte tutela, da parte del Diritto, del cosiddetto principio di bigenitorialità. Avv. Alida Manfredi
Anche il padre disoccupato deve mantenere i figli
Pubblicato su IUSTLABCon la Sentenza numero 34952/2018 la Suprema Corte di Cassazione, Sez. VI Pen., ha condannato un uomo, trentacinquenne disoccupato, per non aver provveduto al mantenimento della figlia. L’uomo si era difeso sostenendo di non aver redditi e che aveva concordato con la madre di versare € 50 mensili per il mantenimento della figlia. La Corte ha riaffermato il principio che non hanno valore gli accordi sui mezzi di sussistenza presi dai genitori, se non sono stati omologati, cioè come dire, “contrallati”, dal Tribunale. Ha, inoltre, precisato che la minore età dei figli rappresenta, di per se stessa, una condizione di stato di bisogno, che obbliga i genitori a contribuire al loro mantenimento. Ha, quindi, sancito che il reato di cui all’ art. 570 Codice Penale sussiste se un genitore omette la prestazione economica a favore di figli minori o inabili, anche quando al mantenimento dei medesimi provveda, in via sussidiaria, l’altro genitore. In definitiva, il genitore non può venir meno all’ assistenza materiale della prole adducendo la scusa di essere disoccupato, ma deve attivarsi per ottenere un reddito, al fine di adempiere agli obblighi di mantenimento dei figli. Avv. Alida Manfredi
Infedeltà coniugale: se discreta non è risarcibile
Pubblicato su IUSTLABLa richiesta di risarcimento del danno da parte del coniuge tradito è molto frequente nelle cause di separazione, ma rare sono le sentenza di esito positivo. Il risarcimento può essere è riconosciuto quando il tradimento è stato plateale e quindi ha creato un danno all’immagine sociale ed anche una sofferenza morale significativa all’ altro coniuge. Lo ha ribadito ancora di recente la Cassazione, il tradimento dell’obbligo di fedeltà coniugale determina un diritto dell’altro ad essere risarcito se solo si è realizzato con modalità offensive per chi lo subisce. Se invece, la relazione “extra” è stata discreta, o addirittura confessata “solo dopo la separazione”, allora nessun risarcimento danni può essere chiesto al fedifrago. È come dire che il tradito deve tenersi il dispiacere e non può monetizzare la sofferenza ed il danno subito. Avv. Alida Manfredi
La separazione dei coniugi è addebitabile al coniuge violento, a prescindere dal comportamento dell’altro coniuge
Pubblicato su IUSTLABLe violenze, non solo fisiche ma anche morali, commesse da un coniuge nei confronti dell’altro durante il matrimonio, giustificano la richiesta di separazione con addebito a carico del coniuge violento. Questo principio, ormai pacifico, trova applicazione nei giudizi di separazione già da svariati decenni. Cosa accade, però se il coniuge violento opponga che vi siano altre cause, responsabili della rottura della relazione, addebitabili all’altro coniuge (per esempio, quando quest’ ultimo abbia intrattenuto una relazione extraconiugale o sia venuto meno ad altri doveri, derivanti dal matrimonio, quale quello di reciproca assistenza, economica e morale)? La Prima Sezione della Corte di Cassazione, in una recente pronuncia, ha confermato, con cristallina chiarezza, i suoi più recenti orientamenti: “Le reiterate violenze fisiche e morali, inflitte da un coniuge all’altro, costituiscono violazioni talmente gravi dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, di per sé sole, non solo la pronuncia di separazione personale, in quanto cause determinanti la intollerabilità della convivenza, ma anche la dichiarazione della sua addebitabilità all’autore di esse”, e ancora “… il loro accertamento esonera il giudice del merito dal dovere di procedere alla comparazione, ai fini dell’adozione delle relative pronunce, col comportamento del coniuge che sia la vittima delle violenze, trattandosi di atti che, in ragione della loro estrema gravità, sono comparabili solo con comportamenti omogenei” (Cass., n. 31901 del 10.12.2018). In sostanza, le violenze, siano esse fisiche o morali, perpetrate da un coniuge nei confronti dell’ altro, sono considerate atti così gravi, che diventa irrilevante la condotta dell’altro coniuge (a meno che non sia anch’essa connotata da caratteri di violenza). Al punto che il giudice della separazione non deve operare alcun giudizio di comparazione con i comportamenti del coniuge vittima di violenze, anche qualora il suo comportamento abbia contribuito a compromettere l’unità matrimoniale. Avv. Alida Manfredi
La mancata richiesta di assegno di mantenimento nel giudizio di separazione non è pregiudizievole in sede di divorzio
Pubblicato su IUSTLABNon è infrequente che, per i motivi più vari, in sede di separazione il coniuge “debole” si astenga dal chiedere, a carico del coniuge “forte”, un contributo al proprio mantenimento (il cosiddetto “assegno di separazione” o “di mantenimento”). Ebbene, molti si chiedono se tale scelta sia definitiva ed irrimediabilmente pregiudizievole dei propri diritti. In particolare, la domanda che in questi casi viene rivolta con maggiore frequenza ad un avvocato è la seguente: se avevo rinunciato a chiedere “l’assegno di separazione”, in occasione del divorzio, posso ancora chiedere un assegno? Anche se la situazione economica non è mutata? La risposta è positiva. E questo in virtù dell’indipendenza dei giudizi, quello di separazione e quello di divorzio. Essendo, infatti, due fasi che portano alla conclusione di un rapporto coniugale ma autonome e distinte, le richieste avanzate (od omesse) nella prima, non influiscono sulla seconda. Nei medesimi termini si è espressa anche, con estrema (e rara) chiarezza, la Suprema Corte di Cassazione, con la recentissima sentenza n. 2480 del 29.01.2019: “la mancata richiesta di assegno di mantenimento in sede di separazione non preclude di certo il suo riconoscimento in sede divorzile”. La sopracitata sentenza contribuisce a far luce su una situazione d’incertezza che portava a soluzioni giudiziali discordanti nei diversi Tribunali italiani, offrendo, a quanti si trovino nella fase del fine-matrimonio, un autorevole contributo al principio giuridico – tanto fondamentale, quanto spesso disatteso -: quello della certezza del diritto. E soprattutto, rassicura quanti hanno, in sede di separazione, operato la scelta di astenersi dal chiedere all’ altro coniuge un contributo al mantenimento; scelta della quale si sono, poi, pentiti. In conclusione: è possibile cambiare idea. Avv. Alida Manfredi
Amministrazione di Sostegno
Anziani abbandonatiL iniziativa di ricorrere al giudice tutelare per ottenere una misura di protezione del soggetto debole può essere esperita non solo dai familiari, dal pubblico ministero e dai servizi sociali, ma dallo stesso interessato.
Reato di stalking: anche attraverso mezzi informatici
Pubblicato su IUSTLABCon la Sentenza del 02.01.2019 n. 61/2019 la Corte di Cassazione è intervenuta, ancora una volta, a reprimere le condotte persecutorie (stalking) che logorano le vittime. La Corte ha ritenuto che l’invio di messaggi, whataspp, email, può costituire una grave “intrusione” nella sfera intima della persona . Laddove questi mezzi siano usati con particolare intensità, temporale e di contenuto, il comportamento assume rilevanza sotto il profilo penale, integrando il reato di stalking ( atti persecutori) anziché quello, meno grave, di molestie e minacce. La sostanza del reato di stalking si ravvisa nella reiterazione del comportamento che cagiona uno stato di profonda prostrazione nella vittima, ingenerando o un grave stato di ansia e paura o un fondato timore per l’ incolumità propria o di persone ad essa legate da rapporti affettivi, oppure comporti una sensibile modificazione delle abitudini di vita della persona offesa. E questo può ben avvenire anche attraverso l’uso di strumenti informatici: whatsapp, sms, email hanno il potere di raggiungere ovunque le persone, anche senza il loro consenso, e quindi costituire vere e proprie condotte persecutorie, previste e punite dall’art. 612 c.p. , se producono una significativa destabilizzazione della serenità ed equilibrio psicologico della vittima, inducendola a cambiare le proprie abitudini di vita. Il nostro legilsatore, nella consapevolezza della pericolosità di tali condotte, nel 2017, ha emanato una Legge che ha previsto la possibilità di applicazione di misure di prevenzione ai soggetti anche solo indiziati di questi reati, a più forte tutela per la vittima ed al fine di prevenire che gli atti persecutori degenerino in più gravi reati. Avv. Alida Manfredi
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