Avvocato Annarita Bove a Bologna

Annarita Bove

Avvocato Giuslavorista, Cassazionista e Dottore di Ricerca Università di Modena

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Il licenziamento per giusta causa

Scritto da: Annarita Bove - Pubblicato su IUSTLAB

Pubblicazione legale:

Uno dei casi più frequenti che un avvocato del diritto del lavoro si trova ad affrontare è la difesa di un lavoratore licenziato per giusta causa o di un datore di lavoro che ha licenziato un dipendente per giusta causa.


Il licenziamento per giusta causa

Il licenziamento nel nostro ordinamento è legittimo solo per cause tipiche e predefinite.

In particolare, il licenziamento disciplinare è quello giustificato da un comportamento del dipendente che viola il contratto di lavoro. A seconda della gravità della violazione commessa dal lavoratore, si distingue tra licenziamento per giusta causa (in tal caso, il licenziamento avviene in tronco, senza preavviso) e licenziamento per giustificato motivo soggettivo (in tal caso è sempre dovuto il preavviso, calcolato secondo la durata fissata dai contratti collettivi nazionali: in tale periodo il lavoratore continua a prestare la propria attività e matura il diritto al compenso. Tuttavia, l’azienda può rinunciare al preavviso e sbarazzarsi subito del lavoratore, ma dovrà versargli l’indennità di preavviso)

Quindi possiamo dire che il licenziamento per giusta causa è un licenziamento disciplinare, motivato da condotte del dipendente talmente gravi da non consentire la prosecuzione del rapporto di lavoro (ecco che avviene in tronco e senza preavviso). Si differenzia dall’altra forma di licenziamento disciplinare, quello per giustificato motivo soggettivo poiché riguarda comportamenti scorretti del dipendente meno gravi.

Costituiscono giusta causa di licenziamento le condotte dolose del lavoratore, quelle tenute in malafede, e in alcuni casi anche quelle colpose ma non intenzionali (grave negligenza) (Vedi Corte di Cassazione 13512/2016)

Se a sorreggere il licenziamento per giustificato motivo soggettivo, è sufficiente il «notevole inadempimento agli obblighi contrattuali», a sorreggere il licenziamento per giusta causa occorre un inadempimento talmente grave da ledere il rapporto fiduciario tra le parti.

Ai fini della configurabilità della giusta causa rilevano dunque fatti e comportamenti che non solo costituiscono un inadempimento contrattuale, ma che allo stesso tempo minano anche la fiducia che il datore ha verso il lavoratore.


Quando il datore può licenziare per giusta causa

Il datore di lavoro deve prima di tutto verificare se, in concreto, la condotta del lavoratore ha violato il rapporto di fiducia tra le parti. Tale valutazione va fatta accuratamente, tenendo presente i seguenti parametri (Corte di Cassazione n.35/2011).

- natura e qualità del singolo rapporto;

- posizione professionale e responsabilità del lavoratore nel servizio svolto (Corte di Cassazione n. 10541/2008).(Sicuramente la violazione di un capo del personale è più grave rispetto a quella commessa da un altro lavoratore);

-’importanza delle specifiche mansioni del dipendente nell’organizzazione imprenditoriale (Sicuramente l’abbandono del posto fatto da una guardia giurata è più grave di quello fatto da un addetto al magazzino);

- motivi che hanno spinto il lavoratore a porre in essere il comportamento illecito (Sicuramente l’abbandono improvviso del posto per andare in pausa al bar è più grave di chi va a soccorrere un parente in difficoltà);

- intenzionalità o meno del comportamento (Sicuramente la condotta del lavoratore che volontariamente non obbedisce al superiore, è più grave rispetto alla condotta negligente di chi, in un determinato momento, è particolarmente stanco e stressato);

- dei danni prodotti all’azienda dal comportamento (Corte di Cassazione n. 7518/2010);

- la personalità e gli eventuali procedimenti disciplinari precedenti del lavoratore;

- di ogni altro aspetto peculiare del rapporto che possa incidere negativamente su di esso (Corte di Cassazione n.1077/2008).

Se mettiamo assimene tutti questi parametri, è evidente che uno stesso comportamento può in alcuni casi essere valutato come giusta causa di licenziamento, mentr ein altri casi o contesti può essere valutato con minore gravità tenendo conto delle circostanze del caso concreto.

La Corte di Cassazione, in linea con quello che abbiamo spiegato sopra , ha precisato che ai fini del licenziamento per giusta causa rilevano (Corte di Cassazione n. 18843/2010; n. 14586/2009): l’intensità dell’elemento intenzionale; il danno arrecato al datore di lavoro;

il grado di affidamento richiesto dalle mansioni svolte dal dipendente; la natura e la tipologia del rapporto; le precedenti modalità di attuazione del rapporto (in particolare l’assenza di precedenti sanzioni).

Quindi, un giudice chiamato a pronunciarsi sulla legittimità di un licenziamento per giusta causa, da un lato deve valutare la gravità dei fatti addebitati al lavoratore (in relazione alla loro portata oggettiva e soggettiva), le circostanze in cui i fatti sono stati commessi, l’intensità dell’elemento intenzionale, dall’altro deve valutare la proporzionalità fra tali fatti e la sanzione applicata dal datore di lavoro (licenziamento), stabilendo se davvero quella condotta del lavoratore lede la fiducia del datore verso di lui e se è legittima la massima sanzione applicata.


Casi specifici di legittimo licenziamento per giusta causa

  • attività in concorrenza con il datore di lavoro;

  • insubordinazione del lavoratore con reazione fisica e verbale verso colleghi e superiori;

  • furto di beni aziendali (anche di modico valore);

  • falsificazione di cartellino presenze e orari;

  • rifiuto ingiustificato a prendere servizio in caso di trasferimento legittimo presso altro reparto o sede;

  • assenze giustificate per più giorni, che recano danno all'organizzazione dell'azienda;

  • falso certificato medico o assenza alla visita fiscale;

  • rifiuto di riprendere l'attività lavorativo dopo la malattia;

  • lavoratore che nonostante sia sospeso dal servizio che si reca sul lavoro;

  • abbandono del posto di lavoro (se da esso deriva un grave pregiudizio all’incolumità delle persone o alla sicurezza degli impianti o se si tratta di un dipendente con mansioni di custodia o sorveglianza);

  • diffamazione dell'azienda e dei suoi prodotti;

  • reato commesso nella vita privata che può pregiudicare l’immagine dell’azienda (ad esempio un banchiere condannato per usura).


La prova dell'esistenza della giusta causa

E' il datore, secondo la Legge n. 604/1966, a dover dimostrare l’esistenza della giusta causa.

Poichè la legge non elenca in modo tassativo tutti i possibili inadempimenti del lavoratore per ciascun tipo di azienda e attività svolta che costituiscono giusta causa di licenziamento, possiamo a grandi linee afferamare che esiste giusta causa di licenziamento quando il lavoratore viola la legge, i contratti collettivi, le generali regole del vivere civile, ledendo gli interessi dell'impresa.

Molti contratti collettivi elencano quali sono le condotte che legittimano il datore a licenziare il lavoratore per giusta causa, ma si tratta di elenchi non tassativi e che hanno una semplice valenza esemplificativa e non necessariamente vincolano il Giudice nelle sue valutazioni, in quanto egli deve in primis fare riferimento alle previsioni di legge e non limtarsi ad applicare automaticamente la sanzione del licenziamento prevista dal contratto collettivo per una determinata infrazione. Il Giudice ha quindi un ulteriore compito, ossia valutare l'adeguatezza della sanzione nel caso specifico (Corte di Cassazione n.26323/2014).





Avv. Annarita Bove - Avvocato Giuslavorista, Cassazionista e Dottore di Ricerca Università di Modena

Sono Annarita Bove, avvocato Cassazionista con esperienza e formazione in diritto del lavoro, sindacale e diritto penale del lavoro. Sono Dottore di Ricerca in Diritto delle Relazioni di Lavoro presso l'Università di Modena e Reggio Emilia - Fondazione Marco Biagi e Socio Agi (Associazione Giuslavoristi Italiani). Da oltre dieci anni difendo imprese e lavoratori, sia del settore privato che pubblico, nelle controversie di diritto del lavoro su tutto il territorio nazionale per licenziamenti, demansionamenti, mobbing, infortunio sul lavoro, procedimenti disciplinari, somministrazioni irregolari, retribuzioni.




Annarita Bove

Esperienza


Diritto del lavoro

La mia formazione accademica dopo la laurea (come Dottore di Ricerca in diritto delle relazioni di lavoro presso l'Università di Modena) e la frequenza della scuola di alta formazione AGI in Diritto del Lavoro, mi hanno permesso di incanalare la mia attività forense da oltre dodici anni nell'ambito del diritto del lavoro e diritto penale del lavoro a tutto tondo, difendendo sia lavoratori, sia imprese, nel settore privato e pubblico. Ho seguito controversie richiamate anche dalla stampa nazionale in materia di licenziamento, somministrazione irregolare, mobbing, responsabilità dei dirigenti, infortuni sul lavoro e demansionamento.


Previdenza

Lo studio si occupa da oltre dieci anni di diritto previdenziale a favore di lavoratori, sia subordinati (INPS), che autonomi, che intendono far falere il loro diritto alla contribuzione. A favore delle imprese, lo studio offre assistenza in materia di impugnazione a Verbali Unici di Accertamento INPS, INAIL e ITL avanti al Tribuanle del Lavoro e opposizioni a cartelle di pagamento dei vari istituti previdenziali.


Mobbing

In oltre dodici anni di attività ho difeso lavoratori di aziende che hanno subito un danno biologico a seguito di condotte vessatorie da parte di superiori e colleghi, manifestatesi anche a seguito di demansionamento. In questi casi, l'onere della prova da parte del lavoratore leso richiede l'allegazione di prove precise per dimostrare la lesione del diritto alla salute e sicurezza del lavoratore, obbligo in capo al datore di lavoro. Occorre dunque conoscere la materia con estrema padronanza anche di tutte le norme in materia di sicurezza sul lavoro (rispetto alle quali ho curato anche diverse pubblicazioni scientifiche).


Altre categorie:

Sicurezza ed infortuni sul lavoro, Licenziamento, Diritto sindacale, Malasanità e responsabilità medica, Fallimento e proc. concorsuali, Recupero crediti, Contratti, Diritto penale, Violenza, Stalking e molestie, Reati contro il patrimonio, Omicidio, Discriminazione, Sostanze stupefacenti, Diritto penitenziario, Gratuito patrocinio, Cassazione, Domiciliazioni, Risarcimento danni.


Referenze

Esperienza di lavoro

AVVOCATO - Studio Legale Bove - a favore di imprese

Dal 1/2020 al 1/2020

Negli ultimi dieci anni lo studio legale Bove ha assistito diverse imprese nei seguenti campi del diritto previdenziale e dell’assistenza sociale: Obblighi contributivi e assistenziali; Obblighi di comunicazione in caso di instaurazione/cessazione dei rapporti di lavoro e/o collaborazione; Assistenza in procedure avverso verbali di ispezione, ordinanze ingiunzione e avvisi di addebito; Assistenza in procedure di conciliazione monocratica; Assistenza davanti all’Autorità Giudiziaria e agli organi amministrativi.

Esperienza di lavoro

AVVOCATO - Studio Legale Bove - previdenza a favore di imprese e lavoratori

Dal 1/2010 al 1/2020

Assistenza ai lavoratori nelle vertenze con gli Istituti previdenziali e assicurativi (Inps, Inail e SSN), in materia di regolarità delle posizioni previdenziali e assicurative delle Aziende e di contestazione di verbali di accertamento e successive cartelle esattoriali per omesse e/o insufficienti contribuzioni. In materia previdenziale lo Studio si occupa di: indennità di accompagnamento; assegno di invalidità; pensione di inabilità; collocamento mirato; indennità di frequenza; cecità assoluta e parziale; pensioni di guerra; pensioni ai superstiti; pensioni internazionali; pensione di reversibilità; cumulo trattamenti previdenziali; infortuni sul lavoro; aggravamenti; causa di servizio; rendite; pensione privilegiata; esposizione all’amianto; assegni sociali; aumenti pensioni; assegni familiari; riscatto anni di serviziogli ultimi dieci anni, lo Studio Legale Bove ha trattato le seguenti posizioni:

Pubblicazione legale

La previdenza obbligatoria

Pubblicato su IUSTLAB

Il sistema di tutela obbligatoria previsto nell'ordinamento previdenziale italiano è strutturato in due settori di riferimento, l'uno destinato ai lavoratori dipendenti, pubblici e privati, autonomi e collaboratori, gestito dall'INPS (che attualmente include anche le ex gestioni INPDAP ed ENPALS), l'altro, indirizzato alle categorie di liberi professionisti, gestito dagli enti previdenziali di diritto privato, istituiti con Decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509 (Enti Pubblici trasformati in associazioni o fondazioni con personalità giuridica di diritto privato) e con Decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103 (costituzione di fondazioni con personalità giuridica di diritto privato). Fino alla riforma previdenziale varata con il Decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201 , convertito con modificazioni dalla Legge 22 dicembre 2011, n. 214 (c.d. riforma Fornero) i trattamenti erogati dal sistema previdenziale obbligatorio pubblico gestito dall'INPS, erano costituiti, oltre che dagli assegni di invalidità e dai trattamenti ai superstiti, essenzialmente da tre prestazioni: pensione di vecchiaia, pensione di anzianità e pensione di anzianità con 40 anni di contribuzione versata indipendentemente dall'età anagrafica. Dal 1° gennaio 2012, le prestazioni erogate dall'INPS sono state razionalizzate con la soppressione dei trattamenti di anzianità con le c.d. "quote" (somma tra anzianità contributiva e età anagrafica). I principali canali di accesso al trattamento previdenziale sono, attualmente, due: la pensione di vecchiaia e la pensione anticipata.

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