Solitamente gli immobili costruiti in edilizia agevolata, ex art. 35 Legge n. 865/1971 (aree P.E.E.P.), hanno un prezzo massimo di cessione stabilito proprio in virtù della loro funzione specifica, tesa ad evitare che, chi ha beneficiato della agevolazione, non speculi vendendo ad un prezzo maggior il bene, realizzando così un profitto non dovuto.
La materia è complessa e articolata e opertativamente deve essere affrontata con l’aiuto di un notaio che si occuperà della stipula, e in via preventiva, occorrendo, con un legale che si dedichi ad una attenta lettura della convenzione stipulata con il Comune.
In ogni caso, per tutta la durata del vincolo, che di solito è di vent’anni, e salvo rimozione, il limite del prezzo massimo segue sempre il bene nei vari eventuali passaggi di compravendita, costruttore proprietario prima e proprietario nuovo acquirente poi e via via così. Il vincolo si configura tecnicamente come un onere reale che segue l’immobile indipendentemente dai soggetti che ne ricevono l’intestazione.
Detto ciò: cosa succede qualora l’immobile venga compravenduto ad un prezzo maggiore?
La Cassazione ha avuto modo di dichiarare, con sentenza Cassazione civile , sez. II , 28/05/2018 , n. 13345 che la clausola negoziale contenente un prezzo difforme da quello vincolato è affetta da nullità parziale e sostituita perciò di diritto, ex art. 1419, comma 2, e 1339 c.c., da altra contemplante il prezzo massimo determinato in forza dell’originaria convezione di concessione con conseguente diritto, in capo all’acquirente, di domandare la restituzione della parte in eccesso al venditore ma sempre ferma la valid
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Fabrizio Fabbri
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