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Avvocato Francesco Agostino a Bovalino

Francesco Agostino

Avvocato civilista

Informazioni generali

L'Avv. Francesco AGOSTINO, cassazionista dal 2003, si occupa di vertenze Civili e del Lavoro. E' stato per 5 anni legale del Comune di Locri ed è tuttora legale di istituti di credito. Ha conseguito due master in diritto del lavoro e processo del Lavoro. E' stato membro del Consiglio dell'Ordine di appartenenza ed ha presieduto un collegio arbitrale. Si occupa, altresì, di diritto tributario.

Esperienza


Diritto civile

Ha curato per 5 anni gli interessi del Comune di Locri occupandosi di circa 200 vertenze relative al diritto civile, tributario e costituzioni di parte civile in processi penali anche innanzi alla Corte di Cassazione. Ha curato, altresì, vertenze concernenti diritti reali, condominiali e di locazione. Vertenze relative a contravvenzioni e tributi comunali e contratti per la fornitura di acqua potabile.


Recupero crediti

Ho curato e sto curando procedure esecutive mobiliari e immobiliari anche per conto di Istituti di credito. Mi sono occupato di un'opposizione all'esecuzione su di un tema molto discusso, relativo all’efficacia dell'atto di destinazione ex art. 2645 c.c.


Diritto del lavoro

Ho conseguito due master in diritto del lavoro e processo del lavoro e mi sono occupato di diverse vertenze attinenti a tale tema


Altre categorie

Locazioni, Domiciliazioni, Diritto di famiglia, Eredità e successioni, Separazione, Divorzio, Contratti, Diritto tributario, Sfratto, Multe e contravvenzioni, Diritto bancario e finanziario, Cassazione.



Credenziali

Pubblicazione legale

Comunione e condominio. Le ss.uu. Si pronunciano sulla concessione in godimento ad un terzo del lastrico solare, o altra idonea superficie comune

Pubblicato su IUSTLAB

Con la sentenza 8434/2020 del 30.4.2020, le sezioni Unite della Cassazione si sono pronunciate su una questione attinente l’applicazione del 3° comma dell’art. 1108 c.c. nel caso in cui “un condominio conceda in godimento ad un terzo, dietro il pagamento di un corrispettivo, il lastrico solare, o altra idonea superficie comune, allo scopo precipuo di consentirgli l'installazione di infrastrutture ed impianti (nella specie, necessari per l'esercizio del servizio di telefonia mobile), che comportino la trasformazione dell'area, riservando comunque al detentore del lastrico di acquisire e mantenere la proprietà dei manufatti nel corso del rapporto come alla fine dello stesso” Dopo un excursus tanto analitico quanto approfondito degli istituti giuridici coinvolti nella fattispecie sottoposta al vaglio della Suprema Corte, le SS.UU. hanno stabilito che: 1) Il programma negoziale con cui il proprietario di un lastrico solare intenda cedere ad altri, a titolo oneroso, la facoltà di installarvi e mantenervi per un certo tempo un ripetitore, o altro impianto tecnologico, con il diritto per il cessionario di mantenere la disponibilità ed il godimento dell'impianto, ed asportare il medesimo alla fine del rapporto, può astrattamente essere perseguito sia attraverso un contratto ad effetti reali, sia attraverso un contratto ad effetti personali. La riconduzione del contratto concretamente dedotto in giudizio all'una o all'altra delle suddette categorie rappresenta una questione di interpretazione contrattuale, che rientra nei poteri del giudice di merito. 2) Lo schema negoziale a cui riferire il contratto con il quale le parti abbiano inteso attribuire al loro accordo effetti reali è quello del contratto costitutivo di un diritto di superficie, il quale attribuisce all'acquirente la proprietà superficiaria dell'impianto installato sul lastrico solare, può essere costituito per un tempo determinato e può prevedere una deroga convenzionale alla regola che all'estinzione del diritto per scadenza del termine il proprietario del suolo diventa proprietario della costruzione. Il contratto con cui un condominio costituisca in favore di altri un diritto di superficie, anche temporaneo, sul lastrico solare del fabbricato condominiale, finalizzato alla installazione di un ripetitore, o altro impianto tecnologico, richiede l'approvazione di tutti i condomini. 3) Lo schema negoziale a cui riferire il contratto con il quale le parti abbiano inteso attribuire al loro accordo effetti obbligatori è quello del contratto atipico di concessione ad aedificandum di natura personale, con rinuncia del concedente agli effetti dell'accessione. Con tale contratto il proprietario di un'area concede ad altri il diritto personale di edificare sulla stessa, di godere e disporre dell'opera edificata per l'intera durata del rapporto e di asportare tale opera al termine del rapporto. Detto contratto costituisce, al pari del diritto reale di superficie, titolo idoneo ad impedire l'accessione ai sensi dell'articolo 934, primo comma, c.c.. Esso è soggetto alla disciplina dettata, oltre che dai patti negoziali, dalle norme generali contenute nel titolo II del libro IV del codice civile (art. 1323 c.c.), nonché, per quanto non previsto dal titolo, dalle norme sulla locazione, tra cui quelle dettate dagli artt. 1599 c.c. e 2643 n. 8 c.c. Il contratto atipico di concessione ad aedificandum di natura personale stipulato da un condominio per consentire ad altri la installazione di un ripetitore, o altro impianto tecnologico, sul lastrico solare del fabbricato condominiale richiede l'approvazione di tutti i condomini solo se la relativa durata sia convenuta per più di nove anni. Per quanto concerne il principio sub 1), la Corte delimita il campo di azione del giudice di merito affidandogli il compito di interpretare la volontà delle parti al fine di ricondurre il negozio giuridico nell’ambito dei contratti ad effetti reali o in quello ad effetti personali. Nel primo caso si è di fronte ad un contratto di superficie (principio sub 2); nel secondo si è di fronte ad un contratto atipico di concessione ad aedificandum (principio sub 3). I due contratti indicati dalle sezioni unite costituiscono sostanzialmente le uniche due ipotesi negoziali riconducibili alla fattispecie in esame . Infatti, qualsiasi altro contratto ad effetti reali è da escludersi in quanto le caratteristiche proprie del caso non permettono, ad esempio, la configurabilità di un contratto di “uso” anziché di superficie; infatti l'ampiezza del potere dell'usuario di servirsi della cosa traendone ogni utilità ricavabile, se può incontrare limitazioni derivanti dalla natura e dalla destinazione economica del bene, non può soffrire condizionamenti maggiori o ulteriori derivanti dal titolo (Cass. n. 17320/2015, nonché Cass. n. 5034/2008, dove si è altresì precisato che la differenza, dal punto di vista sostanziale e contenutistico, tra il diritto reale d'uso e il diritto personale di godimento è costituita dall'ampiezza ed illimitatezza del primo, rispetto alla multiforme possibilità di atteggiarsi del secondo che, in ragione del suo carattere obbligatorio, può essere diversamente regolato dalle parti nei suoi aspetti di sostanza e di contenuto).” A ciò si aggiunge la considerazione, di rilevante importanza al fine della riconducibilità del negozio ad un contratto di superficie, che la norma di cui all’art. 953 ha un carattere dispositivo e non imperativo, per cui le parti possono concordare che al termine dell’efficacia del vincolo contrattuale il titolare della proprietà superficiaria può asportare il manufatto, ove ciò le parti abbiano pattuito. Passando ad esaminare l’altra fattispecie contrattuale, con effetti obbligatori, la Suprema Corte ha ricondotto la fattispecie in esame al contratto atipico di concessione ad aedificandum di natura personale, con rinuncia del concedente agli effetti dell'accessione. Negozio, questo, disciplinato dalle norme di cui al titolo II del libro IV del C.C. e da quelle sulla locazione in quanto applicabili. Con tale contratto il proprietario di un'area concede ad altri il diritto personale di edificare sulla stessa, di godere e disporre dell'opera edificata per l'intera durata del rapporto e di asportare tale opera al termine del rapporto. Incidentalmente, la Corte si sofferma anche sull’impossibilità di ricondurre la fattispecie in esame nell’alveo del disposto di cui all’art. 1120 c.c. in quanto tale fattispecie, per le modalità negoziali del caso che ci occupa, esula dal principio posto a base di tale norma. Infatti l'immutatio loci derivante dall'ancoraggio dell'impianto al lastrico solare viene realizzata non su disposizione, a spese e nell'interesse del condominio, bensì su disposizione, a spese e nell'interesse del terzo cessionario del godimento del lastrico; il che fa venire meno una condizione caratterizzante delle innovazioni previste nell’art.1120 c.c. Le SS.UU., pertanto pervengono ad un preliminare principio di diritto secondo il quale non è necessario il consenso di tutti i condomini nel caso in cui tale concessione trovi titolo in un contratto che non abbia ad oggetto il trasferimento o la costituzione di diritti reali e non attribuisca un diritto personale di godimento di durata superiore a nove anni. Tirando, dunque, le fila del discorso, si perviene alla conclusione che: a) Il contratto con cui un condominio costituisca in favore di altri un diritto di superficie, anche temporaneo, sul lastrico solare del fabbricato condominiale, finalizzato alla installazione di un ripetitore, o altro impianto tecnologico, richiede l'approvazione di tutti i condomini, mentre b) il contratto atipico di concessione ad aedificandum di natura personale stipulato da un condominio per consentire ad altri la installazione di un ripetitore, o altro impianto tecnologico, sul lastrico solare del fabbricato condominiale richiede l'approvazione di tutti i condomini solo se la relativa durata sia convenuta per più di nove anni.

Pubblicazione legale

PRESCRIZIONE E CARTELLE ESATTORIALI:

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Le Sezioni Unite della Cassazione, con la sentenza n. 23397 del 17.11.2016, dirimendo una questione attinente all’applicabilità o meno dell’art. 2953 c.c. [1] ai provvedimenti non aventi carattere giurisdizionale, finalmente eliminano ogni dubbio sul periodo prescrizionale da applicare in molteplici fattispecie attinenti a fatti di grande attualità La decisione in commento riveste particolare importanza nei rapporti tra cittadini ed enti previdenziali, statali e, in genere, territoriali. Infatti la Suprema Corte ha stabilito che, anche se l’utente non impugna o, comunque, non si oppone ad una cartella esattoriale (o ad un atto finalizzato al recupero coattivo del credito), il periodo di prescrizione relativo alla pretesa fatta valere nei confronti del contribuente, non si “converte” nel termine ordinario di dieci anni, ma rimane quello stabilito dalla legge per il singolo credito di cui si tratta. In sostanza, se un cittadino riceve una cartella esattoriale relativa ad un credito vantato da un Ente, come un tributo o un canone idrico, e non impugna tale cartella o non si oppone ad essa, il termine di prescrizione rimane quello previsto per il singolo credito. Se ad esempio, viene notificata una cartella esattoriale relativa ad un credito che si prescrive con il decorso di 5 anni, tale periodo di prescrizione non diventa di dieci anni (termine ordinario di prescrizione) se la cartella non dovesse essere impugnata, bensì, rimane ferma la prescrizione di 5 anni. Infatti, le Sezioni Unite della Suprema Corte, con la sentenza in commento - mettendo fine ai dubbi derivati da contrastanti decisioni della stessa Corte, susseguitesi negli anni,- stabilisce che: “la scadenza del termine perentorio stabilito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva produce soltanto l'effetto sostanziale della irretrattabilità del credito ma non determina anche l'effetto della c.d. "conversione" del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell'art. 2953 cod. civ. Tale principio, pertanto, si applica con riguardo a tutti gli atti - comunque denominati - di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonché di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali nonché delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via.” Dunque, per potersi applicare l’art. 2953 c.c., in virtù del quale la prescrizione (breve) si converte in quella ordinaria (10 anni), deve necessariamente intervenire una pronuncia giurisdizionale passata in giudicato: sentenza, decreto ingiuntivo non opposto ecc.. Bovalino 28 novembre 2016 [1] Art. 2953. Effetti del giudicato sulle prescrizioni brevi. I diritti per i quali la legge stabilisce una prescrizione piu' breve di dieci anni, quando riguardo ad essi e' intervenuta sentenza di condanna passata in giudicato, si prescrivono con il decorso di dieci anni

Titolo professionale

MASTER DI SPECIALIZZAZIONE CONTENZIOSO DEL LAVORO

IPSOA - 1/2020

42 ORE DEDICATE AL COMPLICATO TEMA DEL CONTENZIOSO IN MATERIA DI PROCESSO DEL LAVORO CON ESERCITAZIONI E PROVA FINALE

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