Con la recente pronuncia n. 6953/2023, la Corte di
Cassazione è stata chiamata a decidere sull’onere probatorio gravante sul
cittadino che richiede l’erogazione da parte dell’INPS dell’assegno al nucleo
familiare (ANF).
Nella vicenda in esame, infatti il ricorrente denunciava alla Suprema Corte la violazione e falsa applicazione dell'art. 2, L. n. 153/1988 per aver il giudice di appello erroneamente erroneamente interpretato la normativa italiana in ordine ai requisiti richiesti dal legislatore per poter accedere al beneficio INPS.
Inoltre, il ricorrente, titolare di permesso di soggiorno CE per lungo soggiorno, lamentava la violazione della normativa comunitaria (direttiva n. 2003/109/CE) dal momento che l’INPS gli aveva richiesto la produzione di una autocertificazione dei redditi prodotti dal nucleo familiare, non prevista dalla norma in materia di Assegno per il nucleo familiare. In altri termini, ad avviso del ricorrente, il disposto di cui all'art. 2, comma 9, D.L. n. 69/1988 (secondo cui “L'attestazione del reddito del nucleo familiare è resa con dichiarazione, la cui sottoscrizione non è soggetta ad autenticazione, alla quale si applicano le disposizioni di cui all'articolo 26 della legge 4 gennaio 1968, n. 15”) avrebbe precluso al lavoratore extraeuropeo residente in Italia con permesso di lungo soggiorno, di provare in giudizio la sussistenza del requisito reddituale richiesto dalla legge, non potendo quest'ultimo fornire la prova richiesta dall'Istituto se non mediante l’attestazione C.U.D.
La Corte di Cassazione, in risposta alle doglianze del ricorrente, ha statuito come la concessione dell'assegno al nucleo familiare (ANF) sia subordinata al possesso di determinati requisiti reddituali, che spetta al richiedente - sia questo cittadino italiano o extracomunitario soggiornante di lungo periodo - dimostrare e, a tal fine, non può considerarsi sufficiente la produzione del solo C.U.D. personale (dal quale non emerge il reddito familiare), senza che la difficoltà del cittadino extraeuropeo nell'offrire la prova possa valere a superare la previsione dell' art. 2, comma 9, del d.l. n. 69 del 1988 , conv. dalla l. n. 153 del 1988 che invece non opera distinzioni in base alla provenienza territoriale dei lavoratori.
In ottemperanza alla pronuncia, ogni cittadino italiano o
straniero, al fine di accedere alla prestazione previdenziale avrà l’onere di
provare il reddito dei propri familiari, in ossequio alla legge del luogo in
cui si svolge la prestazione, anche se i familiari beneficiari risiedono
altrove e non potrà limitarsi alla produzione del mero C.U.D.
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