Pubblicazione legale
ROYALTY FISSA O VARIABILE? UN DUBBIO RICORRENTE
Pubblicato su IUSTLAB
Uno delle questioni ricorrenti che affronta il
professionista nel corso della redazione del contratto di concessione di
licenza di un diritto di Proprietà Industriale (cioè dei marchi, brevetti per invenzioni,
modelli di utilità, disegni e modelli, informazioni aziendali riservate, nomi a
dominio, indicazioni geografiche, denominazioni di origine, topografie dei
prodotti a semiconduttori, nuove varietà vegetali, software; di seguito, i
“Diritti IP”) è la scelta della royalty in misura fissa oppure variabile.
Come è noto il contratto di licenza costituisce
un particolare negozio giuridico in forza del quale il titolare del Diritto IP
(cioè uno stilista, un designer, un inventore, un artista; di seguito, il
“Licenziante”) autorizza una terza impresa (di seguito, il “Licenziatario”) la
facoltà di sfruttare il proprio Diritto IP per un determinato periodo di tempo
a fronte del pagamento di un corrispettivo (di seguito, la “Royalty”).
La prassi contrattuale ha individuato tre
tipologie di royalty: a misura variabile, fissa oppure mista.
La questione della scelta della tipologia di royalty
da applicare nel contratto non riveste una particolare rilevanza per il Licenziatario
poiché egli tenderà, comunque, a massimizzare i profitti cercando di ridurre
tutti i costi aziendali (tra i quali rientra anche la royalty dovuta al
Licenziante).
La predetta questione è, invece, cruciale per
il Licenziante, per il quale la Royalty è l’unica remunerazione economica per i
suoi investimenti profusi nella creazione del Diritto IP. Si provi a immaginare
quanto sia importante l’entità economica della Royalty per lo stilista che
concede in licenza il proprio marchio a un’azienda di confezioni oppure per l’artista
che concede in licenza la propria opera musicale a una casa discografica.
Vediamo, dunque, quale
tipologia di royalty il professionista potrebbe prevedere nel contratto di
licenza.
1.
Royalty a misura variabile .
La royalty cd. variabile è il
corrispettivo calcolato in
misura percentuale su i ricavi del Licenziatario generati dalle
vendite dei prodotti che incorporano il Diritto IP oggetto della licenza.
La prassi contrattuale ha elaborato
innumerevoli clausole che mirano a chiarire vari dettagli relativi alle
modalità di calcolo della predetta royalty.
Per esempio, si è previsto che la predetta
percentuale sia calcolata sul fatturato lordo (cioè ricavi del Licenziatario comprensivi
di Iva, tasse, dazi doganali, imposte, contributi amministrativi, etc.) oppure
sul fatturato netto (cioè ricavi al netto di di Iva, tasse, dazi doganali,
imposte, rimborsi, restituzioni, insoluti, etc.), che il corrispettivo sia calcolato in
misura percentuale sui prezzi di fornitura ai clienti finali oppure sui canoni
di manutenzione del bene concesso in licenza .
Inoltre, la prassi ha elaborato clausole che
mirano a stabilire il momento in cui deve liquidata la Royalty. Per esempio, si
stabilisce che le Royalties siano liquidate sulla base delle vendite concluse
alla termine della stagione (per esempio, dopo la presentazione delle collezioni
A/I e P/E) oppure ogni trimestre oppure alla fine di ogni campagna vendite
(ogni settore di mercato ha un periodo di inizio e di fine della campagna di
raccolta degli ordini di acquisto e di vendite).
Il limite di tali clausole contrattuali è che non
sono adeguate ai mercati che si evolvono rapidamente. Per esempio, la clausola
che prevede il pagamento della royalty alla fine delle stagioni A/I e P/E è
obsoleta perché non considera che oramai le case di moda presentano varie
collezioni nel corso di tutto l’anno ( cfr. ,
per esempio, “ Il business delle pre-collezioni e delle cosiddette collezioni
‘crociera’ rappresenta fino all’80 per cento del fatturato annuale di una
griffe ”, Fabiana Giacomotti, Il Foglio Quotidiano, 4 - 5 Maggio 2019). E la
previsione del pagamento della Royalty a seguito del perfezionamento della
vendita del prodotto che incorpora il Diritto IP è una clausola che non
considera che molte aziende dispongono di magazzini collegati con le major di
e-commerce ( Farfetch , Yoox,
zalando, Veepee, Amazon, ecc.) le quali offrono il servizio di restituzione
della merce anche dopo un mese dal ricevimento dell’articolo ricevuto, per cui
non ci sarà mai un perfetto allineamento contabile tra merce venduta e merce
spedita.
La conseguenza è che il Licenziante non sarà
mai sicuro di avere ricevuto le Royalty corrispondenti ai ricavi effettivi del
Licenziatario.
Per ovviare a tali problemi, la prassi ha
previsto clausole che prevedono la facoltà per il Licenziante di eseguire
controlli sulla contabilità del Licenziatario incaricando all’uopo professionisti
esperti contabili, con oneri e spese a carico del Licenziante. Tuttavia, fermo
restando che tali clausole non risolvono i problemi sopra esposti, il
Licenziante sarà così costretto a farsi carico anche delle spese della expertise contabile, con conseguente riduzione
della remunerazione del capitale investito nella creazione del proprio Diritto
IP.
La soluzione migliore e più efficace sarebbe quella
di predisporre un sistema di contabilità identico e allineato sia per il
Licenziante sia per il Licenziatario. Tuttavia, fermo restando la difficoltà
concreta di adottare una contabilità identica per entrambe le parti (due
aziende differenti, spesso operanti in stati differenti soggette a norme tributarie
differenti, che dispongono di software di contabilità differenti, che approvano
i bilanci in periodi differenti, ecc.), sovente il Licenziatario non consente
al Licenziante controlli estesi e approfonditi sulla propria contabilità che
equivarrebbero ad una intrusione nel Know – how aziendale riservato e segreto
del Licenziatario.
In conclusione, la Royalty variabile rischia di
generare incomprensioni, discussioni e controversie tra il Licenziante ed il
Licenziatario.
2. Royalty
in misura fissa .
La royalty cd. fissa è il prezzo fisso,
omnicomprensivo e non modificabile che il Licenziatario versa al Licenziante
come corrispettivo per l’utilizzo del Diritto IP oggetto della licenza,
indipendentemente dall’esito della produzione e dei ricavi derivanti dalle
vendite dei beni che incorporano il Diritto IP.
Il vantaggio della Royalty fissa è che non
genererà alcuna controversia tra le parti: l’importo è certo, liquido ed
esigibile a ciascuna scadenza contrattuale. E se il Licenziatario si rifiutasse
di pagarla al Licenziante, il primo sarebbe inadempiente al contratto di
licenza.
Tuttavia, il Licenziatario non sempre è
disponibile a stipulare un contratto di licenza basato su una royalty fissa
perché tale corrispettivo non costituisce alcun incentivo per il Licenziante a continuare
a investire nello sviluppo e nel miglioramento del Diritto IP oggetto della
licenza.
3. Royalty
cd. mista .
La prassi contrattuale parrebbe avere risolto i
problemi sopraesposti tramite l’elaborazione di clausole che prevedono la
royalty cd. “mista”. In tale ipotesi, è previsto il pagamento al Licenziante i)
di un corrispettivo fisso se i ricavi generati dalle vendite dei beni che
incorporano il Diritto IP sono inferiori a una determinata soglia di fatturato
(il cd. “minimo garantito”) nonché ii) di un ulteriore corrispettivo pari
a una percentuale dei ricavi del Licenziatario qualora le vendite superino una
predeterminata soglia di fatturato.
La royalty mista ha il vantaggio di assicurare i)
al Licenziante la remunerazione minima del capitale investito nella creazione
del proprio Diritto IP e ii) al Licenziatario la garanzia che
il Licenziante continui a sviluppare il Diritto IP oggetto della licenza.
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Lo studio DNRA è a disposizione per assistere la
clientela in materia di contratti di licenza di Diritti IP.
Giovanni
Leone
Giugno
2019 © Riproduzione Riservata