Avvocato Giulio Errico a Lecce

Giulio Errico

Avvocato Penalista


Informazioni generali

Avvocato iscritto all'Albo Ordinario, svolge attività di consulenza e assistenza legale in procedimenti penali. È autore di pubblicazioni su diverse riviste giuridiche ed è Dottorando di Ricerca in Diritto Processuale Penale presso l’Università “LUM – G. Degennaro”. Avendo, sin dall'inizio della pratica forense, approfondito la conoscenza del diritto penale e del diritto processuale penale, opera in tutti i settori del diritto penale, offrendo assistenza nei procedimenti riguardanti i reati contro lo Stato, la Pubblica Amministrazione e i Privati. Si occupa, inoltre, di misure di prevenzione e violazioni del T.U. sugli stupefacenti.

Esperienza


Diritto penale

Offre assistenza a coloro i quali intendano far valere i propri diritti nel processo. Il costante studio delle leggi penali sostanziali e processuali, unitamente all’esperienza maturata innanzi ai Tribunali e alle Corti, permette di fornire ai propri clienti una difesa puntuale ed attenta nei diversi ambiti del diritto penale.


Violenza

Svolge attività di consulenza e di assistenza legale in procedimenti penali riguardanti reati contro la persona e la famiglia. Ha maturato una solida esperienza nell'ambito di processi inerenti i seguenti delitti: violazione degli obblighi di assistenza familiare, abuso di mezzi di correzione o di disciplina, maltrattamenti contro familiari e conviventi, lesioni personali (anche colpose e stradali), rissa, omicidio colposo, omicidio stradale, omissione di soccorso e violenza privata.


Stalking e molestie

Sin dalla delicata fase delle indagini preliminari, offre assistenza legale in procedimenti penali riguardanti il delitto di atti persecutori (612 bis c.p.), introdotto dall'art. 7, D.L. n. 11/2009. L'approfondimento costante della tematica, nelle sue diverse forme e declinazioni (stalking relazionale, condominiale, lavorativo, ecc.), permette di aiutare colori i quali intendano far valere i propri diritti nel processo. Si occupa, inoltre, di procedimenti aventi ad oggetto molestie (612 c.p.). Ha curato la difesa in numerosi processi riguardanti casi di diffamazione (595 c.p.), in particolare mediante l'uso di internet.


Altre categorie:

Reati contro il patrimonio, Omicidio, Discriminazione, Sostanze stupefacenti, Diritto penitenziario, Cassazione, Gratuito patrocinio, Domiciliazioni.


Referenze

Pubblicazione legale

La competenza per territorio nel reato di atti persecutori

Pubblicato su IUSTLAB

L’art. 612 bis c.p.p. prevede la pena di reclusione da un anno a sei anni e sei mesi nei confronti di chiunque, “con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”. L’art. 8 c.p.p. stabilisce, tuttavia, che per determinare la competenza per territorio (in termini “semplicistici” la città in cui si incardinerà l’eventuale procedimento per stalking) si deve aver riguardo al “luogo in cui il reato è stato consumato”. La questione non è di poco conto, giacché accade sovente che pur in presenza di condotte di molestie e minacce realizzate in un determinato luogo, il fatto di reato integrante il delitto di atti persecutori può manifestarsi in un momento e in un territorio differente (ovvero non coincidente con quello in cui il soggetto agente ha posto in essere le reiterate azioni di molestie e minacce). In tali casi, secondo il prevalente orientamento della giurisprudenza di legittimità, “la competenza per territorio si determina in relazione al luogo in cui il disagio accumulato dalla persona offesa degenera in uno stato di prostrazione psicologica”. Secondo, infatti, Cass. Pen., Sez. V, 09/10/2019, n. 3042, la consumazione del reato di atti persecutori prescinde dall’accertamento del momento iniziale o finale delle singole condotte perpetrate dal soggetto agente, «assumendo, invece, a tal fine significato il comportamento complessivamente tenuto dal responsabile, sicché la competenza per territorio deve essere determinata in relazione al luogo in cui il comportamento stesso diviene riconoscibile e qualificabile come persecutorio ed in cui, quindi, il disagio accumulato dalla persona offesa degenera in uno stato di prostrazione psicologica»

Pubblicazione legale

Stalking condominiale: un triste fenomeno in aumento

Pubblicato su IUSTLAB

Negli ultimi anni, la giurisprudenza è stata costretta a confrontarsi con un nuovo fenomeno in ascesa noto come stalking condominiale. Ogni giorno, del resto, l’Autorità Giudiziara viene adita per casi di molestie e minacce verificatisi in ambito “condominiale”. Ma quand’è che le beghe di vicinato possono trasformarsi in veri e propri atti persecutori e, dunque, integrare astrattamente la fattispecie prevista dall’art. 612 bis c.p.? Sul quesito è intervenuta la Cassazione con sentenza n. 28340 dell’11/09/2019. La Quinta Sezione della Suprema Corte ha chiarito, innanzitutto, che il reato di stalking è configurabile anche in condominio. I Giudici di Piazza Cavour hanno, infatti, confermato la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di alcuni condomini che avevano pesantemente minacciato i vicini all’interno degli spazi comuni del condominio, in modo da cagionare un fondato timore per l’incolumità loro e dei loro familiari e da fare loro cambiare le abitudini di vita. In particolare, detti condomini si erano resi protagonisti di atti incendiari e danneggiamenti degli immobili dei vicini, tali da determinare nel condominio un grave clima di intimidazione.

Pubblicazione legale

Lesioni personali: il perimetro applicativo dell’art. 585, co. 2, c.p.

Pubblicato su IUSTLAB

Con sentenza del 26 settembre 2023, n. 45868, la Quinta Sezione della Corte di Cassazione si è pronunciata, nuovamente, sul concetto di arma impropria ai fini dell’aggravante preveduta dal primo capoverso dell’art. 585 c.p. I Giudici di Piazza Cavour, sul solco di un orientamento pressoché consolidato, hanno stabilito che il porto di un oggetto non destinato all’offesa cessa di essere giustificato nel momento in cui, per le circostanze di tempo, di luogo o per il concreto uso che dello strumento viene fatto, esso perde la propria connotazione di oggetto di uso comune e diventa invece un’arma impropria. Di conseguenza, un qualsiasi oggetto comune, che in una certa situazione possa essere utilizzato per l’offesa alla persona, è astrattamente qualificabile come arma ai fini della configurabilità dell’ aggravante di cui all’art. 585, co. 2, c.p. Gli esempi, in tal senso, destano non poche perplessità in relazione all’estensione del perimetro applicativo della norma. La Suprema Corte, infatti, ha inteso far rientrare nel concetto di arma impropria persino uno smartphone, adoperato allo scopo di percuotere la vittima del resto di lesioni personali (Cass. Pen., Sez. V, 30/11/2022, n. 7385).

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Lo studio

Giulio Errico
Via Antonio Gidiuli, N. 34
Lecce (LE)

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