Laureato cum laude mi occupo dal 2002 del diritto civile con particolare preferenza per l'area della famiglia e del risarcimento danni. Sono coaudiutore del Tribunale di Rimini per le amministrazioni di sostegno (anziani o invalidi) e le curatele di eredità giacenti. Ho maturato esperienza anche nel diritto sammarinese, sempre in ambito civile, patrocinando presso il Tribunale di San Marino.
Ho curato sin dalla pratica professionale le questioni inerenti il diritto di proprietà, le liti condominiali, i confini, il pericolo di rovina di edifici, la contrattualistica, i diritti dei consumatori e dei lavoratori, maturando un'esperienza ultraventennale
Mi occupo sin dall'inizio della mia attività professionale del risarcimento del danno da circolazione stradale, infortuni sul lavoro, insidia o trabocchetto, caduta di alberi, buche stradali, crollo di edifici, grandine, danni da eventi metereologici, patrocinando l'assistito nei confronti del responsabile civile o della propria compagnia di assicurazioni (sempre più spesso i liquidatori si appigliano a cavilli legali per evitare il pagamento degli indennizzi dovuti)
Mi occupo con particolare preferenza del diritto dei coniugi, degli uniti civilmente o delle famiglie di fatto, tutelando gli interessi dei minori o dei genitori sia innanzi al Tribunale di Rimini sia presso il Tribunale per i minorenni dell'Emilia Romagna
Eredità e successioni, Separazione, Sfratto, Malasanità e responsabilità medica, Divorzio, Matrimonio, Tutela dei minori, Diritto assicurativo, Diritto internazionale ed europeo, Locazioni, Tutela degli anziani, Unioni civili.
Commento a sentenza della Corte di Appello di Bologna, 13 Maggio 2020. Pres. Benassi. Est. Rosanna Scarano. Diritto di edificare – Cessione di cubatura in comproprietà – Azione di riduzione in pristino Diritto di edificare – Diritto e tutela reale – Forma dell’atto dispositivo Capacità edificatoria in proprietà indivisa fra più soggetti: l’utilizzo da parte di uno dei comunisti in assenza del consenso unanime dei comproprietari costituisce atto dispositivo in violazione dell’art. 1102 c.c. e accorda ai comproprietari il diritto alla riduzione in pristino. Il diritto di edificare connesso ad una proprietà fondiaria, stante la sua natura reale, impone la forma scritta ad substantiam al contratto di costituzione o trasferimento, alla luce del combinato disposto degli artt. 1376, 2643 n. 2 bis e 2644 c.c..
Il corso ha aggiornato i professionisti sulla riforma del processo civile telematico a seguito della legge "Cartabia"
La trattazione della traccia sottoposta all’esame dello scrivente pone due questioni: l’una giuridica con riguardo alla causa ed una umana, ovvero le intenzioni che hanno condotto le parti alla conclusione di un determinato contratto. La causa costituisce nel diritto romano giustinianeo come interpretato nell’evoluzione giuridica del diritto comune la struttura del contratto (do ut des; do ut facias; ecc.) individuando le prestazioni cui le parti si obbligano con la stipula di un determinato negozio. Ad esempio, nella compravendita la causa è costituita dal trasferimento della proprietà di un bene a fronte del pagamento del prezzo e qualora il trasferimento di un bene avesse, invece, funzione solutoria di un pregresso debito del venditore la causa non sarebbe più individuabile nello schema della compravendita ma in quello della datio in solutum. I motivi ovvero le intenzioni delle parti sottese alla conclusione di un contratto sono tendenzialmente irrilevanti per l’ordinamento giuridico ed assumono rilevanza solamente in peculiari ipotesi, qualora illeciti e comuni alle parti o essenziali per una parte e conosciuti dall’altra parte. L’esperienza giuridica romanistica ha poi conosciuto, a fianco dei contratti tipici e nominati (cui corrispondeva l’esercizio di azioni tipizzate a tutela), numerose figure contrattuali atipiche la cui causa non era individuabile o sovrapponibile a quella dei negozi tipici, riconoscendone comunque validità ed efficacia fra i contraenti qualora non contrari a norme imperative o all’ordine pubblico. Recentemente si sono sviluppate numerose tipologie di contratti atipici (es. multipropri
Il corso aveva lo scopo di aggiornare sui nuovi contratti informatici, a distanza, mediante firma digitale, con OTP
Il corso ha avuto lo scopo di formare i professionisti per divenire esperti nel settore delle vendite giudiziari come delegati o come custodi
Il contratto è costituito dall’accordo di due o più parti volto a costituire, modificare o estinguere situazioni giuridiche od obbligazioni aventi ad oggetto diritti disponibili e per fini ritenuti meritevoli di tutela dall’ordinamento giuridico. La Repubblica di San Marino non si è dotata di un codice civile in cui cristallizzare le ipotesi di nullità del contratto sicché occorre richiamarsi a quelle enucleate dal diritto romano giustinianeo come glossate dai commentatori nell’epoca del diritto Comune che antesignano le nullità conferite nelle codificazioni moderne. A titolo esemplificativo si prevedeva nullità per assenza di causa del contratto che è stata individuata e definita nella attuale Giurisprudenza del Commissario della Legge (Pierfelici caso Leasing Sammarinese contro Rover) come la funzione equilibratrice di prestazione e controprestazione che determina il sinallagma contrattuale. Nel caso citato si trattava di un contratto di leasing in cui la società concedente non aveva finanziato l’acquisto del bene così determinando tout court la possibilità per il contratto di svolgere gli effetti per cui era stato stipulato, conseguendone nullità del negozio. Può comunque accadere che il contratto sia complessivamente valido ma contenga al suo interno una clausola nulla come, ad esempio, quella contenente il patto commissorio con cui il debitore, in caso di inadempimento, si impegna a trasferire al creditore la proprietà del bene in ipotesi di inadempimento oppure una clausola di non concorrenza priva di corrispettivo per il soggetto vincolato o senza previsione di durata oppure una penale (continua)
Capita oramai tutti i giorni di essere contattati al cellulare da call center che propongono nuove promozioni di telefonia, nuove forniture di luce e gas, vini, cosmetici e chi più ne ha più ne metta. Purtroppo i nostri dati circolano anche grazie al consenso che rilasciamo spesso e frettolosamente, ad esempio, quando sottoscriviamo la tessera fedeltà di un grande magazzino e il commesso ci propone di ricevere via sms le promozioni in tempo reale. Irretiti dalla comodità di essere sempre aggiornati o svogliati nel leggere le condizioni contrattuali (spesso scritte in caratteri minuscoli) concediamo agli operatori commerciali l’assenso all’utilizzo del nostro cellulare e, purtroppo, alla cessione del numero. Una buona regola per evitare la sempre maggiore circolazione del proprio numero telefonico sarebbe quella di non rilasciare mai il “consenso al trattamento dei dati personali per finalità commerciali” così evitando di rendere il proprio telefono una facile preda per i call center. D’altro canto il nostro telefono potrebbe comparire sul web perché immesso volontariamente in una propria pagina, in un Albo professionale, in un sito di vendita on line o per la pubblicazione di un curriculum vitae, in questo caso il numero di cellulare diviene “pubblico” liberamente fruibile dai terzi anche per scopi non attinenti alla finalità per la quale è stato pubblicato. La comodità di essere sempre reperibile ha quindi un suo rovescio e implica la scomodità di ricevere (peraltro nelle ore dei pasti con ameno tempismo) telefonate sgradite e incomode. Per vietare l’utilizzo del proprio telefono (continua)
Il corso nazionale aveva lo scopo di aggiornare i curatori delle eredità giacenti sugli aspetti fiscali, amministrativi e contabili relativi alla gestione delle procedure di liquidazione dei patrimoni ereditari dismessi
Superando la rigida distinzione tra criteri attributivi e criteri determinativi dell'assegno divorzile, le Sezioni Unite del 2018 hanno rimarcato la necessità di una valutazione equiordinata di tutti gli indicatori dell'art. 5 L. div. (condizioni dei coniugi, ragioni della decisione, contributo personale ed economico alla vita familiare, reddito delle parti, durata del matrimonio, età del richiedente), individuando la ratio dell’attribuzione dell'emolumento in questione nella solidarietà post coniugale che, in presenza di una disparità economico-patrimoniale causalmente riconducibile a scelte di conduzione della vita familiare adottate e condivise in costanza di matrimonio, diviene fattore ri-equilibratore dell'apporto dato dal coniuge richiedente al menage familiare. Nella ricostruzione ermeneutica dell'istituto delineata dagli Ermellini, l'assegno divorzile ha riacquisito le plurime funzioni sue proprie, ovvero quella assistenziale (in caso di assenza di reddito e di mezzi in capo al coniuge richiedente), quella compensativa (correlata al contributo dato dal richiedente alla formazione del “capitale invisibile” della famiglia, costituito dalle capacità professionali e di reddito che uno dei coniugi abbia conseguito in costanza di matrimonio anche grazie all'apporto fornito ed ai sacrifici sopportati dall'altro, tenuto conto della durata del matrimonio), quella perequativa (quale ristoro dei sacrifici e delle rinunce condivise cui il coniuge richiedente è andato irreversibilmente incontro, anche tenuto conto dell'età), e, infine, quella risarcitoria (qualora sia da individuare nel coniuge “forte”, ovvero quello in posizione economica migliore, la parte cui è da ascrivere la responsabilità della definitiva crisi coniugale) . Così sinteticamente riassunto il paradigma attraverso il quale individuare i presupposti per il riconoscimento del diritto del coniuge debole a non essere abbandonato successivamente allo scioglimento del matrimonio, si dovrà ripercorrere la vita coniugale al fine di individuare le risorse personali o patrimoniali immesse dal "coniuge debole" richiedente l'assegno, le sue rinunce in termini di carriera lavorativa per favorire l'altrui crescita professionale, i sacrifici familiari compiuti (nei confronti della prole o del coniuge), le cause che hanno condotto alla crisi del rapporto coniugale e l'eventuale addebito della separazione già pronunciato in sede di separazione. In merito il Tribunale di Bologna (Sentenza n. 2169/2022 del 10-08-2022, Sentenza n. 2669/2022 del 28-10-2022) aderisce all'orientamento della Cassazione (n. 18287/2018) in base al quale: “Il fondamento costituzionale dei criteri indicati nell'incipit della norma conduce ad una valutazione concreta ed effettiva dell'adeguatezza dei mezzi e dell'incapacità di procurarseli per ragioni oggettive fondata in primo luogo sulle condizioni economico-patrimoniali delle parti, da accertarsi anche utilizzando i poteri istruttori officiosi attribuiti espressamente al giudice della famiglia a questo specifico scopo. Tale verifica è da collegare causalmente alla valutazione degli altri indicatori contenuti nella prima parte dell'art. 5, c.6, al fine di accertare se l'eventuale rilevante disparità economico-patrimoniale degli ex coniugi all'atto dello scioglimento del vincolo sia dipendente dalle scelte di conduzione della vita familiare adottate e condivise in costanza di matrimonio, con il sacrificio delle aspettative professionali e reddituali di una delle parti in funzione dell'assunzione di un ruolo trainante endofamiliare, in relazione alla durata, fattore di cruciale importanza nella valutazione del contributo di ciascun coniuge alla formazione del patrimonio comune e/o del patrimonio dell'altro coniuge, oltre che delle effettive potenzialità professionali e reddituali valutabili alla conclusione della relazione matrimoniale, anche in relazione all'età del coniuge richiedente ed alla conformazione del mercato del lavoro”. Il giudizio relativo all'inadeguatezza dei mezzi ed all'incapacità di procurarseli per ragioni oggettive deve, dunque, essere saldamente ancorato alle caratteristiche ed alla ripartizione dei ruoli endofamiliari, i quali, alla luce del principio solidaristico che permea la formazione sociale della famiglia, di rilievo costituzionale, costituiscono attuazione della rete di diritti e doveri fissati dall'art. 143 c.c. “Occorre accertare se la condizione di squilibrio economico patrimoniale sia da ricondurre eziologicamente alle determinazioni comuni ed ai ruoli endofamiliari, in relazione alla durata del matrimonio e all'età del richiedente”, di modo che ove la disparità reddituale abbia questa specifica radice causale e sia accertato “che lo squilibrio economico patrimoniale conseguente al divorzio derivi dal sacrificio di aspettative professionali e reddituali fondate sull'assunzione di un ruolo consumato esclusivamente o prevalentemente all'interno della famiglia e dal conseguente contribuito fattivo alla formazione del patrimonio comune e a quello dell'altro coniuge”.
Le persone lgbti+ e le loro famiglie sono oggetto di un duro attacco che non può che suscitare allarme e malessere in quanti hanno a cuore i valori dell’uguaglianza e della non discriminazione. È un attacco rivolto, in nome di una presunta volontà della maggioranza, contro persone inermi, discriminate per le loro qualità e identità personali. L’offensiva in questi mesi si rovescia con particolare violenza sui soggetti più deboli fra tutti: i bambini e le bambine con genitori dello stesso sesso. Anche in ambito giuridico visioni affette da un malcelato pregiudizio nei confronti delle persone omosessuali e delle loro famiglie conducono a letture poco condivisibili dei dati tecnico-giuridici, entro cui sarebbe invece necessario confinare il dibattito. Quali studiosi e operatori, studiose e operatrici del diritto siamo convinti che sia compito della cultura giuridica ricomporre al più presto il quadro delle tutele alla luce di una attenta e severa ricostruzione sistematica e tecnica. Mentre la questione della protezione di chi nasce da gestazione per altre e altri (da coppie eterosessuali e, in minor misura, omosessuali) ha avuto maggiore attenzione seppure con esiti ancora incerti e insoddisfacenti, siamo convinti che sia tuttora poco approfondito il dibattito sulla protezione dei bambini e delle bambine nate da due mamme, le quali intraprendono normalmente un percorso di procreazione medicalmente assistita (PMA) con donazione di seme maschile, in tutto identico a quello delle coppie eterosessuali. A tale riguardo, dobbiamo evidenziare come la discussione sia minata da una lettura spesso imprecisa (continua)
L’istituto giuridico dell’unione matrimoniale è regolato dalla legge sulla famiglia del 1986 ove trova positiva regolamentazione la sequela di diritti e doveri dei coniugi tanto in costanza di matrimonio quanto successivamente alla sua cessazione. Il legislatore ha previsto due regimi patrimoniali che, all’atto del matrimonio i nubendi possono liberamente scegliere e possono mutare nel corso vita comune: la comunione dei beni e la separazione dei beni. I regimi sono opponibili ai terzi in quanto espressamente menzionati nell’atto di matrimonio e nell’ipotesi di comunione gli acquisti effettuati singolarmente da ciascun coniuge in costanza di matrimonio ricadono nella comunione così come i risparmi accumulati da ciascuno nell’esercizio della propria arte o mestiere (comunione de residuo). Non ricadono invece nella comunione i beni personalissimi pervenuti a seguito di successioni mortis causa o attraverso donazioni effettuate in favore di uno solo dei coniugi, né i risparmi o i beni già detenuti da ciascun coniuge anteriormente al matrimonio. Qualora i coniugi optino, invece, per il regime di separazione dei beni, ciascuno resterà proprietario esclusivo dei beni acquistati in costanza di matrimonio nonché dei redditi, delle attività di impresa e dei risparmi formati durante il coniugio. I coniugi resteranno in ogni caso solidalmente responsabili per le obbligazioni contratte nell’interesse della famiglia, per la soddisfazione delle esigenze familiari. Date queste brevi premesse, entrando nel merito della trattazione, deve evidenziarsi che con la domanda di separazione (continua)
Cosa si intende quando parliamo di successione ereditaria? A titolo universale (EREDE): l’erede subentra nella totalità dei rapporti attivi/passivi. A titolo particolare (LEGATARIO): quanto il de cuius lascia solo un determinato bene e non una quota dell’intero patrimonio, il legatario non subentra quindi nei debiti. Successione legittima (ex lege o ab intestato): quando l’erede muore senza testamento o gli eredi testamentari sono deceduti o non accettano l’eredità o quando il testamento è invalido. Successione testamentaria: alternativa a quella legittima, quando il testatore istituisce un erede non si fa luogo alla successione legittima, nemmeno per quei beni non indicati in testamento. Capacità a succedere: chi sia nato e sia in vita al momento dell’apertura della successione ovvero il figlio concepito s poi viene in vita (nascituro). Indegnità a succedere: colui che ha ucciso (o tentato) il de cuius. Il minore accetta l’eredità con beneficio di inventario (separazione patrimoniale dei beni ereditati da quelli propri) e decade con il compimento della maggiore età. Rinuncia: dichiarazione avanti al Notaio o Cancelliere di non accettare l’eredità, registrata e trascritta nei RRII per l’opponibilità ai terzi. Non può essere effettuata a fronte di un corrispettivo e non può nemmeno essere oggetto di accordo con altri eredi. Se fatta in frode alle ragioni dei creditori dei chiamati all’eredità, può essere impugnata, nei limiti della legittima. (continua)
Corso di aggiornamento in merito alle novità introdotte ed agli istituti modificati dalla riforma Cartabia
Può l’atto amministrativo illegittimo divenire fatto illecito e costituire fonte dell’obbligo risarcitorio? L’attività della PA è difatti volta a regolare e gestire i beni pubblici e privati, comprimendo talvolta le facoltà inerenti diritti soggettivi perfetti (proprietà, ecc.) a ciò legittimata dall’art. 10 della Dichiarazione dei Diritti ove espressamente prevede limiti imposti dalla legge nel superiore interesse pubblico. Può accadere tuttavia che la PA commetta iniuria a danno del privato e come tale l’atto amministrativo regredisce a fatto produttivo di danno e, qualora leda un diritto soggettivo, espone la PA all’obbligo risarcitorio. Dunque, occorre dare definizione all’interesse legittimo per differenziare le ipotesi in cui la sua lesione non espone la PA ad obblighi ulteriori rispetto all’annullamento o alla adozione di un atto. L’interesse legittimo non trova una definizione nel diritto positivo essendo un concetto nato, nell’ambito dell’ordinamento sammarinese, dalla penna dei Giudici che lo hanno definito come l’aspettativa di ogni singolo cittadino verso una condotta della PA che sia legale, trasparente ed efficiente, cosicché la condotta che sia in violazione di legge o in assenza di competenza o in eccesso di potere è ritenuta violativa di un interesse della collettività al corretto andamento ed alla corretta gestione della cosa pubblica e tale interesse può essere fatto valere dal singolo consociato contro singoli atti della PA. Si tratta dunque di un diritto mediato ove il singolo cittadino diviene portatore di un diritto generale e mira a farlo valere anche nell’interesse (continua)
Corso di aggiornamento e formazione in materia tutele e curatele
Il corso ha approfondito le tematiche relative alle successioni internazionali e alle eredità giacenti che presentino beni (o eredi) all'estero, affrontando anche gli aspetti fiscali e normativi di interesse
Sempre più spesso capita che in sede operatoria o post operatoria il paziente contragga infezioni, anche gravi, che possono condurre a eventi deteriori ed in tali casi occorre verificare la sussistenza del nesso causale fra la condotta dei sanitari e la contrazione dell’infezione. Giova a riguardo ricordare i criteri medico - legali di giudizio, da tempo elaborati dalla dottrina più pregiata, al fine di accertare la sussistenza o meno della causalità giuridica, alla stregua della regola probatoria del "più probabile che non". Orbene, fra i predetti criteri di giudizio, pur in assenza di un'esplicita gerarchia, si individuano, innanzitutto, (i) il criterio cronologico, (ii) il criterio topografico ed (iii) il criterio di continuità fenomenologica. Il primo indica l'eventuale correlazione tra il momento di azione/omissione del fattore causale ed il momento della manifestazione del danno; tale criterio è da considerarsi come un mero indizio, non consentendo di per sé solo l'affermazione del nesso causale sulla base della formula post hoc ergo propter hoc ed assumendo, pertanto, rilevanza solo se integrato con gli ulteriori criteri appena menzionati. Il secondo criterio indica la correlazione tra il danno e la sede anatomo-funzionale su cui ha agito l'ipotizzato fattore causale (ossia la corrispondenza tra la sede delle lesione ed il luogo di applicazione della "violenza"); esso ha valore soprattutto in presenza di lesioni traumatiche, essendo, invece, assente nelle malattie meta e para-traumatiche. Il terzo criterio consiste nella rilevanza diagnostica eziologica, sussistente qualora si ravvisi una continuità di sintomi (non necessariamente specifici e di particolare gravità) nell'intervallo compreso tra l'azione/omissione e l'evento di danno. Gli ultimi due criteri medico-legali di giudizio consistono nel criterio di adeguatezza e nel criterio di esclusione di altre cause. Il criterio di adeguatezza eziologica o di idoneità lesiva consiste nella dimostrata capacità dell'evento censurato di produrre la lesione e deve obbedire alla duplice esigenza della proporzionalità e della corrispondenza qualitativa. Avendo tale criterio una base prevalentemente statistica e non rendendo sempre applicabile un dato generico ad uno concreto, parte della dottrina ha elaborato il criterio della possibilità scientifica, il quale, muovendo dalle conoscenze scientifiche del momento, stabilisce l'ammissibilità scientifica del nesso causale intercorrente tra il fattore eziologico e l'evento di danno. Infine, il criterio di esclusione di altre cause permette di valutare se la causa di rilevanza giuridica possa agire da sola o con il concorso di altre cause preesistenti, simultanee e sopravvenute le quali, se effettivamente concause, non interrompono il nesso causale. Pertanto, qualora sia soddisfatto tale criterio (ossia le cause siano da sole necessarie e sufficienti a produrre l'evento in via del tutto autonoma), la catena causale è sicuramente interrotta.
Corso di aggiornamento sulle novità procedurali introdotte dalla riforma Cartabia
Corso di aggiornamento professionale sui nuovi riti introdotti dalla riforma Cartabia nell'ambito della procedura civile
Cosa intendiamo quando parliamo di causa commodati? Il contratto di comodato si perfeziona nel momento in cui un bene viene consegnato dal comodante al comodatario affinché quest’ultimo se ne serva per l’uso ed il tempo convenuto, impegnandosi alla restituzione nel termine pattuito. Il comodato è uno dei pochi contratti tipici contemplati nel diritto romano ed è un contratto essenzialmente gratuito. La causa è da individuarsi nella liberalità del comodante nei confronti del comodatario a fronte dell’impegno alla restituzione del bene concesso in comodato la gratuità del contratto implica una limitazione della responsabilità del comodante qualora il bene presenti vizi tali da non servire all’uso convenuto poiché il vizio conferisce al comodatario la possibilità di restituire la cosa al comodante. Tuttavia, qualora il comodante fosse consapevole del vizio e lo ha taciuto al comodatario (es. un cavallo malto che doveva trasportare beni deperibili e non è stato in grado di compiere il viaggio facendo deperire l merci) risponde a titolo di dolo per i danni che siano derivati dalla cosa comodata. Differente è invece l’ipotesi in cui il comodato abbia ad oggetto un bene che sia collegato ad un contratto per la vendita di beni o servizi (es. frequente è il comodato delle machine da caffè collegato al contratto di fornitura del caffè) ove la funzione del comodato è strettamente connessa alla realizzazione di altro schema contrattuale sicché la causa del comodato viene assorbita da quella del contratto di fornitura sia perché collegata sia perché prevalente rispetto alla prima. (continua)
Leonardo Torsani
Viale San Lorenzo, 2
Riccione (RN)
Il portale giuridico al servizio del cittadino ed in linea con il codice deontologico forense.
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