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L’accettazione dell’eredità

Scritto da: Luigi Lusi - Pubblicato su IUSTLAB

Pubblicazione legale:

L’accettazione dell’eredità da parte del soggetto chiamato comporta che egli acquisisca il diritto all’eredità con effetto decorrente dal giorno dell’apertura della successione.

Con l’accettazione dell’eredità il “delato”, in forma espressa o tacita, assume la qualità di “erede” con effetto dal giorno dell’apertura della successione, subentrando nella titolarità dei beni e dei rapporti compresi nell’asse ereditario senza la facoltà di poter preferire determinate posizioni per escluderne altre.

Egli può, eventualmente, soltanto decidere di rinunciare all’eredità ovvero accettarla con beneficio di inventario, non essendo invece ammessa un’accettazione parziale, condizionata o a termine.

L’accettazione dell’eredità è irrevocabile o no?

L’accettazione è irrevocabile e non ripetibile: è da compiersi entro dieci anni dall’apertura della successione o dall’avveramento della condizione nel caso sia stata posta. C’è però un’eccezione riguardante le ipotesi di accettazione con beneficio d’inventario: in questi casi, l’art. 485 c.c. indica, per il chiamato possessore dei beni ereditari, il termine di quaranta giorni dalla redazione dell’inventario, a sua volta da effettuarsi entro tre mesi dall’apertura della successione; trascorso detto termine senza che il chiamato abbia deliberato, lo stesso è considerato erede puro e semplice.

L’accettazione può essere manifestata in forma espressa o tacita. L’alternativa è riferibile alla sola accettazione pura e semplice, non essendo estensibile per ovvie ragioni a quella con beneficio d’inventario. L’accettazione in forma espressa avviene tramite aditio. In tal caso, l’accettazione si realizza mediante una dichiarazione esplicita di volontà – che può essere contenuta in un atto pubblico o in una scrittura privata – con cui il chiamato all’eredità dichiara espressamente di accettarla assumendo così la qualità di erede.

Accettazione eredità in forma tacita

L’accettazione tacita, disciplinata dall’ art. 476 c.c., avviene mediante il compimento da parte del chiamato di atti che presuppongono necessariamente la volontà di accettare, atti che egli non avrebbe il diritto di compiere se non nella qualità di erede. Secondo l’ art. 476 c.c., non ogni atto compiuto dal chiamato in relazione ai beni ereditari comporta automaticamente l’acquisto dell’eredità: la norma richiede un atto che, oltre a presupporre necessariamente la volontà di accettare del chiamato, possa essere compiuto soltanto da un soggetto che riveste la qualità di erede.

Quali sono i casi di accettazione tacita previsti dalla Legge?

Il trasferimento dei diritti di successione ad un terzo o agli altri chiamati (artt. 477-478 c.c.).
Il legislatore individua alcuni atti integranti accettazione dell’eredità che costituiscono ipotesi di accettazione tacita c.d. “presunta”.

In primo luogo, integra un’ipotesi di accettazione tacita presunta il trasferimento a titolo oneroso (vendita o cessione) o gratuito (donazione) dei diritti di successione ad un terzo o agli altri chiamati o ad uno di questi.

Si tratta di accettazioni presunte in quanto l’atto dispositivo (art. 477 c.c.) o rinunziativo-traslativo (art.478 c.c.) implica necessariamente un acquisto dei diritti che vengono poi ceduti. La ratio di tali previsioni è stata individuata nella circostanza che il chiamato può sempre dismettere il proprio diritto rinunziandovi (art. 519 c.c.), ma non può disporre di esso né a titolo gratuito né oneroso. Si tratta, quindi, di atti che per essere validamente compiuti presuppongono la qualità di erede: il loro compimento è conferma della circostanza che il chiamato vuole avvalersi della successione.

Si ritiene generalmente che l’ art. 477 c.c., che richiama espressamente la vendita e la donazione, ricomprenda qualsiasi negozio di trasferimento di eredità, in quanto il concetto di cessione prescinde da uno schema causale predefinito e ne amplia l’ambito di applicazione; con la conseguenza che anche la transazione può rientrare tra gli atti traslativi che comportano un’accettazione tacita.

Vendita di eredità, da cosa si determina

Parimenti, si affermano ricomprese nella fattispecie dell’accettazione tacita presunta anche la permuta e la datio in solutum, mentre si ritiene esclusa la donazione indiretta. La vendita di eredità viene qualificata dalla dottrina quale cessione onerosa di un’universalità di diritto, integrando un caso di accettazione tacita presunta. Non rientra, invece, nella fattispecie l’alienazione di singoli cespiti ereditari, la quale rileva ai soli fini dell’ art. 476 c.c.

La differenza fra le due fattispecie (accettazione tacita “semplice” e accettazione tacita “presunta”) assume rilievo dirimente: nell’ipotesi ex art. 476 c.c. deve essere dimostrata la natura dell’atto per configurarlo alternativamente come accettazione tacita ovvero come atto di amministrazione o di gestione conservativa; nelle fattispecie di cui agli artt. 477 e 478 c.c. non è consentita al chiamato prova contraria.

Pertanto, al di fuori dei casi di presunzione legale, la generica formulazione dell’ art. 476 c.c. rimette all’attività dell’interprete il compito di individuare gli atti e i comportamenti che hanno quale conseguenza l’accettazione dell’eredità da parte del chiamato.

Le altre fattispecie di accettazione tacita individuate dalla giurisprudenza

Tra gli altri, sono stati considerati atti idonei ad integrare un’accettazione tacita di eredità: la concessione di un’ipoteca sui beni ereditari, l’accettazione di una somma di pertinenza ereditaria offerta al chiamato in considerazione della sua qualità, la riscossione di un rateo della pensione o dello stipendio del de cuius; l’esperimento di alcune azioni giudiziarie che non rientrano negli atti consentiti dall’ art. 460 c.c.; l’intervento in giudizio operato da un chiamato all’eredità nella qualità di erede legittimo del “de cuius”; la riscossione dei canoni di locazione di un bene ereditario; la transazione di una lite connessa all’eredità, nonché la proposta di un accordo per la divisione “amichevole” dell’eredità; la riscossione da parte del chiamato di un assegno rilasciato al de cuius in pagamento di un suo credito. Inoltre, anche l’atto di voltura catastale posto in essere dal chiamato una volta compiuta la dichiarazione di successione assumerebbe rilievo ai fini dell’ art. 476 c.c..

Accettazione dell’eredità: ecco chi paga

Tenuto al pagamento degli oneri derivanti dall’accettazione dell’eredità è colui che ha accettato di acquisire la qualità di erede. Chi eredita un immobile per successione ereditaria, ad es., è tenuto a pagare la trascrizione dell’accettazione tacita: per sé stesso e per poter procedere, eventualmente, alla vendita dell’immobile.

Quando è obbligatoria l’accettazione dell’eredità?

Nel nostro ordinamento “nessuno è erede contro la propria volontà” e l’eredità, a differenza del legato, si acquista solo per un atto di accettazione da parte del chiamato.
L’accettazione con beneficio d’inventario è, invece, obbligatoria quando l’erede è un minore, un interdetto, un minore emancipato o un inabilitato. In tali ipotesi l’accettazione necessita anche di un’apposita autorizzazione del Giudice tutelare.

Cosa succede se non si presenta la dichiarazione di successione entro l’anno dalla morte del de cuius?

L’art. 31 T.U. succ. (D.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346) prevede il termine di un anno, decorrente dalla data di apertura della successione, per la presentazione della dichiarazione di successione.

L’art. 50 T.U. succ. (D.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346) prevede che nel caso in cui la dichiarazione di successione non venga presentata entro un anno dalla data di morte del defunto, il contribuente sarà soggetto a una sanzione amministrativa con un importo variabile dal 120 al 240 per cento dell’imposta.

In caso di dichiarazione di successione tardiva, non superiore a 30 giorni, è prevista la sanzione amministrativa dal 60% al 120% dell’imposta dovuta o, se non è dovuta imposta, da 150 a 500 euro.

La denuncia di successione dell’eredità

Soggetti obbligati a presentare la dichiarazione (art. 28 , comma 2, del T.U. succ.) sono:
• i chiamati all’eredità e i legatari (o i loro rappresentanti legali);
• gli immessi nel possesso dei beni, in caso di assenza o di dichiarazione di morte presunta;
• gli amministratori dell’eredità;
• i curatori delle eredità giacenti;
• gli esecutori testamentari.

Se più persone sono obbligate alla presentazione della dichiarazione, è sufficiente che la stessa sia presentata da una sola di esse. Alla dichiarazione non occorre più allegare gli estratti catastali degli immobili caduti in successione (risoluzione Ag. En. 13/02/2013).

Chi è esonerato?

  1. i chiamati all’eredità ed i legatari che abbiano rinunciato all’eredità o al legato anteriormente alla scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione di successione;
  2. i chiamati che, non essendo nel possesso dei beni ereditari, abbiano nominato un curatore per l’eredità giacente ai sensi dell’ art. 528 c.c.

Non sussiste l’obbligo di presentare la dichiarazione di successione, se ricorrono contemporaneamente le seguenti condizioni:

• l’eredità sia devoluta al coniuge ed ai parenti in linea retta del defunto;
• l’attivo ereditario abbia un valore non superiore a 100.000 euro;
• l’eredità non comprenda beni immobili o diritti reali immobiliari.

Le condizioni appena elencate si devono verificare contemporaneamente e devono rimanere invariate anche nei casi in cui, in un secondo momento, altri beni o diritti entrino nell’attivo ereditario.

Ad es., nel caso in cui a seguito di un rimborso fiscale si superi la soglia dei 100.000 euro, sussisterà l’obbligo alla presentazione della dichiarazione ed i relativi termini decorrono dalla comunicazione del rimborso.

La dichiarazione di successione deve essere presentata entro 12 mesi dalla data di apertura della successione, da uno dei soggetti obbligati, all’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate nella cui circoscrizione era residente il defunto.

Entro quali termini il contribuente può rettificare la denuncia di successione?

La giurisprudenza di legittimità (si veda Cass. 10/05/2013, n. 11192 ) ha più volte affermato che il contribuente può procedere alla rettifica di errori di qualsiasi genere, contenuti nella dichiarazione di successione, anche dopo la scadenza del termine per la presentazione, di cui all’ art. 31, D.Lgs. 31/10/1990, n. 346 , salva l’applicazione delle sanzioni di cui agli artt. 50 e ss., e con effetti diversi, a seconda che la modifica abbia luogo:

  • prima della notificazione dell’avviso di liquidazione della maggiore imposta, l’Ufficio è tenuto a rispettare le risultanze della correzione, fermo restando l’esercizio dei suoi poteri in ordine ai valori emendati, ma con onere della prova a carico dell’Amministrazione;
  • successivamente alla notificazione dell’avviso di liquidazione: in questo caso la rettifica, venendo necessariamente ad operare in sede contenziosa, pone a carico del contribuente l’onere di dimostrare la correttezza della modifica proposta.

L’ufficio finanziario deve dunque prendere in considerazione la rettifica della dichiarazione, ai fini della liquidazione della predetta imposta, anche quando quest’ultima sia già stata liquidata in base alla dichiarazione originaria, altrimenti spettando tale valutazione al giudice tributario.


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Sentenza giudiziaria

Riconoscimento sentenza straniera di nullità del testamento olografo del defunto

Sentenza Corte d'Appello palermo, Sez. I civile, RG 47/2016, 4.10.2016, n. 3553/2016

Il testamento (nullo), prodotto dolosamente in Italia, veniva annullato da una Corte del Canade e la sentenza di nullità, riconosciuta in Italia dalla Corte d'Appello di Palermo, veniva positivamente utilizzata nel Tribunale di merito

Sentenza giudiziaria

Conferma sentenza Corte d'appello che aveva riformato sentenza Tribunale Roma in materia condominiale

Cassazione civile sez. II, 29/04/2010, (ud. 19/02/2010, dep. 29/04/2010), n.10402

La condomina ricorrente conveniva in giudizio (Tribunale Roma) il Condominio al fine di sentir annullare la Delib. Assembleare con la quale era stata negata ad essa condomina l’autorizzazione a installare una canna fumaria sul muro perimetrale, e di sentire, in ogni caso, accertare il diritto dell’attrice a installare la canna fumaria; che nella resistenza del Condominio convenuto (che propose anche una domanda riconvenzionale diretta ad ottenere l’eliminazione della parte di canna fumaria già installata sulla chiostrina interna dello stabile), il Tribunale di Roma, rigettata ogni altra domanda ed eccezione, dichiarò il diritto della condomina ricorrente a collocare, sulla parete esterna dell’edificio prospiciente il cortile, una canna fumaria per l’espulsione dei vapori di cucina secondo il percorso suggerito dal consulente tecnico d’ufficio, da realizzare secondo le indicazioni della c.t.u.; che, in accoglimento del gravame del Condominio, la Corte d’appello di Roma, in totale riforma della pronuncia di primo grado, ha rigettato le domande della condomina ricorrente nei confronti del Condominio e ha condannato la predetta società alla rimozione della restante parte della canna fumaria posta a servizio dei locali di sua proprietà; che la installazione di una canna fumaria sul muro perimetrale di un edificio condominiale, a esclusivo servizio di un condomino, costituisce legittimo uso della cosa comune purchè tale uso non arrechi pregiudizio alla sicurezza, alla stabilità e al decoro dell’edificio nè ai diritti degli altri condomini.

Sentenza giudiziaria

Annullamento ordine di esecuzione penale

Cassazione penale, Sez. I, sentenza 11.12.2017, n. 21735/2018

Annullamento di ordine di esecuzione penale che aveva portato in carcere l'interessato. Evidenziato il difetto di notifica della sentenza Corte d'Appello. Cassazione annulla rigetto del Giudice dell'esecuzione (G.E.) e, a seguito giudizio di rinvio, nuovo G.E libera l'interessato, poi assolto da ogni accusa

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