Avvocato Maria Cuomo a Agerola

Maria Cuomo

Avvocato civilista penalista ed amministrativista

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Dispositivi satellitari e scatole nere. Valenza probatoria

Scritto da: Maria Cuomo - Pubblicato su IUSTLAB

Pubblicazione legale:

Dispositivi satellitari e vlore probatorio dei rilievi

La cosiddetta legge sulla concorrenza e mercato ha introdotto un nuovo articolo al Codice delle Assicurazioni Private, precisamente l'art. 145-bis titolato "Valore probatorio delle cosiddette «scatole nere» e di altri dispositivi  elettronici".

Il legislatore spinge per l'adozione delle scatole nere installate sui veicoli al fine di gestire con maggiore veridicità le conseguenze dei sinistri stradali e avere un supporto probatorio importante per la determinazione della responsabilità dell'incidente,  nonché evitare truffe nel settore assicurativo.

Secondo il decreto “Destinazione Italia”,  in caso di sinistro con automezzo con la scatola nera "le risultanze del dispositivo formano piena prova, nei procedimenti civili, dei fatti cui esse si riferiscono, salvo che la parte contro la quale sono state prodotte dimostri il mancato funzionamento del dispositivo".

Prima della riforma ci sono state pronunce con le quali si è disconosciuta l'attendibilità  ai rilievi effettuati con la cd “scatola nera” (tra queste si ricorda la sentenza del  Giudice di Pace di Noci n. 32/2011;  quella del Tribunale di Bari – Sezione di Putignano –  n. 145/2013; quella del Gdp Viterbo, n. 2956/06).

Sostanzialmente, dei dubbi in merito alla possibilità di far ritenere provato un sinistro stradale con tali meccanismi sussistono.
Invero, generalmente, un apparecchio quale  la scatola Unibox o Octo Telematic  ovvero  qualsiasi altro  dispositivo satellitare, rileva “le accelerazioni che si determinano nella circolazione stradale, quando queste siano riferibili, per intensità ed intervallo in cui si verificano, ad un urto, e quindi superano anche la soglia minima, stabilita in 2g; provvedono a  registrarle memorizzandole; ed inviano un messaggio alla centrale operativa tramite un  sistema di comunicazione Gsm, comprensivo della posizione topografica rilevata tramite Gps. che attiva anche il soccorso stradale nel caso che tali accelerazioni siano talmente elevate da configurare un incidente grave.
Se vi è urto, ma con accelerazione di entità minore di 2m/s2, esso non viene rilevato e neppure trasmesso alla centrale operativa (… ); la misura dell’accelerazione viene fornita in multipli e sottomultipli di “g” essendo “g” l’accelerazione di gravità pari a 9.81 m/sec2 (…)”.

Conseguentemente la mancata registrazione di un incidente  con un urto non particolarmente forte deve ritenersi possibile.
A ciò si aggiunge  che,  in mancanza di una previsione specifica, un altro problema  afferente l’attendibilità dei rilievi è dato dal fatto che, generalmente, lo strumento non è omologato quale unità di misura per carenza, come detto, della legislazione nazionale,  sebbene un apparecchio destinato al rilevamento di scontri  automobilistici risponda a specifiche tecniche testate in sede di produzione delle celle accelerometriche e venga  provato e testato  così che possa ritenersi garantita, quand’anche entro limiti ampi,  la precisione della rilevazione.

Ai fini probatori, ad esempio, anche la registrazione costante dei dati di posizione e di utilizzazione della vettura  sono un indice del corretto funzionamento dell’apparecchiatura, così come testimoniati dalle stringhe dei dati di percorrenza.

L’art. 32, comma 1 del Decreto Legge n. 1 del 24 gennaio 2012, convertito in Legge n. 27 del 24 marzo 2012, ebbe a modificare l’art. 132 del Codice delle Assicurazioni (D.Lgs 209/2005), prevedendo la facoltà dell’installazione sul proprio veicolo di meccanismi elettronici che registrano l’attività del veicolo, quali la c.d. “scatola nera” o dispositivi similari. Tanto,  al dichiarato fine di limitare le frodi ai danni delle assicurazioni e i costi economici a carico degli assicurati.


L’evoluzione normativa porterà all’obbligatorietà dell'installazione

Ma allora,  qual è l’efficacia probatoria della “scatola nera” in caso d’incidente, ovvero  qual è il  valore processuale dei dati forniti da tali congegni alla luce della  introduzione dell’art. 145 bis CDA?

Gli errori nel rilevamento sono certamente plausibili  se  si tiene conto, ad esempio, del  caso nel  quale, a seguito di un tamponamento tra due automobili, una delle persone trasportate sull’auto tamponata, ebbe a subire  lesioni personali immediatamente refertate presso il Pronto Soccorso; tuttavia, l’auto sulla quale viaggiava il trasportato-danneggiato  munita della “scatola nera”,  ebbe a fornire  dei dati riguardanti la dinamica del sinistro che, a detta della compagnia di assicurazioni, non erano compatibili con le lesioni subite dal danneggiato,  così che si assumeva come nessun risarcimento  fosse  dovuto.

Proprio con  riferimento  a tale caso si ebbe a  pronunciare  il Giudice di Pace di Noci, avv. Tiziana Gigantesco  che, nella Sent. 32/2011, ebbe ad  affermare  come  i dati forniti dalla “scatola nera” non potevano superare il giudizio positivo di compatibilità tra incidente e lesioni già fornito nell’ambito dello stesso giudizio mediante C.T.U. medico-legale e che i dati della “scatola nera” non potevano invalidare gli altri elementi di prova raccolti, univocamente convergenti sulla sussistenza del nesso tra sinistro e danno lamentato.

Da qui l’inattendibilità scientifica della “scatola nera”  perché una teoria,  per essere qualificata come scientifica, deve possedere o la generale accettazione della comunità scientifica o i seguenti criteri di affidabilità:
1.     verificabilità del metodo: una teoria è scientifica se può essere controllata mediante esperimenti;
2.    falsificabilità: la teoria scientifica deve aver subito tentativi di falsificazione i quali, se hanno esito negativo, la confermano nella sua credibilità;
3.    sottoposizione al controllo della comunità scientifica: il metodo deve essere reso noto in riviste specializzate in modo da essere controllato dalla comunità scientifica;
4.         conoscenza del tasso di errore: al giudice deve essere comunicato, per ogni metodo proposto, la percentuale di errore accertato o potenziale che questo comporta.

Conseguentemente non convincente è  il valore di prova legale attribuito alle risultanze della stessa scatola nera come  previsto, a partire dallo scorso agosto, dalla legge sulla concorrenza.

Si deve allora segnalare  che la questione del valore  probatorio della scatola nera  è stato rimesso alla valutazione della Corte costituzionale.
 Lo ha disposto un’ordinanza di un giudice di pace di Barra (Dott. Ruscillo), emessa il 30 settembre, appena un mese e mezzo dopo l’entrata in vigore della nuova norma.
Il sospetto di incostituzionalità nasce soprattutto dal fatto che la norma (l’articolo 1, comma 20, della legge 124/2017) attribuisce il valore di piena prova dei fatti alle risultanze del dispositivo «salvo che la parte contro la quale sono state prodotte dimostri il mancato funzionamento o la manomissione del predetto dispositivo» (e la realtà ha dimostrato che casi del genere sono tutt’altro che teorici).
Ciò, secondo il giudice di pace, comporta che nel processo in cui una parte privata (la compagnia assicurativa) deposita i dati registrati dalla scatola nera non avendo l’onere di «dimostrare la legittimità delle acquisizioni e la correttezza delle risultanze», tale onere viene “scaricato” sulla controparte, il cui unico diritto ammesso dalla norma è  solo quello di vedersi rendere fruibili le risultanze in questione.

Rispetto a tale produzione documentale di parte,  la  legge esclude che vi possa essere un contraddittorio tra le parti, come invece impone il principio della parità tra esse ed  il diritto di difesa giusta (articoli 111 e 24 della Costituzione).
Tra l’altro,  il danneggiato, per far valere le proprie ragioni e contrastare le risultanze della scatola nera,  non può nemmeno  utilizzare lo strumento della querela di falso, visto che si tratta di confutare atti con fede “privilegiata”, ma non provenienti da pubblici ufficiali.
Allora, non resterebbe che chiedere al giudice di disporre una consulenza tecnica d’ufficio visto che  una consulenza di parte sarebbe solo «una mera allegazione difensiva».

A quanto innanzi si aggiunge  che non risulta affrontato dalla norma  il problema delle scatole nere già  montate, all’atto dell’entrata in vigore della norma,  sui veicoli in circolazione:  sul punto  la  disposizione  afferma  che il giudice  dovrebbe  attribuire valore di prova legale ai dispositivi già in uso, purché «equiparabili».
Ma tale equiparabilità va valutata in base a requisiti  che non  risultano ancora  fissati dal decreto ministeriale.
Dunque, il giudice dovrebbe dare valore alle risultanze della scatola nera come  imposto dalla  legge in vigore, senza avere la certezza che essa sia poi riconosciuta idonea.
 Le osservazioni  sollevate dal GDP di Barra appaiono condivisibili.

Non dimentichiamo, però,  che  anche prima della entrata in vigore dell’art. 145 bis CdA, mentre poteva  e, quindi, mentre  si può ritenere  ammissibile  un errore nel rilievo del cd “crash“  per quelle ipotesi di urto lieve,  non poteva  e, quindi,  a maggior ragione non si può  ritenere  possibile un errore nel rilievo della posizione del veicolo al momento del sinistro, soprattutto quando il punto  di localizzazione è molto distante da quello in cui si assume essersi verificato l’incidente.
In tale ipotesi,   è evidentemente giustificata  la previsione legislativa che sposta sulla parte danneggiata  l’onere di dimostrare  il cattivo funzionamento dell’impianto  di rilevazione.

Il discorso,  quindi, sicuramente  non è chiuso. Restiamo  in attesa  di una risposta chiarificatrice della Corte  Costituzionale e, magari, di  un'interpretazione autentica.



Avv. Maria Cuomo - Avvocato civilista penalista ed amministrativista

Lo studio si avvale della collaborazione di esperti in tutti i settori civile, penale ed amministrativo, così da poter offrire ai clienti una assistenza globale per qualsiasi tipo di problematica. La sottoscritta ne è titolare; E' iscritta all'Albo degli Avvocati di Torre Annunziata sin dal 1996; E' iscritta negli elenchi per il patrocinio gratuito a spese dello Stato; Ricopre la carica di Magistrato Onorario e, segnatamente di Giudice Onorario di Pace sin dal 2004; dal 2014 è in servizio presso l'Ufficio di Nola . Dal mese di dicembre dell'anno 2018 ricopre la carica di Consigliere presso il C.D.D. di Napoli




Maria Cuomo

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Referenze

Pubblicazione legale

Impugnazione della cartella esattoriale e rinuncia tacita all'eccezione di prescrizione

Pubblicato su IUSTLAB

In materia di prescrizione della pretesa esattoriale , con la sentenza n. 23397/16 , depositata il 17 novembre, la Suprema Corte di legittimità a sezioni Unite ha affermato i seguenti principi di diritto : 1) «la scadenza del termine – pacificamente perentorio – per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui all’art. 24, comma 5, d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche l’effetto della c.d. “conversione” del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale secondo l’art. 3, commi 9 e 10, l. n. 335 del 1995) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 c.c.. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato. Lo stesso vale per l’avviso di addebito dell’INPS, che da 1° gennaio 2011 ha sostituito la cartella di pagamento per i crediti di natura previdenziale di detto Istituto (art. 30, d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla legge n. 122 del 2010)» ; 2) «è di applicazione generale il principio secondo il quale la scadenza del termine perentorio stabilito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito ma non determina anche l’effetto della c.d. “conversione” del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 c.c.. Tale principio, pertanto, si applica con riguardo a tutti gli atti – comunque denominati – di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonché di crediti delle Regioni, delle Provincie, dei Comuni e degli altri Enti locali nonché delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via, con la conseguenza che, qualora per i relativi crediti sia prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l’opposizione non consente di fare applicazione dell’art. 2953 c.c., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo come una sentenza passata in giudicato» . La sentenza in commento richiama altra sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 25790/09 , con la quale viene stabilito che il diritto alla riscossione delle sanzioni amministrative tributarie si prescrive : - entro il termine di dieci anni , se la definitività deriva da sentenza passata in giudicato e ciò per diretta applicazione dell’art. 2953 c.c., che disciplina specificamente e in via generale la c.d. actio iudicanti; - entro il termine di cinque anni , se la definitività della sanzione non deriva da un provvedimento giurisdizionale irrevocabile e ciò in ossequio a quanto previsto dall’art. 20, d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, atteso che il termine di prescrizione entro il quale deve essere fatta valere l’obbligazione tributaria principale e quella accessoria relativa alle sanzioni non può che essere di tipo unitario. In ragione dei principi sopra riportati, ci troviamo di fronte alle difese del Concessionario per il quale la mancata contestazione del diritto alla riscossione, rappresentata dalla mancata opposizione avverso l’atto presupposto (cartella e/o intimazione), determinerebbe una sorta di quiescenza rispetto alla pretesa avanzata dal creditore, così che dovrebbe ritenersi inammissibile la proposizione, in un momento successivo, della eccezione di prescrizione da parte del debitore. Tale tesi non appare condivisibile perché, dalla mancata impugnazione di una cartella esattoriale , ovvero di una intimazione, non può desumersi in maniera certa che il debitore non abbia interesse a contestare l'esistenza dell'obbligazione, per avere intenzione di eccepirla successivamente (C. 10129/2000; C. 8304/1996); per questo, non può ritenersi integrata con la mancata impugnazione di una cartella, ovvero di una intimazione di pagamento, una rinuncia tacita alla prescrizione disciplinata dall’art. 2937c.c. Nemmeno potrebbe, infatti, ritenersi ricorrente un’ipotesi di rinuncia tacita alla eccezione di prescrizione, nel caso in cui il debitore avesse richiesto alla controparte di fornire informazioni sull'entità delle pretese creditorie (C. 8217/2007). La rinuncia tacita consiste in un comportamento del debitore, positivo o negativo, dal quale emerge inconfutabilmente la volontà di non avvalersi della prescrizione già compiuta (C. 8304/1996) e di considerare ancora esistente il diritto altrui (C. 14909/2002; C. 10235/2002). Ne consegue che anche qualora sia stata omessa l'impugnazione degli atti presupposti ritualmente notificati, il contribuente può eccepire, nella opposizione alla esecuzione, la prescrizione maturata prima di tali atti, dovendosi escludere che l'omessa impugnazione integri quel comportamento inequivocabile idoneo ad attestare la rinuncia all'eccezione .

Sentenza giudiziaria

Colpa medica

Sentenza divenuta cosa giudicata resa dalla Corte di Appello di Napoli n.2363/2022

E' una sentenza che ha riformato la pronuncia di primo grado che aveva disconosciuto il diritto al risarcimento sul falso presupposto per cui non fosse stata fornita prova in merito alla correlazione tra un intervento routinario al varicocele e la successiva necrosi all'intestino .E' stata una sentenza importante perchè ho dimostrato la malafede dei primi due cc.tt.uu. nominati dalla corte di appello che , riportando nella relazione medica un articolo scritto in inglese da un professore esperto in materia , per giustificare il disconoscimento del diritto al risarcimento. hanno affermato il contrario rispetto al contenuto dell'articolo stesso. I nuovi consulenti hanno riconosciuto la fondatezza della pretesa del cliente .

Pubblicazione legale

La mancata sottoposizione a perizia oppure a visita del danneggiato, sospende i termini pe rl aprocedibilità dell'azione giudiziaria?

Pubblicato su IUSTLAB

RIFLESSIONI RISPETTO ALLA SENTENZA RESA DA CASSAZIONE CIVILE SEZIONE VI IN DATA 20/01/2022 N. 1756 SULLE CONSEGUENZE DELLA MANCATA SOTTOPOSIZIONE A PERIZIA DEL VEICOLO DANNEGGIATO OVVERO SULL AMANCATA SOTTOPOSIZIONE A VISITA DEL DANNEGGIATO La Cass. Civ. sez. VI nella pronuncia del 20/01/2022 n. 1756 , con una interpretazione “teleologica “ dell’art. 145 del codice delle assicurazioni ha affermato , rifacendosi al principio espresso dal Giudice delle leggi (Corte Cost., sent. 3 maggio2012, n. 111) - che tale disposizione “ ha un chiaro intento deflattivo”, essendone evidente la finalità “di razionalizzazione del contenzioso giudiziario, notoriamente inflazionato, nella materia dei sinistri stradali, anche da liti bagatellari”, intento il cui raggiungimento, tuttavia, “non è affidato soltanto alla prevista dilazione temporale (invero modesta) di sessanta/novanta giorni” per la proposizione della domanda risarcitoria, “ma - soprattutto - al procedimento ex art. 148 Codice assicurazioni private, che, nel prescrivere una partecipazione attiva dell’assicuratore alla trattativa “ante causam”, mira a propiziare una conciliazione precontenziosa” (così, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 25gennaio2018, n. 1829, Rv. 647588-01) ; Sempre secondo la prospettazione della Corte affinchè ” la procedura di risarcimento descritta nella norma ora citata possa operare è indispensabile, però, che la compagnia assicuratrice sia posta in condizione di adempiere al dovere impostole e, cioè, di formulare un’offerta congrua”, ciò che richiede sia “un presupposto formale”, ovvero “la trasmissione di una richiesta contenente elementi (indicati nell’art. 148 Codice assicurazioni private), sufficienti a permettere all’assicuratore di “accertare le responsabilità, stimare il danno e formulare l’offerta”, sia “un requisito sostanziale”, e ciò in quanto “la collaborazione tra danneggiato e assicuratore della r.c.a., nella fase stragiudiziale, impone correttezza (art. 1175 c,c.), e buona fede (art. 1375 c.c.),” (così, nuovamente, Cass. Sez. 3, sent, n. 1829 del 2018, cit) , così che verrebbe meno a tale dovere di collaborazione - subendone, come conseguenza, l’improponibilità della domanda risarcitoria - il danneggiato che “si è sottratto all’ispezione” del mezzo, “attività utile alla ricostruzione della dinamica dell’incidente e alla formulazione di una congrua offerta risarcitoria” (cfr. ancora una volta, Cass. Sez. 3, sent. n. 1829 del 2018, cit.). Tuttavia, a parere della sottoscritta tale interpretazione non può essere condivisa perché in tal modo “rientrerebbe dalla finestra” ciò, che di fatto, con la revisione del testo dell’art. 148 CdA è “uscito dalla porta”. Il comma 1 dell’art. 148 così dispone: “Per i sinistri con soli danni a cose, la richiesta di risarcimento deve recare l'indicazione degli aventi diritto al risarcimento e del luogo, dei giorni e delle ore in cui le cose danneggiate sono disponibili, per non meno di cinque giorni non festivi, per l'ispezione diretta ad accertare l'entita' del danno. Entro sessanta giorni dalla ricezione di tale documentazione, l'impresa di assicurazione formula al danneggiato congrua e motivata offerta per il risarcimento, ovvero comunica specificatamente i motivi per i quali non ritiene di fare offerta. Il termine di sessanta giorni e' ridotto a trenta quando il modulo di denuncia sia stato sottoscritto dai conducenti coinvolti nel sinistro. Il danneggiato puo' procedere alla riparazione delle cose danneggiate solo dopo lo spirare del termine indicato al periodo precedente, entro il quale devono essere comunque completate le operazioni di accertamento del danno da parte dell'assicuratore, ovvero dopo il completamento delle medesime operazioni, nel caso in cui esse si siano concluse prima della scadenza del predetto termine. Qualora le cose danneggiate non siano state messe a disposizione per l'ispezione nei termini previsti dal presente articolo, ovvero siano state riparate prima dell'ispezione stessa, l'impresa, ai fini dell'offerta risarcitoria, effettuera' le proprie valutazioni sull'entita` del danno solo previa presentazione di fattura che attesti gli interventi riparativi effettuati. Resta comunque fermo il diritto dell'assicurato al risarcimento anche qualora ritenga di non procedere alla riparazione” (Comma modificato dall'articolo 1 del D.Lgs. 6 novembre 2007, n. 198; sostituito dall'articolo 32, comma 3, lettera a), del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 marzo 2012, n. 27 e, da ultimo, modificato dall'articolo 21, comma 7-bis, del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla Legge 17 dicembre 2012, n. 221 . A norma dell'articolo 125, comma 3, del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 aprile 2020, n. 27, fino al 31 luglio 2020, i termini di cui al presente comma, per la formulazione dell'offerta o della motivata contestazione, nei casi di necessario intervento di un perito o del medico legale ai fini della valutazione del danno alle cose o alle persone, sono prorogati di ulteriori 60 giorni) . Il comma 2 secondo la nuova formulazione così recita: “L'obbligo di proporre al danneggiato congrua e motivata offerta per il risarcimento del danno, ovvero di comunicare i motivi per cui non si ritiene di fare offerta, sussiste anche per i sinistri che abbiano causato lesioni personali o il decesso. La richiesta di risarcimento deve essere presentata dal danneggiato o dagli aventi diritto con le modalità indicate al comma 1. La richiesta deve contenere l'indicazione del codice fiscale degli aventi diritto al risarcimento e la descrizione delle circostanze nelle quali si è verificato il sinistro ed essere accompagnata, ai fini dell'accertamento e della valutazione del danno da parte dell'impresa, dai dati relativi all'età, all'attività del danneggiato, al suo reddito, all'entità delle lesioni subite, da attestazione medica comprovante l'avvenuta guarigione con o senza postumi permanenti, nonché dalla dichiarazione ai sensi dell'articolo 142, comma 2, o, in caso di decesso, dallo stato di famiglia della vittima. L'impresa di assicurazione è tenuta a provvedere all'adempimento del predetto obbligo entro novanta giorni dalla ricezione di tale documentazione (comma modificato dall'articolo 1 del D.Lgs. 6 novembre 2007, n.198. A norma dell'articolo 125, comma 3, del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, con modificazioni, dalla Legge 24 aprile 2020, n. 27, fino al 31 luglio 2020, i termini di cui al presente comma, per la formulazione dell'offerta o della motivata contestazione, nei casi di necessario intervento di un perito o del medico legale ai fini della valutazione del danno alle cose o alle persone, sono prorogati di ulteriori 60 giorni). Avallando il principio espresso dalla Cassazione verrebbe a porsi a carico del danneggiato un onere ulteriore che non è espressamente previsto dalla legge, così come quando si ritiene necessario, ai fini della risarcibilità delle lesioni provocate da veicoli non identificati, l’onere di denuncia alle Autorità ( onere che, invece, proprio per l’assenza di una specifica previsione legislativa, nel corso del tempo, anche la Corte di legittimità ha escluso debba ritenersi necessario quale condizione di procedibilità dell’azione). Secondo il dettato normativo , infatti, senza ombra di dubbio, anche in caso di mancata sottoposizione a perizia del mezzo oppure in caso di mancata sottoposizione a visita del danneggiato, non si può ritenere la improponibilità dell’azione, posto che il comma 3 dell’art. 148 CdA testualmente recita: “ Il danneggiato, in pendenza dei termini di cui ai commi 1 e 2 e fatto salvo quanto stabilito dal comma 5, non puo' rifiutare gli accertamenti strettamente necessari alla valutazione del danno alle cose, nei termini di cui al comma 1, o del danno alla persona, da parte dell'impresa. Qualora cio' accada, i termini per l'offerta risarcitoria o per la comunicazione dei motivi per i quali l'impresa non ritiene di fare offerta sono sospesi ” (Comma sostituito dall'articolo 32, comma 3, lettera c), del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 marzo 2012, n. 27) . Solo il verificarsi di una delle condizioni di cui al comma 2 bis dello stesso art. 148 CdA finalizzato a prevenire ed a contrastare fenomeni fraudolenti prevede delle ipotesi di sospensione dei termini fissati dai commi 1 e 2 della stessa disposizione . E’ chiaro, allora , come l’interpretazione data alla norma dalla Corte di legittimità, non sia costituzionalmente orientata e giustifichi, magari, anche una pronuncia a sezioni Unite sul Punto, considerando l’interesse ed il diritto al risarcimento da parte del danneggiato , preminente rispetto alla esigenza di deflazionare il numero dei processi.

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