Avvocato Maria Cuomo a Agerola

Maria Cuomo

Avvocato civilista penalista ed amministrativista

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Le azioni ex artt 141 e 149 del codice delle Assicurazioni

Scritto da: Maria Cuomo - Pubblicato su IUSTLAB

Pubblicazione legale:

E’ corretta l’applicazione  dell’art. 149 DEL DLGVO 209/05 a tutte le ipotesi di sinistro automobilistico  tra  due  vetture regolarmente  assicurate a prescindere dalla sussistenza di una contestazione sulla responsabilità?

 

 Sebbene  il Codice delle assicurazioni,  sia entrato in vigore  da oltre dieci anni,  se  ancora oggi siamo chiamati a confrontarci sulla interpretazione  delle disposizioni di cui agli artt. 149  e  141 del d. lgs. 209/05, ovvero  sulle  c.d. procedure CARD , è evidente che la formulazione  adottata dal legislatore,  non sia   chiara .

Lo dimostrano le  più recenti  sentenze  rese dalla Corte di Cassazione  ,  che  contengono interpretazioni a  volte contrastanti ,  in merito  a quelle che dovrebbero essere le condizioni di procedibilità delle azioni;   in merito alla  necessità o meno della vocatio in ius del  responsabile civile ovvero del vettore; in merito al valore da attribuire alla richiesta di risarcimento  danni   comunicata alla compagnia  del veicolo antagonista  ai fini  della successiva introduzione del giudizio   nelle forme del risarcimento ordinario  quand’anche inizialmente la parte avesse inteso di  richiedere l’indennizzo diretto.

Ed è stata proprio  questa ulteriore sentenza  che mi convince maggiormente,  in merito al fatto che , la richiesta di indennizzo diretto sia stata prevista dal legislatore per quelle sole ipotesi in cui il  risarcimento del  danno  non possa ritenersi contestato  .

Così che, allorquando   emerga dalla istruttoria demandata alla società assicuratrice in via preventiva, una circostanza per cui  la parte che invoca l’indennizzo possa  non avere pienamente ragione,  dovrebbe ritenersi preclusa per quella parte di  agire giudiziariamente invocando l’indennizzo diretto ,   dovendosi ritenere ammissibile, in tali ipotesi, esclusivamente l’azione ordinaria, nelal quale, espressamente era previsto il litisconsorzio necessario con il responsabile civile  .

 

A mio modesto  avviso l’applicazione che stiamo   facendo dell’art. 149  CDA , non rispecchia  la ratio che aveva portato il  legislatore ad  introdurre  tale  procedura,  diversa da quella ordinaria  , così che  erroneamente   si ritiene che  allorquando si verifica un sinistro automobilistico con due veicoli regolarmente assicurati, indistintamente si possa proporre l’azione   ordinaria ovvero quella dell’indennizzo diretto  ritenendo  che la prova da fornire  nelle due fattispecie sia identica.

Infatti,   la volontà del legislatore  era quella di assicurare al danneggiato, in particolari situazioni ed in presenza di particolari presupposti,  la possibilità di ottenere un risarcimento celere e soddisfacente, tale da impedire il ricorso all’ Autorità Giudiziaria.

Se la celerità nella procedura di risarcimento    appare   in maniera più evidente se si pensa  alla  prova richiesta  per le ipotesi di risarcimento del terzo trasportato che agisca  ai sensi  dell'art. 141   C.d.A.  del d.lgs. 209/2005,  in materia di  tutela del terzo trasportato,  secondo quello che  l’orientamento attuale non altrettanto chiara è  la efficacia che potrebbe avere  sul contenzioso, la corretta applicazione dell'art. 149 .

Ciò perchè, sostanzialmente, oggi,  qualora chi richiede l'indennizzo diretto,  non venga risarcito, è onerato, dalla prassi e dalla pratica,  a  fornire la stessa prova che dovrebbe fornire il danneggiato che abbia scelto, invece, di ottenere il risarcimento nelle forme ordinarie, dettate dal combinato disposto degli articoli 144 e 148 del d. lgs. 209/2005, con l'unica variazione attinente al soggetto cui è richiesto il risarcimento, individuato non già nella società assicuratrice del veicolo del presunto responsabile civile, bensì nella società assicuratrice  che garantisce,  per la RCA, il veicolo del danneggiato.

In tal modo, quale conseguenza dell'errata applicazione della disposizione, si avrà  l'ulteriore risvolto della  portabilità del  pagamento effettuato dalla società che non era obbligata al risarcimento,   nella c.d. stanza  di compensazione.

Seppure ciò non si evinca chiaramente dal tenore letterale della norma,  il legislatore  ha voluto prevedere una forma di tutela snella per quegli incidenti automobilistici, intercorsi tra soli due veicoli, per i quali l'accertamento della responsabilità sia  semplice, in quanto riconducibile astrattamente ad una delle ipotesi previste dall'ALLEGATO "a"  del codice delle assicurazioni.

Per tali sinistri, l'obbligo del danneggiato è unicamente quello di  inoltrare, alla propria compagnia di  assicurazione, una richiesta di risarcimento dettagliata, così da rendere possibile l'istruzione della pratica,  la verifica della entità del danno, la effettiva  coerenza del danno con la dinamica e la compatibilità del danno con quello riportato dal veicolo antagonista, al fine di procedere nel termine di  30 giorni, nel caso di esistenza di  CID a doppia firma, ovvero  nel termine di 60 giorni,  in assenza dello stesso, alla formulazione di una proposta transattiva ovvero  alla   comunicazione delle ragioni del diniego.

Il  legislatore, quindi, ha spostato  gli obblighi maggiori di tale procedura a carico delle  imprese di assicurazione, prevedendo anche una sanzione da comminare alle stesse per la ipotesi di inottemperanza, giusta disposto del comma 10 dell'art. 148 del d.lgs. 209/2005.

Le conseguenze della inottemperanza della società all'accertamento e liquidazione del danno nei tempi innanzi indicati o la mancata comunicazione delle ragioni del  diniego del risarcimento nei medesimi termini, implica la possibilità, per il danneggiato, di rivolgersi all’autorità giudiziaria non già per richiedere, previo accertamento della responsabilità del conducente del veicolo antagonista e previo riconoscimento della sussistenza dei presupposti per l'applicazione dell'indennizzo diretto, la condanna al  pagamento, quanto piuttosto,  per richiedere l'accertamento dell'inadempimento della società rispetto alle disposizioni contenute nell'art. 48 (accertamento del danno e liquidazione) e quindi per richiedere la sola liquidazione del danno.

Per questo motivo, deve escludersi nella ipotesi di azione proposta ex art. 149  del d.lgs. 209/2005 la previsione di un litisconsorzio  necessario con il responsabile civile, atteso che, unico soggetto che la norma prevede possa  intervenire nel procedimento, è la compagnia del responsabile.

Ciò è giustificato dal fatto che,  l'art. 145 del d.lgs. 209/2005, prevede un obbligo di comunicazione  della richiesta di risarcimento anche alla società  che copre i rischi del veicolo antagonista,  al fine di renderla edotta della  sostenuta responsabilità del presunto responsabile e di allertarla per la ipotesi in cui anche il proprio assicurato  richieda il risarcimento, con le stesse modalità.

Qualora la compagnia del veicolo della controparte accerti che la tesi sostenuta dal danneggiato non sia veritiera, al fine di evitare che vi possa essere avallo ad un risarcimento  che poi andrà portato  in compensazione,  il legislatore ha previsto la possibilità della sua costituzione in giudizio per impedire che il risarcimento venga riconosciuto.

E' evidente, infatti , l'interesse della società  interventrice ad evitare che   gli effetti della pronuncia nei confronti di  due soggetti diversi, possano poi,  andare ad incidere nella  propria sfera giuridica patrimoniale.

Giammai,  quindi, una pronuncia resa in un procedimento ex art. 149 del d.lgs. 209/2005  può  acquisire  efficacia di cosa giudicata nei confronti del responsabile civile, perchè in tale procedura  la responsabilità  dovrebbe essere  stata acclarata a monte, proprio   dalla società obbligata al pagamento.

Da quanto detto consegue che, la corretta applicazione della disposizione dell'art. 149 del d.lgs. 209/2005 dovrebbe portare ad escludere ciò che di fatto avviene, ovverosia la  richiesta di risarcimento, nelle forme di indennizzo diretto, da parte di entrambi i soggetti coinvolti nel sinistro.

Dovrebbe esserci un sistema di  cooperazione tra società per  cui, all'esito dell'accertata  contraddittorietà delle versioni, si dovrebbe  negare il risarcimento al proprio assicurato, inducendolo ad agire  giudizialmente ma  con le forme ordinarie del procedimento previsto dal combinato disposto  degli artt. 144 e 148 del d.lgs. 209/2005,  con il litisconsorzio necessario dei proprietari dei veicoli coinvolti, così da impedire il contrasto tra giudicati.

Nel caso, quindi, di diniego  al risarcimento con le forme dell'indennizzo diretto,  il danneggiato   dovrebbe agire, come detto, con le modalità ordinarie.

 

Come risolvere, però,  il problema della costituzione in mora, ai fini della procedibilità dell'azione ex art. 148 del d.lgs. 209/2005,  qualora sia stata inoltrata una richiesta di risarcimento alla società antagonista solo ai sensi dell'art. 145  (ovverosia ai soli fini della comunicazione) ?

Il problema appare di facile soluzione: nella richiesta di risarcimento danni il danneggiato  dovrà precisare che la stessa viene inviata, non solo, ai sensi e per gli effetti degli artt. 145 e 149 del d.lgs. 209/2005, ma anche, per la ipotesi di ritenuta inapplicabilità della procedura di indennizzo diretto, ai sensi e per gli effetti del combinato disposto di cui agli artt. 144 e 148 del d.lgs. citato.

In tal  modo,  il danneggiato non sarebbe costretto a  dover  ripetere  la richiesta di risarcimento del danno con conseguente perdita di tempo.

 

Con tale impostazione, realmente il danneggiato potrebbe avere una tutela  più immediata  e  sarebbero sottoposte a giudizio solo quelle ipotesi di  differenza tra la pretesa del danneggiato rispetto alle somme offerte dalla assicurazione.

Per queste ipotesi,   il  giudice, ugualmente non dovrebbe essere chiamato  ad un rinnovato accertamento della responsabilità, ma solo alla verifica in merito alla correttezza della valutazione del danno,  in tal modo  riducendo i tempi della  causa ed anche  gli oneri probatori posti a carico del danneggiato in una ipotesi ordinaria.

 

La mancata comunicazione delle ragioni del diniego del risarcimento, anche in una ipotesi di contrasto di responsabilità, deve essere posta a carico della società assicuratrice, che  qualora abbia omesso di inviarla,  va comunque condannata al risarcimento,  assumendo a suo carico  le conseguenze  del proprio inadempimento rispetto alle precise disposizioni di legge.

 

Quali le conseguenze riconducibili ad una scorretta applicazione dell’art.149?

Non pare si possa parlare di  nullità dell’ azione.

Invero, attualmente viene rafforzata  la tutela della società assicuratrice del danneggiato,  che  va a beneficiare  di un ulteriore prova di responsabilità del conducente del veicolo  antagonista,  così che nulla possa essere obiettato  per il pagamento che andrà a fare e successivamente a chiedere  di compensare.

Paga il conto il danneggiato che, invece, lo Stato voleva tutelare con una procedura snella e che spostava a carico del potere forte gli oneri più consistenti ai fini della liquidazione del danno.

E' per quanto sopra  rappresentato va ritenuto che, nelle procedure  di indennizzo diretto non sia  necessaria la  compresenza del responsabile civile.

In effetti, la responsabilità del  conducente del veicolo antagonista  dovrebbe essere desunta dalla riconducibilità della  fattispecie ad una di quelle previste nell'allegato, per le quali il legislatore ha già   sancito  ed individuato le posizioni di ragione e/o di torto .

 

Al massimo, in tema di  risarcimento, quando vi è un problema di liquidazione del danno, potrebbe ritenersi giustificabile l'ammissione della prova testimoniale  per scongiurare un concorso di responsabilità del danneggiato non già ex art. 2054 secondo comma c.c. , quanto  ex art. 1227 c.c..

Ciò perchè  la natura della disposizione  è diversa  e non è collegata alla  circolazione stradale, quanto  al comportamento colposo del creditore che  avrebbe potuto  evitare il danno ovvero rendere meno gravose le conseguenze del sinistro.

Anche in questo caso, trattandosi di un accertamento  che investe la posizione del danneggiato e che esula dalla posizione del presunto responsabile non si ravvisa una compartecipazione di quest’ultimo nel procedimento.

 

Data la molteplicità di orientamenti, nemmeno mi sento di ritenere inammissibile, in un procedimento instaurato  ex art. 149 d.lgs. 209/2005,  una domanda  di accertamento della responsabilità nella determinazione del sinistro  a carico del conducente  del veicolo  della controparte,  in  ragione del fatto  che il codice  prevede la possibilità di proporre in un solo  giudizio  più azioni  che siano tra esse collegate.

Quindi, la richiesta di accertamento della responsabilità va ritenuta  domanda accessoria  o ulteriore domanda che si affianca a quella che  la norma  ha previsto per la tutela del danneggiato.

Passando, poi, alla tutela del terzo trasportato introdotta  dall'art. 141 del dlgvo 209/05,  voglio rammentare che, di fatto, già prima della  entrata in vigore del codice delle assicurazioni, al  trasportato era assicurata una tutela privilegiata, riconoscendo l'applicabilità delle disposizioni dell'art. 2055 c.c. ,  in virtù delle quali,  egli avrebbe potuto richiedere  il risarcimento ad uno solo dei  corresponsabili solidali  che,  per il pagamento  effettuato,  avrebbero potuto agire in regresso nei confronti degli altri condebitori.

Tale norma, devo dire che ha trovato scarsa applicazione pratica anche perchè non era chiaro l'onere probatorio che fosse imposto a chi intendeva richiedere il risarcimento.

L'art. 141  del d.lgs. 209/2005 ha sbaragliato ogni dubbio: a prescindere dall'accertamento della responsabilità, il trasportato,  a qualsiasi titolo, su un veicolo coinvolto in un incidente   automobilistico, va risarcito dalla compagnia del vettore.

Onere probatorio a carico della  parte  che ha riportato le lesioni,  è quello di provare  la circostanza del trasporto, la mancata corresponsabilità ex art. 1227 c.c., dimostrando di   aver  utilizzato gli ausili di legge e  la  esistenza della copertura assicurativa.

Il problema si è posto con riferimento alla applicabilità di  lesioni riportate  su un veicolo  che non fosse coinvolto in un incidente automobilistico,  ovvero avesse  subito  un incidente senza responsabilità di un altro veicolo.

Trattandosi di una procedura CARD,  si deve escludere che si possa invocare la disposizione dell'art. 141  del d.lgs. 209/05  in ipotesi che non prevedano la possibilità di  portare in compensazione il pagamento che la società del vettore dovrebbe effettuare.

Resta ferma la possibilità di  invocare  il risarcimento  comunque nei confronti del vettore , ma con  l'onere di provare la sua responsabilità. 

 

Proprio perchè  si prescinde dall'accertamento della  responsabilità e, quindi, proprio perchè, diversamente dalla  procedura  di cui  dell'art. 149 del d.lgs. 209/2005, al fine di  riconoscere il risarcimento del danneggiato va verificata la riconducibilità della dinamica ad una delle fattispecie per le quali  risulta già prevista la responsabilità a carico dell'uno piuttosto che dell'altro conducente,  la richiesta di risarcimento non deve essere inoltrata anche alla società del veicolo antagonista,  così come non deve essere chiamato in causa il vettore,  in ragione del fatto che   l'obbligo di pagamento  a carico della  impresa assicuratrice è espressamente prevista dalla legge, senza alcuna condizione.

 

Quanto al contenuto della richiesta di risarcimento danni per lesioni subite dal trasportato va detto che deve essere completa,  dovendo porre la società in condizione di   gestire il sinistro.

Una   richiesta insufficiente  implica una declaratoria di improponibilità della domanda e di improcedibilità.

 

Alla mancata adesione all'invito a perizia , sia per il danno a cose, sia per le lesioni, non è più ricollegata , quale conseguenza, la sospensione dei termini fissati dall'art. 145  del d.lgs. 209/2005, quanto, piuttosto, l'esonero di responsabilità per la società di formulare una offerta transattiva ovvero di comunicare le ragioni di diniego al risarcimento , onde escludere la applicabilità delle sanzioni collegate all'inadempimento dal già richiamato comma 10 dell'art. 148 del d.lgs. 209/2005.

 

La  scarsa  chiarezza della normativa  e le maglie troppo larghe lasciate dal legislatore,   portano comunque  a diversi orientamenti interpretativi.

L'essenziale è che  si cerchi sempre   di dare una interpretazione corretta   nel rispetto  dei principi costituzionali  di  tutela dei  diritti dei cittadini. 

 

 

 

  

 

 


Avv. Maria Cuomo - Avvocato civilista penalista ed amministrativista

Lo studio si avvale della collaborazione di esperti in tutti i settori civile, penale ed amministrativo, così da poter offrire ai clienti una assistenza globale per qualsiasi tipo di problematica. La sottoscritta ne è titolare; E' iscritta all'Albo degli Avvocati di Torre Annunziata sin dal 1996; E' iscritta negli elenchi per il patrocinio gratuito a spese dello Stato; Ricopre la carica di Magistrato Onorario e, segnatamente di Giudice Onorario di Pace sin dal 2004; dal 2014 è in servizio presso l'Ufficio di Nola . Dal mese di dicembre dell'anno 2018 ricopre la carica di Consigliere presso il C.D.D. di Napoli




Maria Cuomo

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Da sempre si è dedicata a tutte le controversie in materia civile . Segnatamente ha conseguito sempre ottimi risultati in materia di tutela di diritti reali . E' esperta in materia di tutela del possesso e nelle azioni ex art 700 cpc


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Referenze

Pubblicazione legale

Impugnazione della cartella esattoriale e rinuncia tacita all'eccezione di prescrizione

Pubblicato su IUSTLAB

In materia di prescrizione della pretesa esattoriale , con la sentenza n. 23397/16 , depositata il 17 novembre, la Suprema Corte di legittimità a sezioni Unite ha affermato i seguenti principi di diritto : 1) «la scadenza del termine – pacificamente perentorio – per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui all’art. 24, comma 5, d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche l’effetto della c.d. “conversione” del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale secondo l’art. 3, commi 9 e 10, l. n. 335 del 1995) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 c.c.. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato. Lo stesso vale per l’avviso di addebito dell’INPS, che da 1° gennaio 2011 ha sostituito la cartella di pagamento per i crediti di natura previdenziale di detto Istituto (art. 30, d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla legge n. 122 del 2010)» ; 2) «è di applicazione generale il principio secondo il quale la scadenza del termine perentorio stabilito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito ma non determina anche l’effetto della c.d. “conversione” del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 c.c.. Tale principio, pertanto, si applica con riguardo a tutti gli atti – comunque denominati – di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonché di crediti delle Regioni, delle Provincie, dei Comuni e degli altri Enti locali nonché delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via, con la conseguenza che, qualora per i relativi crediti sia prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l’opposizione non consente di fare applicazione dell’art. 2953 c.c., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo come una sentenza passata in giudicato» . La sentenza in commento richiama altra sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 25790/09 , con la quale viene stabilito che il diritto alla riscossione delle sanzioni amministrative tributarie si prescrive : - entro il termine di dieci anni , se la definitività deriva da sentenza passata in giudicato e ciò per diretta applicazione dell’art. 2953 c.c., che disciplina specificamente e in via generale la c.d. actio iudicanti; - entro il termine di cinque anni , se la definitività della sanzione non deriva da un provvedimento giurisdizionale irrevocabile e ciò in ossequio a quanto previsto dall’art. 20, d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, atteso che il termine di prescrizione entro il quale deve essere fatta valere l’obbligazione tributaria principale e quella accessoria relativa alle sanzioni non può che essere di tipo unitario. In ragione dei principi sopra riportati, ci troviamo di fronte alle difese del Concessionario per il quale la mancata contestazione del diritto alla riscossione, rappresentata dalla mancata opposizione avverso l’atto presupposto (cartella e/o intimazione), determinerebbe una sorta di quiescenza rispetto alla pretesa avanzata dal creditore, così che dovrebbe ritenersi inammissibile la proposizione, in un momento successivo, della eccezione di prescrizione da parte del debitore. Tale tesi non appare condivisibile perché, dalla mancata impugnazione di una cartella esattoriale , ovvero di una intimazione, non può desumersi in maniera certa che il debitore non abbia interesse a contestare l'esistenza dell'obbligazione, per avere intenzione di eccepirla successivamente (C. 10129/2000; C. 8304/1996); per questo, non può ritenersi integrata con la mancata impugnazione di una cartella, ovvero di una intimazione di pagamento, una rinuncia tacita alla prescrizione disciplinata dall’art. 2937c.c. Nemmeno potrebbe, infatti, ritenersi ricorrente un’ipotesi di rinuncia tacita alla eccezione di prescrizione, nel caso in cui il debitore avesse richiesto alla controparte di fornire informazioni sull'entità delle pretese creditorie (C. 8217/2007). La rinuncia tacita consiste in un comportamento del debitore, positivo o negativo, dal quale emerge inconfutabilmente la volontà di non avvalersi della prescrizione già compiuta (C. 8304/1996) e di considerare ancora esistente il diritto altrui (C. 14909/2002; C. 10235/2002). Ne consegue che anche qualora sia stata omessa l'impugnazione degli atti presupposti ritualmente notificati, il contribuente può eccepire, nella opposizione alla esecuzione, la prescrizione maturata prima di tali atti, dovendosi escludere che l'omessa impugnazione integri quel comportamento inequivocabile idoneo ad attestare la rinuncia all'eccezione .

Sentenza giudiziaria

Colpa medica

Sentenza divenuta cosa giudicata resa dalla Corte di Appello di Napoli n.2363/2022

E' una sentenza che ha riformato la pronuncia di primo grado che aveva disconosciuto il diritto al risarcimento sul falso presupposto per cui non fosse stata fornita prova in merito alla correlazione tra un intervento routinario al varicocele e la successiva necrosi all'intestino .E' stata una sentenza importante perchè ho dimostrato la malafede dei primi due cc.tt.uu. nominati dalla corte di appello che , riportando nella relazione medica un articolo scritto in inglese da un professore esperto in materia , per giustificare il disconoscimento del diritto al risarcimento. hanno affermato il contrario rispetto al contenuto dell'articolo stesso. I nuovi consulenti hanno riconosciuto la fondatezza della pretesa del cliente .

Pubblicazione legale

La mancata sottoposizione a perizia oppure a visita del danneggiato, sospende i termini pe rl aprocedibilità dell'azione giudiziaria?

Pubblicato su IUSTLAB

RIFLESSIONI RISPETTO ALLA SENTENZA RESA DA CASSAZIONE CIVILE SEZIONE VI IN DATA 20/01/2022 N. 1756 SULLE CONSEGUENZE DELLA MANCATA SOTTOPOSIZIONE A PERIZIA DEL VEICOLO DANNEGGIATO OVVERO SULL AMANCATA SOTTOPOSIZIONE A VISITA DEL DANNEGGIATO La Cass. Civ. sez. VI nella pronuncia del 20/01/2022 n. 1756 , con una interpretazione “teleologica “ dell’art. 145 del codice delle assicurazioni ha affermato , rifacendosi al principio espresso dal Giudice delle leggi (Corte Cost., sent. 3 maggio2012, n. 111) - che tale disposizione “ ha un chiaro intento deflattivo”, essendone evidente la finalità “di razionalizzazione del contenzioso giudiziario, notoriamente inflazionato, nella materia dei sinistri stradali, anche da liti bagatellari”, intento il cui raggiungimento, tuttavia, “non è affidato soltanto alla prevista dilazione temporale (invero modesta) di sessanta/novanta giorni” per la proposizione della domanda risarcitoria, “ma - soprattutto - al procedimento ex art. 148 Codice assicurazioni private, che, nel prescrivere una partecipazione attiva dell’assicuratore alla trattativa “ante causam”, mira a propiziare una conciliazione precontenziosa” (così, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 25gennaio2018, n. 1829, Rv. 647588-01) ; Sempre secondo la prospettazione della Corte affinchè ” la procedura di risarcimento descritta nella norma ora citata possa operare è indispensabile, però, che la compagnia assicuratrice sia posta in condizione di adempiere al dovere impostole e, cioè, di formulare un’offerta congrua”, ciò che richiede sia “un presupposto formale”, ovvero “la trasmissione di una richiesta contenente elementi (indicati nell’art. 148 Codice assicurazioni private), sufficienti a permettere all’assicuratore di “accertare le responsabilità, stimare il danno e formulare l’offerta”, sia “un requisito sostanziale”, e ciò in quanto “la collaborazione tra danneggiato e assicuratore della r.c.a., nella fase stragiudiziale, impone correttezza (art. 1175 c,c.), e buona fede (art. 1375 c.c.),” (così, nuovamente, Cass. Sez. 3, sent, n. 1829 del 2018, cit) , così che verrebbe meno a tale dovere di collaborazione - subendone, come conseguenza, l’improponibilità della domanda risarcitoria - il danneggiato che “si è sottratto all’ispezione” del mezzo, “attività utile alla ricostruzione della dinamica dell’incidente e alla formulazione di una congrua offerta risarcitoria” (cfr. ancora una volta, Cass. Sez. 3, sent. n. 1829 del 2018, cit.). Tuttavia, a parere della sottoscritta tale interpretazione non può essere condivisa perché in tal modo “rientrerebbe dalla finestra” ciò, che di fatto, con la revisione del testo dell’art. 148 CdA è “uscito dalla porta”. Il comma 1 dell’art. 148 così dispone: “Per i sinistri con soli danni a cose, la richiesta di risarcimento deve recare l'indicazione degli aventi diritto al risarcimento e del luogo, dei giorni e delle ore in cui le cose danneggiate sono disponibili, per non meno di cinque giorni non festivi, per l'ispezione diretta ad accertare l'entita' del danno. Entro sessanta giorni dalla ricezione di tale documentazione, l'impresa di assicurazione formula al danneggiato congrua e motivata offerta per il risarcimento, ovvero comunica specificatamente i motivi per i quali non ritiene di fare offerta. Il termine di sessanta giorni e' ridotto a trenta quando il modulo di denuncia sia stato sottoscritto dai conducenti coinvolti nel sinistro. Il danneggiato puo' procedere alla riparazione delle cose danneggiate solo dopo lo spirare del termine indicato al periodo precedente, entro il quale devono essere comunque completate le operazioni di accertamento del danno da parte dell'assicuratore, ovvero dopo il completamento delle medesime operazioni, nel caso in cui esse si siano concluse prima della scadenza del predetto termine. Qualora le cose danneggiate non siano state messe a disposizione per l'ispezione nei termini previsti dal presente articolo, ovvero siano state riparate prima dell'ispezione stessa, l'impresa, ai fini dell'offerta risarcitoria, effettuera' le proprie valutazioni sull'entita` del danno solo previa presentazione di fattura che attesti gli interventi riparativi effettuati. Resta comunque fermo il diritto dell'assicurato al risarcimento anche qualora ritenga di non procedere alla riparazione” (Comma modificato dall'articolo 1 del D.Lgs. 6 novembre 2007, n. 198; sostituito dall'articolo 32, comma 3, lettera a), del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 marzo 2012, n. 27 e, da ultimo, modificato dall'articolo 21, comma 7-bis, del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla Legge 17 dicembre 2012, n. 221 . A norma dell'articolo 125, comma 3, del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 aprile 2020, n. 27, fino al 31 luglio 2020, i termini di cui al presente comma, per la formulazione dell'offerta o della motivata contestazione, nei casi di necessario intervento di un perito o del medico legale ai fini della valutazione del danno alle cose o alle persone, sono prorogati di ulteriori 60 giorni) . Il comma 2 secondo la nuova formulazione così recita: “L'obbligo di proporre al danneggiato congrua e motivata offerta per il risarcimento del danno, ovvero di comunicare i motivi per cui non si ritiene di fare offerta, sussiste anche per i sinistri che abbiano causato lesioni personali o il decesso. La richiesta di risarcimento deve essere presentata dal danneggiato o dagli aventi diritto con le modalità indicate al comma 1. La richiesta deve contenere l'indicazione del codice fiscale degli aventi diritto al risarcimento e la descrizione delle circostanze nelle quali si è verificato il sinistro ed essere accompagnata, ai fini dell'accertamento e della valutazione del danno da parte dell'impresa, dai dati relativi all'età, all'attività del danneggiato, al suo reddito, all'entità delle lesioni subite, da attestazione medica comprovante l'avvenuta guarigione con o senza postumi permanenti, nonché dalla dichiarazione ai sensi dell'articolo 142, comma 2, o, in caso di decesso, dallo stato di famiglia della vittima. L'impresa di assicurazione è tenuta a provvedere all'adempimento del predetto obbligo entro novanta giorni dalla ricezione di tale documentazione (comma modificato dall'articolo 1 del D.Lgs. 6 novembre 2007, n.198. A norma dell'articolo 125, comma 3, del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, con modificazioni, dalla Legge 24 aprile 2020, n. 27, fino al 31 luglio 2020, i termini di cui al presente comma, per la formulazione dell'offerta o della motivata contestazione, nei casi di necessario intervento di un perito o del medico legale ai fini della valutazione del danno alle cose o alle persone, sono prorogati di ulteriori 60 giorni). Avallando il principio espresso dalla Cassazione verrebbe a porsi a carico del danneggiato un onere ulteriore che non è espressamente previsto dalla legge, così come quando si ritiene necessario, ai fini della risarcibilità delle lesioni provocate da veicoli non identificati, l’onere di denuncia alle Autorità ( onere che, invece, proprio per l’assenza di una specifica previsione legislativa, nel corso del tempo, anche la Corte di legittimità ha escluso debba ritenersi necessario quale condizione di procedibilità dell’azione). Secondo il dettato normativo , infatti, senza ombra di dubbio, anche in caso di mancata sottoposizione a perizia del mezzo oppure in caso di mancata sottoposizione a visita del danneggiato, non si può ritenere la improponibilità dell’azione, posto che il comma 3 dell’art. 148 CdA testualmente recita: “ Il danneggiato, in pendenza dei termini di cui ai commi 1 e 2 e fatto salvo quanto stabilito dal comma 5, non puo' rifiutare gli accertamenti strettamente necessari alla valutazione del danno alle cose, nei termini di cui al comma 1, o del danno alla persona, da parte dell'impresa. Qualora cio' accada, i termini per l'offerta risarcitoria o per la comunicazione dei motivi per i quali l'impresa non ritiene di fare offerta sono sospesi ” (Comma sostituito dall'articolo 32, comma 3, lettera c), del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 marzo 2012, n. 27) . Solo il verificarsi di una delle condizioni di cui al comma 2 bis dello stesso art. 148 CdA finalizzato a prevenire ed a contrastare fenomeni fraudolenti prevede delle ipotesi di sospensione dei termini fissati dai commi 1 e 2 della stessa disposizione . E’ chiaro, allora , come l’interpretazione data alla norma dalla Corte di legittimità, non sia costituzionalmente orientata e giustifichi, magari, anche una pronuncia a sezioni Unite sul Punto, considerando l’interesse ed il diritto al risarcimento da parte del danneggiato , preminente rispetto alla esigenza di deflazionare il numero dei processi.

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Lo studio

Maria Cuomo
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